Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9945 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9945 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 26928-2010 proposto da:
LA ROSA FERNANDO nella qualità di Amministratore
Unico pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA
PIAZZALE CLODIO 13, presso lo studio dell’avvocato
OLGA GERACI, rappresentato e difeso dall’avvocato
BASILIO LIBRIZZI giusta delega a margine;
– ricorrente contro

MINISTERO ECONOMIA E FINANZE in persona del Ministro
pro tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del
Direttore pro tempore, elettivamente domiciliati in
ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

Data pubblicazione: 15/05/2015

GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
– controricorrenti nonchè contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE GENERALE;
– intimat4

COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di MESSINA, depositata il
15/06/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
VELLA;
udito per il controricorrente l’Avvocato MARCHINI che
si riporta e chiede il rigetto;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. IMMACOLATA ZENO che ha concluso per
l’inammissibilità e in subordine il rigetto dei
motivi da l a 3 del ricorso.

avverso la sentenza n. 112/2010 della

RITENUTO IN FATTO
Sulla base di processo verbale di constatazione del 5.11.2002, veniva
emesso avviso di rettifica parziale a fini Iva – relativamente all’anno di imposta
1997 – a carico della società “LA ROSA COSTRUZIONI s.r.l.”, con il quale, stante
la ritenuta inattendibilità della contabilità, veniva accertata l’omessa fatturazione
di operazioni imponibili (per £ 23.440.000) e l’infedele dichiarazione, per
fatturazione con aliquota Iva diversa da quella dovuta.
La contribuente impugnava l’avviso per carenza di motivazione,

dall’ufficio, ma la Commissione tributaria provinciale di Messina rigettava il
ricorso, condannandola alle spese del giudizio.
Allo stesso modo, la Commissione tributaria regionale della Sicilia rigettava
l’appello proposto dalla contribuente – che aveva

eccepito anche la mancata

pronuncia del primo giudice sulla eccezione di errata contestazione dell’aliquota
Iva del 20% per servizi relativi a fabbricati non di lusso, per i quali doveva
applicarsi l’aliquota del 10% – e la condannava parimenti alla rifusione delle
spese processuali del grado, ritenendo congrua la motivazione dell’atto
impositivo e corrette le rettifiche apportate ai sensi dell’art. 54, comma 5, del
d.P.R. n. 633/72, in quanto, a fronte della violazione degli obblighi relativi alla
tenuta della contabilità, l’ufficio aveva legittimamente calcolato i corrispettivi non
dichiarati (maggiorando i costi annotati della percentuale di ricarico del 23%) e
su quella base applicato la maggiore imposta dovuta (aliquota ordinaria
corrispondente a cessioni di beni con prestazione accessoria della posa in opera),
senza che il contribuente avesse mai contrastato l’accertamento con idonee
prove documentali.
Per la cassazione della sentenza d’appello il sig. La Rosa Fernando, nella
qualità di amministratore unico della società contribuente, ha proposto ricorso
affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate ed il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno
resistito con controricorso congiunto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso si deduce la «omessa ed insufficiente e
contraddittoria motivazione, circa un punto decisivo della controversia in
riferimento all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5» (pag. 36 del ricorso).
1.1. Parte ricorrente lamenta tra l’altro, in conclusione (v. pag. 46 del
ricorso), l’esistenza di una «illegittima, errata, omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione», ponendo l’interrogativo se «può rigettarsi
l’eccezione di nullità per totale infondatezza sollevata avverso un atto di rettifica
dichiarazione IVA con il quale si contesta l’omessa e infedele fatturazione,

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26928/10 R.G.

insussistenza delle violazioni contestate ed erroneità delle presunzioni applicate

rinviando sic et simpliciter ad un verbale di constatazione, formalmente,
fondatamente e legittimamente contestato dal contribuente nei modi e termini di
legge», tenendo conto che: a) «di tutte le numerosissime contestate violazioni …
viene notificato solo un atto di rettifica dichiarazione IVA 1997, peraltro con
riferimento alla fatturazione di uno solo dei due cantieri attivi accertati …
tenendo debito conto che avverso le memorie e controdeduzioni redatte dal
contribuente … l’ufficio accertatore non ha mai controdedotto e non le ha
contestate neanche genericamente»; b) «non vengono espressamente indicati

ceduti con prestazione accessoria della mano d’opera»; c) «non vengono
contestate per false le fatture nelle quali l’importo imponibile individuato come
“acconto sui lavori di costruzione del fabbricato in Piraino, Località Calanovella”
l’applicazione di un’aliquota diversa da quella del 10% applicata sulle
medesime».
2. Con il secondo mezzo viene analogamente dedotta la «omessa ed
insufficiente e contraddittoria motivazione, in riferimento ad un punto
controverso all’art. 360 c.p.c. nn. 3 e 5» (pag. 46 del ricorso).
2.1. Il ricorrente osserva, in sintesi (v. pag. 54 del ricorso), che «il punto
controverso e decisivo della controversia … è l’imputabilità a “prestazione di
servizi” o “cessione di beni con prestazione accessoria della mano d’opera” delle
“materia prime” acquistate dalla società ricorrente e della mano d’opera per il
loro impiego finalizzato alla esecuzione dell’appalto per la costruzione di n. 2
corpi di fabbrica in località Calanovella di Piraino conferito dai committenti
coniugi La Rosa-Angelo-Zodda Maria e dai coniugi La Rosa Fernando-Ricciardo
Calderano Vittoria», risultando dedotto in tutte le difese che nel suddetto
cantiere «la società ricorrente esercente l’attività di impresa Edile ha impiegato
materia prime e mano d’opera i cui costi accertati sono superiori all’imponibile
delle materie prime, entrambi finalizzati alla realizzazione dei detti corpi di
fabbrica».
3. Con il terzo motivo si censura la «omessa, insufficiente, contraddittoria
motivazione su un punto controverso e decisivo della controversia in relazione
agli artt. 3 e 5 art. 360 c.p.c. nonché violazione degli artt. 6 e 21 DPR 633/72»
(pag. 54 del ricorso).
3.1. In proposito parte ricorrente formula il seguente quesito di diritto:
«Dica la Suprema Corte se, nel caso di costruzione di fabbricato non di lusso, a
seguito di rettifica delle rimanenza finali operata da parte dell’Agenzia delle
Entrate, può contestarsi l’omessa fatturazione per l’importo corrispondente alle
rettifiche operate in assenza di corresponsione del corrispettivo da parte dei
committenti senza violare gli artt. 6 e 21 del DPR 633/72» (pag. 57 del ricorso)
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ed individuati i beni da porre a base delle fatture omesse e che si assume per

4. Anche con il quarto motivo viene censurata la «omessa, insufficiente,
contraddittoria motivazione su un punto controverso e decisivo della causa in
relazione agli artt. 3 e 5 art. 360 c.p.c.» (pag. 57 del ricorso).
4.1. In sintesi si deduce, tra l’altro, che «il fatto controverso attiene alla
contestazione relativa alla rettifica delle rimanenze anno 1997 come effettuata
dagli ispettori … che per ottenere i ricavi dichiarabili per l’anno 1997 hanno
maggiorato i costi accertati applicando l’art. 14 della legge 10/12/1981 n. 741
illegittimamente in quanto attinente a lavori pubblici, peraltro senza applicare

società come risultanti dal libro inventari e dal Bilancio anno 1997», a fronte di
una «condivisione immotivata ed acritica da parte della Commissione Tributaria
regionale di quanto riportato nel verbale di constatazione» (v. pag. 60 e s. del
ricorso).
5. Il quinto mezzo concerne infine la «violazione dell’art. 15 del d.lg 546 del
1992 e art. 75 disp. di attuazione c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3 e 5 e
omessa ed insufficiente motivazione» (pag. 61 del ricorso).
5.1. Con esso viene formulato il seguente quesito di diritto: «Nel caso di
costituzione in giudizio dell’Agenzia dell’Entrata a mezzo di suo funzionario ed in
assenza di deposito di notula delle spese, degli onorari e dei diritti, può ritenersi
legittima la liquidazione delle spese quantificate senza alcuna specificazione e,
quindi, apoditticamente nella somma dK800,00, senza violare il disposto dell’art.
15 del d.Ig. N.546 del 1992 e art. 75 disp. Di att. c.p.c.» (pag. 62 del ricorso).
6. Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità tanto del ricorso proposto
nei confronti del Ministero dell’Economia e delle Finanze, quanto del
controricorso di quest’ultimo (unitamente all’Agenzia delle entrate), poiché l’art.
57, primo comma, D.Lgs. n. 300 del 1999 ha trasferito alle agenzie fiscali tutti i
“rapporti giuridici”, i “poteri” e le “competenze” già facenti capo al predetto
Ministero, con la conseguenza che, a far data dall’i gennaio 2001 (giorno di
inizio di operatività delle Agenzie fiscali in forza del D.M. 28 dicembre 2000, art.
1) la legittimazione attiva e passiva spetta esclusivamente all’Agenzia delle (ex
plurimis: Cass. nn. 27182, 23551, 7300 e 6394 del 2014; n. 6929 del 2013; nn.
22992 e 26321 del 2010; n. 1123 del 2009; n. 6591 del 2008; nn. 3116 e 3118
del 2006; n. 15021 del 2005; nn. 24245 e 15643 del 2004; n. 9538 del 2001).
7. Passando all’esame del ricorso, tutti i motivi in cui esso si articola, per
come formulati, risultano affetti da plurime ragioni di inammissibilità.
8. In primo luogo vengono formulate cumulativamente (ed anche con
riferimenti normativi palesemente erronei), censure di diritto e censure
motivazionali, confusamente intrecciate tra loro, senza che si riesca a

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nessuna alea di ribasso e senza decurtare le maggiorazioni già apportate dalla

comprendere in modo agevole gli esatti termini delle contestazioni mosse alla
sentenza impugnata, piuttosto che all’operato degli accertatori.
9. In secondo luogo, la censura di cui all’art. 360, primo comma, n. 5), cod.
proc. civ., viene illogicamente formulata in termini contestuali di omessa ma
anche insufficiente e contraddittoria motivazione, anche qui spesso senza una
chiara individuazione del fatto controverso e decisivo per il giudizio, con riguardo
agli specifici passaggi motivazionali della sentenza impugnata.
10.

Infine, l’intero ricorso risulta infarcito da corpose e pedisseque

comprometterne la chiarezza espositiva, tradiscono l’intento di una rivisitazione

aftgrriti del merito della vicenda, inammissibile in questa sede di legittimità.
11. L’ultimo motivo risulta altresì afflitto – anche a prescindere dalla sua
fondatezza – da un difetto di autosufficienza, risultando ivi solo dedotto il
mancato deposito della notula delle spese, su cui si fonda la contestazione
mossa alla liquidazione in danno della parte contribuente ed a favore della
amministrazione vittoriosa.
12. In conclusione, alla inammissibilità del ricorso segue la condanna di
parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate,
sulla scorta dei vigenti parametri normativi, come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia
delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in C 1.500,00 oltre
spese prenotate a debito.
Dichiara inammissibile il ricorso nei confronti del Ministero dell’economia e delle
finanze, nonché inammissibile il controricorso da quest’ultimo proposto, con
compensazione delle spese tra le parti.
Così deciso in Roma, nella ,camera di consiglio del 9 dicembre 2014.

trascrizioni di intere parti degli atti di accertamento e delle difese che, oltre a

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