Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9939 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 9939 Anno 2014
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: FORTE FABRIZIO

Data pubblicazione: 08/05/2014

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 7954 del Ruolo Generale degli
affari civili del 2013, proposto, ai sensi dell’art. 201 del
r.d. 11 dicembre 1933 n. 1775,
DA
EN & EN s.p.a. con sede in Belluno, in persona del presidente

del consiglio d’amministrazione e legale rappresentante p.t.,
Angelo Caneve

(C.F.

CNVNGLI59S17A757C),

elettivamente

domiciliato in Roma, alla Piazza d’Ara Coeli n. 1, presso
l’avv. Antonio Cosimo Cuppone (C.F. CPPNNC70D3 0F842P – Fax
06/69772703, PEC:

antoniocosimocuppone@ordineavvocatiroma.

org), che la rappresenta e difende, per procura a margine del

RICORRENTE
CONTRO
PROVINCIA DI BELLUNO,

in persona del dirigente del settore

tecnico legale rappresentante p.t. per i poteri a lui
conferiti dall’art. 27 dello Statuto provinciale, ing. Luca
Soppelsa, che elettivamente domicilia in Roma, alla Via di
Monte Fiore n. 22, presso l’avv. Stefano Gattamelata del foro
di Roma (C.F. GTTSFN63L16H501U; Telefax 06.58333364, PEC: s.

gattamelata@pec.professionalitainrete.it ) ,che la rappresenta
e difende, per procura a margine del controricorso e
determinazione di incarico n. 710 del 23 aprile 2013, con
l’avv. Enrico Gaz di Venezia (C.F. GZANRC64S08D530E; Telefax
0439.80238; PEC enrico.gaz@ venezia.pecavvocati.it ).
CONTRORI CORRENTE
NONCHE’
HYDRO POWER s.r.l. (C.F. 01068500253),

in persona del legale

rappresenta* p.t., con sede in Santa Giustina (BL), Viale
della Stazione n. 40.
INTIMATA

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ricorso notificato il 15 – 19-21 marzo 2013.

avverso la sentenza n. 201/2012 del Tribunale superiore delle
acque pubbliche del 21 novembre – 17 dicembre 2012. Udita,
alla pubblica udienza dell’Il marzo 2014, la relazione del
Cons. dr. Fabrizio Forte e sentiti l’avv. Cuppone, per la

controricorrente e il P.M. in persona del sostituto
procuratore generale dr. Umberto Apice, che conclude perché
il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Svolgimento del processo

Con sentenza n. 201 del 17 dicembre 2012, il Tribunale
superiore delle acque pubbliche (da ora T,S.A.P.) rigettava
il ricorso della EN & EN s.p.a. per l’annullamento della
determinazione dirigenziale del Servizio provinciale del
Demanio idrico di Belluno n, 1465 del 15 luglio 2010, che
aveva respinto le sue domande di concessioni idroelettriche
dal torrente Fiorentina e dal torrente Rio Cordon nel Comune
di Selva di Cadore, concorrenti con quelle di Hydro Power
s.r.l. e ogni atto connesso e conseguente di conferma dello
stesso, per mancanza di ragioni che giustificassero la
revisione o la revoca del provvedimento.
Il rigetto delle concessioni era stato fondato sulla mancanza
dei presupposti per il riesame dei provvedimenti, cioè della
integrazione dei documenti da allegare alle domande invano
richiesta alla società ricorrente dal Servizio provinciale
del Demanio idrico di Belluno, per oltre un semestre, mentre

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ricorrente, l’avv. Cuonzo, per delega, per la

l’intero procedimento non poteva superare il termine di
trenta giorni, che, pur se non dichiarato “perentorio”
dalla legge, non era stato prorogato in nessuno degli otto
procedimenti per le concessioni di acqua dalla EN & EN
s.p.a., le cui istanze erano state quindi respinte,

di dieci giorni per presentare le osservazioni della società,
depositate da quest’ultima e anche esse respinte, per le
medesime carenze documentali di cui sopra; anche le domande
di riesame, in autotutela, del rigetto erano state respinte
e i sei provvedimenti di diniego delle derivazioni d’acqua
della Provincia di Belluno erano impugnati dinanzi al
T.S.A,P„ dalla s.p.a, EN & EN.
Quest’ultima ha denunciato il contrasto degli atti impugnati
con la normativa comunitaria (Direttiva 2001/77/CE), con
quella nazionale (art. 1, 3 e 12, coma 4, del D. Lgs. 29
dicembre 2003 n. 387, attuativo della citata Direttiva e sul
procedimento per l’autorizzazione unica, da chiudersi entro
il termine non perentorio di 180 giorni) e con quella
regionale del Veneto (Legge regionale 26 marzo 1999 n. 10,
sulla Valutazione di Impatto Aambientale e Legge regionale 13
aprile 2001 n. 11, sulla gestione delle risorse idriche del
Veneto), oltre che dell’art. 41, comma 2 bis, della delibera
della G.R. n. 1609 del 2009 che fondava gli atti di rigetto
sul R.D. 14 agosto 1920 n. 1285,
Il regio decreto da ultimo citato, all’art. 9, regolava il
cd. “progetto di massima” e, all’art. 10, conferiva natura
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Il rigetto era seguito ad un preavviso formale, con termine

perentoria al termine per regolarizzare o completare la
documentazione; la s.p,a. EN & EN ha dedotto, con il ricorso
al T,S.A.P., che i rigetti delle sue domande violavano i
principi di trasparenza, pubblicità, concorrenza, efficienza,
economicità, efficacia, non discriminazione, pari

Tali provvedimenti negavano le concessioni alla società,
consentendo un uso non corretto del bene demaniale “acqua”,
con minori prelievi e maggiori restituzioni di questa e sono
stati impugnati dinanzi al Tribunale specializzato, per
eccesso o sviamento di potere della Provincia di Belluno, che
li aveva emessi, travisando i fatti o ricostruendoli su
erronei presupposti, con motivazione contraddittoria e omessa
valutazione dei contrapposti interessi, con illogicità dei
dinieghi della Provincia e violazione degli artt. 25, 28, 31,
47 e 48 del PD. 11 dicembre 1933 n. 1775, delle norme di cui
alla legge 7 agosto 1990 n. 241, nonché dell’art. 83 bis,
comma 1, della legge regionale del Veneto 13 aprile 2001 n.
11, applicabile agli impianti già attivi a differenza
dell’art. 1 del D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, relativo
solo ai nuovi impianti.
Erano state denunciate al T.S.A.P. dalla ricorrente anche
violazioni di principi regolatori della materia delle
concessioni idriche, in rapporto a quelle relative a progetti
di impianti di piccola derivazione, che dovevano dotarsi di
ogni supporto documentale necessario che, nel caso, la
Provincia di Belluno aveva invano chiesto con le
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trattamento, buon andamento e imparzialità della P.A.

sollecitazioni d’integrazione della documentazione.
Il T.S.A.P., riaffermata la sua giurisdizione, ha rigettato i
ricorsi, rilevando anzitutto che la s.p.a, EN & EN, nel
periodo 10 luglio – 4 novembre 2009, aveva presentato otto
domande di concessioni per altrettante derivazioni, sette

quali erano state tutte respinte dalla Provincia, come pure
l’ottava, unica domanda senza concorrenti, dopo la inutile
sollecitazione all’istante di integrare la documentazione.
La società aveva proposto sei ricorsi contro gli altrettanti
atti di rigetto delle concessioni e, in sede giurisdizionale
la Provincia di Belluno aveva dedotto che l’art. 9 del R.D.
n. 1285 del 1920, richiamato dalla delibera della G.R. n.
1609 del 2009, chiariva esso stesso le ragioni dei dinieghi.
Tale ultima norma infatti imponeva l’allegazione alla domanda
di concessione del c.d, “progetto di massima”, necessario a
descrivere le modalità di sfruttamento della derivazione, che
i soggetti istanti intendevano adottare e da allegare, nel
termine di 30 giorni dalla notifica del sollecito della
Provincia, che aveva equiparato tale termine a quelli
perentori, ai sensi dell’ art, 117, comma 2, lett. e) ed s)
Cost. e dell’art. 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 387, in
ragione della sentenza della C. Cost. 2 novembre 2009 n. 282,
che aveva ritenuto legittima la legge regionale del Molise n.
15 del 2002, attuativa del Decreto legislativo che precede,
anche se in essa erano previsti termini definiti perentori.
Poiché la società istante EN & EN, nell’anno trascorso prima
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delle quali in concorrenza con terzi (comuni e privati), le

del rigetto delle sue domande, non aveva depositato alcun
“progetto di massima”, indispensabile per proseguire la
istruttoria per la concessione, essa doveva ritenersi unica
responsabile del mancato esito positivo della domanda
presentata in estate e da istruire rapidamente, tenendo conto

accertamenti dello stato dei luoghi.
La istruttoria era necessaria per avere l’istante documentato
i presupposti per la concessione soltanto in sede contenziosa
e con i ricorsi al Tribunale specializzato contro gli atti di
rigetto impugnati della società, tutti giustificati dalla
Provincia di Belluno per l’inadempimento parziale degli oneri
di documentazione, ineseguiti anche dopo i solleciti.
Per la cassazione della sentenza che precede, notificata ex
art. 183 del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775 (d’ora in avanti
T.U. Acque) in data 29 gennaio 2013 alla EN & EN s.p.a.,
quest’ultima ha proposto ricorso, ai sensi dell’art, 201
dello stesso T.U., a queste Sezioni unite della Cassazione,
notificandolo alla Provincia di Belluno e alla
controinteressata concessionaria delle acque oggetto di causa
Hydro Power s.r.1., a mezzo posta, il 15 – 21 marzo 2013, con
sette motivi illustrati da memoria, cui resiste, con
controricorso notificato a mezzo posta il 24 – 30 aprile 2013
e anche esso illustrato da memoria, solo la Provincia di
Belluno.
Motivi della decisione
1. Va preliminarmente rilevata la tempestività del ricorso
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che la stagione consentiva di chiudere rapidamente gli

notificazione alla s.p.a. EN & EN, ai sensi dell’art. 183 del
T,U. Acque, dell’estratto della sentenza del T.S.A.P. del 29
gennaio 2013, con rispetto dei termini dimidiati di cui
all’art, 202 dell’indicato T.U. (su tali termini, da ultimo,
S.U. 28 novembre 2013 n. 26578 e 21 novembre 2011 n. 24413).

nullità della sentenza del T,S.A.P., per violazione dell’art.
132, comma secondo, c.p.c., in rapporto all’art. 360, comma
1, n. 4, dello stesso codice, per difetto di motivazione,
quale elemento costitutivo della sentenza stessa, che non
esamina la questione dell’applicabilità alla fattispecie
della assegnazione alla società del termine “perentorio non
superiore a trenta giorni”, di cui all’art. 10 del r.d. 14
agosto 1920 n. 1285 (Regolamento per le derivazioni e
utilizzazioni di acque pubbliche), per completare la
documentazione allegata alla domanda di concessione.
Ad avviso della ricorrente, il T.S.A.P. ha riportato nella
sentenza le censure, ma non ne ha valutato la fondatezza in
rapporto all’onere dell’istante di allegare alla domanda di
concessione un progetto di massima; l’adito tribunale ha
ritenuto incompleta la domanda della società, perché carente
della documentazione necessaria all’accoglimento.
L’adito tribunale ha rilevato la mancata allegazione alla
domanda di “un progetto di massima” delle opere necessarie
a derivare le acque e ad utilizzarle, onde giustificare la
concessione ed ha quindi respinto il ricorso contro il
diniego dell’ente locale, motivato da detta carenza,

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1.1. Il primo motivo del ricorso della s.r.l. EN & EN deduce

La s.p.a. EN & EN afferma che il suo ricorso è stato respinto
dal T.S.A.P. con sentenza immotivata o dotata di motivazione
fondata sulla petizione di principio che esso non andava
accolto, per non avere la società integrato la documentazione
nei termini perentori a lei imposti per provvedervi, così

valutazione della domanda di concessione della società.
Inoltre non vi è alcuna norma della legislazione regionale
del Veneto che legittimi la Provincia di Belluno ad imporre
un termine “perentorio” di 30 giorni per il deposito della
documentazione da allegare alla domanda, non potendo
applicarsi l’art. 10 del regolamento di cui al R.D. n, 1285
del 1920, neppure richiamato dalla determinazione della G.R.
del Veneto; la illegittimità del termine qualificato
perentorio dalla Provincia per il deposito del progetto di
massima rendeva invalido il diniego di concessione.
Tale termine non è infatti previsto dalla legge ma deriva dal
solo provvedimento della Provincia di Belluno, con chiaro
eccesso di potere di questa, che ha così invaso competenze
riservate al solo legislatore.
Nel caso era inapplicabile l’art. 10 del R.D. n. 1285 del
1920, neppure richiamato dalla determinazione di diniego
della Giunta regionale del Veneto n. 1609 del 2009, che
determinava un aggravio della procedura per l’istante, privo
di copertura normativa e neppure poteva applicarsi ratione
temporis l’art. 12 del D. Lgs. n. 387 del 2003.
La Provincia non chiariva quale fosse la carenza della
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qualificando i documenti presupposto necessario per la

documentazione allegata all’istanza che aveva determinato la
proroga dei termini di trenta giorni per procedere alla
integrazione richiesta e alla conclusione della istruttoria
della procedura, solo dopo l’adempimento dall’istante degli
oneri di documentazione.

sentenza impugnata n. 201/2012 del T.S.A.P., da cassare
perché mancante della “concisa esposizione delle ragioni di
fatto e di diritto della decisione” di rigetto della domanda
di annullamento del diniego di concessione, ai sensi dell’
art. 360, comma 1, n, 4, c.p.c.
1.2. Il secondo motivo di ricorso denuncia falsa applicazione
dell’art. 10 del R,D. 14 agosto 1920 n. 1285, per avere la
sentenza impugnata qualificato “perentori” i termini per
integrare l’istanza non rispettati dalla ricorrente, dovendo
negarsi la legittimità di tali termini non previsti da legge.
Il T.S.A.P. accenna, nella sentenza, alla legittimità dell’
apposizione di termini perentori per le richieste di
integrazioni documentali, in ragione del citato art. 10 del
r.d. n. 1285 del 1920, ma tale norma è inapplicabile in
quanto si riferisce solo alla documentazione tecnica di cui
all’art. 9 del R.D. citato, che prevede le allegazioni dei
progetti di massima e non di quelli definitivi, allegati alla
domanda della s.p.a. EN & EN, che ha agito in conformità alla
normativa regionale e senza assoggettamento al termine
perentorio, di cui all’art. 10 citato, inapplicabile in
ragione dell’acquisito progetto definitivo.
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Per la ricorrente va dichiarata quindi la nullità della

Il vizio dedotto emerge anche in ragione del riparto di
competenze Stato-Regioni nella materia delle concessioni dì
derivazione di acque pubbliche interamente trasferita alle
Regioni, dopo essere stata riservata allo Stato, con
procedimento all’epoca regolato dall’art. 10 del citato R.D.

disposte dalla Regione.
Tale ultima norma infatti non regola l’istanza di concessione
per cui è causa, riferendosi alla documentazione tecnica,
che, per l’art. 9 dello stesso Decreto, è costituita dai
progetti di massima, per i quali indica analiticamente i
documenti da allegare per le c.d. piccole derivazioni: a)
relazione particolareggiata, b) corografia; c) piano
topografico; d) profili longitudinali e trasversali; e)
disegni delle principali opere d’arte.
La EN & EN ha depositato un progetto definitivo, ben più
approfondito di quello di massima, adeguandosi alla vigente
normativa regolamentare regionale (D.G.R. Veneto n. 1609 del
2009), per cui non erano perentori i termini stabiliti dalla
Provincia per l’integrazione documentale; l’art. 10 del R.D.
n. 1285 del 1920 stabilisce che il termine perentorio, non
superiore a trenta giorni, per completare o regolarizzare la
documentazione tecnica allegata alla domanda di derivazione
di competenza dello Stato, è assegnato dal Genio civile che
provvede, dopo il decorso di tale termine, alla prosecuzione
della procedura, ma tale norma è inapplicabile alla
fattispecie, per la quale sono previste le sole allegazioni
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n. 1285 del 1920 inapplicabile alle analoghe concessioni

dei “progetti di massima” sopra indicati.
La falsa applicazione dell’art. 10 del r.d. n. 1285 del 1920
emerge chiara, perché non rispetta il riparto di competenze
tra Stato e Regioni, in materia di derivazioni di acque
pubbliche, nella quale il D.Lgs. n. 112 del 1998 ha

Demanio idrico, comprese le concessioni di derivazione di
acqua in precedenza spettanti allo Stato.
Fino al recepimento della Direttiva 96/1992/CE, spettavano
allo Stato le competenze in materia di coordinamento e
gestione delle concessioni idriche, e lo stesso era titolare
del potere di emettere concessioni di grandi derivazioni
d’intesa con la Regione nel cui territorio le concesse
derivazioni di acqua producevano effetti, come prescritto
dall’art. 29, comma 3, del D,Lgs. n. 112 del 31 marzo 1998.
Se il citato art. 10 della legge n. 1285 del 1920 non era
applicabile alla fattispecie per l’esistenza di una completa
normativa regionale sulle concessioni (Deliberazione della
G.R. del Veneto n. 1609 del 2009, che rinviava a quanto
prescritto dall’art. 12 del D.Lgs. n. 387 del 2003 per la
realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili,
compresi quelli idroelettrici), occorreva una autorizzazione
unica, rilasciata dalla Regione o dalle Provincie all’uopo
delegate, non essendosi previsto con legge alcun termine
perentorio, per presentare la documentazione da allegare.
La Determinazione della G.R. del Veneto n. 1609 del 2009,
prevede, in materia di procedimento che segue alla
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trasferito alle Regioni tutte le funzioni di gestione del

presentazione d’una domanda di concessione d’acqua, che i
riferimenti normativi siano l’art. 6 del R.D. 11 novembre
1933 n. 1775, l’art. 9 del R.D. 14 agosto 1920 n, 1285 e il
decreto ministeriale 16 dicembre 1923 e in conseguenza é
inapplicabile il termine di 30 giorni della fattispecie,

Il rigetto dell’istanza di concessione di cui alla delibera
del Presidente della Regione Veneta n. 1465 del 2010,
conferma la mancanza di una normativa regionale applicabile,
con il puntuale riferimento all’art. 10 del R.D. n, 1285 del
1920, che viene superato dal richiamo alla sopravvenuta
delibera della G.R. del Veneto n. 1664/2010, inapplicabile

ratione temporis per avere innovato la previgente disciplina,
prevedendo un termine di 15 giorni per la integrazione
documentale e sancendo la disapplicazione della delibera n,
1465 dello stesso anno, ritenuta

ratione temporis

inapplicabile.
La Regione Veneto ben avrebbe potuto disporre di integrare la
documentazione ricevuta in allegato all’istanza, con espresso
rinvio all’art. 10 del R.D. 1285 del 1920 o con successiva
autonoma disposizione, come ha fatto con la delibera n. 1609
del 2009, che non impone però una scadenza per integrare il
progetto di massima, sancendo solo che ogni domanda, in
concorrenza, deve completarsi con la documentazione tecnica
integrativa, analoga a quella sopra richiamata, oggetto della
Deliberazione della G.R. n. 1609 del 2009.
La Provincia di Belluno, per la ricorrente, non ha introdotto
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oltre tutto definito anche perentorio.

un termine perentorio per integrare la documentazione pretesa
né ha richiamato l’art. 10 del r.d. n, 1285 del 1920, che
tale termine sembrava prevedere, non avendo definito come
“perentorio” quello di 30 giorni assegnato a EN & EN per
integrare la documentazione allegata alla domanda.

produzione di documenti ad essa illegittimamente chiesti
dalla Provincia di Belluno, e nessun riferimento vi è, nella
stessa sentenza del T.S.A,P oggetto di ricorso, all’art, 10
del R.D. n. 1285 del 1920 che regola i termini perentori per
integrare la documentazione, per cui la sentenza che precede
deve cassarsi, per violazione della norma da ultimo citata.
1.3. In terzo luogo, si lamenta violazione dell’art. 1, comma
2, della Legge 7 agosto 1990 n. 241 sul procedimento
amministrativo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3
c.p.c,, per essersi affermato dalla EN & EN, che il
provvedimento impugnato non poteva gravare il procedimento di
concessione, con l’imposizione di altro termine perentorio
non espressamente previsto e regolato dalla legge.
Si afferma, dal T.S.A.P., che, mancando nella legge la
qualifica di “perentorio” del termine concesso nella
fattispecie,

lo stesso era da intendere di natura

sollecitatoria o ordinatoria, come del resto aveva chiarito
anche il T.A.R. Puglia di Bari, con la sentenza n. 187 del 13
maggio 2010; il termine di completamento del procedimento di
concessione non poteva essere aggravato dalla Provincia di
Belluno con la qualifica ad esso data di perentorio, senza
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Nessun ritardo era imputabile alla società, per la mancata

esplicite ragioni giustificative, essendo lo

jus variandi

dell’amministrazione consentito, a condizione di non aggravare
il procedimento per l’aspirante alla concessione, al di fuori
di straordinarie e motivate esigenze della amministrazione
concedente, nel caso neppure espresse.

alla perentorietà del termine concesso per integrare la
documentazione, ha inciso sul rigetto delle istanze della
società EN & EN, non essendosi ritenuto “perentorio” quello
per le integrazioni disposte a carico della istante della
concessione indicata.
Illegittima è stata l’applicazione della Direttiva della
G.R.V. n. 1664 del 2010, inapplicabile ratione temporis alla
fattispecie, affermandosi genericamente la mera assenza di un
esplicito richiamo all’art. 10 del r.d. n. 1285 del 2010,
implicitamente soppressiva del termine applicato da tale
norma definito perentorio.
Invero il preteso aggravamento derivato dal termine perentorio
e il rispetto dei termini integrativi, fino a 30 giorni, di
cui sopra, non ha provocato effetti connessi ai maggiori tempi
necessari ad adempiere i più gravosi oneri imposti agli
istanti nel procedimento di richiesta di concessione.
Quanto detto evidenzia la illegittimità della previsione dei
termini perentori imposti dalla Provincia di Belluno, per
l’allegazione del progetto di cui sopra.

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Nella fattispecie, nessun aggravio procedimentale connesso

Per avere aggravato, con l’applicazione di un termine
perentorio i tempi del procedimento di concessione, il
provvedimento di diniego di questa era da annullare, dovendosi
cassare anche la sentenza del T.S.A.P. per l’aggravio del
procedimento provocato dai nuovi termini non previsti per

respinto l’impugnazione della concessione di cui sopra.
1.4. Si deduce, con il quarto motivo di ricorso, violazione
dell’art. 12 del D. Lgs. 29 dicembre 2003 n. 287, in relazione
all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la sentenza del
T.S.A.P. oggetto di ricorso, affermato che i termini applicati
erano tutti perentori, anche se non previsti come tali nella
citata norma del decreto legislativo del 2003.
In realtà la norma da ultimo richiamata disciplina la sola
autorizzazione unica per gli impianti alimentati da fonti
rinnovabili, il cui avvio è il presupposto della successiva
concessione e le stesse Linee guida nazionali per le
concessioni di derivazione d’acqua, precisano che queste
ultime, devono essere corredate dalle autorizzazioni
necessarie agli impianti idroelettrici e prevedono che le
Regioni, possano abbreviare al massimo i termini di
concessioni per lo sfruttamento dell’ acqua, con assorbimento
di essi in quello per l’autorizzazione unica ex art. 12, comma
3, del D.Lgs. n. 387 del 2003, nonostante la diversità
ontologica e giuridica dei provvedimenti di concessione della

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legge e non dichiarati illegittimi da detto tribunale, che ha

derivazione e di quelli conseguenti per la realizzazione degli
impianti indispensabili a dare esecuzione alla stessa.
I termini applicabili per le concessioni di idroderivazione
non possono applicarsi all’autorizzazione unica per la
realizzazione di un impianto di produzione di energia

qualificare “perentori” termini non previsti come tali dalla
legge per ostacolare le concessioni o le autorizzazioni.
1.5. Il quinto motivo di ricorso censura la decisione del
T.S.A.P., per omesso esame della completezza dell’istanza, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.
La sentenza nulla chiarisce sulla esistenza dell’obbligo della
Provincia di Belluno di ritrasmettere alla EN & EN tutta la
documentazione, compresa quella integrativa chiesta alla
società, essendo la produzione di questa esaustiva di quanto
ad essa imposto, anche per le istanze che le altre parti
dovevano presentare.
La mancata precisazione della idoneità della documentazione
allegata ad esaurire le previsioni normative sull’esame “circa
un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione tra le parti”, ai sensi dell’art. 360, l ° coma,
n. 5 c.p.c., non consente di ricostruire le ragioni che
giuridicamente hanno avuto rilievo per risolvere le questioni
proposte, nei sensi di cui alla pronuncia impugnata, di
rigetto del ricorso contro il diniego di concessione.

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elettrica da fonti rinnovabili, non potendo i giudici

1.6. Si deduce, con il sesto motivo di ricorso, violazione
dell’art. 9 R.D. n. 1285 del 1920 e del D.M. 16 dicembre
1923, relativamente al capo II “progetti di massima per le
piccole derivazioni”, con falsa applicazione dell’allegato D
all’art. 10 delle norme di attuazione del D.P.C,M, del 12

Il T.S.A.P. ha erroneamente accolto la tesi della Provincia
di Belluno sulla incompletezza della documentazione allegata
alla istanza di concessione, non considerando che la
deliberazione della G.R. del Veneto n. 1609 del 2009,
prevede, al paragrafo “Procedura” che “in materia di atti
necessari alla presentazione di una domanda di concessione
d’acqua, i riferimenti normativi, sono l’art. 6 del r.d. 1775
del 1933, l’art. 9 del r.d. 1285 del 1920 e il D.M. 16
dicembre 1923, come poi modificati e integrati; la prima
delle norme che precedono distingue le grandi e le piccole
derivazioni, mentre l’art. 9 del r.d. citato del 1920, impone
il progetto di massima, con gli allegati in esso indicati,
per le piccole derivazioni, contenendo lo stesso D.M. del
1923 le “Norme per la compilazione dei progetti di massima e
di esecuzione”, da allegare alle domande per grandi e
piccole derivazioni.
Il progetto depositato da EN & EN, come accennato,
comprendeva: a) la relazione particolareggiata sugli
interventi da realizzare; b) la corografia della zona in
scala 1:25.000, come sancito dall’art. 9 del D.M, 16 dicembre
1923; c) il piano topografico degli interventi, come sancito
18

settembre 2007.

dall’art 10, comma 1, del D.M. 16 dicembre 1923, con
“l’indicazione delle opere che si intendono di eseguire
nell’alveo e bacino dell’acqua pubblica”; d) i profili
longitudinali della condotta di adduzione e trasversali delle
opere di presa e di restituzione nonché della centrale; e) i

Da tale elencazione emerge che le integrazioni chieste alla
ricorrente non avevano ragion d’essere, perché il calcolo
della portata di piena di progetto, di cui al punto 1, era
superato dalla serie storica dei dati pluviometrici, con
indicazione del livello idrico di piena, in corrispondenza
delle opere in progetto e comunque la richiesta della
Provincia era generica, non indicando il tempo di ritorno,
cioè il parametro temporale di riferimento, per calcolare la
portata di piena.
In ordine al profilo longitudinale e trasversale dell’alveo,
nella zona interessata al progetto, di cui alla seconda
richiesta, la stessa non poteva essere soddisfatta nel
termine assegnato dalla Provincia, dovendosi aspettare il
superamento dell’inverno per dare una risposta corretta.
In rapporto alla prova della disponibilità delle aree
appartenenti alle Regole, di cui alla terza richiesta, la
Deliberazione della G.R. del Veneto sanciva che, per le opere
da realizzare nei terreni regolieri, il richiedente doveva
“dimostrare, mediante atti idonei, la disponibilità del
soggetto proprietario a concedere l’uso delle aree
medesime”, pretendendo un adempimento da realizzare in
19

disegni delle principali opere d’arte da eseguire.

seguito, con accordi del concessionario dotato di titolo con
i proprietari dei terreni ove realizzare le opere; di tale
difficoltà evidenziata si è tenuto conto, tanto che la
disposizione su tale punto risulta eliminata dalla Regione
Veneto, con D.G.R. n. 2100 del 2012, per cui di tale

seguito, così come di altri documenti chiesti dalla Provincia
di Belluno.
Del tutto generica era poi la quarta richiesta di chiarimenti
sulla captazione dello scarico di una centrale idroelettrica
già esistente, non indicativa dello specifico riferimento al
quale i chiarimenti chiesti erano destinati.
Di difficile comprensione erano pure le richieste di cui al
quinto punto della nota che precede, sulle modalità tecniche
e operative, atte a verificare o impedire gli effetti del
trasporto solido sulla soglia di derivazione e nello
sghiaiatore esterno, mentre del tutto ultronea era la
richiesta di identificare la presenza di altre opere di
derivazione che solo la stessa Provincia era in grado di
conoscere quale concedente.
La ricorrente afferma incontestata di avere allegato un
progetto definitivo e non di massima, per cui non era
censurabile la sua condotta nel corso del procedimento di
concessione.
Infine si denuncia violazione dell’art. 9 del r.d, n. 1775
del 1933, dell’art. 6 della Direttiva Comunitaria n.
2001/77/CE e dell’art. 3 della Direttiva 2009/72/CE, in
20

documentazione poteva disporsi l’allegazione anche in

relazione all’art. 360 coma 1, n. 3, c.p.c., perché la
Provincia di Belluno ha, con la sua condotta, impedito alla
ricorrente di concorrere alla concessione per cui è causa,
impedendo persino la valutazione anche di quale, tra le varie
sue domande di concessione, presentasse la più razionale

indicati nel bando sul migliore sfruttamento delle acque,
dovendo preferirsi, tra le domande, quella che garantiva la
maggiore restituzione di acque e i minori prelievi.
2.1. Dalla sentenza oggetto di ricorso emerge che il rigetto
delle sei domande di concessione dell’odierna ricorrente, è
stato giustificato dalla Provincia con il richiamo dell’art.
9 del r.d. 1285 del 1920 nella delibera della G.R. n. 1609
del 2009, per il quale alle domande andava allegato un
progetto di massima”, con la precisazione dei documenti da
produrre con il progetto (n. 2, lett. a, b, c, d, e).
La qualifica di “perentori” data ai termini fissati dalla
Provincia di Belluno per regolarizzare le domande di
concessione, in ragione della disciplina della concorrenza e
della tutela dell’ambiente, (il T.S.A.P. cita in tal senso
Corte Cost. 22 settembre 2009 n. 282) e l’inerzia della
ricorrente, dal luglio 2009 al luglio 2010, nel predisporre
quanto necessario per la sollecita trattazione della domanda,
senza contrastare in sede amministrativa le richieste cui
essa s’era poi opposta in sede giurisdizionale, rendeva
legittime

le

istruttorie

integrative

21

disposte dalla

utilizzazione delle risorse idriche, in relazione ai criteri

Provincia, in assenza delle quali s’erano esattamente negate
le concessioni e le impugnazioni di tali dinieghi.
Correttamente il T.S.A.P. ha ritenuto legittimi i rigetti dei
ricorsi in sede amministrativa della EN & EN, essendosi dalla
Provincia di Belluno ritenuta incompleta la documentazione a

i progetti di massima, di cui all’art. 9 del R.D. n. 1285 del
1920, per qualificare tipo e modo di utilizzazione delle
acque, da parte della richiedente.
La Provincia non ha qualificato perentorio il termine per la
esibizione della documentazione integrativa di cui sopra e
cioè dei progetti di massima per lo sfruttamento delle acque
ma, in difetto d’una chiara descrizione del tipo di
sfruttamento delle derivazioni dall’istante, che poteva però
desumersi anche da detto progetto, ha rigettato queste ultime.
La stessa violazione del termine di 30 giorni per il deposito
della documentazione mancante, cioè del progetto di massima,
da sola giustificava la decisione negativa sull’istanza di
concessione senza tale progetto, che in via logica prima che
giuridica, era indispensabile per un riscontro positivo alla
domanda concessoria avanzata dalla ricorrente, per cui
esattamente, per tale profilo, il T.S.A.P. non ha potuto che
confermare i provvedimenti negativi che precedono, con
decisione motivata, ai sensi dell’art. 132 n. 4, c.p.c.,
dalla inosservanza dell’onere imposto alla società di
integrare la documentazione per la domanda di concessione.

22

sostegno delle domande di concessione, cui non erano allegati

2.2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, perché
la mancata concessione non è dipesa dalla violazione dei
termini perentori per il completamento o la regolarizzazione
della produzione documentale, ma dall’omesso deposito dei
progetti giustificativi della concessione ed esplicativi del

essere della derivazione, con conseguente impossibilità della
trattazione dell’istanza nel termine, comunque legittimo, di
trenta giorni previsto per la chiusura del procedimento di
concessione.
Tale termine di durata del procedimento è indipendente dalla
qualifica di “perentori” o “dilatori” data ai termini per
documentare e giustificare le istanze di chi aspirava alla
concessione, non avendo il T.S.A,P, utilizzato la violazione
di tali termini, per respingere le istanze della ricorrente,
rigettate in quanto non documentate.
Si è quindi rispettato il principio che possono qualificarsi
perentori solo i termini così definiti, direttamente o
indirettamente, da norme di legge, che nel caso non vi erano
(Cass. 16 dicembre 2009 n, 26401),
2.3. Vanno poi esaminati insieme il terzo e quarto motivo di
ricorso, relativi ai rapporti tra procedimento di concessione
dell’acqua e quello d’autorizzazione a realizzare gli
impianti necessari alla derivazione:i in essi non è
adeguatamente esplicata la ragione per la quale la previsione
di termini sollecitatori per il deposito di documenti
necessari al rilascio delle concessioni, avrebbe aggravato o
23

tipo di sfruttamento che la ricorrente intendeva porre in

allungato i tempi del procedimento d’autorizzazione per la
installazione degli impianti idroelettrici.
Certamente non sono confondibili i termini previsti per legge
nei procedimenti di autorizzazione alla realizzazione degli
impianti idroelettrici con quelli, inseriti nelle procedure

documentazione necessaria per motivare l’atto concessorio
(sui rapporti tra concessione e autorizzazione cfr. S.U. 12
marzo 2013 n. 6074 e 24 giugno 2011 n. 13903).
Sul piano logico, la concessione delle acque pubbliche
precede l’autorizzazione a costruire gli impianti per
derivare l’acqua, atto quest’ultimo comunque non emettibile,
se non vi sia stata prima quello concessorio.
Nel caso, la natura solo sollecitatoria del termine di 30
giorni dato per il deposito degli atti integrativi della
documentazione allegata alla domanda di concessione è ovvia,
in ragione del fatto che la durata dell’intero procedimento
di concessione era solo di trenta giorni, per cui già
eccessivo sarebbe stato il medesimo termine imposto per il
solo deposito dei progetti di massima, che non poteva che
essere sollecitatorio, con conseguente infondatezza anche del
quarto motivo di ricorso.
2.4. E invece inammissibile il quinto motivo di ricorso che
censura la decisione del T,S.A.P. per omesso esame, da
quest’ultimo, della completezza della domanda di concessione
e dei suoi allegati, come fatto “decisivo per il giudizio”,
oggetto di discussione tra le parti in sede di merito, ai
24

di concessione di derivazione d’acqua, per integrare la

sensi dell’art. 360 n. 5 c.p.c., nella versione novellata
dall’art. 54, comma 1, lett. b del DL. 22 giugno 2012 n, 83,
convertito nella L. 7 agosto 2012 n. 134, applicabile alle
sentenze pubblicate dal trentesimo giorno successivo a quello
di entrata in vigore della legge di conversione del decreto,

presente giudizio, in cui si impugna una sentenza pubblicata
il 17 dicembre 2012.
Deduce la ricorrente che la sentenza impugnata del T.S.A.P.
in violazione dell’artt, 360 n. 5 c.p.c. ha omesso di
esaminare la completezza della documentazione allegata e
necessaria a chiedere la concessione idrica per cui è causa,
cioè un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti.
Effettivamente dalla sentenza del T.S.A.P oggetto del ricorso
e in particolare dalla parte seconda di essa a pag. 6, nessun
cenno vi è al contenuto del progetto di massima, che si nega
solo sia stato prodotto completo, senza considerare i
documenti che, per l’art. 9 del citato regolamento n. 1285
del 1920, esso doveva obbligatoriamente comprendere.
Non emerge se sia mancata nel caso la allegazione della
relazione particolareggiata, della corografia della zona, del
piano topografico o dei profili longitudinali e trasversali
del progetto o dei disegni delle principali opere d’arte,
ovvero tutta tale documentazione che la legge impone di
allegare per ottenere la concessione.
Anche se il citato art. 9 sembra dare il medesimo rilievo a
tutti i documenti tecnici, la omessa individuazione di essi
25

cioè alla data dell’il settembre 2012 e quindi anche nel

in sede di giudizio di merito e la mancata indicazione in
ricorso di quali di essi non vi sia nella fattispecie per
rendere completa la documentazione allegata alla domanda
preclude ogni esame in ordine alla rilevanza dei singoli atti
mancanti e allo stesso progetto di massima che il regolamento

di accertare l’eventuale eccesso di potere della Provincia di
Belluno nel diniego della concessione.
Nella fattispecie, pur essendo motivato il rigetto del
ricorso al T.S.A.P. in relazione alla respinta concessione,
non è stato esaminato dalla sentenza oggetto di ricorso se vi
fossero i documenti che, ai sensi dell’art. 10 del
regolamento del 1920, potevano chiedersi dalla stessa
Provincia di Belluno, concedendo anche un termine perentorio,
previsto dal regolamento, per integrarla.

Il motivo di ricorso che lamenta l’omessa valutazione della
documentazione allegata alla domanda di concessione come
imposta dal regolamento di cui al r.d. n. 1285 del 1920, ma
non indica né individua i documenti mancanti, non è
autosufficiente ed è quindi precluso, perché non completo.
Sono da respingere anche il sesto e settimo motivo di
ricorso, per le stesse ragioni per cui si è rigettato il
quinto motivo, potendosi valutare solo all’esito dell’esame
della completezza o incompletezza della documentazione
allegata di cui a tale motivo già rigettato, per cui anche
tali motivi, per le stesse ragioni, non possono che
respingersi.
26

citato impone pure per le piccole derivazioni, così impedendo

Z
3. In conclusione, il ricorso deve quindi rigettarsi, essendo
applicabile alla fattispecie l’art. 1, comma 17, della Legge
24 dicembre 2012 n. 228, che integra l’art. 13 del D.P.R. 30
• maggio 2002 n. 115, aggiungendo a tale norma il comma 1
quater, per il quale, quando la impugnazione è respinta, come

rimborsare le spese di causa all’altra parte e versare un
ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a
quello già dovuto per la medesima impugnazione (cfr. sulla
norma S.U. 14 gennaio 2014 n, 773).
P.Q.M.
La Corte a sezioni unite rigetta il ricorso di EN & EN
notificato il 15 – 21 marzo 2013 per la cassazione della
sentenza del T.S.A.P. n. 204 del 17 dicembre 2012 notificata
per estratto il 29 gennaio 2013, e condanna la ricorrente a
pagare alla Provincia di Belluno le spese del presente
giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro
4.200,00 di cui euro 4.000,00 a titolo di compenso ed euro
200,00 per esborsi, oltre alle spese generali e accessorie
come per legge.
Dichiara sussistenti le condizioni di cui all’art. 13, comma
1 quater, del D.P.R. 30 maggio 2012 n. 115.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle sezioni
uniti civili della Corte di Cassazione in data 11 marzo
2014.

nel caso, la parte che l’ha proposto rimasta soccombente deve

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