Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 992 del 17/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 17/01/2011, (ud. 10/11/2010, dep. 17/01/2011), n.992

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

D.S. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avv. CHIRULLI DOMENICO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE in persona del Ministro pro

tempore ed inoltre AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e

difende, ope legis;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 55/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di BARI del 29.4.08, depositata il 22/10/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/11/2010 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO MERONE;

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. VELARDI

Maurizio.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Il Collegio, letti gli atti del ricorso specificato in epigrafe;

Vista e condivisa la relazione redatta ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c. nella quale si legge:

“Il sig. D.S., all’epoca dei fatti commerciante al dettaglio di abbigliamento per adulti in (OMISSIS), ricorre contro l’Agenzia delle Entrate per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con la quale la CTR ha ritenuto legittimi tre separati avvisi di recupero del credito d’imposta (notificati il 15/12/2005) previsto dalla L. n. 388 del 2000, art. 8. L’Agenzia resiste con controricorso.

Il D.P. denunciando la violazione e falsa applicazione della L. n. 388 del 2000, art. 8 e vizi di motivazione, prospetta alla Corte i seguenti quesiti, tutti inammissibili per genericita’ e irrilevanza in relazione alla ratio decidendi della sentenza impugnata.

Con il primo quesito si chiede di sapere se il credito d’imposta spetti “nel caso di ampliamento e riattivazione, o ammodernamento di impianti realizzati in unita’ locali non di proprieta’ dell’impresa”, detenuti a titolo di locazione. Il quesito non ha alcun aggancio con la fattispecie concreta perche’ non specifica quali sarebbero in concreto gli interventi effettuati e, comunque, e’ irrilevante ai fini della cassazione della sentenza impugnata nella quale si legge che le spese in questione non possono godere del credito di imposta, non perche’ siano stati realizzati su beni appartenenti a terzi, ma perche’ non hanno il carattere dell’autonomia rispetto al bene a cui accedono.

Analoghe considerazioni valgono per il secondo ed il terzo quesito.

Anche il secondo quesito appare formulato in maniera del tutto indipendente rispetto alla ratio decidendi su cui si regge la sentenza impugnata (“autonoma individualita’ e funzionalita’ rispetto al bene a cui accedono”). Infatti, si chiede di sapere se non debbano considerarsi comunque beni strumentali tutti gli interventi che per le loro caratteristiche e per la destinazione funzionale servano allo svolgimento dell’attivita’ di impresa, prescindendo dal requisito della autonomia ritenuto determinante dalla CTR. Lo stesso dicasi per il terzo motivo con il quale il ricorrente lamenta che i giudici di appello non avrebbero tenuto conto del legame funzionale dei beni acquistati e messi in opera dal ricorrente con gli altri beni del complesso aziendale cosi’ da poter partecipare tutti insieme alla produzione del reddito della gestione tipica o caratteristica. A parte la non chiarissima formulazione dell’interrogativo, il quesito (posto a corredo della censura del vizio di motivazione) e, prima ancora, il motivo mancano di autosufficienza (dove e come sono stati evidenziati le pretese caratteristiche dei lavori effettuati) e coinvolgono inammissibili valutazioni che attengono al merito della vicenda processuale”;

Considerato che la relazione e’ stata notificata ai sensi dell’art. 308 bis c.p.c., comma 3 che la discussione in camera di consiglio non ha apportato nuovi clementi di valutazione e che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con aggravio di spese a carico del ricorrente, liquidate come da dispositivo, per il principio della soccombenza.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimita’, che liquida in complessivi Euro duemilacento/00, di cui Euro duemila/00, per onorario, oltre alle spese generali e agli accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 10 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2011

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