Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9945 del 19/04/2017

Cassazione civile, sez. VI, 19/04/2017, (ud. 13/03/2017, dep.19/04/2017),  n. 9945

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. FALABELLA Massimo – Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

B.M., elettivamente domiciliato in Roma, via C. Brescia 29,

presso lo studio dell’avv. Francesco Zacheo, rappresentato e difeso

dall’avv. Cesare Conte, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

nei confronti di:

S.R., elettivamente domiciliata in Roma via Val Gardela 3,

presso lo studio dell’avv. Daniele Costi che la rappresenta e

difende, con l’avv. Stefano Pietrobon, per procura speciale a

margine del controricorso, e richiede le comunicazioni relative al

processo presso il fax n. 0422/580518 e la p.e.c.

stefanopietrobon-pec.ordineavvocatitreviso.it;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1989/2015 della Corte di appello di Venezia,

emessa il 1 giugno 2015 e depositata il 20 agosto 2015, n. R.G.

681/2015.

Fatto

RILEVATO

che:

1. Il Tribunale di Treviso ha dichiarato la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato il (OMISSIS) fra B.M. e S.R., ha affidato il figlio Ma., nato il (OMISSIS), a entrambi i genitori con residenza presso la madre cui ha assegnato la casa familiare. Ha imposto al B. un assegno di 800 Euro mensili per il mantenimento del figlio e un assegno divorzile di 400 Euro mensili.

2. Ha proposto appello il B. lamentando la sopravvalutazione del proprio reddito mensile, la violazione delle norme in materia di assegno divorzile per l’omessa considerazione della breve durata del matrimonio e delle competenze professionali della S. mai sfruttate nella ricerca di occupazione.

3. La Corte di Appello di Venezia ha respinto il gravame.

4. Ricorre per cassazione B.M. con cinque motivi di impugnazione.

5. Si difende con controricorso S.R..

Diritto

RITENUTO

che:

6. Il ricorso appare manifestamente infondato per i seguenti motivi.

7. Con il primo motivo di ricorso si lamenta l’erronea applicazione della normativa in tema di affidamento dei figli e di diritto di visita del genitore non collocatario.

8. Il motivo è infondato. La Corte di appello ha confermato la decisione del Tribunale che, quanto ai periodi di convivenza con i genitori durante il periodo di sospensione dell’attività scolastica, aveva disposto che Ba.Ma. passasse un mese con il padre e due settimane con la madre lasciando in considerazione dell’età ((OMISSIS) anni all’epoca della pronuncia di primo grado) ampio spazio all’autodeterminazione del ragazzo di decidere nel restante periodo estivo la propria residenza presso l’uno o l’altro genitore. Si tratta di una decisione che i giudici di merito hanno fondato sulla considerazione della capacità di discernimento del minore tale da non compromettere il regime di affidamento condiviso e nello stesso tempo corrispondente alla realizzazione del suo prevalente interesse.

9. Con il secondo, terzo e quarto motivo di ricorso si lamenta la violazione delle norme in materia di riconoscimento e determinazione dell’assegno divorzile, il difetto di motivazione su punti decisivi della controversia e la mancata ammissione non motivata delle istanze istruttorie proposte al fine di dimostrare l’espletamento da parte della S. di attività lavorativa di ottometrista sia come dipendente che in proprio.

10. I motivi appaiono infondati. Quanto all’ammontare e alla periodicità fissa dell’assegno di mantenimento del figlio, la Corte di appello ha ampiamente esposto le ragioni per cui ha confermato la misura dell’assegno indipendentemente dai periodi di tempo che il minore passa con ciascuno dei suoi genitori, in considerazione della sua collocazione per tutto l’anno scolastico e per parte delle vacanze estive presso la madre. Così come ha ampiamente motivato sulla congruità della misura dell’assegno destinato al mantenimento del figlio adolescente, rispetto ai redditi dei genitori, alle loro capacità, sostanze e possibilità, ai tempi di permanenza presso i genitori, all’età e alle esigenze del figlio.

11. La Corte di appello ha considerato, quanto all’assegno divorzile, una ipotesi reddituale minima, in capo al ricorrente, di 3.300 Euro mensili e una sua maggiore potenzialità di guadagno in base alla sua qualifica professionale di dirigente medico ospedaliero e alla circostanza incontestata delle svolgimento anche di attività professionale privata. A fronte di una prevalente dedizione da parte della S. alla vita familiare che ha consentito al B. una attività professionale di rilevante impegno e presumibilmente impedisce alla S. all’età di oltre cinquant’anni di reperire una posizione lavorativa sicura e stabile pur avendo un titolo di studio che astrattamente lo consente (laurea di ottometrista). Pertanto la Corte di appello, contrariamente a quanto afferma il ricorrente, ha considerato l’apporto e il sostegno recato dalla S. alla vita familiare e specificamente all’attività professionale del marito e all’accudimento del figlio, ha valutato le sue potenzialità lavorative e reddituali che non ha escluso. E’ pervenuta, confermando quella già fissata dal Tribunale, a una determinazione contenuta dell’assegno divorzile, in misura inferiore a quella stabilita consensualmente dai coniugi in sede di separazione e diretta a concretizzare un apporto al reddito della S. tale da consentirle una tendenziale conservazione di un tenore di vita sicuramente non eccedente la normalità. Restano pertanto del tutto apodittiche le affermazioni di contrarietà alle norme che regolano la determinazione dell’assegno divorzile. Nè appare censurabile la valutazione espressa dalla Corte di appello per ritenere superfluo e irrilevante l’espletamento della prova per testi richiesta dal ricorrente.

12. Infine, per ciò che concerne il quinto motivo di ricorso, la Corte di appello si è attenuta, nella decisione sulle spese dell’intero giudizio di merito, al principio della soccombenza in considerazione della statuizione sugli oneri di mantenimento operata dal giudice di primo grado che è stata confermata con l’integrale rigetto dell’appello.

13. Il ricorso va pertanto respinto con condanna del ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in complessivi Euro 2.600, di cui 100 per spese. Dispone che in caso di pubblicazione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2017

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