Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9922 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. 6 Num. 9922 Anno 2015
Presidente: PETITTI STEFANO
Relatore: MANNA FELICE

SENTENZA
sul ricorso 27843-2013 proposto da:
LUPPINO MARIA ASSUNTA LPPMSS42A59A843C, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA SERRADIFALCO 7, presso lo studio
dell’avvocato ANTONIO FAVA, rappresentata e difesa dall’avvocato
ROBERTA AUTELITANO, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA 8018440587 in persona del
Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende, ope legis;

Data pubblicazione: 14/05/2015

- controricorrente avverso il decreto nel procedimento R.G. 1566/2012 della CORTE
D’APPELLO di CATANZARO del 3.5.2013, depositato il
15/05/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/01/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FELICE M_A_NNA.

Ric. 2013 n. 27843 sez. M2 – ud. 28-01-2015
-2-

IN FATTO
Con decreto del 15.5.2013 la Corte d’appello di Catanzaro dichiarava
inammissibile la domanda ex lege n. 89/01 proposta da Maria Assunta
Luppino con ricorso del 7.9.2012 per l’irragionevole durata di una causa

definita con sentenza del 15.11.2011. A base della decisione la circostanza
che detta sentenza era stata notificata al difensore della Luppino il 6.12.2011,
e di conseguenza era passata in giudicato, in difetto d’imp. gilazione, il
5.1.2012; il che, a sua volta, comportava che il termine semestrale di cui
all’art. 4 legge n. 80/01 era scaduto il 5.7.2012, per cui il ricorso doveva
ritenersi tardivo.
Per la cassazione di tale decreto Maria Assunta Luppino propone ricorso,
affidato a tre motivi, cui ha fatto seguito il deposito di memoria.
Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso.
Il Collegio ha disposto che la motivazione della sentenza sia redatta in
forma semplificata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. – Col primo motivo è dedotta la violazione di non meglio precisate
norme di diritto, in quanto la relata di notifica apposta in calce alla sentenza
emessa nel giudizio presupposto non si riferirebbe alla notificazione effettuata
dalla parte vittoriosa ai sensi dell’art. 285 c.p.c., ma alla comunicazione di
cancelleria dell’avvenuto deposito della sentenza stessa. Del resto, prosegue
parte ricorrente, le controparti della Luppino, avendo ricevuto comunicazione
del deposito della sentenza il 12 e il 13 dicembre 2011, non avrebbero potuto
notificare la sentenza che in data successiva.
3

civile instaurata innanzi al Tribunale di Locri con citazione del 14.9.1985 e

2. – Il secondo motivo lamenta la violazione del diritto di difesa, non
avendo la Corte territoriale enunciato previamente le ragioni che avrebbero
potuto condurre alla declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
3. – Il terzo motivo deduce la “difformità di trattamento della stessa Corte

analoghe”. Altre parti del medesimo giudizio presupposto, difese dal
medesimo difensore, si afferma, hanno proposto domanda di equa riparazione
depositando il ricorso nella stessa data di quello proposto dalla Luppino.
Domanda che la Corte territoriale ha accolto riconoscendo un indennizzo di €
18.250,00.
4. – Il secondo motivo, che va esaminato con priorità, è infondato.
Le S.U. di questa Corte di cassazione hanno affermato, con sentenza n.
20935/09, che nel caso in cui il giudice esamini d’ufficio una questione di
puro diritto, senza procedere alla sua segnalazione alle parti, al fine di
consentire su di essa l’apertura della discussione (c.d. terza via), non sussiste
la nullità della sentenza, in quanto da tale omissione non deriva la
consumazione di altro vizio processuale diverso dall’error iuris in iudicando
ovvero dall’error in iudicando de iure procedendi, la cui denuncia in sede di
legittimità consente la cassazione della sentenza soltanto se tale errore si sia in
concreto consumato.
Errore che, nella specie, è da escludere per le ragioni che seguono.
5. – Infatti, il primo motivo è infondato.
La relata di notifica apposta in calce alla sentenza resa a definizione del
giudizio presupposto non può riferirsi alla comunicazione del deposito della
sentenza, effettuata dalla cancelleria ai sensi dell’art. 133 c.p.c. Tale
4

d’appello rispetto ad altre parti del medesimo procedimento in condizioni

adempimento è effettuato con semplice biglietto di cancelleria (consegnato a
mani ovvero notificato dall’ufficiale giudiziario) contenente il dispositivo
della sentenza, mentre nel caso in esame è stata notificata la copia della
sentenza stessa; e dunque nessun dubbio è lecito nutrire sul fatto che si tratti

termine breve d’impugnazione di cui all’art. 325 c.p.c.
6. – Anche il terzo motivo non ha pregio.
Il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e
vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa
condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi
tassative formalizzate dal codice di rito. Ne consegue che il motivo del ricorso
deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità
ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri
nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c. (v. Cass. n. 19959/14, che
da tale premessa ha tratto la conseguenza che è inammissibile la critica
generica della sentenza impugnata, formulata con un unico motivo sotto una
molteplicità di profili tra loro confusi e inestricabilmente combinati, non
collegabili ad alcuna delle fattispecie di vizio enucleata dal codice di rito).
L’asserita disparità di trattamento rispetto a casi simili non rientra in
alcuna ipotesi di vizio di legittimità, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. In particolare,
essa non rientra nel vizio di motivazione, che deve necessariamente emergere
dal medesimo provvedimento impugnato e non dal raffronto 3; questo con
altri (cfr. Cass. S.U. n. 1770/13); vizio che, per giunta, non è neppure più
denunciabile in base al testo attuale del n. 5 dell’art. 360 c.p.c., come

5

dell’attività di parte prevista dall’art. 285 c.p.c. allo scopo di far decorrere il

risultante dalla modifica di cui al D.L. n. 83/12, convertito in legge n. 134/12,
applicabile alla fattispecie.
7. – Il ricorso va, pertanto, respinto.
8. – Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza della

9. – Rilevato che dagli atti il processo risulta esente, non si applica l’art. 13,
comma 1 quater D.P.R. n. 115/02, inserito dall’art. 1, comma 17 legge n.

228/12.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente alle spese, che
liquida in € 500,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile 2 della Corte Suprema di Cassazione, li 28.1.2015.

parte ricorrente.

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