Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 992 del 17/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 17/01/2017, (ud. 26/10/2016, dep.17/01/2017),  n. 992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7436-2011 proposto da:

L.C. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

DELLA PANETTERIA 15, presso lo studio dell’avvocato ROSSANA RINELLA,

rappresentato e difeso dall’avvocato COSTANZO DI PALMA, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE C.F. (OMISSIS), in

persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato n ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso

l’Avvocatura Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli

Avvocati ANTONIETTA CORETTI, EMANUELE DE ROSE, VINCENZO TRIOLO,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 5524/2010 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 28/10/2010 R.G.N. 1354/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

26/10/2016 dal Consigliere Dott. D’ANTONIO ENRICA;

udito l’Avvocato RINELLA ROSARIA per delega Avvocato DI PALMA

COSTANZO;

udito l’Avvocato STUMPO VINCENZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MASTROBERARDINO PAOLA che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata 31/12/2010 la Corte d’Appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Trani che, in accoglimento dell’eccezione di decadenza della L. n. 83 del 1970, ex art. 22, dall’azione giudiziaria sollevata dall’INPS, aveva rigettato la domanda di L.C. volta ad ottenere la reiscrizione negli elenchi anagrafici dei braccianti agricoli per gli anni dal 2000 al 2004.

La Corte territoriale ha esposto che contro il provvedimento di cancellazione comunicato il 10/8/2006 il ricorrente aveva proposto ricorso amministrativo in data 8/9/2006 dal quale dovevano decorrere i termini previsti dal D.L. n. 375 del 1983, art. 11, per l’esaurimento dei rimedi amministrativi trascorsi i quali il provvedimento doveva ritenersi definitivo con conseguente decorrenza da tale momento del termine di 120 giorni per l’esercizio dell’azione giudiziaria. Secondo la Corte, invece, non poteva essere accolta la tesi dell’appellante secondo cui il termine per il ricorso all’azione giudiziaria avrebbe dovuto decorrere dalla data di comunicazione all’interessato del provvedimento espresso di rigetto effettuata successivamente alla formazione del silenzio rigetto.

La Corte ha, pertanto, concluso che alla data del deposito del ricorso giudiziale era già maturato il termine di 120 giorni previsto a pena di decadenza dall’ad 22 citato.

Avverso la sentenza propone ricorso in Cassazione il L. formulando due motivi.

Resiste l’Inps.

Entrambe le parti hanno depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione del D.L. n. 7 del 1970, art. 22 e del D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11.

Lamenta che la Corte d’appello non aveva valutato che il ricorso amministrativo era stato rigettato in data 17/11/2006, cioè nel termine di 90 giorni, e poi notificato al lavoratore con lettera raccomandata del 31/1/2007 consegnatagli alcuni giorni dopo. Secondo il ricorrente il termine per ricorrere al giudice doveva decorrere da tale ultima data e dunque il ricorso, depositato il 18/5/2007, era tempestivo.

Con il secondo motivo denuncia vizio di motivazione per non aver rilevato che era stato emesso un provvedimento espresso di rigetto nel termine di 90 giorni successivamente notificato all’interessato da cui doveva decorrere il termine di cui all’art. 11 citato.

I motivi, congiuntamente esaminati stante la loro connessione, sono infondati.

Il D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11, sostituendo integralmente il D.L. n. 7 del 1970, art. 17 (come è reso evidente dalla disposizione transitoria contenuta nel comma 3), ha previsto, nel comma 1, la facoltà di proporre, contro i provvedimenti adottati in materia di accertamento dei lavoratori agricoli e contro la non iscrizione, entro il termine di trenta giorni, ricorso amministrativo alla Commissione provinciale per la manodopera agricola, che decide entro novanta giorni. Decorso inutilmente detto termine il ricorso si intende respinto. Il comma 2 dello stesso art. prevede che, contro le decisioni della Commissione provinciale, può essere proposto, entro trenta giorni, ricorso alla Commissione centrale preposta al servizio contributi agricoli unificati, che decide entro novanta giorni. Decorso inutilmente detto termine il ricorso si intende respinto.

La giurisprudenza di questa Corte afferma, altresì, che il termine di 120 giorni previsto dall’art. 22 per il ricorso giudiziale, ha natura di decadenza sostanziale (in quanto relativo al compimento di un atto di esercizio di un diritto soggettivo), così da non essere suscettibile di sanatoria ai sensi della L. n. 533 del 1973, art. 8 (fra tante, Cass. 1 ottobre 1997 n. 9595, 21 aprile 2001 n. 5942, 8 novembre 2003 n. 16803, 10 agosto 2004 n. 15460, 18 maggio 2005 n. 10393). La decadenza, poi, salvo il limite del giudicato interno, è rilevabile dal giudice di ufficio in ogni stato e grado, ai sensi dell’art. 2969 c.c., riguardando una materia – come quella della iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli – sottratta alla disponibilità delle parti. Questa interpretazione è stata ritenuta dalla Corte costituzionale – con sentenza n. 192 del 2005, che ha modificato l’orientamento assunto dalla stessa Corte nella sentenza n. 88 del 1988 non configgente con i precetti degli artt. 3 e 38 Cost., in base al rilievo che la previsione degli indicati termini decadenziali, per contestare in sede giurisdizionale i provvedimenti di iscrizione o di mancata iscrizione ovvero di cancellazione dagli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, è giustificata dall’esigenza di accertare nel più breve tempo possibile la sussistenza del diritto all’iscrizione, avuto riguardo al fatto che essa costituisce presupposto per l’accesso alle prestazioni previdenziali (quali l’indennità di malattia e di maternità) collegate al solo requisito assicurativo e titolo per l’accredito, in ciascun anno, dei contributi (corrispondenti al numero di giornate risultanti dagli elenchi stessi).

Deve darsi, poi, continuità alla ormai consolidata giurisprudenza di questa S.C. secondo cui, in caso di avvenuta presentazione dei ricorsi amministrativi previsti dal D.Lgs. n. 375 del 1993, art. 11, contro i provvedimenti di mancata iscrizione (totale o parziale) negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli, ovvero di cancellazione dagli elenchi medesimi, il termine di centoventi giorni per l’esercizio dell’azione giudiziaria, stabilito dal D.L. n. 7 del 1970, art. 22 decorre dalla definizione del procedimento amministrativo contenzioso, definizione che coincide con la data di notifica all’interessato del provvedimento conclusivo espresso, se adottato nei termini previsti dall’art. 11 citato, ovvero con la scadenza di questi stessi termini nel caso del loro inutile decorso, dovendosi equiparare l’inerzia della competente autorità ad un provvedimento tacito di rigetto, conosciuto ex lege dall’interessato al verificarsi della descritta evenienza (cfr., ex aliis,Cass. 2898.2014; Cass. 11.6.2013; Cass. 27.12.11 n. 29070; Cass. 19.7.11 n. 15785; Cass. 2.10.07 n. 20668; Cass. 10.9.07 n. 18965; Cass. 14.3.07 n. 5906; Cass. 1.3.07 n. 4819; Cass. 23.2.07 n. 4261; Cass. 5.2.07 n. 2373; Cass. 16.1.07 n. 813).

La tesi di parte ricorrente secondo cui l’avvenuta adozione in data 17/11/2006, cioè entro il termine di 90 giorni, del provvedimento espresso di rigetto da parte da parte della commissione notificato con raccomandata del 31/1/2007 pervenuta al lavoratore alcuni giorni dopo comporta che il termine per ricorrere al giudice deve decorrere da tale ultima data, risulta del tutto infondata.

La giurisprudenza di questa Corte ha affermato infatti, che, per le decisioni espresse, vale la regola della notifica del provvedimento – salva la possibilità, per chi eccepisca la decadenza, di provare che l’interessato ne ha acquisito altrimenti conoscenza – mentre, per l’ipotesi di decisione tacita di rigetto, vale solamente la regola del momento dell’acquisita conoscenza; momento che va identificato nella scadenza dei termini assegnati dalla disposizione in esame all’autorità competente per provvedere sul ricorso, trattandosi di scadenza prevista direttamente dalla legge e che deve, per tale ragione, ritenersi conosciuta o, comunque, conoscibile dall’interessato. Al tempo stesso, la suddetta scadenza segna la soglia oltre la quale la presentazione di un ricorso amministrativo tardivo, pur restando rilevante ai fini della procedibilità dell’azione giudiziaria, non può essere recuperata per lo spostamento in avanti del dies a quo del ripetuto termine di decadenza; così come irrilevante, agli stessi fini, resta la decisione tardiva sul ricorso, a sua volta inidonea a costituire una “riapertura” del termine decadenziale (per una fattispecie analoga alla presente: v. Cass. n. 13092 del 2009).

In conclusione, il ricorso è da rigettare. Stante il consolidarsi della decisione qui accolta in epoca recente sussistono giusti motivi per compensare le spese di causa.

PQM

Rigetta il ricorso, spese compensate.

Così deciso in Roma, il 26 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017

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