Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9938 del 08/05/2014


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Civile Sent. Sez. U Num. 9938 Anno 2014
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: NAPOLETANO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso 7750-2013 proposto da:
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del
Ministro pro-tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona
del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e
difende ope legis;

Data pubblicazione: 08/05/2014

- ricorrenti contro

MORONE MARIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 197/2012 della CORTE D’APPELLO di

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 25/02/2014 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE
NAPOLETANO;
udito l’Avvocato Stefano VARONE dell’Avvocatura Generale
dello Stato;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale Dott.
RAFFAELE CENICCOLA, che ha concluso per
l’inammissibilità o comunque rigetto del ricorso.

L’AQUILA, depositata il 14/03/2012;

RG 7750-13

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di Appello dell’Aquila, riformando la sentenza del Tribunale di
Chieti, dichiarava la giurisdizione del giudice ordinario rimettendo le
parti davanti a detto Tribunale, in ordine alla domanda Morone Mario,

dell’Economia e delle Finanze volta a dichiarare il diritto di esso
ricorrente allo scorrimento della graduatoria, ai fini della copertura
dei posti vacanti di cui al concorso per primo dirigente del ruolo
amministrativo indetto con D.M. del 19 gennaio 1983 con conseguente
condanna delle resistenti alla relativa nomina, alla stipulazione del
contratto di lavoro ed al risarcimento del danno.
A fondamento del decisum la Corte del merito poneva il rilievo secondo il
quale la domanda del Morone, riguardando esclusivamente la costituzione
del rapporto d’impiego e non la valutazione della legittimità delle
operazioni selettive conclusesi con l’approvazione della graduatoria
finale, apparteneva alla cognizione del giudice ordinario.
Avverso questa sentenza l’Agenzia delle entrate nonché il Ministero
dell’Economia e delle Finanze ricorrono in cassazione sulla base di un
unico motivo, illustrato da memoria.
La parte intimata non svolge attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo, denunciandosi il difetto di giurisdizione del giudice
ordinario, si sostiene la giurisdizione del giudice amministrativo in

proposta nei confronti dell’Agenzia delle entrate nonché del Ministero

base alla fondante considerazione che, nella specie, l’Amministrazione
aveva manifestato il proprio intento di non avvalersi della graduatoria,
ma d’indire nuovi concorsi.
Il ricorso è, ai sensi dell’art. 360 cpc, comma 3, così come novellato
dal D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40 (art. 2), inammissibile. Queste Sezioni

3, il legislatore del 2006 ha

eliminata l’immediata e autonoma

impugnabilità con ricorso per cassazione delle sentenze “che decidono di
questioni insorte senza definire, neppure parzialmente, il giudizio”
rendendo tali sentenze impugnabili, senza necessità di riserva, solo
“allorché sia impugnata la sentenza che definisce, anche parzialmente, il
giudizio”.
Del resto dall’area descritta dall’art. 279 cpc, n. 4 sono state
sottratte le sentenze, che ai fini dell’appello vi sono invece comprese,
con le quali non si realizza una definizione neppure parziale del merito
della domanda, ma solo si ha la decisione di questioni.
Si è introdotta, quindi, con il predetto D.Lgs 2 febbraio 2006 n. 40, una
regola generale unificante concernente la disciplina del processo di
cassazione.
Pertanto il rimedio impugnatorio della sentenza, pronunciata in grado di
appello o in unico grado, con la quale il giudice afferma la propria
giurisdizione senza definire neppure parzialmente il giudizio, non è
quello del ricorso immediato per cassazione – il quale ove proposto deve
essere dichiarato inammissibile – ma è quello generale risultante dal
combinato disposto dell’art. 360 cpc, comma 3 e dell’art. 361 cpc, comma

Unite, difatti, hanno già affermato che con il citato art. 360 cpc, comma

1 (Cass.S.U.25 novembre 2010 n. 23891, Cass. S.U.22 febbraio 2012 n.
2575, Cass. S.U. 16 luglio 2012 n. 12105 e Cass. S.U. 2 settembre 2013 n.
20073).
Nel caso di specie la Corte di Appello dell’Aquila, nel vigore del
richiamato D.Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40, decidendo sulla questione di

declinato la propria giurisdizione in favore di quella del giudice
amministrativo, ha dichiarato quella del giudice ordinario ed ha rimesso
le parti davanti al primo giudice.
Si tratta all’evidenza di una sentenza che decidendo solo di questioni
insorte – quella della giurisdizione non ha definito neppure
parzialmente il giudizio e come tale non è immediatamente impugnabile con
ricorso per cassazione.
Sulla base delle esposte considerazioni, in conclusione, il ricorso va
dichiarato inammissibile.
Nulla deve disporsi in ordine alla spese del presente giudizio non avendo
la parte intimata svolto attività difensiva.
Ritengono queste Sezioni Unite,poi, che poiché, a norma dell’art. 115 del
DPR 30 maggio 2002 n. 115,nel processo in cui, come nella specie, é parte
l’amministrazione pubblica – intendendosi per tale ai sensi dell’art. 3
lett. q) dello stesso DPR 30 maggio 2002 n. 115 l’amministrazione dello
Stato o altra amministrazione pubblica – “sono prenotati a debito, se a
carico dell’amministrazione: (a) il contributo unificato nel processo
civile, nel processo amministrativo e nel processo tributario”, non può
trovare applicazione nell’ipotesi d’impugnazione, anche incidentale,

giurisdizione, e in riforma della sentenza di primo grado che aveva

della amministrazione pubblica, la disposizione, di cui all’art. 13,
comma 1 quater, del DPR n. 115 del 2002 introdotto dall’art.1, comma 17,
della Legge n.228 del 2012 secondo cui “quando l’impugnazione, anche
incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o
improcedibile la parte che l’ha proposta è tenuta a versare, un ulteriore

stessa impugnazione principale o incidentale”.
La prenotazione a debito, infatti, concretandosi,

ex art. 3 lett.$) del

citato DPR 30 maggio 2002 n. 115, “nell’annotazione a futura memoria di
una voce di spesa, per la quale non vi é pagamento, ai fini
dell’eventuale successivo recupero”, rende evidente che l’amministrazione
pubblica non è tenuta a corrispondere effettivamente gli importi delle
imposte e delle tasse che gravano sul processo.
E’, invero, principio generale dell’assetto tributario che lo Stato e le
altre Amministrazioni parificate non sono tenute a versare imposte o
tasse che gravano sul processo per la evidente ragione che lo Stato
verrebbe ad essere al tempo stesso debitore e creditore di sé stesso con
la conseguenza che l’obbligazione non sorge.
Si tratta, quindi, sostanzialmente di una esenzione fiscale, ma che vale
esclusivamente nei confronti dell’amministrazione pubblica. Difatti nella
ipotesi cui la controparte è soccombente relativamente alle spese, la
stessa è tenuta al pagamento in favore dell’erario delle spese prenotate
a debito analogamente a quanto sarebbe avvenuto nei confronti di
qualsiasi altra parte vittoriosa.

importo pari a quello dovuto a titolo di contributo unificato per la

L’istituto della prenotazione a debito, pertanto, se per un verso esenta
la pubblica amministrazione dal pagamento degli importi delle imposte e
delle tasse – ivi compresi quelli afferenti contributo unificato – che
gravano sul processo assolve, altresì, alla funzione, sotto il profilo
amministrativo contabile, di evitare che di detta esenzione possa

spese.
Né può sottacersi che il contributo unificato, come precisato da queste
Sezioni Unite con sentenza n. 9840 del 5 maggio 2041 sulla scia di quanto
già stabilito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 73 del 2005,
ha natura tributaria e tale natura conserva anche relativamente al
raddoppio, previsto dal citato art.1, comma 17, della Legge n.228 del
2012 che ha introdotto il comma l

quater all’art. 13 del DPR n. 115 del

2002, atteso che la finalità deflattiva e sanzionatoria della nuova norma
non vale a certamente modificarne la sostanziale natura di tributo.
Stante, pertanto, la non debenza delle amministrazioni pubbliche
ricorrenti del versamento del contributo unificato non deve darsi atto
della sussistenza dei presupposti di cui al primo periodo dell’ art. 13,
comma 1-quater, del DPR 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dal comma 17
dell’art. 1 della Legge 24 dicembre 201, n. 228, ai fini del raddoppio
del contributo per i casi di impugnazione respinta integralmente o
dichiarata inammissibile o improcedibile.
P.Q.M.
La Corte, a Sezioni Unite, dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per

giovarsi la controparte in caso di soccombenza e di sua condanna alle

le spese del giudizio di legittimità. Così deciso in Roma nella camera di

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