Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9946 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9946 Anno 2014
Presidente: COLETTI DE CESARE GABRIELLA
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 23641-2008 proposto da:
BOVINO NATALINA C.F. BVNNLN38T61E979D, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZALE DELLE BELLE ARTI 2,
presso lo studio dell’avvocato FRANCESCA POTI’,
rappresentata e difesa giusta delega in atti,
dall’avvocato POTI’ CESARE deceduto nel corso del
2014

giudizio;
– ricorrente –

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contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE
C.F. 80078750587, in persona del legale rappresentante

Data pubblicazione: 08/05/2014

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale
dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati
PULLI CLEMENTINA, RICCIO ALESSANDRO, VALENTE NICOLA,
giusta delega in atti;

avverso la sentenza n. 2094/2007 della CORTE D’APPELLO
di LECCE, depositata il 24/10/2007 r.g.n. 1379/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 28/01/2014 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato PULLI CLEMENTINA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

– controricorrente

R.G. n. 23641/08
Ud. 28 genn. 2014

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

della decisione di accoglimento di primo grado, ha rigettato la domanda
proposta da Bovino Natalina nei confronti dell’INPS, volta ad ottenere, a
seguito del decesso della propria madre, la pensione di riversibilità di cui
quest’ultima era titolare. 44 “te- coz r”c’ts° 1/-2- 24. 42°4’et4it 2c°3
Ha osservato la Corte di merito che la pensione di riversibilità
presuppone la totale inabilità lavorativa del figlio superstite, onde, avendo il
c.t.u. accertato una invalidità della Bovino pari all’80°/0, non poteva esserle
riconosciuta tale prestazione.
Costei avrebbe potuto infatti utilizzare le residue energie in altre
occupazioni diverse da quella di contadina, reperibili nel settore manifatturiero
o artigianale anche con prestazioni rese al proprio domicilio, ancorchè
estranee alle sue attitudini.
Per la riforma di questa sentenza Bovino Natalina ha proposto ricorso per
cassazione. L’INPS ha resistito con controricorso. In prossimità dell’udienza di
discussione, parte ricorrente ha depositato memoria di costituzione con nuovo
difensore, essendo il precedente difensore, nelle more, deceduto.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Deve preliminarmente dichiararsi l’inammissibilità della nomina del
nuovo difensore della ricorrente, Avv. Francesca Poti, con procura rilasciata a
margine della memoria di costituzione del 9 gennaio 2014.
Ed infatti la possibilità di apporre la procura speciale a margine della
memoria di nomina del nuovo difensore, in aggiunta o in sostituzione del
difensore originariamente designato, è stata introdotta dall’art. 45, comma 9,
lettera a), della legge 18 giugno 2009 n. 69, a modifica dell’art. 83, comma 2,
cod. proc. civ., ma tale disposizione, a norma dell’art. 58, comma 1, della
predetta legge, si applica ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in
vigore, cioè ai giudizi proposti in primo grado a decorrere dal 4 luglio 2009,

La Corte d’appello di Lecce, con la sentenza qui impugnata, in riforma

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poiché il riferimento ai “giudizi instaurati”, e non alle “impugnazioni proposte”,
rivela l’intento del legislatore di riferire le modifiche normative alle nuove
controversie, introdotte dopo l’entrata in vigore della legge, tranne le modifiche
per le quali è stata esplicitamente prevista l’applicazione ai giudizi pendenti.
Di conseguenza nella fattispecie in esame trova applicazione l’art. 83
cod. proc. civ., nel testo anteriore alla suddetta modifica, che non prevedeva,
apposta a margine o in calce di tale atto, ma che questa, generale o speciale,
dovesse essere conferita con atto pubblico o scrittura privata autenticata.
La declaratoria di inammissibilità che precede non preclude l’esame del
ricorso proposto regolarmente dal precedente difensore.
2. Con l’unico motivo del ricorso, cui fa seguito il relativo quesito di
diritto ex art. 366 bis cod. proc. civ., non più in vigore ma applicabile ratione

temporis, la ricorrente denunzia violazione o falsa applicazione dell’art. 8 della
legge 12 giugno 1984 n. 222.
Deduce che, ai fini del riconoscimento del diritto alle pensione di
riversibilità, l’impossibilità assoluta di svolgere qualsiasi attività lavorativa
deve essere valutata secondo un criterio concreto, ossia avendo riguardo al
possibile impiego delle eventuali energie lavorative residue in relazione al tipo
di infermità e alle generali attitudini del soggetto, in modo da verificare, anche
nel caso del mancato raggiungimento di una riduzione del cento per cento
della astratta capacità di lavoro, la permanenza di una capacità
dell’interessato di svolgere attività idonee, tali da procurare una fonte di
guadagno non simbolico.
Aggiunge che occorre anche tenere conto delle possibilità offerte dal
mercato del lavoro e del possibile impiego delle residue capacità lavorative in
attività non usuranti, non lesive della dignità della persona.
Nella specie, ad avviso della ricorrente, il grave quadro patologico
accertato dal c.t.u. (esiti di frattura del collo del femore destro e sinistro,
scoliosi dorso lombare, lombo artrosi, esiti di poliomelite acuta arto inferiore
44e.eilevAtesinistro) comporta una wttl incidenza sul corretto svolgimento del lavoro
confacente alle sue attitudini, con particolare riguardo al lavoro di contadina,
ed esclude che possano essere impiegate le residue energie lavorative in
attività, anche estranee a dette attitudini, non usuranti.

per la memoria di nomina del nuovo difensore, che la procura potesse essere

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Inoltre, secondo la ricorrente, va considerato anche il basso livello di
istruzione da lei posseduto (quinta elementare) che non le consente di potersi
dedicare ad attività confacenti alle sue precarie condizioni fisiche.
In definitiva, conclude la ricorrente, è integrato nella fattispecie in esame
il requisito della assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi
attività lavorativa, che giustifica la prestazione in esame.
L’art. 8 della legge n. 222/84 (Definizione di inabilità ai fini delle

prestazioni previdenziali) ha introdotto un’unica ed unitaria nozione di
“inabilità” ai fini del riconoscimento del diritto alla pensione di inabilità (art.
2), alla pensione di riversibilità (artt. 21 e 22 della legge 21 luglio 1965 n. 903)
ed alle altre prestazioni previste dal medesimo art. 8, e cioè quelle di cui alla
legge 9 agosto 1954 n. 657, che riguarda i provvedimenti relativi ai lavoratori
tubercolotici e ai loro familiari, e quelle di cui alla legge 4 agosto 1955 n. 692,
che riguarda l’estensione dell’assistenza di malattia ai pensionati di invalidità
e vecchiaia ed ai loro familiari. La stessa nozione vale anche ai fini del diritto
agli assegni familiari, ai sensi del secondo comma dello stesso art. 8, che ha
sostituito l’art. 4, ultimo comma, del T.U. 30 maggio 1955 n. 797.
Secondo l’art. 8 sopra menzionato, si considerano inabili le persone che,
a causa di infermità o difetto fisico o mentale, si trovino nell’assoluta e
permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa.
Tale requisito è più restrittivo di quello richiesto in precedenza dall’art.
39 D.P.R. 26 aprile 1957 n. 818, che considerava inabili le persone che per
gravi infermità fisiche o mentali si trovassero nella assoluta e permanente
impossibilità di dedicarsi ad “un proficuo lavoro”. Più precisamente, non era
richiesta la totale inabilità, ma la concreta impossibilità, tenuto conto delle
condizioni del mercato del lavoro, delle condizioni soggettive della persona
colpita dall’infermità o dal difetto fisico o mentale e dei fattori ambientali, di
dedicarsi ad un’attività lavorativa utile a soddisfare in modo normale e non
usurante le primarie esigenze di vita.
In definitiva si trattava di stabilire non solo se il soggetto avesse una
generica capacità lavorativa, ma se potesse utilizzare “proficuamente” la
residua efficienza psico-fisica, e quindi se conservasse una pur minima
capacità di guadagno.

3. Il motivo non è fondato.

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Ne conseguiva che il giudizio sull’inabilità non poteva esaurirsi con
l’accertamento medico, ma doveva risultare da una valutazione più complessa,
mediante la quale il dato sanitario si collocava nel quadro delle circostanze
socio-economiche e personali.
L’art. 8 della legge n. 222/84 viceversa attribuisce rilevanza, ai fini del
riconoscimento della prestazione, al criterio oggettivo della “assoluta e

che questa deve essere determinata esclusivamente dalla infermità ovvero dal
difetto fisico o mentale, senza che debba verificarsi, in caso di mancato
raggiungimento di una totale inabilità, il possibile impiego delle eventuali
energie lavorative residue in relazione al tipo di infermità e alle generali
attitudini del soggetto.
Nella specie la Corte territoriale ha affermato che al momento del decesso
della madre, la ricorrente non si trovava nell’assoluta e permanente
impossibilità di lavorare, secondo la formulazione dell’art. 8 della legge n.
222/84, non avendo “totalmente perduto in assoluto la capacità di lavoro”.
Ed infatti, come accertato dal c.t.u., il complessivo quadro patologico
aveva “interessato in maniera significativa solo l’apparato osteoarticolare”,
comportando una invalidità pari all’80%, con una grave incidenza “sulla
possibilità di un corretto svolgimento del lavoro di contadina”, mentre non le
era precluso “di dedicarsi proficuamente ad altre attività, di natura sedentaria
e non richiedenti un gravoso impegno funzionale….anche con prestazioni rese
al proprio domicilio”.
Ha quindi concluso correttamente, la Corte di merito, che la ricorrente
era in grado di dedicarsi ad una attività lavorativa utile ed idonea a soddisfare,
in modo normale e non usurante, le proprie esigenze di vita, dovendosi
considerare le effettive capacità e possibilità di impiego in tutte le comuni
occupazioni, anche estranee alle attitudini del soggetto.
La sentenza impugnata, che ha rigettato la domanda proposta dalla
ricorrente, è pertanto esente dalle censure che le sono state mosse con il
motivo in esame, onde questo deve essere respinto.
4. Le oscillazioni della giurisprudenza di questa Corte in ordine al
requisito della “inabilità” nella soggetta materia giustificano la compensazione
delle spese del presente giudizio.

permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa”, nel senso

5.

Parte ricorrente ha depositato estratto della delibera del

Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Lecce del 17 settembre
2008, con la quale la Bovino è stata ammessa, relativamente al
,

presente giudizio, al patrocinio a spese dello Stato.
.

Al riguardo deve rilevarsi che, in tema di patrocinio a spese
dello Stato, secondo la disciplina di cui al d.P.R. 30 maggio

difensore per il ministero prestato nel giudizio di cassazione
spetta, ai sensi dell’art. 83 del suddetto decreto, come modificato
dall’art. 3 della legge 24 febbraio 2005 n. 25 al giudice di rinvio,
oppure a quello che ha pronunciato la sentenza passata in
giudicato a seguito dell’esito del giudizio di cassazione. Nel caso
di cassazione e decisione nel merito, la competenza spetta a
quello che sarebbe stato il giudice di rinvio ove non vi fosse stata
decisione nel merito (Cass. 13 maggio 2009 n. 11028; Cass. 12
novembre 2010 n. 23007).
P. Q. M .
La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese tra le parti.
Così deciso in Roma in data 28 gennaio 2014.

2002, n. 115, la competenza sulla liquidazione degli onorari al

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