Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9927 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. lav., 05/05/2011, (ud. 03/02/2011, dep. 05/05/2011), n.9927

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio – Presidente –

Dott. STILE Paolo – Consigliere –

Dott. NOBILE Vittorio – Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – rel. Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AIA ALMES S.R.L. CONSORTILE, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ENNIO QUIRINO

VISCONTI 20, presso lo studio dell’avvocato ANTONINI MARIO,

rappresentata e difesa dall’avvocato ANDRONICO FRANCESCO, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DELLA FREZZA N. 17, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati MARITATO LELIO,

CALIULO LUIGI, SGROI ANTONINO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1016/2008 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 08/11/2008 R.G.N. 773/02;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/02/2011 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l’Avvocato CALIULO LUIGI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MATERA Marcello che ha concluso per inammissibilita’ del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 9/10 – 8/11/08 la Corte d’Appello di Catania, in accoglimento dell’impugnazione proposta dall’Inps avverso la sentenza n. 806/02 del Tribunale di Catania, rigetto’ l’opposizione proposta dalla Societa’ Consortile AIA-ALMES a r.l. avverso il decreto ingiuntivo n. 1501/1996 notificatole il 2/4/96, col quale le era stato intimato il pagamento della somma di L. 1.087.108.428 a titolo di omesso versamento di contributi e relative sanzioni afferenti il periodo 1/5/86 – 31/12/91 e, per l’effetto, condanno’ l’appellata alle spese del doppio grado del giudizio. In particolare, nel rigettare l’opposizione al predetto decreto ingiuntivo, la Corte territoriale affermo’ di condividere il ragionamento seguito dal Tribunale di Catania in composizione collegiale in altro procedimento avente ad oggetto l’opposizione all’ordinanza-ingiunzione con la quale era stata intimata alla stessa societa’ consortile il pagamento della sanzione di L. 2.160.000 per l’erronea applicazione dello sgravio degli oneri sociali nel periodo 9/5/86 – 31/12/91, procedimento conclusosi con decisione, confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 16403/2004, che aveva accertato l’insussistenza del presupposto dell’incremento occupazionale necessario per l’accesso agli sgravi contributivi, posto che cinquantacinque dei settantasette dipendenti della societa’ consortile risultavano provenire per passaggio immediato e diretto dalla consorziata AIA. Per la cassazione della sentenza propone ricorso la societa’ consortile AIA-ALMES a r. l., che affida l’impugnazione ad un unico articolato motivo di censura.

Resiste con controricorso l’Inps.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo del ricorso la difesa della societa’ consortile AIA-ALMES a r.l. deduce la violazione dell’art. 2697 c.c., degli artt. 116 e 645 c.p.c., del D.L. 30 agosto 1968, n. 918, art. 18, comma 4, (nel testo sostituito dalla Legge di Conversione 25 ottobre 1968, n. 1089, art. 1), del D.L. 5 luglio 1971, n. 429, art. 1, comma 1 (convertito in L. 4 agosto 1971, n. 589), nonche’ l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

In particolare la ricorrente circoscrive le doglianze alla asserita omessa motivazione sulla circostanza che la societa’ consortile Aia – Almes era un soggetto giuridico distinto ed autonomo rispetto alle imprese consorziate, alla supposta violazione di legge in ordine alla configurazione del requisito dell’incremento occupazionale necessario per la fruizione degli sgravi contributivi ed alla lamentata insufficiente motivazione sul valore probatorio dei documenti contabili attestanti l’acquisto di impianti e macchinari.

Tuttavia, pur denunziando violazione di norme di legge, la ricorrente non formula il quesito di diritto previsto dall’art. 366 bis c.p.c. a pena di inammissibilita’ del ricorso, norma applicabile “ratione temporis” alla fattispecie, e nemmeno esprime, per i dedotti vizi motivazionali, un momento di sintesi del motivo omologo al quesito di diritto, non consentendo, in tal modo, di intendere le ragioni per le quali questi ultimi vizi renderebbero la motivazione inidonea a giustificare la decisione. Si e’, infatti statuito (Cass. Sez. Lav.

n. 4556 del 25/2/2009) che “l’art. 366-bis cod. proc. civ., nel prescrivere le modalita’ di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, comporta, ai fini della declaratoria di inammissibilita’ del ricorso medesimo una diversa valutazione da parte del giudice di legittimita’ a seconda che si sia in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ovvero del motivo previsto dal n. 5 della stessa disposizione. Nel primo caso ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalita’ espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a “dicta” giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza, mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo “iter” argomentativo della decisione impugnata), e’ richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidita’ formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione”, (in senso conforme v. anche Cass. sez. 3, Ord. n. 5447 del 5/3/2010, Cass. Sez. 3 n. 24339 del 30/9/2008, nonche’ Cass. sez. un. n. 20603 dell’1/10/2007).

A tutto cio’ non si e’ attenuta la ricorrente, per cui il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza della ricorrente e vanno liquidate a suo carico come da dispositivo.

P.Q.M.

LA CORTE dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente alle spese del presente giudizio nella misura di Euro 5.500,00 per onorario, oltre Euro 10,00 per esborsi, nonche’ IVA, CPA e spese generali ai sensi di legge.

Cosi’ deciso in Roma, il 3 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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