Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9921 del 26/04/2010

Cassazione civile sez. III, 26/04/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 26/04/2010), n.9921

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – rel. Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sui ricorso 16787/2006 proposto da:

MINISTERO DEGL’ISTRUZIONE UNIVERSITA’ E RICERCA, in persona del

Ministro pro tempore e della SCUOLA MEDIA STATALE (OMISSIS),

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso gli

uffici dell’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, da cui sono difesi per

legge;

– ricorrenti –

contro

F.P. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA, VIA S.

TOMMASO D’AQUINO 119, presso lo studio dell’avvocato FAMIANI

SALVATORE, che la rappresenta e difendo con delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 618/200 6 della CORTE D’APPELLO di ROMA, Prima

Sezione Civile, emessa il 21/10/2003; depositata il 06/02/2006;

R.G.N. 4395/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/03/2010 dal Consigliere Dott. CAMILLO FILADORO;

udito l’Avvocato FAMIANI SALVATORE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

VELARDI Maurizio, che ha concluso per il rigetto.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza non definitiva del 21 ottobre – 10 novembre 2003 la Corte d’appello di Roma, ritenuta la responsabilità del Ministero della Istruzione dell’Università e della Ricerca Scientifica e della Scuola Media Statale (OMISSIS), condannava gli stessi in solido al risarcimento dei danni riportati dalla insegnante di educazione fisica F.P. (riconoscendo tuttavia a carico della stessa un concorso di colpa nella misura di un terzo).

Con successiva sentenza definitiva del 17 gennaio – 6 febbraio 2006, la Corte d’appello romana liquidava i danni, condannando i convenuti in solido a pagare alla originaria attrice la somma di Euro 7.695,33 oltre interessi.

Avverso entrambe le decisioni il Ministero e la Scuola Media Statale (OMISSIS) hanno proposto congiuntamente ricorso per cassazione sorretto da quattro motivi.

Resiste la F. con controricorso, illustrato da memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I primi tre motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili, in quanto rivolti contro una sentenza non definitiva per la quale non era stata proposta tempestiva riserva di impugnazione dalle parti soccombenti (v. fascicolo di ufficio del giudizio di appello, agli atti).

E’ appena il caso di sottolineare che nel caso di specie deve trovare applicazione la disposizione dell’art. 361 c.p.c., nella sua formulazione precedente la modifica introdotta dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 3, comma 1, secondo la quale: “Contro le sentenze previste dall’art. 278, e dall’art. 279, comma 2, n. 4, il ricorso per cassazione può essere differito, qualora la parte soccombente ne faccia riserva, a pena di decadenza, entro il termine per la proposizione del ricorso, e in ogni caso, non oltre la prima udienza successiva alla comunicazione della sentenza stessa”.

Ammissibile è invece il quarto motivo di ricorso per cassazione, con il quale i due ricorrenti hanno dedotto la violazione e falsa applicazione dell’art. 2056 c.c. nonchè degli artt. 1223, 1226 e 1227 c.c., nonchè omessa e insufficiente motivazione su un nuovo punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5).

Il giudice di appello, senza adeguata motivazione, aveva ritenuto di apportare una maggiorazione della quota base di Euro 697,00 Euro per ogni punto di invalidità permanente in relazione alle condizioni personali della infortunata.

Le censure proposte con l’ultimo mezzo di impugnazione sono infondate.

Si richiama la consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale, la liquidazione equitativa del danno biologico può essere legittimamente effettuata dal giudice sulla base di criteri standardizzati e predeterminati, assumendosi come parametro il valore medio per punto, calcolato sulla inedia dei precedenti in virtù della cosiddette “tabelle” presso l’ufficio giudiziario, purchè il risultato, in tal modo raggiunto, venga poi “personalizzato”, tenendo conto della particolarità del caso concreto e della reale entità del danno.

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha motivato la liquidazione del danno da invalidità permanente sulla base della età dell’appellante al momento del sinistro, della attività espletata (insegnante di educazione fisica) e delle altre condizioni personali della infortunata.

I giudici di appello non hanno, invece, tenuto conto dell’abbandono della attività di insegnante di educazione fisica da parte della F., rilevando che non esisteva la prova che tale avvenimento fosse stato causato dall’incidente in questione.

Gli stessi giudici hanno sottolineato che il riconoscimento di Euro 927.57 (in luogo di quello di 697,00 previsto dalle tabelle in uso) per ogni punto di invalidità permanente, a titolo di risarcimento da danno biologico, era effettuato in via equitativa, tenendo conto di tutte le correzioni necessarie in base alle condizioni personali della infortunata e di tutte le limitazioni conseguenti ai postumi permanenti accertati.

Si tratta di una valutazione equitativa, che tiene conto dell’adeguamento al caso concreto richiesto dalla consolidata giurisprudenza di questa Corte in casi del genere.

La stessa valutazione appare logicamente motivata e sfugge, pertanto, a qualsiasi censura di violazione di norma di legge o di vizi motivazionali.

Conclusivamente i primi tre motivi di ricorso devono essere dichiarati inammissibili.

Il quarto motivo deve, invece, essere rigettato.

I due ricorrenti devono essere condannati in solido al pagamento delle spese, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibili i primi tre motivi di ricorso e rigetta il quarto motivo.

Condanna i due ricorrenti in solido al pagamento delle spese che liquida in Euro 3.000,00 (tremila/00) di cui Euro 200,00 (duecento/00) per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010

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