Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9943 del 08/05/2014


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Civile Ord. Sez. U Num. 9943 Anno 2014
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: DI PALMA SALVATORE

ORDINANZA

sul ricorso 8360-2013 proposto da:
FONDAZIONE ALLEANZA NAZIONALE, in persona del Presidente
pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE
TIZIANO 3, presso lo studio dell’avvocato DORIA
2014

GIOVANNI, che la rappresenta e difende unitamente agli

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avvocati CLAUDIO VARRONE, GAMBERINI ALBERTO, CATAUDELLA
ANTONINO, per delega a margine del ricorso;
– ricorrente contro

Data pubblicazione: 08/05/2014

MARINO RITA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
CLAUDIO MONTEVERDI 16, presso lo studio dell’avvocato
CONSOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende, per
delega in calce al controricorso;
PREFETTURA DI ROMA, in persona del Prefetto pro-tempore,

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,
che li rappresenta e difende ope legis;

controricorrenti

per regolamento di giurisdizione in relazione al
giudizio pendente n. 5416/2012 del TRIBUNALE
AMMMINISTRATIVO REGIONALE di ROMA;
uditi gli avvocati Giovanni DORIA, Antonino CATAUDELLA,
Claudio VARRONE, Marinella DI CAVE dell’Avvocatura
Generale dello Stato;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 08/04/2014 dal Consigliere Dott. SALVATORE
DI PALMA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore
Generale dott. Carmelo SGROI, il quale chiede che la
Corte di cassazione, a Sezioni Unite, rigetti il ricorso
per regolamento preventivo di giurisdizione e dichiari
la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine al
giudizio di cui alle premesse; con le conseguenze di
legge.

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-

Ritenuto che, con ricorso del 28 marzo 2013, la Fondazione Alleanza
Nazionale (di séguito: Fondazione A.N.) ha proposto istanza di
regolamento di giurisdizione, nei confronti della Signora Rita Marino, del
Prefetto di Roma-Ufficio Territoriale del Governo e del Ministro dell’interno;
che tale istanza di regolamento di giurisdizione è proposta in
riferimento al giudizio, promosso dalla Signora Rita Marino contro il

la Fondazione Alleanza Nazionale e pendente dinanzi al Tribunale
amministrativo regionale per il Lazio (r.g. n. 5416 del 2012);
che in questo giudizio la Signora Rita Marino ha chiesto
l’annullamento del: «Provvedimento del Prefetto di Roma adottato il 26
aprile 2012 – prot. n. 33676/2424/2012, Area IV URPG, avente ad oggetto
“Iscrizione nel Registro delle persone giuridiche, ai sensi del d.P.R. 10
febbraio 2000, n. 361”, con il quale ha disposto il riconoscimento giuridico
e, per l’effetto “ai sensi del d.P.R. 10 febbraio 2000, n. 361, l’iscrizione nel
registro delle persone giuridiche della Fondazione “Alleanza Nazionale”,
con contestuale approvazione dello statuto, composto di 22 articoli, di cui
ai citati atti (rep. 22.345 e rep. 22494), che costituiscono parte integrante
del presente provvedimento; – di ogni altro atto e provvedimento ad esso
presupposto, conseguente ancorché incognito»;
che dall’esposizione dei fatti della ricorrente Fondazione Alleanza
Nazionale e dall’esame degli atti emerge che:
a)

il partito politico Alleanza Nazionale, associazione non

riconosciuta, nel decidere il proprio scioglimento per confluire nella
formazione politica “Popolo della libertà”, con deliberazione congressuale
del 22 marzo 2009, ha previsto la successiva costituzione, entro il 2011,
di un nuovo ente, la Fondazione Alleanza Nazionale («”una fondazione,
che ne

[del Partito A.N.] assume l’emblema e la denominazione”»),

istituendo un apposito Comitato di gestione – deputato alla gestione
dell’Associazione A.N. nella fase transitoria fino alla liquidazione, nonché
alla promozione delle attività finalizzate alla costituzione del nuovo ente e un Comitato di garanti, finalità volte a dare continuità ai valori ideali
della Associazione A.N., a tutela del
3

«patrimonio politico e culturale

Prefetto di Roma-Ufficio Territoriale del Governo, il Ministro dell’interno e

proprio della storia della destra italiana»;
b) nell’attuare questa deliberazione, il Comitato dei garanti, in data
17 novembre 2011 (pendente il procedimento di liquidazione della
Associazione A.N.), ha dato mandato al legale rappresentante
dell’Associazione A.N. di dare vita alla Fondazione A.N., provvedendo alla
relativa dotazione patrimoniale: il 18 novembre 2011, è stato redatto

è stata stabilita una prima dotazione patrimoniale di 55 milioni di euro,
derivante dal conferimento delle corrispondenti somme da parte del
fondatore (l’Associazione A.N. in liquidazione); un successivo atto di
conferimento del 14 dicembre 2011 ha riguardato una serie di beni
immobili, relativamente ai quali la previsione dell’atto costituivo era
formulata nel senso che il conferimento di tali beni sarebbe stato
effettuato soltanto dopo l’iscrizione della Fondazione nel registro
prefettizio delle persone giuridiche;
c) medio tempore, insorte contestazioni circa l’operato del Comitato
di gestione, il Presidente del Tribunale di Roma ha nominato (con decreto
del 19 dicembre 2011), a norma degli artt. 11 e segg. disp. att. cod. civ.,
due esperti per verificare lo stato della liquidazione, e poi, sulla base della
relazione degli esperti nella quale si evidenziavano talune irregolarità
gestionali rispetto alle finalità liquidatorie dell’Associazione A.N., ha
revocato (con decreto del 7 febbraio 2012), ai sensi dell’art. 12 disp. att.
cod. civ., i componenti del Comitato di gestione e del Comitato dei
garanti, nominando due commissari liquidatori dell’Associazione;
d) i commissari liquidatori dell’Associazione A.N. hanno promosso,
nel marzo 2012, un giudizio civile dinanzi al Tribunale di Roma, iscritto al
R.g. n. 18307 del 2012, in forza dell’art. 23 del codice civile, citando la
Fondazione A.N. (non ancora iscritta nel registro delle persone giuridiche)
e chiedendo: l’invalidità e/o l’inefficacia della deliberazione congressuale
“a monte” del 22 marzo 2009; conseguentemente, l’invalidità della
deliberazione del Comitato dei garanti in data 17 novembre 2011, che ha
dato mandato al legale rappresentante dell’Associazione A.N. di dare vita
alla Fondazione A.N., costituzione avvenuta il giorno successivo; in via
ulteriormente consequenziale, la restituzione all’Associazione A.N. dei
4

l’atto costitutivo della Fondazione A.N., a rogito notarile; nello stesso atto

beni conferiti in dotazione alla Fondazione;
e) in questo giudizio civile ha spiegato intervento il Sig. Bocchino,
nella qualità di «iscritto all’Associazione Alleanza Nazionale», nonché di
«legale rappresentante pro tempore di “Futuro e Libertà per il Terzo
Polo”», chiedendo, nei confronti della Fondazione A.N. e dell’Associazione
A.N. in liquidazione: 1) l’annullamento della deliberazione del Comitato dei

Fondazione del 18 novembre 2011 e dell’atto di dotazione patrimoniale del
14 dicembre 2011;
Fondazione;

4)

3)

la restituzione di tutti i beni conferiti nella

la condanna all’attribuzione di una quota parte dei

“rimborsi elettorali” già acquisiti dall’Associazione Alleanza Nazionale in
relazione alle tornate elettorali 2006-2011 e 2008-2013, in forza della
legge 3 giugno 1999, n. 157 (Nuove norme in materia di rimborso delle
spese per consultazioni elettorali e referendarie e abrogazione delle
disposizioni concernenti la contribuzione volontaria ai movimenti e partiti
politici);
f) in relazione a tale giudizio civile, si è svolto – su apposito ricorso
dei commissari liquidatori – incidente cautelare a norma dell’art. 669terdecies

cod. proc. civ., in ordine alla richiesta di sospensione

dell’efficacia

delle

determinazioni

e

deliberazioni

adottate

dall’Associazione, istanza cautelare che è stata rigettata dal giudice
monocratico del Tribunale (30 luglio 2012); il successivo reclamo del Sig.
Bocchino – previa costituzione in giudizio dell’Associazione A.N. in
persona del curatore, del Sig. Buonfiglio, della Sig.ra Rita Marino e del
Sig. Giuliano Castellino – è stato respinto dal collegio del Tribunale, con
provvedimento del 20 novembre-3 dicembre 2012;
g) sempre nell’ambito dell’ora citata controversia civile, in data 8
maggio 2012, i commissari liquidatori dell’Associazione A.N., previa
autorizzazione giudiziale, hanno rinunciato alle domande in ragione di un
“atto d’obbligo” assunto dalla Fondazione A.N. in data 18 aprile 2012, con
il quale quest’ultima si è impegnata, a determinate condizioni meglio
specificate nell’atto, a versare all’Associazione A.N. in liquidazione ogni
eventuale differenza negativa del saldo finale della liquidazione, con
l’esclusione del fondo di dieci milioni di euro oggetto della iniziale
5

garanti del 17 novembre 2011; 2) l’annullamento dell’atto costitutivo della

dotazione, contestuale alla costituzione dell’ente, rinuncia che non ha
comportato l’estinzione del giudizio civile, stante l’intervento dei predetti
terzi, che è tuttora pendente;
h) parallelamente allo svolgimento della causa civile, si è svolto l’iter
procedimentale finalizzato alla iscrizione della Fondazione A.N. nel
registro prefettizio delle persone giuridiche, a norma del d.P.R. 10

dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di
approvazione delle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto – n. 17
dell’allegato I della legge 15 marzo 1997, n. 59): in particolare, è stata
presentata in data 13 febbraio 2012 istanza da parte del Presidente della
Fondazione per l’iscrizione nel registro e conseguente riconoscimento
della personalità giuridica dell’ente; la Prefettura competente – anche
sulla base del decreto del Presidente del Tribunale di Roma, con il quale
erano state accertate le predette irregolarità ed erano stati nominati i
commissari liquidatori -, con nota del 20 aprile 2012, ha chiesto
chiarimenti circa la dotazione della Fondazione, in relazione ai profili di
incertezza sullo stato patrimoniale dell’ente (quanto alla situazione
debitoria e quanto alle problematiche connesse alla spettanza del diritto
ai cosiddetti rimborsi elettorali) e di “sostanziale incertezza” in ordine alla
consistenza del patrimonio dell’ente stesso all’esito del percorso di
liquidazione dell’Associazione A. N., sospendendo l’iscrizione;

ma

successivamente, a séguito della presentazione del predetto “atto
d’obbligo” in data 18 aprile 2012 (cfr., supra, lettera g) e di ulteriore
documentazione, ha disposto, con provvedimento del 26 aprile 2012,
l’iscrizione della Fondazione A.N. nel registro delle persone giuridiche ai
sensi del citato d.P.R. n. 361 del 2000;
i) avverso tale provvedimento del Prefetto-U.T.G. di Roma la Sig.ra
Marino proposto il menzionato ricorso dinanzi al T. a. r. per il Lazio,
affermando la propria legittimazione e chiedendo l’annullamento del
provvedimento prefettizio, per vizi propri di esso;
I) anche in questo giudizio amministrativo – nel quale, tra l’altro, è
intervenuto ad adiuvandum il Signor Giuliano Castellino – si è svolto
incidente cautelare: il T. a. r. adito ha accordato la sospensiva richiesta
6

febbraio 2000, n. 361 (Regolamento recante norme per la semplificazione

dal ricorrente, con ordinanza in data 23 luglio 2012, ma il Consiglio di
Stato ha annullato la misura cautelare con ordinanza del 5 ottobre 2012;
m) il T. a. r. per il Lazio ha successivamente (con ordinanza del 16

maggio 2013, successiva alla proposizione del ricorso per regolamento di
giurisdizione) disposto la sospensione del giudizio, a norma dell’art. 367,
primo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 10, comma 1, del d.lgs. n. 104

che, ciò premesso, la ricorrente Fondazione Alleanza Nazionale chiede
alla Corte di cassazione, a sezioni unite: «a) che sia dichiarato il difetto di
giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso proposto […] contro il
provvedimento prefettizio di iscrizione della Fondazione A.N. nel registro
delle persone giuridiche; b) in via subordinata, che sia dichiarato il difetto
di giurisdizione del giudice amministrativo di pronunziarsi, in via
incidentale, sulla validità e l’efficacia di atti di natura privata in ordine ai
quali pende il relativo giudizio innanzi al giudice civile fornito di
giurisdizione; c) ovvero, che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo di pronunziarsi incidenter tantum sugli atti di diritto
privato del procedimento di liquidazione dell’associazione, in modo
difforme da quanto stabilito dall’organo di sorveglianza della suddetta
procedura»;
che, a supporto di tali domande, la ricorrente sostiene che:

a) alla

luce dell’art. 360, primo comma, n. 1), cod. proc. civ., in relazione agli
artt. 23 cod. civ., 75 cod. proc. civ. e 113 Cost., nella specie, v’è difetto di
giurisdizione del Giudice amministrativo adito, in quanto il Sig. Italo
Bocchino – che ha promosso il giudizio dinanzi al T. a. r. del Lazio sia
quale componente della Associazione A. N. in liquidazione, sia quale
esponente della associazione politica “Futuro e Libertà” – è carente di
legitimatio ad causam, essendo invece portatore di un interesse di mero
fatto, in quanto lo stesso: nella prima veste, non ha titolo ad impugnare
un atto ponendosi in conflitto con deliberazioni efficaci e vincolanti per
tutti gli associati di un’associazione di cui fa parte, potendo chiedere ed
ottenere tutela con l’impugnazione delle deliberazioni dinanzi al giudice
ordinario; nella seconda veste, non ha parimenti titolo ad impugnare le
deliberazioni dell’Associazione, essendo ciò riservato agli associati ed al
7

del 2010, cod. proc. amm.;

pubblico ministero; b) alla luce dell’art. 360, primo comma, n. 1), cod.
proc. civ., in relazione agli artt. 11 e seguenti disp. att. cod. civ., 295 e 75
cod. proc. civ., nella specie, v’è carenza di giurisdizione del Giudice
amministrativo sotto il profilo del definitivo esaurimento dell’ambito della
tutela che è richiesta dal ricorrente nel perimetro del giudizio civile
pendente, ossia attraverso la soluzione della controversia riguardante le
deliberazioni associative, che sono tuttora valide e vincolanti, affermandosi

illegittimità del provvedimento del Prefetto di Roma, gli stessi aspetti che
sono dedotti dinanzi al giudice ordinario, sulla base dei medesimi fatti
controversi; che sono le delibere dell’Associazione A.N. rivolte alla
costituzione della Fondazione a costituire gli atti presupposti, reputati
lesivi dal ricorrente; che il giudizio civile, rinunciato dai soggetti legittimati
(i commissari liquidatori), prosegue

inter partes per valutare le modalità

con le quali si deve attuare la volontà espressa dalla delibera congressuale
del 2009, essendo controverso tra le stesse parti se il conferimento
patrimoniale alla Fondazione debba essere preceduto, oppure no (secondo
le opposte prospettazioni in quella sede), dal completamento del
procedimento di liquidazione della Associazione A.N.; che con riguardo a
quest’ultimo aspetto, peraltro, anche nel provvedimento del Consiglio di
Stato, con il quale è stata rigettata in appello la richiesta sospensiva, si è
considerato che l’atto d’obbligo intercorso tra Fondazione ed Associazione,
sicuramente di natura privatistica, che ha comportato la (parziale)
definizione del giudizio civile, non era ancora produttivo dell’effetto suo
proprio nel momento in cui è stato adottato il provvedimento del Prefetto;
che, in ogni caso, la esatta qualificazione dell’atto privato di obbligo
costituisce una questione di carattere pregiudiziale che non può essere
risolta dal giudice amministrativo, sia perché pende, sulla questione, una
causa pregiudiziale e pertanto il T. a. r. non potrebbe definire
incidentalmente la questione, ai sensi dell’art. 8 cod. proc. amm.,
trovando semmai applicazione l’istituto della sospensione a norma dell’art.
295 cod. proc. civ. attraverso il richiamo dell’art. 79 cod. proc. amm., sia
perché, per risolvere la questione pregiudiziale, il T. a. r. può svolgere solo
una verifica dei dati documentali offerti in giudizio ma non potrebbe dare
soluzione a controversie di natura civile correlate alla qualificazione di
8

in particolare: che il ricorso dinanzi al T. a. r. propone, quali motivi di

negozi; che, infine, anche quale elemento di divergenza rispetto a taluni
precedenti affrontati dalla giurisprudenza in materia di rapporti tra negozio
costitutivo di una fondazione e provvedimento amministrativo di iscrizione
nel registro delle persone giuridiche, nel caso di specie, il negozio che
costituisce la fondazione presenta la particolarità di avere a oggetto il
patrimonio di una associazione in liquidazione, sicché, svolgendosi il
procedimento liquidatorio, affidato agli organi a ciò preposti, sotto la

giurisdizionale effettua in ordine all’operato dei liquidatori finisce per
“doppiare” l’attività privatistica svolta dai medesimi commissari liquidatori
– pubblici ufficiali – e dunque il provvedimento impugnato dinanzi al T.a.r.
si fonda non soltanto sul negozio di fondazione di diritto privato ma su una
fattispecie più complessa, in cui valutazione di congruità del patrimonio e
richiesta di iscrizione nel registro delle persone giuridiche derivano (anche)
da questa attività dei pubblici ufficiali, sotto la vigilanza del presidente del
tribunale; che, conclusivamente, sotto questo profilo le questioni
pregiudiziali riguardanti appunto la adeguatezza patrimoniale e la portata
dell’atto d’obbligo sono già risolte nell’ambito del controllo svolto dal
presidente del tribunale, del quale il giudice amministrativo non potrebbe
che prendere atto;
che resistono, con distinti controricorsi: 1) il Ministro dell’interno ed il
Prefetto di Roma, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello
Stato, i quali chiedono che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del
Giudice amministrativo adito; 2) la Signora Rita Marino, la quale chiede la
reiezione del ricorso proposto dalla Fondazione Alleanza Nazionale; 3) il
Signor Antonio Buonfiglio il quale chiede la reiezione del ricorso proposto
dalla Fondazione Alleanza Nazionale;
che il Procuratore generale ha concluso, chiedendo che le Sezioni
unite di questa Corte rigettino il ricorso per regolamento preventivo di
giurisdizione e dichiarino la giurisdizione del Giudice amministrativo in
ordine al giudizio de quo;
che la Fondazione A.N. ha depositato memoria, con la quale deduce
che il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 23192/2013 del 15 novembre
2013, «ha rigettato le domande proposte, nell’ambito del giudizio civile
9

vigilanza del presidente del tribunale, il controllo che quest’ufficio

r.g. n. 18307/2012, da una pluralità di parti, tra cui gli odierni
controricorrenti».
Considerato che, al fine di decidere il proposto regolamento di
giurisdizione, la questione sottoposta all’esame di queste Sezioni Unite
concerne, in generale, il riparto di giurisdizione tra Giudice ordinario e
Giudice amministrativo relativamente al fenomeno della costituzione

giuridica;
che, in particolare, si tratta di stabilire se, nel caso di specie – in cui
(come risulta dall’esposizione dei fatti contenuta,

supra, nel Ritenuto)

sono stati impugnati: dinanzi al Tribunale ordinario di Roma, tra l’altro, le
deliberazioni della Associazione A.N. e gli atti propedeutici alla costituzione
delle Fondazione, nonché lo stesso atto di costituzione di questa; dinanzi
al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il provvedimento
prefettizio di riconoscimento della personalità giuridica alla stessa
Fondazione, per vizi propri di tale provvedimento (violazione di legge ed
eccesso di potere per “sviamento”) -, la giurisdizione a conoscere
l’oggetto dedotto nel giudizio a quo dinanzi al T. a. r. per il Lazio
(l’illegittimità di detto provvedimento prefettizio, appunto) sia attribuita al
Giudice amministrativo oppure al Giudice ordinario;
che, preliminarmente, deve essere precisato che lo specifico quadro
normativo di riferimento è costituito, ratione temporis, dal d.P.R. 10
febbraio 2000, n. 361 (Regolamento recante norme per la semplificazione
dei procedimenti di riconoscimento di persone giuridiche private e di
approvazione delle modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto – n. 17
dell’allegato I della legge 15 marzo 1997, n. 59), entrato in vigore il 22
ottobre 2000;
che tale regolamento, cosiddetto di “delegificazione”, è stato emanato
in forza del combinato disposto del testo originario dell’art. 20, comma 8,
della legge 15 marzo 1997, n. 59 («In sede di prima attuazione della
presente legge e nel rispetto dei principi, criteri e modalità di cui al
presente articolo, quali norme generali regolatrici, sono emanati appositi
regolamenti ai sensi e per gli effetti dell’articolo 17, comma 2, della legge
10

I
i

dell’ente “fondazione” ed al riconoscimento a tale ente della personalità

23 agosto 1988, n. 400, per disciplinare i procedimenti di cui all’allegato I
della presente legge […]»), e del numero 17 dell’Allegato I della stessa
legge n. 59 del 1997 («17. Procedimenti di riconoscimento di persone
giuridiche private, di approvazione delle modifiche dell’atto costitutivo e
dello statuto, di autorizzazione all’acquisto di beni immobili,
all’accettazione di atti di liberalità da parte di associazioni o fondazioni,
nonché di donazioni o lasciti in favore di enti: codice civile, articoli 12, 16

che, al riguardo – tenuto anche conto dell’evocazione, nella memoria
della Fondazione A. N., di un’interpretazione “costituzionalmente orientata”
delle pertinenti disposizioni di detto regolamento -, è opportuno
sottolineare, in limine, che tali disposizioni hanno, appunto, natura e
valore regolamentare, sicché l’eventuale sindacato della loro legittimità
deve svolgersi secondo i princípi più volte enunciati dalla Corte
costituzionale: «Il pieno esplicarsi della garanzia della Costituzione nel
sistema delle fonti, in particolare con riferimento a quelle di valore
regolamentare adottate in sede di “delegificazione”, non è comunque
pregiudicato dall’anzidetta limitazione della giurisdizione del giudice
costituzionale. La garanzia è normalmente da ricercare, volta a volta, a
seconda dei casi, o nella questione di costituzionalità sulla legge abilitante
il Governo all’adozione del regolamento [nella specie, sull’art. 20, comma
8, della citata legge n. 59 del 1997], ove il vizio sia a essa riconducibile
(per avere, in ipotesi, posto principi incostituzionali o per aver omesso di
porre principi in materie che costituzionalmente li richiedono); o nel
controllo di legittimità sul regolamento, nell’ambito dei poteri spettanti ai
giudici ordinari o amministrativi, ove il vizio sia proprio ed esclusivo del
regolamento stesso»

(cfr. la sentenza n. 427 del 2000, n. 4. del

Considerato in diritto; cfr. anche, per un’applicazione di tali princípi, la
sentenza n. 251 del 2001, n. 3. del Considerato in diritto);
che, tuttavia, la ricorrente non ha indicato specifici profili di
illegittimità di dette disposizioni regolamentari, né il Collegio ne rileva
d’ufficio;
che, nella specie – siccome il nucleo fondamentale delle censure
formulate nel giudizio amministrativo a quo al provvedimento prefettizio di
riconoscimento della personalità giuridica alla Fondazione A.N. sta nella
11

e 17; disposizioni attuative del codice civile, articoli 5 e 7 […]»);

dedotta carenza del requisito oggettivo dell’adeguata consistenza
patrimoniale della stessa Fondazione -, rilevano specificamente, ai fini
della decisione della questione di giurisdizione, i commi da 3 a 6 dell’art. 1
del citato d.P.R. n. 361 del 2000, secondo i quali: «[…] 3. Ai fini del
riconoscimento è necessario che siano state soddisfatte le condizioni
previste da norme di legge o di regolamento per la costituzione dell’ente,
che lo scopo sia possibile e lecito e che il patrimonio risulti adeguato alla

dimostrata da idonea documentazione allegata alla domanda. 5. Entro il
termine di centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda il
prefetto provvede all’iscrizione. 6. Qualora la prefettura ravvisi ragioni
ostative all’iscrizione ovvero la necessità di integrare la documentazione
presentata, entro il termine di cui al comma 5, ne dà motivata
comunicazione ai richiedenti, i quali, nei successivi trenta giorni, possono
presentare memorie e documenti. Se, nell’ulteriore termine di trenta
giorni, il prefetto non comunica ai richiedenti il motivato diniego ovvero
non provvede all’iscrizione, questa si intende negata. […]»;
che – ciò premesso quanto al quadro normativo di riferimento – è
indispensabile richiamare, per la loro persistente validità anche nella
vigenza del d.P.R. n. 361 del 2000, gli argomenti svolti ed i princípi
enunciati da queste Sezioni Unite con la sentenza n. 3892 del 26 febbraio
2004, ancorché pronunciata in una fattispecie nella quale non era ancora
applicabile, ratione temporis, la disciplina di cui al più volte menzionato
regolamento di delegificazione;
che con tale pronuncia queste Sezioni Unite hanno, tra l’altro,
affermato: «[…] Nella risalente sentenza n. 654 del 1968, che nel suo
impianto argomentativo richiama e sviluppa le motivazioni delle più
remote pronunce n. 2130 del 1959 e n. 2958 del 1967, nell’esaminare il
rapporto tra negozio privato di fondazione ed atto amministrativo di
riconoscimento si è osservato che il primo – unitariamente considerato nel
suo contenuto personale, diretto alla costituzione di un nuovo soggetto di
diritto, e patrimoniale, volto al conferimento a tale soggetto di beni e diritti
per il perseguimento di un determinato scopo ed alla fissazione della
struttura organizzativa che dovrà provvedere alla sua realizzazione 12

realizzazione dello scopo. 4. La consistenza del patrimonio deve essere

integra un atto di autonomia privata, che non partecipa della natura del
provvedimento amministrativo di riconoscimento, ma è regolato in
relazione alla sua validità ed efficacia dalle norme privatistiche e genera
rapporti di diritto privato e posizioni di diritto soggettivo.
Conseguentemente, le pretese relative alla validità ed efficacia del negozio
di fondazione appartengono alla competenza giurisdizionale dell’autorità
giudiziaria ordinaria, mentre quelle volte all’annullamento dell’atto di

delineare i limiti del collegamento tra il negozio privato di fondazione e
l’atto amministrativo di riconoscimento, sotto il profilo degli effetti che la
decisione giudiziale sull’atto di fondazione può esplicare sulla situazione
prodotta dall’intervenuto atto amministrativo, si è in tale decisione
opportunamente precisato che l’invalidità o l’inefficacia del negozio non
incide se non in modo indiretto su detta situazione, rilevando solo in
quanto l’accertamento della invalidità o inefficacia faccia venir meno uno
dei presupposti dell’atto amministrativo, così da determinare l’impossibilità
per l’ente riconosciuto di perseguire lo scopo dal quale trae giustificazione,
ma non comporta di per sé che l’atto resti comunque invalidato, ben
potendo l’ente mantenere la sua personalità ove ne siano ritenute esistenti
le condizioni o continuare a svolgere l’attività prevista con altra dotazione
e con altre regole, e comunque occorrendo, perché a seguito della
caducazione del negozio venga eliminato l’atto amministrativo,
un’impugnazione diretta di questo. Corrispondentemente, l’invalidazione
dell’atto amministrativo non determina necessariamente l’inefficacia del
negozio di fondazione, che ben può conseguire i suoi effetti ove lo scopo
fissato dal fondatore sia ancora attuabile, eventualmente attraverso un
nuovo provvedimento di riconoscimento. Nella stessa linea – pur con
qualche divergenza, che in questa sede non rileva, in relazione ai limiti del
potere del giudice ordinario che abbia accertato l’invalidità dell’atto di
fondazione di disporre la restituzione dei beni in mancanza del
provvedimento di annullamento del riconoscimento da parte dell’autorità o
del giudice amministrativo – si è posta la successiva pronuncia, sempre a
sezioni unite, n. 721 del 1972, la quale ha ribadito che le eventuali ragioni
di invalidità o inefficacia dell’atto costitutivo vanno fatte valere dagli
interessati dinanzi all’autorità giudiziaria ordinaria, anche dopo che sia
13

riconoscimento spettano alla giurisdizione del giudice amministrativo. Nel

intervenuto il provvedimento amministrativo di conferimento della
personalità giuridica, il quale d’altro canto non può considerarsi eliminato
per effetto della pronuncia del giudice ordinario, anche se può risultarne
svuotato nel contenuto. Tali principi hanno trovato ulteriore conferma nella
successiva sentenza, ancora a sezioni unite, n. 4024 del 1984, che ha
riaffermato che la giurisdizione del giudice amministrativo è ravvisabile
ove il soddisfacimento dell’interesse della parte sia perseguito con la

l’accertamento e la soddisfazione delle posizioni soggettive fatte valere
non passino necessariamente attraverso l’eliminazione dal mondo del
diritto di detto provvedimento, anche se spieghino su di esso effetti
riflessi, in quanto investano direttamente la validità ed efficacia del
negozio di fondazione, la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo
ai sensi degli artt. 29 e 30 del r. d. 26 giugno 1924, n. 1054, e 7 della
legge 6 dicembre 1971, n. 1034, non ha modo di esplicarsi, restando
tuttavia salvo il potere dell’autorità amministrativa, ed eventualmente del
giudice amministrativo adito, di vagliare separatamente la consistenza e
rilevanza di detti effetti riflessi sul provvedimento stesso. I richiamati
interventi giurisprudenziali, definendo con chiarezza i diversi ambiti di
esplicazione degli effetti della invalidità o inefficacia del negozio di
fondazione e dell’atto amministrativo di riconoscimento, rendono evidente
la possibilità di un esercizio separato ed autonomo di pretese ancorate a
distinte situazioni soggettive e sorrette da diversi profili di interesse ad
agire. Le conclusioni in essi raggiunte appaiono peraltro coerenti con il
dibattito dottrinale sviluppatosi nel tempo in relazione alla natura ed alla
funzione del provvedimento di riconoscimento, inteso nella vigenza della
norma contenuta nel codice civile come diretto ad operare in presenza di
un autonomo substrato già esistente nell’ordinamento ed eventualmente
già operante, ed a svolgere un controllo estrinseco su di esso, mirato e
circoscritto alla valutazione, sulla base dell’atto costitutivo e dello statuto
ed a tutela del pubblico interesse, della ricorrenza delle condizioni per la
concessione a quell’ente delle specifiche prerogative riconosciute alle
fondazioni, con particolare riferimento al beneficio della responsabilità
limitata degli amministratori, con esclusione di ogni apprezzamento circa

14

richiesta di annullamento dell’atto di riconoscimento, mentre ove

la validità dell’atto di autonomia privata che di quel substrato è fonte e
regola […]»;
che tale sentenza e la giurisprudenza ivi richiamata – cui il Collegio
intende dare continuità – esaminano profili (ai quali è necessario fare
riferimento per la definizione del presente regolamento preventivo di
giurisdizione) che attengono: a) da un lato, in dimensione per così dire

relazione di coesistenza – e non di esclusività – di ambedue, in rapporto
alla situazione giuridica soggettiva fatta valere da chi accede alla
giurisdizione, e dunque alla materia dedotta in giudizio; b) dall’altro lato,
in dimensione per così dire dinamica, alle interferenze che l’accesso
all’una o all’altra giurisdizione – o ad ambedue – e dunque alla pendenza
di un giudizio nell’una o nell’altra sede – o in entrambe, come nella specie
– determinano rispetto all’oggetto dei rispettivi giudizi;
che, sotto il primo aspetto, deve sottolinearsi l’ineliminabile
compresenza, nell’iter della costituzione dell’ente-fondazione, della fase
negoziale-costitutiva e della fase amministrativa di attribuzione della
personalità giuridica, in rapporto di consecuzione temporale tra loro, ciò
in base allo schema che il legislatore ha prefigurato fin dal 1942: la prima
fase, espressione di autonomia privata, il cui controllo è perciò attribuito
al Giudice ordinario, la seconda, espressione di una istanza pubblica che
si manifesta in un provvedimento, il cui controllo è perciò attribuito al
Giudice amministrativo, sicché la distribuzione della giurisdizione
rimanda, in via di principio, alla distinzione tra vizi del negozio e vizi
dell’atto amministrativo;
che, sotto il secondo aspetto, oltre al già menzionato possibile
“svuotamento” di contenuto del provvedimento amministrativo qualora
l’esito del giudizio civile sia integralmente demolitorio rispetto al negozio di
fondazione (cfr. la citata sentenza di queste Sezioni Unite n. 3892 del
2004), si danno, in questa stretta interdipendenza sostanziale e
processuale, due possibili evenienze: quella della pronuncia di nullità o di
inefficacia dell’atto privato di fondazione, dopo l’avvenuto riconoscimento
della personalità giuridica – ipotesi che non ha rilievo in questa sede, essa
involgendo piuttosto aspetti di tutela dei terzi e comunque spettando, in
15

statica, alla delimitazione degli ambiti di ciascuna giurisdizione, in

relazione al caso in esame, all’adito Tribunale ordinario di Roma di
stabilirne eventualmente la regolazione, se e quando abbia esito definitivo
in tal senso il giudizio civile attualmente in corso sull’invalidità delle
delibere costitutive della Fondazione A.N. e delle conseguenti
determinazioni (atto di costituzione, atti di dotazione e domande di
restituzione del patrimonio) -; quella dell’annullamento del provvedimento
amministrativo costitutivo della personalità giuridica, quando la fondazione

che tale seconda ipotesi ha rilievo in questa sede, in un duplice
senso: a) nel senso che la ricostruzione degli effetti dell’annullamento
dell’atto di riconoscimento da parte del Giudice amministrativo, nei
termini della sopravvenuta carenza di un elemento necessario all’agire di
una fondazione – non potendo questa operare in diritto senza
l’attribuzione della personalità -, e, in connessione con questo aspetto,
che la collegata qualificazione di una fondazione in attesa di (nuovo e
legittimo) riconoscimento (come è possibile che sia, dopo l’annullamento
del primo) quale fondazione “di fatto”, presuppongono, conformemente
alla giurisprudenza ed alla dottrina anche anteriore al d.P.R. n. 361 del
2000, il carattere necessariamente “costitutivo” dell’atto di
riconoscimento della personalità giuridica; b) nel senso che la necessaria
consecuzione cronologica tra negozio costitutivo della fondazione e
provvedimento di riconoscimento della personalità giuridica implica profili
di possibile pregiudizialità dell’eventuale giudizio civile promosso per
accertare la validità del negozio rispetto al giudizio amministrativo
promosso per accertare la legittimità del provvedimento di
riconoscimento, essendovi rapporto non biunivoco tra le rispettive
decisioni, con la conseguenza che assume rilievo il predetto argomento
del possibile “svuotamento” del provvedimento amministrativo, e così la
sopravvenuta carenza di interesse rispetto al giudizio che lo riguarda, se
e quando venga meno il presupposto della stessa esistenza della
fondazione, ossia l’atto negoziale che ne stabilisce la creazione, ciò
tuttavia a condizione della invalidazione totale dell’atto fondativo (ma non
della invalidità parziale di esso: ad esempio, limitatamente ad alcuni dei
soggetti fondatori, o a taluni contenuti dell’atto negoziale);
16

sia già operante;

che tutte le considerazioni che precedono possono essere
integralmente confermate anche nell’ambito del sistema di attribuzione
della personalità giuridica delineato dal citato d.P.R. n. 361 del 2000;
che, infatti, il superamento del sistema di riconoscimento della
personalità giuridica mediante decreto del Presidente della Repubblica,
con l’abrogazione dell’art. 12 cod. civ. e la sua sostituzione con il

presso le Prefetture, non ha alterato – anche secondo la prevalente
dottrina – il connotato essenzialmente concessorio dell’attribuzione della
personalità giuridica, alla luce del contenuto prescrittivo ricavabile dalle
norme dello stesso d.P.R. n. 361 del 2000;
che, in particolare, il regolamento delegato – volto, conformemente
alla legge delega n. 59 del 1997, allo snellimento ed alla accelerazione
procedimentale rispetto al sistema precedente, che lasciava operanti enti
“di fatto” anche per alcuni anni – ha certamente ridotto i margini
discrezionali di apprezzamento dell’autorità amministrativa in ordine ai
requisiti di corrispondenza della costituzione dell’ente all’interesse
pubblico, che si esprimevano nella clausola – di creazione
giurisprudenziale, tratta dal sistema di vigilanza pubblica sugli enti – della
“pubblica utilità dello scopo”, e che rispondevano alla esigenza, avvertita
dal legislatore del codice civile, di sottoporre a stretta vigilanza fenomeni,
generalmente disincentivati, di cosiddetta “segregazione” di entità
patrimoniali anche cospicue e di immobilizzazioni di ricchezza rispetto al
contesto produttivo nonché alle regole della successione;
che tuttavia lo stesso regolamento, nel conservare ovviamente i
requisiti minimi della possibilità e della liceità dello scopo dell’ente (art. 1,
comma 3, dianzi riprodotto), ha mantenuto un rilevante ambito di
apprezzamento dell’amministrazione prefettizia, che si manifesta, oltre
che nella presentazione di una «domanda per il riconoscimento» e per
l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche, con il corredo della
documentazione necessaria (atto costitutivo e statuto: art. 1, comma 2),
anche nell’attribuzione alla stessa amministrazione di un significativo
margine di valutazione concernente il requisito della “adeguatezza” del
patrimonio fornito in dotazione all’ente rispetto alla realizzazione dello
17

procedimento di iscrizione nel registro delle persone giuridiche istituito

scopo (art. 1, comma 3), requisito che comporta quindi la dimostrazione,
da parte dell’ente richiedente, della consistenza del patrimonio in tale
prospettiva, da offrirsi mediante idonea documentazione, della quale pure
si prescrive l’allegazione alla domanda (art. 1, comma 4);
che, inoltre, anche la scansione dei tempi del procedimento è
coerente con il predetto connotato, essenzialmente concessorio, del

centoventi giorni dalla data di presentazione della domanda, ma, se
ravvisa «ragioni ostative» ovvero riscontra la necessità di integrazioni
documentali, ne dà comunicazione motivata ai soggetti richiedenti, i quali
fruiscono di un ulteriore termine di trenta giorni per replicare a tali
«ragioni ostative»,

e se nei successivi trenta giorni non interviene

l’adozione di un provvedimento esplicito, positivo o negativo, il silenzio
dell’amministrazione deve intendersi come “diniego” dell’iscrizione (art. 1,
commi 5 e 6), la quale, quindi, non costituisce “diritto” del richiedente;
che, infine, detto connotato concessorio – come è stato sottolineato
anche in dottrina – è pienamente coerente con la specifica

ratio del

previsto controllo pubblico: la prescrizione del requisito della
“adeguatezza” patrimoniale risponde, infatti, all’esigenza di accordare il
beneficio della responsabilità limitata esclusivamente in presenza di un
«patrimonio adeguato alla realizzazione dello scopo» (art. 1, comma 3) e
di negarlo, invece, in caso di “sottopatrimonializzazione” dell’ente, ciò
valendo con riferimento sia al momento costitutivo della persona giuridica
– attraverso il controllo prefettizio, appunto -, sia ai successivi momenti
di operatività dell’ente, in forza dei meccanismi giuridici di vigilanza e di
scioglimento previsti dagli artt. 25-28 cod. civ., rimasti sostanzialmente
immutati anche dopo il d.P.R. n. 361 del 2000 che ne integra
semplicemente i disposti (art. 6), rilievi, questi, che acquistano ulteriore
consistenza anche alla luce della possibilità della trasformazione,
cosiddetta “eterogenea”, della fondazione in società di capitali ad opera
dell’autorità governativa, secondo quanto prevede l’art.

2500-octies,

quarto comma, cod. civ. («La trasformazione di fondazioni in società di
capitali è disposta dall’autorità governativa, su proposta dell’organo
competente […]»; v. anche l’art. 223-octies disp. att. cod. civ.);
18

provvedimento: il prefetto richiesto, infatti, provvede all’iscrizione entro

che nella specie, tenuto conto di tutte le considerazioni che
precedono, deve dichiararsi la giurisdizione del Giudice amministrativo a
conoscere la controversia promossa dal Signor Italo Bocchino contro il
Prefetto di Roma-Ufficio Territoriale del Governo, il Ministro dell’interno, la
Fondazione Alleanza Nazionale e l’Associazione Alleanza Nazionale in
liquidazione, pendente dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il

che al riguardo, innanzitutto, la questione della dedotta carenza di
legittimazione del soggetto che ha promosso il giudizio (il Sig. Bocchino),
posta con il primo motivo, è questione di merito, la cui risoluzione spetta
al giudice cui è attribuita la giurisdizione, la stessa concernendo non il
riparto e la definizione del limite esterno della giurisdizione
amministrativa ma profili di individuazione della norma che fonda la tutela
richiesta e la definizione dell’eventuale limite “interno” della singola
giurisdizione (cfr., ex plurimis, le sentenze delle Sezioni Unite nn. 19391
del 2007, 28500 del 2005, 928 del 1999, 7707 del 1998, 651 del 1993),
aspetto non deducibile in sede di regolamento preventivo che, finalizzato
a dichiarare la giurisdizione, non è certamente diretto a stabilire se il
soggetto che agisce in giudizio abbia o no legitimatio ad causam;
che – quanto agli altri profili di contestazione della giurisdizione del
Giudice amministrativo argomentati con il primo motivo del proposto
regolamento e, in particolare, all’assunto secondo cui l’impugnazione
dinanzi al T. a. r. del solo provvedimento prefettizio che concede
l’iscrizione nel registro delle persone giuridiche avrebbe mero carattere
“consequenziale” all’esito del giudizio pendente dinanzi al Tribunale
ordinario di Roma – è sufficiente ribadire che le relazioni di interferenza
tra gli esiti delle due controversie, promosse in contemporanee, ma
differenti, sedi di tutela, sollecitano, semmai, interventi di coordinamento
processuale, ovvero propongono aspetti di possibile “svuotamento”
dell’atto amministrativo, non già di eliminazione di una giurisdizione nella specie, di quella amministrativa – che, secondo la scansione del
fenomeno di fondazione (negozio di costituzione-provvedimento di
riconoscimento), non può non seguire nel tempo la giurisdizione
ordinaria;
19

Lazio;

che anche la “materia” portata alla cognizione del Giudice
amministrativo è di spettanza di questo;
che, al riguardo, rileva – com’è noto – il criterio del

petitum

sostanziale che, richiamando proprio la già citata sentenza n. 3892 del
2004, si identifica «non solo o non tanto in funzione della concreta
statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in relazione

dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo alla sostanziale
protezione ad essa accordata in astratto dal diritto positivo»;
che, in applicazione di tale criterio – che è “diritto vivente” (cfr.,

ex

plurimis, le sentenze delle Sezioni Unite nn. 19600 e 16848 del 2012,
20902 del 2011) – e del modo di rilevazione di esso attraverso l’esame
diretto degli atti del giudizio, si riscontra la formulazione di una
impugnazione dinanzi al Giudice amministrativo del tutto diversa da
quella proposta dinanzi al Giudice ordinario;
che infatti, dinanzi a quest’ultimo, è fatta questione della validità e/o
dell’efficacia delle deliberazioni che esprimono la volontà dell’Associazione
A.N. volta alla costituzione della Fondazione A.N.: infatti, i commissari
liquidatori dell’Associazione A.N. hanno chiesto l’invalidità, o l’inefficacia,
della deliberazione congressuale “a monte” del 22 marzo 2009 e,
conseguentemente, l’invalidità della deliberazione del Comitato dei
garanti in data 17 novembre 2011, che ha dato mandato alla costituzione
della Fondazione avvenuta il giorno successivo, nonché, in via
ulteriormente consequenziale, la restituzione all’Associazione A.N. dei
beni conferiti in dotazione alla Fondazione; a sua volta, l’intervenuto Sig.
Bocchino, ha chiesto, nei confronti della Fondazione A.N. e
dell’Associazione A.N. in liquidazione, come già rilevato: /)
l’annullamento della deliberazione del Comitato dei garanti del 17
novembre 2011; 2) l’annullamento dell’atto costitutivo della Fondazione
del 18 novembre 2011 e dell’atto di dotazione patrimoniale del 14
dicembre 2011; 3) la restituzione di tutti i beni conferiti nella Fondazione;
4) la condanna all’attribuzione di una quota parte dei “rimborsi elettorali”
già acquisiti dall’Associazione Alleanza Nazionale in relazione alle tornate
elettorali 2006-2011 e 2008-2013, in forza della legge 3 giugno 1999, n.
20

alla causa petendi, ossia all’intrinseca natura della posizione soggettiva

157 (cfr., supra, Ritenuto, lettere d ed e);
che invece, dinanzi al T. a. r. per il Lazio – al quale la Sig.ra Marino
ha formalmente chiesto l’annullamento del provvedimento del Prefetto di
Roma in data 26 aprile 2012, di iscrizione nel Registro delle persone
giuridiche, ai sensi del d.P.R. n. 361 del 2000, della Fondazione “Alleanza
Nazionale” -, è fatta questione della discrasia tra i contenuti espressi nelle

patrimoniale della Fondazione A.N. – contenuti che dunque vengono
assunti come dati invarianti di raffronto -, e la “adeguatezza” di tale
dotazione, in particolare per la ritenuta inidoneità al riconoscimento
dell’atto d’obbligo” del 18 aprile 2012 assunto dalla Fondazione A.N. (cfr.,
supra, Ritenuto, lettera g), per contro reputato dall’amministrazione
prefettizia idoneo a dar corso all’iscrizione della Fondazione A.N. nel
registro delle persone giuridiche;
che dunque, in termini di petitum sostanziale, le censure formulate
dal ricorrente dinanzi al Giudice amministrativo si traducono nella dedotta
violazione, da parte dell’amministrazione prefettizia, della norma (art. 1,
comma 3, del d.P.R. n. 361 del 2000) che attribuisce a tale
amministrazione il controllo circa l’adeguatezza” della dotazione
patrimoniale della Fondazione A.N., verifica affidata esclusivamente
all’autorità amministrativa e suscettibile, se non conforme a diritto, di
sindacato dinanzi al Giudice amministrativo;
che, al riguardo, deve precisarsi che lo scrutinio attribuito al Giudice
amministrativo è del tutto autonomo rispetto all’esito del contenzioso
civile “a monte”, perché, quale che possa essere la sorte definitiva della
controversia sulla validità e/o sull’efficacia delle predette deliberazioni
impugnate, residua uno spazio esterno alla giurisdizione ordinaria,
costituito appunto dal controllo giurisdizionale sull’esercizio del potere
amministrativo di apprezzamento dell’adeguatezza patrimoniale dell’ente
rispetto alla realizzazione dello scopo perseguito, controllo che, essendo
giustificato dai già evidenziati interessi pubblici non disponibili, non è
condizionato dalle statuizioni del Giudice ordinario: infatti, qualora
quest’ultimo invalidasse o privasse d’efficacia gli atti di costituzione
dell’ente con pronuncia definitiva, potrebbe determinarsi il concreto
21

menzionate deliberazioni, che attengono alla necessaria dotazione

”svuotamento” del provvedimento amministrativo di iscrizione nel registro
delle persone giuridiche disposta dal prefetto (salva la possibilità di
integrare il presupposto dell’iscrizione mediante nuove e valide
determinazioni negoziali e dotazioni patrimoniali), mentre, anche qualora
il sindacato del Giudice ordinario sulla validità e/o sull’efficacia degli atti
di autonomia privata avesse esito positivo, nulla impedirebbe un controllo
amministrativo distinto sul requisito patrimoniale, la cui sussistenza non

soggetti privati costitutive dell’ente-fondazione;
che conclusivamente, in riferimento alla domanda principale della
Fondazione A.N. ricorrente («L.] sia dichiarato il difetto di giurisdizione
del giudice amministrativo sul ricorso proposto L.] contro il
provvedimento prefettizio di iscrizione della Fondazione A.N. nel registro
delle persone giuridiche […]»), deve affermarsi che è attribuita alla
giurisdizione del Giudice amministrativo la cognizione della controversia
avente ad oggetto l’impugnazione del provvedimento del prefetto che – in
forza delle disposizioni del regolamento di delegificazione di cui al d.P.R.
10 febbraio 2000, n. 361, in particolare sotto il profilo dell’adeguatezza o
no del patrimonio dell’ente-fondazione rispetto alla realizzazione dello
scopo (art. 1, comma 3, dello stesso d.P.R. n. 361 del 2000) – riconosce
(come nella specie) o nega la personalità giuridica all’ente medesimo;
che infine, quanto alle domande subordinate proposte dalla stessa
Fondazione A.N. («L.] b) in via subordinata, che sia dichiarato il difetto
di giurisdizione del giudice amministrativo di pronunziarsi, in via
incidentale, sulla validità e l’efficacia di atti di natura privata in ordine ai
quali pende il relativo giudizio innanzi al giudice civile fornito di
giurisdizione; c) ovvero, che sia dichiarato il difetto di giurisdizione del
giudice amministrativo di pronunziarsi incidenter tantum sugli atti di
diritto privato del procedimento di liquidazione dell’associazione, in modo
difforme da quanto stabilito dall’organo di sorveglianza della suddetta
procedura»), è del tutto evidente che le relative questioni attengono non
già alla affermata attribuzione di giurisdizione sulla base di tutte le
considerazioni dianzi svolte, bensì al concreto esercizio della stessa

22

potrebbe certamente fondarsi sulle sole manifestazioni di volontà dei

secondo le pertinenti disposizioni che lo disciplinano (codice del processo
amministrativo e/o codice civile e/o codice di procedura civile);
che la novità della questione trattata giustifica la compensazione
integrale delle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

rimette le parti. Compensa le spese della presente fase del giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, 1’8
aprile 2014

Dichiara la giurisdizione del Giudice amministrativo, dinanzi al quale

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