Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9919 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. III, 05/05/2011, (ud. 05/04/2011, dep. 05/05/2011), n.9919

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FILADORO Camillo – Presidente –

Dott. AMATUCCI Alfonso – Consigliere –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – Consigliere –

Dott. CARLUCCIO Giuseppa – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 25569-2006 proposto da:

TECNOMONTAGGI SPA (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA MONTE DELLE GIOIE 24, presso lo studio dell’avvocato MODENA

ROBERTO GIOVANNI ORESTE, che la rappresenta e difende unitamente

all’avvocato DOMINICI REMO giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

M.F.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 437/2006 del GIUDICE DI PACE di CAVA DE’

TIRRENI, depositata il 02/03/2006 RGN 3092/2002;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/04/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPA CARLUCCIO;

udito l’Avvocato DOMINICI REMO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO

1. Il Giudice di pace di Cava dei Tirreni, pronunciando secondo equità, accoglieva (sentenza del 2 marzo 2006) la domanda di risarcimento del danno proposta (con atto di citazione notificato il 9 maggio 2002) da M.F. nei confronti di Tecnomontaggi srl (poi Spa) – con la quale il M. aveva sottoscritto un contratto di somministrazione di gas metano – e condannava la società al pagamento di Euro 200,00, oltre accessori.

L’attore – premesso di aver pagato l’IVA con aliquota del 20% per tutto il gas metano consumato, sia che fosse destinato a riscaldamento, sia che fosse utilizzato per uso domestico di cottura cibi e produzione di acqua calda, mentre per quest’ultima tipologia era prevista l’aliquota del 10% – aveva dedotto la violazione dell’art. 1337 cod. civ. da parte della società, per avere, al momento della stipula del contratto, omesso di informare l’utente in ordine alle differenti tariffe esistenti.

2. Avverso la suddetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione la Tecnomontaggi Spa con cinque motivi, esplicati da memoria. Il M., ritualmente intimato, non si è difeso.

3. Il giudice accoglieva la domanda sulla base delle seguenti argomentazioni, relative all’an:

– dall’analisi della disciplina della materia deriva che: a) sulla base del provvedimento CIP del 26 giugno 1986 n. 37, esistono due piani tariffari, T1 per solo uso domestico di cottura cibi e produzione di acqua calda, T2 per uso riscaldamento o per uso promiscuo (di riscaldamento e domestico), ai quali si collegano, rispettivamente le aliquote IVA del 10% e del 20%; per applicare le differenti tariffe ai consumatore che faccia uso promiscuo è necessario che l’abitazione sia fornita di distinti contatori; – nella specie il contratto è stato stipulato con tariffa T2, stante l’uso promiscuo e la presenza di un solo contatore, e, pertanto, nessun addebito può essere mosso nei confronti della società per la fase esecutiva; – il contratto è un contratto per adesione, unilateralmente predisposto da una società in regime di monopolio; – è evidente la disparità di posizioni tra il consumatore e la società tornitrice; – il dovere di comportarsi secondo buona fede nella fase delle trattative e della formazione del contratto si atteggia in maniera diversa per il consumatore e la società; – il primo deve fornire le informazioni relative all’uso che intende fare dei gas; – la società erogatrice avrebbe dovuto, prima della stipula e indipendentemente da una richiesta dell’utente, informare:

dell’esistenza di due piani tariffari dell’aliquota applicabile in caso di uso promiscuo; della necessità della presenza di due contatori per poter godere della tariffa ridotta del 10%, prevista per uso domestico; – il dovere della società di fornire le informazioni tecniche ed economiche, nella fase di formazione dei rapporto e nel corso dello stesso, è desumibile dal sistema rispetto all’epoca di conclusione del contratto ed è stato esplicitato dalla direttiva Pcm 27 gennaio 1994; – l’informazione è mancata; – pertanto, è accertato che il consumatore ha stipulato il contratto inconsapevole della possibilità, previa installazione del doppio contatore, di ottenere l’agevolazione fiscale per il consumo di gas a uso domestico, così pagando l’IVA ai 20% per tutti i consumi; – il danno subito è conseguenza diretta del comportamento della società in spregio del dovere derivante dall’art. 1337 cod. civ., con conseguente diritto al risarcimento. Non rileva la circostanza che la società non abbia ricevuto alcun vantaggio, avendo versato l’IVA allo Stato, nè l’inidoneità dell’impianto dell’attore all’installazione del doppio contatore e, comunque, l’onerosità delle procedure di adeguamento, superiore ai possibili risparmi, atteso che l’attore è stato privato della possibilità di valutare la convenienza economica delle alternative possibili. Con riferimento al quantum, assunta come certa la lesione del diritto e il danno conseguente, lo determinava equitativamente.

4.1. Con il primo motivo di ricorso, la società deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 1337 cod. civ., quale principio informatore della materia, sotto plurimi profili e, subordinatamente, contraddittorietà nella motivazione, a) Perchè le circostanze, sulla mancata informazione delle quali al momento della conclusione del contratto è fondata la responsabilità, sono sopravvenute alla stipula, atteso che la possibilità della tariffa agevolata, prevista dall’art. 127 bis della tabella A, allegata al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per usi domestici è stata introdotta a partire dal 1 gennaio 1997 (D.L. 31 dicembre 1996, n. 669, art. 2, comma 5, convertito, con modificazioni, in L. 28 febbraio 1997, n. 30), mentre il contratto è stato stipulato nel 1995. b) Perchè la responsabilità precontrattuale è incompatibile con la valida conclusione del contratto, c) Perchè il dovere di buona fede ai sensi dell’art. 1337 cod. civ. concerne solo i comportamenti da tenersi nell’adempimento delle obbligazioni direttamente in contratto (nella specie la fornitura di gas) e non qualunque aspetto anche solo indirettamente collegato al contratto (nella specie, l’aliquota IVA applicabile), d) Perchè il dovere di informativa non comprende l’obbligo di informare l’altro contraente in merito a circostanze disciplinate dal norme di legge – come nella specie, dove il tipo di tariffa è prevista con provvedimento del CIP e l’aliquota è prevista dalla legge – neanche quando si tratta di tutelare la parte debole del rapporto.

Inoltre, per l’ipotesi che si ritenga che la sentenza abbia riconosciuto la responsabilità della società anche per violazione dell’obbligo di buona fede nell’esecuzione del contratto (art. 1375 cod. civ.), dovendo la società assicurare all’altro contraente tutte le informazioni tecniche ed economiche sulle modalità di espletamento del servizio, è proposto ricorso per il profili sub c) e d) di cui sopra.

Infine, sempre con il primo motivo, in via subordinata, si censura la sentenza per contraddittorietà della motivazione nella parte in cui riconosce la responsabilità della società per mancanza di idonee informazioni al momento della conclusione del contratto, rispetto a circostanze sopravvenute rispetto alla conclusione dello stesso.

4.2. Con il secondo motivo, si deduce l’omessa motivazione (artt. 132 c.p.c. e art. 360 c.p.c., nn. 4 e 5) della sentenza, nella parte in cui rinviene nel sistema l’obbligo di fornire le informazioni sugli aspetti tecnici ed economici e sulle possibili alternative, senza esaminare le argomentazioni della società, così impedendo di desumere l’iter logico giuridico sul quale si fonda la sentenza di condanna.

4.3. Con il terzo motivo, la società deduce la contraddittorietà della motivazione della sentenza, laddove riconosce un danno, conseguente alla mancata possibilità di valutare, avendone le informazioni, la convenienza economica delle alternative possibili, senza porsi il problema dei costi e della fattibilità del secondo contatore, in modo da comparare il risparmio che il consumatore avrebbe avuto in termini di minore imposta;, senza motivare, peraltro, sulla mancata ammissione della ctu, pure chiesta.

4.4. Con il quarto motivo, si deduce la violazione dell’art. 2697 cod. civ. e il contrasto con il principio informatore della materia codificato dagli artt. 1218 e 2043 cod. civ., nella parte in cui il giudice ha accertato il difetto di informativa e ha condannato al risarcimento del danno, senza che fosse allegata e provata l’esistenza del danno, così liquidando in via equitativa un danno prescindendo dall’accertamento dello stesso, e incorrendo nel vizio di omessa motivazione.

4.5. Con il quinto motivo, si deduce ultrapetizione, per avere il giudice disposto la distrazione delle spese processuali a favore dei procuratori della controparte senza istanza ex art. 93 cod. proc. civ..

5. La sentenza impugnata è direttamente ricorribile per cassazione.

E’ stata pronunciata secondo equità dal giudice di pace in data 2 marzo 2006, in un giudizio, concernente un contratto per adesione, iniziato con citazione il 9 maggio 2002.

Pertanto, è applicabile ratione temporis; a) l’art. 113 c.p.c., comma 2, nella versione vigente prima delle modifiche introdotte con il D.L. 8 febbraio 2003, n. 18, art. 2, comma 5, convertito, con modificazioni, in L. 7 aprile 2003, n. 63 (atteso che la versione modificata, che esclude i contratti di massa, è applicabile, ex art. 1 – bis dello stesso Decreto, ai giudizi instaurati con citazione notificata dal 10 febbraio 2003); b) l’art. 339 c.p.c., comma 3, nella versione vigente prima della modifica ad opera del D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, secondo il quale sono inappellabili le sentenze del giudice di pace pronunziate secondo equità, atteso che, ai sensi dell’art. 27 del suddetto D.Lgs., la disciplina previgente si applica ai provvedimenti del giudice di pace pubblicati entro la data di entrata in vigore (3 marzo 2006) del suddetto decreto.

6. Il primo motivo di ricorso, nel profilo sintetizzato sub a), è fondato e va accolto.

6.1. La sentenza del giudice di pace secondo equità è stata correttamente censurata (sui confini della ricorribilità, da ultimo Cass. 23 maggio 2010, n. 11638), prospettando la violazione, attraverso la regola equitativa applicata, del principio informatore (sul significato e portata di tali principi, Cass. 11 gennaio 2005, n. 382) della responsabilità precontrattuale, rinvenibile nell’art. 1337 cod. civ..

Non può dubitarsi che, in tema di giudizio dì equità, rientra fra i principi informatori della materia, ai quali è tenuto ad uniformarsi il giudice di pace a seguito della pronuncia n. 206 del 2004 della Corte costituzionale, quello di buona fede nello svolgimento delle trattative e nella formazione del contratto, così come nelle esecuzione delle obbligazioni, che è espressione del principio costituzionale di solidarietà sociale e costituisce un vero e proprio dovere giuridico, al quale deve essere improntata la condotta delle parti (in riferimento all’esecuzione del contratto, Cass. 29 maggio 2007, n. 12644).

Con riferimento al caso di specie, va sottolineato che l’intero impianto motivazionale della sentenza impugnata è fondato sulla violazione della regola della buona fede da parte della società, nella fase preliminare alla conclusione del contratto. D’altra parte, questa era la domanda avanzata dalla parte, come emerge dalle conclusioni dell’attore dinanzi al giudice di merito, riportate in ricorso. Risulta, quindi, ininfluente, dovendosi ricondurre ad una imprecisione dell’argomentare del giudice, l’affermazione che “La Tecnomontaggi … ha … il dovere … di assicurare all’utente consumatore, sia nella fase di formazione del rapporto che nel corso dello stesso, tutte le informazioni tecniche ed economiche sulle modalità di espletamento dei servizi”. Tanto più che, prima, lo stesso giudice affermava che “… nessun addebito può quindi esserle alla società mosso per la fase esecutiva del contratto”.

6.2. La censura merita accoglimento perchè le circostanze, sulla mancata informazione in ordine alle quali al momento della conclusione del contratto è fondata la responsabilità precontrattuale, sono sopravvenute alla stipula del contratto, avvenuta nel 1995 (cfr. contratto allegato al ricorso).

6.2.1. Secondo il giudice, la società erogatrice avrebbe dovuto, prima della stipula e indipendentemente da una richiesta dell’utente, informare questi: dell’esistenza di due piani tariffari, T1 per solo uso domestico di cottura cibi e produzione acqua calda, T2 per uso riscaldamento o per uso promiscuo (di riscaldamento e domestico), cui erano ricollegabili differenti aliquote IVA; dell’aliquota applicabile in caso di uso promiscuo; della necessità della presenza di due contatori per poter godere della tariffa ridotta del 10%, prevista per uso domestico esclusivo. La mancata informazione, determinando la stipulazione del contratto senza la consapevolezza della possibilità di ottenere l’agevolazione fiscale per il consumo di gas a uso domestico esclusivo, con conseguente pagamento dell’IVA al 20% per tutti i consumi, fonderebbe la responsabilità precontrattuale della società.

6.2.2. Dalla ricostruzione della disciplina normativa, applicabile nella specie, emerge che, nei territori del Mezzogiorno (individuati dal D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 1) l’aliquota IVA applicabile, per tutte le cessioni di gas metano a uso domestico, è stata del 9% dal 1988 sino al 31 dicembre 1996.

Infatti, la misura ridotta dell’IVA per i suddetti territori è stata prevista dalla L. 11 marzo 1988, n. 67, art. 8, comma 31 ed è stata abrogata, con decorrenza dal 1 gennaio 1997, dal D.L. n. 669 del 1996, art. 2, comma 5, cit..

La L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 31 che fissava per tutti al 18% l’aliquota per il gas a uso domestico, ma diverso da cottura cibi e produzione di acqua calda, espressamente prevedeva che l’IVA “rimane” al 9% per il Mezzogiorno; dovendosi evidentemente intendere che la suddetta misura del 18% non valeva per tali territori. D’altro canto, rispetto all’uso domestico in generale, l’aliquota era del 9% dal 1984, per tutto il territorio nazionale, per effetto del D.L. 19 dicembre 1984, n. 853, art. 1 convertito, con modificazioni, in L. 17 febbraio 1985, n. 17.

In definitiva la L. del 1988, introducendo la differenziazione tra uso domestico in generale, da un lato, e uso per cottura cibi e produzione di acqua calda, dall’altro, e prevedendo per il primo una aliquota del 18%, introduceva, contemporaneamente, un disposizione di favore per il Mezzogiorno, lasciando ferma al 9% l’aliquota per uso domestico generale.

Quindi, al momento della conclusione del contratto, nel territorio che nella specie rileva, non esisteva alcuna differenziazione nell’ambito degli usi domestici del gas e non solo la differenziazione tra 20% e 10%, assunta nella decisione.

Il ricorso è, pertanto, accolto, sulla base del seguente principio di diritto: “Con riferimento alle sentenze del giudice di pace pronunciate secondo equità, è violato il principio informatore della responsabilità precontrattuale, rinvenibile nell’art. 1337 cod. civ., qualora la regola equitativa applicata ravvisa tale responsabilità nella mancata informazione su circostanze sopravvenute alla conclusione del contratto, come nel caso di specie, in cui la società erogatrice di gas per uso domestico è stata condannata al risarcimento del danno, non avendo informato il consumatore in ordine alle diverse aliquote IVA applicabili, per solo uso domestico, e per uso riscaldamento o per uso promiscuo, senza considerare che, secondo la disciplina normativa applicabile nei territori del Mezzogiorno (individuati dal D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, art. 1) l’aliquota IVA applicabile, per tutte le cessioni di gas metano a uso domestico, è stata unitaria dal 1988 sino al 31 dicembre 1996, (del 9%, ai sensi della L. n. 67 del 1988, art. 8, comma 31 abrogato, con decorrenza dal 1 gennaio 1997, dal D.L. n. 669 del 1996, art. 2, comma 5) e, quindi, nel periodo precedente alla stipula del contratto, avvenuta nel 1995”.

6.3. L’accoglimento del ricorso per tale profilo, assorbe tutti gli altri motivi, compreso quello che riguarda le spese di primo grado.

La causa può essere decisa nel merito, ex art. 384 c.p.c., comma 2, rigettando la domanda di M.F., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto.

Le spese, concernenti l’unico grado di merito e il giudizio di cassazione, seguono la soccombenza.

PQM

LA CORTE DI CASSAZIONE accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri;

cassa in relazione e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di M.F. e lo condanna al pagamento, in favore della Tecnomontaggi Spa, delle spese processuali dell’unico grado di merito, nella misura di Euro 200,00 per diritti, di Euro 150,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori come per legge dovuti, nonchè delle spese processuali del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 945,00, di cui Euro 745,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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