Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9938 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 27/01/2021, dep. 15/04/2021), n.9938

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 32116-2019 proposto da:

M.H., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE LIBIA 58,

presso lo studio dell’avvocato FERRI PIETRO, che la rappresenta e

difende;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati PULLI

CLEMENTINA, CIACCI PATRIZIA, MASSA MANUELA;

– resistente –

avverso la sentenza n. 8631/2019 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

09/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 27/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. DE FELICE

ALFONSINA.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

il Tribunale di Roma in sede di opposizione ad accertamento tecnico preventivo obbligatorio ai sensi dell’art. 445-bis c.p.c. e previo espletamento di consulenza tecnica, ha dichiarato sussistere in capo ad M.H. il requisito sanitario per l’erogazione del beneficio di cui è causa riconoscendo il diritto della stessa a percepire l’assegno di invalidità dal 22 settembre 2017, data di presentazione della domanda amministrativa all’ente previdenziale;

la Corte territoriale, per quanto qui rileva, ha condannato l’Inps alla rifusione delle spese processuali, liquidandole in complessivi Euro 1.350,00 a titolo di compensi professionali, oltre accessori;

la cassazione della sentenza è domandata da M.H., sulla base di due motivi;

l’Inps ha depositato procura in calce al ricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., ritualmente RUP:2 comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente denuncia “Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in riferimento all’art. 13 c.p.c. ed al D.M. n. 55 del 2014”; ai sensi della norma richiamata in epigrafe, in vigore dal 3 aprile 2014, il giudice del merito avrebbe dovuto applicare le tariffe in vigore al tempo in cui l’attività difensiva è stata compiuta (la sentenza è del 9 ottobre 2019);

lamenta la violazione, da parte del Tribunale, dei parametri minimi previsti per lo scaglione applicabile alla controversia (5.200/26.000); sostiene che, in attuazione dell’art. 13 c.p.c., comma 1, e del principio sancito da Sez. Un. 10445 del 2015, ove si stabilisce che nelle controversie assistenziali se il titolo è controverso, il valore va determinato in base all’ammontare delle somme dovute per due anni, all’odierno ricorrente sarebbe spettata, a titolo di compenso professionale, la somma di Euro 4.809 (Euro 1.923 per la fase di accertamento tecnico preventivo e Euro 2.886 per la fase di merito);

col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, contesta “Violazione o falsa applicazione di norma di diritto in relazione all’art. 111 Cost., in relazione all’art. 132 c.p.c., n. 4, ed in relazione all’art. 118 disp. att. c.p.c.”;

il motivo denuncia l’assoluta mancanza di motivazione in merito al sistema di liquidazione adottato dal Tribunale per la condanna alle spese di lite della parte soccombente in base ai parametri fissati dal D.M. n. 55 del 2014;

i motivi, da esaminare congiuntamente per evidente connessione, sono fondati;

in base al consolidato orientamento di questa Corte, il D.M. n. 140 del 2012, art. 41 che ha attuato il D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 2 (conv. in L. n. 27 del 2012) ha sancito che i nuovi parametri cui devono commisurarsi i compensi dei professionisti in luogo delle abrogate tariffe professionali vanno applicati ogni qual volta la liquidazione giudiziale intervenga in data successiva all’emanazione del predetto decreto e si riferisca a un compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, ancorchè detta prestazione abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando ancora erano in vigore le tariffe abrogate, evocando l’eccezione omnicomprensiva di “compenso” la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata (Sez. Un. 17405 del 2012);

seguendo il richiamato insegnamento, alla fattispecie in esame va applicato il D.M. n. 55 del 2014, in vigore dal 3 aprile 2014, essendo stata operata la liquidazione qui censurata con sentenza del 9 ottobre 2019;

quanto agli scaglioni applicabili, va ribadito che, ai fini della determinazione del valore della causa per la liquidazione delle spese di giudizio, nelle controversie relative a prestazioni di natura assistenziale, trova applicazione il criterio previsto dall’art. 13 c.p.c., di tal che, se il titolo è controverso, il valore è determinato in base all’ammontare delle somme dovute per due anni (Sez. Un. 10455 del 2015);

non sussiste alcun obbligo per il giudice di liquidare il compenso nella misura media, atteso che il D.M. n. 55 del 2014, artt. 1 e 4, gli impongono soltanto di liquidare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, peraltro derogabili con idonea motivazione (cfr. Cass. n. 2386 del 2017; Cass. n. 18167 del 2015);

applicando i suddetti principi al caso in esame, il valore della causa va individuato tra Euro 5.200 ed Euro 26.000, in tale scaglione rientrando l’ammontare di due annualità della prestazione richiesta;

quanto ai parametri minimi stabiliti per tale scaglione, computando tre fasi per il procedimento di istruzione preventiva e quattro per la causa di merito, questi vanno individuati in Euro 911,00 per la fase di istruzione preventiva (risultanti dalla somma di Euro 270,00 per lo studio della controversia, Euro 337,50 per la fase introduttiva del giudizio ed Euro 303,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione, dovendosi ridurre le prime due del 50% e la terza del 70% ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4) e, trattandosi di causa inquadrabile nella tabella 4, (cause di previdenza), in Euro 2.251,00 per il giudizio di merito (risultanti dalla somma di Euro 442, 50 per la fase di studio, Euro 370,00 per la fase introduttiva del giudizio, Euro 475,50 per la fase istruttoria e/o di trattazione ed Euro 962,00 per la fase decisionale, dovendosi ridurre le prime due e la fase decisionale del 50%e la fase istruttoria del 70%, ancora ai sensi del D.M. n. 55 del 2014, art. 4);

con riguardo alla fase istruttoria e/o di trattazione, la riduzione va operata sottraendo il 70% all’importo del parametro medio, dovendo così interpretarsi il disposto del D.M. n. 55 del 2014, art. 4, che testualmente prevede una riduzione “fino al 70 per cento” dell’importo liquidato per tale fase;

avuto riguardo all’importo così come dianzi delineato (cfr. per tutte Cass. n. 4747 del 2018), risulta evidente come la liquidazione contenuta nel provvedimento gravato sia inferiore a detti minimi, nè risulta motivazione alcuna in merito alle ragioni del mancato riconoscimento, del caso de quo, dei compensi stabiliti dal D.M. n. 55 del 2014 sopra richiamato, in relazione alle singole fasi processuali;

pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata per quanto di ragione e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito, mediante la liquidazione delle spese per complessivi Euro 3.162,00 per compensi professionali, da distrarsi in favore del difensore della ricorrente, dichiaratosi antistatario, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%;

le spese del giudizio di legittimità, in applicazione del generale principio della soccombenza, sono poste a carico dell’INPS e vengono liquidate come da dispositivo, disponendosene la distrazione in favore del difensore di M.H., dichiaratosi antistatario;

in considerazione dell’esito del giudizio, si dà atto che non sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso.

PQM

La Corte accoglie il ricorso. Cassa per quanto di ragione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, liquida le spese giudiziali in Euro 3.162,00, da distrarsi in favore del difensore della ricorrente dichiaratosi antistatario, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento ed accessori di legge.

Condanna l’Inps alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi, Euro 1.500,00 per compensi professionali, con distrazione in favore del difensore della ricorrente dichiaratosi antistatario, oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di legge.

Così deciso in Roma, all’Adunanza camerale, il 27 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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