Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9942 del 15/05/2015


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 9942 Anno 2015
Presidente: PICCININNI CARLO
Relatore: VELLA PAOLA

SENTENZA

sul ricorso 16568 2010 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE RIC. NOT. IL

persona del

18/06/10 in

Direttore pro tempore, elettivamente

domiciliatck in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO,

che lo rappresenta

e difende;
– ricorrente –

2014

contro

3837

SARAS SPA INTIMATA NEL RIC. NOTIF.

persona del Pres.

18/6/10 nella

del C.d.A. e legale rappresentante

in carica, elettivamente domiciliatq in ROMA VIALE
CASTRO PRETORIO 122, presso lo studio dell’avvocato

Data pubblicazione: 15/05/2015

ANDREA RUSSO, che lck rappresenta e difende con
procura notarile del Not. Dr. LUCA BARASSI in MILANO
rep. n. 8106 del 04/06/2010;

controricorrente

Nonché da:

ALL’8/7/10 in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliatq, in ROMA VIA DEI PORTOGHESI
12, presso L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende;
-controrlcorrente incidentale contro
SARAS SPA COSTITUITA CON C/RIC. 8/7/10 AVVERSO RIC.
NOTIF. 17/5/10 NON DEP. in persona del Pres. del
C.d.A. e legale rappresentante in carica,
elettivamente domiciliatg in ROMA VIALE CASTRO
PRETORIO 122, presso lo studio dell’avvocato ANDREA
RUSSO, che lcx rappresenta e difende con procura
notarile del Not. Dr. LUCA BARASSI in MILANO rep. n.
8256 del 02/07/2010;
– controricorrentí all’incidentale nonchè contro
AGENZIA DELLE ENTRATE RIC. NOTIF. 18/6/10, SARAS SPA
INTIMATA NEL RIC. NOTIF. 18/6/10;

intimati

avverso la sentenza n. 44/2009 della COMM.TRIB.REG.

AGENZIA DELLE ENTRATE RIC. NOTIF. 17/5/10 NON DEP

di CAGLIARI, depositata il 13/07/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 01/12/2014 dal Consigliere Dott. PAOLA
VELLA;
udito per il controricorrente l’Avvocato RUSSO che ha

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. TOMMASO BASILE che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.

chiesto il rigetto;

RITENUTO IN FATTO
In data 16.12.2004 l’Agenzia delle entrate notificava alla società Saras s.p.a.
avviso di accertamento in rettifica della dichiarazione Iva relativa all’anno di
imposta 1999, con cui venivano sollevati tre rilievi, il terzo dei quali afferente
l’indebita detrazione di imposta (per C 80.188,04) con riferimento all’acquisto di
olio combustibile dalla società Fina Italiana s.p.a., la quale aveva erroneamente
applicato l’aliquota Iva ordinaria del 20%, in luogo di quella ridotta del 10%.
La Commissione Tributaria Provinciale di Cagliari, adita dalla società

respingendolo invece relativamente al terzo.
Con sentenza n. 44/05/09 del 13.7.2009, la Commissione Tributaria
Regionale della Sardegna accoglieva però l’appello proposto dalla stessa società,
osservando che il diritto alla detrazione dell’Iva esposta in fattura discendeva dal
dettato letterale dell’art. 19, d.P.R. n. 633/72 e che, soprattutto, mancava la
prova (il cui onere gravava sull’Amministrazione finanziaria) di un eventuale
“danno erariale per il fisco”; inoltre, non risultando che il cedente avesse chiesto
a rimborso la maggiore Iva erroneamente applicata, non poteva ritenersi
precluso il diritto del cessionario alla corrispondente detrazione, pena il
determinarsi di “un ingiustificato arricchimento per l’erario”.
Per la cassazione della sentenza d’appello l’Agenzia delle entrate ha proposto
ricorso affidato ad un unico motivo. La società Saras s.p.a, ha resistito con
controricorso, depositando altresì memorie difensive ex art. 378 cod. proc. civ.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La ricorrente lamenta la violazione dell’art. 19, d.P.R. n. 633/72, in
relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., svolgendo in sintesi il
seguente quesito: «Se, in un’operazione soggetta a IVA, il cedente addebita al
cessionario in fattura un’imposta maggiore di quella dovuta, applicando
un’aliquota maggiore, il cessionario non può dedurre la maggiore IVA addebitata,
il diritto alla detrazione concernendo solo l’IVA dovuta, a prescindere dalla
dimostrazione del danno per l’Erario, perciò erra la sentenza impugnata che
ritiene, nella causa in esame, in cui l’Ufficio nega che la contribuente possa
detrarre un’IVA maggiore di quella dovuta, anche perché mancherebbe la prova
di un danno per il Fisco».
2. La censura proposta è fondata.
3. Invero, questa Corte è costante nel ritenere che, in tema di IVA, il
combinato disposto del d.P.R. n. 633 del 1972, art. 19, e della sesta direttiva
del Consiglio CEE del 15 maggio 1977, n. 77/388/CEE, art. 17, la detrazione
dell’imposta pagata “a monte” per l’acquisto o l’importazione di beni, o per
conseguire la prestazione di servizi necessari all’impresa, non è ammessa in ogni
lid. 1 dicembre 2014

n. 16568/10 R.G.

contribuente, ne accoglieva il ricorso limitatamente ai primi due rilievi,

caso, in quanto non è sufficiente, ai fini della detrazione, che tali operazioni
attengano all’oggetto dell’impresa e siano fatturate, ma è altresì indispensabile
che esse siano assoggettabili all’IVA nella misura dovuta. Di conseguenza, ove
l’operazione sia stata erroneamente assoggettata all’IVA, per la misura non
dovuta restano privi di fondamento non solo il pagamento dell’imposta da parte
del cedente (che ha perciò diritto di chiedere all’amministrazione il rimborso
dell’IVA) e la rivalsa effettuata dal cedente nei confronti del cessionario (che può
quindi chiedere al cedente la restituzione dell’IVA versata in via di rivalsa), ma

conseguente potere-dovere dell’amministrazione di escludere la detrazione
dell’IVA così pagata in rivalsa (v., ex multis, Cass. nn. 7602/93, 5733/98,
8786/01, 12756/02, 4419/03, 8959/03, 2274/04, 5094/05, 9437/06, 12146/09,
13313/13, 13314/13, 15068/13, 20977/13, 15178/14, quest’ultima vertente
proprio sul diritto a detrazione da parte di una società cessionaria che si era
vista addebitare dalla propria cedente l’IVA nella misura del 20%, ancorché
l’importo dovuto andasse liquidato con aliquota al 10%).
3.1. In particolare, in un recente precedente, riguardante fattispecie del
tutto analoga (Cass. 17 dicembre 2014, n. 26482), è stato ribadito che,
nell’ipotesi in cui l’imposta pagata sia stata erroneamente calcolata sulla base di
un’aliquota superiore a quella effettivamente dovuta, la mancata attivazione, nel
prescritto termine annuale, della speciale procedura di variazione dell’imposta e
dell’imponibile, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 26, fa venire meno il diritto
del contribuente a recuperare il credito mediante detrazione, salva la possibilità
per il medesimo di presentare istanza di rimborso della maggiore imposta
indebitamente versata.
4. Tale orientamento trova fondamento e conferma nella giurisprudenza
della Corte di Giustizia, la quale ritiene che l’esercizio del diritto di detrazione è
circoscritto alle imposte corrispondenti ad un’operazione soggetta all’IVA e
versate in quanto dovute (sent. 13 dicembre 1989, in causa C-342/87, Genius
Holding, p.to 13; 19 settembre 2000, in causa C-454/98, Schmeink &
Cofreth AG & Co. KG; Cofreth e Strobel, p.to 53; 6 novembre 2003, in
cause riunite C-78/02, C-79/02 e C-80/02, Karageorgou e altri, p.to 50; 15
marzo 2007, in causa C-35/05, Reemtsma Cigarettenfabriken GmbH, p.to 23).
In particolare – ed anche con riferimento alla successiva direttiva n. 112/2006
CE, artt. 63, 167 e 203 – si è ritenuto che il diritto di detrarre VIVA fatturata è
connesso, come regola generale, all’effettiva realizzazione di un’operazione
imponibile, ma che il suo esercizio non si estende all’IVA dovuta per il solo fatto

ud. 1 dicembre 2014

n. 16568/10 R.G.

anche la detrazione operata dal cessionario nella sua dichiarazione IVA, con

e nella misura in cui essa sia stata indicata in fattura (Corte giust. 31 gennaio
2013, in causa C-643/11, LVK-56 EOOD, p.ti 34 ss.; 15 marzo 2007, cit., p.to
23; 26 maggio 2005, in causa C-536/03, Antonio Jorge, p.ti 24 e 25; 13
dicembre 1989, cit., p.ti 13 e 19). La Corte europea ha altresì precisato che, in
via di principio, il rischio di perdita di gettito fiscale non è eliminato
completamente finché il destinatario di una fattura che indichi un’IVA non dovuta
possa utilizzarla ai fini della detrazione, ex art. 178, lett. a), della direttiva
2006/112, il cui art. 203 fissa dunque un obbligo finalizzato proprio ad eliminare

detrazione previsto dagli artt. 167 e ss.
5. Ebbene, a tali principi non si è attenuto il giudice d’appello, che ha
avallato il diritto a detrazione della società contribuente (cessionaria) sebbene
fosse pacifico che l’IVA indicatElal cedente eccedesse l’aliquota applicabile, con la
conseguenza che la cessionaria non avrebbe potuto portare in detrazione
l’importo dell’IVA indebitamente versata. Né tale conclusione può essere
giustificata con il paventato arricchimento indebito dell’erario, il quale resta
escluso proprio dal ricordato meccanismo delle rivalse (che legittima tanto il
cedente al rimborso dell’IVA versata in eccedenza nei confronti dello Stato,
quanto il cessionario alla ripetizione del maggior importo corrisposto nei
confronti del cedente), senza che resti in alcun modo inciso il principio di
neutralità, consustanziale al regime

dell’IVA. Sul punto, lo stesso giudice

eurounitario ha espressamente affermato che i principi di neutralità, effettività e
non discriminazione non ostano ad una legislazione nazionale – quale quella
italiana – che legittima il solo prestatore di servizi a chiedere il rimborso delle
somme indebitamente versate alle autorità tributarie a titolo di IVA, potendo il
destinatario dei servizi esercitare un’azione civilistica di ripetizione dell’indebito
nei confronti del prestatore (Corte giust. 5 marzo 2007 cit.).
6. La sentenza impugnata va quindi cassata, con rinvio al giudice di merito
per l’applicazione del principio di diritto enunciato al paragrafo 3 e per l’esame
delle questioni assorbite (segnatamente, la domanda subordinata di
disapplicazione delle sanzioni amministrative).
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla
Commissione Tributaria Regionale della Sardegna che provvederà, in diversa
composizione, a regolare anche le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella C mera di Consiglio del 1 dicembre 2014.

il rischio di perdita di gettito fiscale che può derivare dall’esercizio del diritto a

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