Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9926 del 19/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/04/2017, (ud. 09/12/2016, dep.19/04/2017),  n. 9926

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 28250-2014 proposto da:

A.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 2,

presso lo studio dell’avvocato ALFREDO PLACIDI, rappresentato e

difeso dall’avvocato NAZZARENA ZORZELLA giusta procura speciale a

margine del ricorso;

AMISSIONE GRATUITO PATROCINIO

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS), in persona del Ministro pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso la sentenza n. 1076/2014 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del

7/03/2014, depositata il 14/04/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

09/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ACIERNO MARIA.

Fatto

FATTO E DIRITTO

In ordine al procedimento civile iscritto al R.G. 28250 del 2014 è stata depositata la seguente relazione:

” C.A., cittadino nigeriano, proponeva ricorso al Tribunale di Bologna avverso la decisione della Commissione Territoriale che aveva respinto la domanda di protezione internazionale dal medesimo avanzata.

Il Tribunale accoglieva la domanda di C. con ordinanza del 28-30.05.2013, riconoscendo al richiedente lo status di protezione sussidiaria.

Il Ministero dell’interno, non costituitosi nel primo grado di giudizio, appellava l’ordinanza del Tribunale innanzi alla Corte d’appello di Bologna. C. si costituiva in giudizio con comparsa di costituzione e risposta, con la quale, per ciò che qui rileva, eccepiva pregiudizialmente l’inammissibilità del gravame per violazione degli artt. 163, 342 e 345 c.p.c..

La Corte territoriale, disattesa l’eccezione pregiudiziale e la difesa nel merito di C., con sentenza n. 1076/2014 accoglieva l’appello del Ministero, negando al sig. A. il riconoscimento della protezione sussidiaria.

Contro la sentenza della Corte territoriale ha proposto ricorso in Cassazione C.A., affidandosi ai seguenti motivi:

1. violazione artt. 112, 132 e 342 c.p.c. e art. 118 disp. att. c.p.c. (art. 360, nn. 3 e 4); apparente motivazione su una eccezione di inammissibilità, per avere la Corte d’appello erroneamente respinto l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione sollevata da C., e comunque per aver fornito una motivazione meramente apparente per giustificare la reiezione dell’eccezione pregiudiziale, limitandosi a ritenere il gravame “(…) ammissibile perchè sufficientemente specifico ai sensi dell’art. 342 c.p.c. in relazione all’invero laconica e scarna motivazione dell’ordinanza (…1”. Peraltro, rileva il ricorrente:

– l’appello dell’Avvocatura dello Stato non contiene argomentazioni che contrastino quelle del Tribunale, nè contiene una diversa ricostruzione della specifica situazione fattuale, quindi è totalmente priva di fondamento l’affermazione della Corte territoriale secondo cui l’appello sarebbe “sufficientemente specifico”; e, in particolare:

– lo Stato nigeriano di appartenenza non è mai nominato nell’appello, e il Ministero non dimostra, come avrebbe dovuto, che in concreto non tutta la Nigeria è pervasa da violenti conflitti;

– nell’atto introduttivo del giudizio di 2^ grado non vi è cenno alcuno alla particolare situazione del cittadino nigeriano (minacciato da appartenenti alla sette religiosa degli Obielo), che è stata uno degli elementi che il Tribunale ha considerato per accordare lo status di protezione sussidiaria;

2. violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6, 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, artt. 2 e 3 CEDU; difetto di motivazione, travisamento fatti e omesso esame di fatti decisivi (art. 360 nn. 3 e 5), per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto generiche, verosimili e intrinsecamente contraddittorie certe dichiarazioni del ricorrente, e per aver sostenuto che la setta degli Obielo non era nota alle fonti di informazioni, a fronte di uno specifico documento (un report dell’Immigration and Refugee Board of Canada) che ne attestava l’attività;

3. violazione o falsa applicazione di norme di diritto, in particolare D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4, 5, 6 e 14, D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, artt. 2 e 3 CEDU; omesso esame di fatti decisivi (art. 360, nn. 3 e 5), per avere la Corte territoriale omesso di considerare varie fonti di prova ammesse in giudizio, per contro fondando il suo convincimento, diverso rispetto a quello del Tribunale, senza indicare le fonti su cui si è basata per il suo convincimento. Il primo motivo è manifestamente fondato. L’appello del Ministero non contiene alcun riferimento alle dichiarazioni del ricorrente, pur sintetizzate nella pronuncia di primo grado, secondo quanto riferito nel ricorso a pag. 9, limitandosi ad un excursus normativo e giurisprudenziale di carattere generale. In particolare, nessun rilievo viene mosso alla riferita gravita delle minacce e delle intimidazioni rivolte al ricorrente cui fa espresso riferimento la pronuncia di primo grado (pag. 10 del ricorso). Ne risulta un atto d’appello non riferibile specificamente alla pronuncia impugnata ma di natura sostanzialmente seriale. Al riguardo la estremamente sintetica giustificazione della specificità dell’appello contenuta nella sentenza impugnata non è condivisibile in quanto non risponde alla censura di genericità ma si limita a definire “laconica” la motivazione dell’ordinanza di primo grado sulla situazione generale, ovvero su un profilo diverso da quello formante oggetto del motivo di appello. Nel caso di specie, l’ordinanza del Tribunale col legava, per quanto brevemente, il rischio per l’incolumità del ricorrente alle condizioni del Paese e alle gravi intimidazioni subite, e nè l’atto d’appello nè la pronuncia impugnata hanno considerato questo profilo.

Assorbiti il secondo e il terzo motivo, qualora si condividano le suesposte considerazioni, si converrà sull’accoglimento del ricorso”. Il Collegio condivide senza rilievi la relazione depositata e, per l’effetto, accoglie il primo motivo, assorbiti il secondo e terzo, cassa il provvedimento impugnato senza rinvio essendo risultata inammissibile l’impugnazione proposta davanti al giudice d’appello. Regole le spese processuali sulla base del principio della soccombenza per il giudizio d’appello e di legittimità. Conferma la statuizione contenuta al riguardo nel giudizio davanti al Tribunale.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso. Assorbiti il secondo e terzo. Cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, per l’effetto, dichiara inammissibile l’appello proposto. Conferma il regime della liquidazione delle spese per il primo grado e liquida in favore della parte ricorrente Euro 1300 per compensi ed Euro 100 per esborsi per il grado d’appello ed Euro 2000 per compensi ed Euro 100 per esborsi per il presente giudizio oltre accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 9 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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