Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9929 del 26/04/2010

Cassazione civile sez. III, 26/04/2010, (ud. 08/04/2010, dep. 26/04/2010), n.9929

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – rel. Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 30190-2005 proposto da:

B.B.M.R. (OMISSIS), elettivamente

domiciliata in ROMA, P.ZZA CAMERINO 15, presso lo studio

dell’avvocato CIPRIANI ROMOLO GIUSEPPE, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato CARTILLONE BIAGIO giusta delega in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

L.M. (OMISSIS), considerata domiciliata “ex

lege” in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati BALDASSARINI DESIDERIO, FANTE

LUIGI giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

SFERA SRL (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 1801/2005 della CORTE D’APPELLO di MILANO, 3^

SEZIONE CIVILE, emessa il 6/7/2005, depositata il 12/07/2005, R.G.N.

4108/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

08/04/2010 dal Consigliere Dott. ANGELO SPIRITO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per il ricetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Milano, riformando la prima sentenza, ha respinto la domanda della B.D.M. tendente ad ottenere la declaratoria che il contratto di locazione intercorso tra la locatrice L. e la soc. Sfera era affetto da simulazione relativa per interposizione fittizia di persona (per essere ella la reale conduttrice dell’immobile).

Propone ricorso per cassazione la B.D.M. attraverso quattro motivi. Resiste con controricorso la L..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il primo motivo censura il punto della sentenza in cui si afferma che la mancata conoscenza da parte del terzo degli accordi intercorsi tra interponente ed interposto integra gli estremi della diversa fattispecie dell’interposizione reale di persona. Sostiene la ricorrente che sarebbe stato violato il disposto della L. n. 392 del 1978, art. 79 il quale, nel prevedere la nullità di ogni pattuizione diretta a limitare la durata del contratto o ad attribuire al locatore un canone maggiore, postula come sufficiente la mera conoscenza da parte del terzo (il locatore) degli accordi eventualmente intercorsi tra interponente ed interposto.

Il motivo, che formalmente prospetta la violazione di legge, è infondato in quanto, in realtà, si basa su una questione di merito;

ossia, sull’avvenuto accertamento che la locatrice fosse a conoscenza del fatto che l’appartamento non dovesse essere adibito a foresteria della società conduttrice (come convenuto in contratto), bensì a stabile abitazione della attuale ricorrente. Circostanza, questa, invece ampiamente smentita dalla sentenza impugnata, la quale, con una motivazione congrua e logica, rileva (cfr. in particolare pag.

17) la mancanza di prova in ordine al fatto che prima della stipulazione del contratto o nel corso della stipulazione la locatrice avesse inteso stipulare non un contratto ad uso foresteria con la società, bensì un contratto di locazione abitativa con la B.D.M.. Con la medesima puntualità la sentenza confuta anche tutte le ragioni che ancor’oggi la ricorrente pone a base della sua difesa.

Infondato è anche il secondo motivo, che postula l’insussistente dovere processuale del giudice d’appello di ammettere le prove orali che il primo giudice (optando per l’opposta conclusione) non aveva ritenuto d’ammettere. Nel caso che ci riguarda il giudice ha compiutamente argomentato sulla base della documentazione prodotta in atti, fornendo risposta anche a tutte le ragioni che la ricorrente avrebbe fondato sulla prospettata (e non ammessa) prova testimoniale (cfr. i capitoli a pagg. 8 e 9 del ricorso).

Il terzo motivo censura la sentenza laddove afferma che, essendo stato stipulato il contratto in epoca successiva all’entrata in vigore della L. n. 359 del 1992, era “dubbia” l’applicabilità dell’art. 1417, essendo piuttosto applicabile l’art. 2722 c.c..

Secondo la ricorrente l’affermazione sarebbe erronea, posto che nel contratto in questione non è fatto riferimento alla menzionata legge, sicchè le parti non avrebbero inteso stipulare i cd. patti in deroga.

Il motivo è inammissibile, in quanto rivolto verso un’affermazione della sentenza resa sotto forma di obiter, con l’intento ipotetico e meramente rafforzativo della argomentazione principale (della quale s’è detto) su cui fonda la propria conclusione.

Il quarto motivo tende a contraddire le presunzioni semplici sulle quali sarebbe basata la decisione e che comunque (si sostiene) sarebbero state contrastate dalla prova testimoniale, se questa fosse stata ammessa.

Il motivo è infondato, in quanto la sentenza, individuate le circostanze che l’attrice avrebbe dovuto provare a fondamento della proposta azione di simulazione, dettagliatamente dimostra come la relativa prova non sia stata fornita, profondendosi nel confutare la validità degli argomenti che il primo giudice aveva posto a fondamento dell’opposta decisione. Il riferimento, dunque, alle presunzioni è del tutto impertinente, così come lo è quello alla prova testimoniale non ammessa, della quale s’è detto in precedenza.

In conclusione, il ricorso deve essere respinto, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010

 

 

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