Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9918 del 26/04/2010

Cassazione civile sez. III, 26/04/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 26/04/2010), n.9918

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.B., elettivamente domiciliata in Roma, Via del Casale

di San Pio V n. 14, presso lo studio dell’avv. Gava Gabriele, che la

rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

GESTIONE LIQUIDATORIA ex USL (OMISSIS), in persona del

legale

rappresentante, domiciliato in Castellammare di Stabia, Via De

Gasperi n. 171;

– intimata –

e contro

REGIONE CAMPANIA, in persona del legale rappresentante, domiciliato

in Napoli, Via Santa Lucia n. 81 (studio avv. Giuseppe Testa);

– intimata –

avverso la sentenza della Corte d’Appello di Napoli n. 993/05 in data

31 marzo 2005, pubblicata il 7 aprile 2005.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Giancarlo Urban;

udito l’avv. Guglielmo Gava;

udito il P.M. in persona del Cons. Dr. VELARDI Maurizio che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 17 ottobre 1992 R.B., titolare di una farmacia, deduceva di aver anticipato le somme per i medicinali forniti agli assistiti dal SSNN da maggio a luglio 1990 e da gennaio ad aprile 1991; conveniva quindi avanti al Tribunale di Napoli la USL (OMISSIS) chiedendo la condanna al pagamento di L. 33.259.465 a titolo di interessi legali, oltre agli interessi anatocistici e al risarcimento del maggior danno per aver pagato in ritardo i medicinali.

La USL (OMISSIS) eccepiva il difetto di legittimazione passiva e chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa l’USL (OMISSIS) e la Regione Campania; su sutorizzazione del giudice provvedeva quindi all’integrazione del contraddittorio.

Il Tribunale di Napoli, con sentenza del 28 settembre 2001, dichiarava il difetto di legittimazione passiva della USL (OMISSIS) e della Regione Campania; nel merito, rigettava la domanda, ritenuto che difettasse il requisito della costituzione in mora della debitrice.

Con sentenza del 7 aprile 2005 la Corte di Appello di Napoli rigettava la domanda perchè: 1) nei confronti della USL era necessaria la costituzione in mora, non sostituibile dalla trasmissione delle distinte riepilogative mensili inoltrate dal farmacista; 2) la L. n. 833 del 1978, art. 50, contenente le norme quadro in tema di contabilità USL, disponeva che la disciplina amministrativa contabile delle gestioni doveva corrispondere ai principi della contabilità pubblica dello Stato (R.D. n. 2240 del 1923) e la L.R. Campania n. 63 del 1980 (artt. 37-39), in applicazione di detti principi, aveva esteso alle USL il sistema di pagamento mediante emissione di mandati tratti sulla Tesoreria; 3) perciò, ai sensi del R.D. n. 2240 del 1923, artt. 54 e segg. e art. 417 del regolamento 827/1924 – che in deroga espressa all’art. 1182 c.c., comma 3, determinava la natura querables e non portables delle obbligazioni dello Stato – era necessaria la costituzione in mora della USL ai sensi dell’art. 1219 c.c., comma 1; 4) conseguentemente non era con figurabile la mora ex re alla scadenza del termine per il pagamento, ma soltanto previa richiesta formale del creditore e perciò non spettavano al farmacista gli interessi moratori ai sensi dell’art. 1224 c.c..

Propone ricorso per cassazione R.B. con sei motivi.

Nessuno degli enti intimati ha svolto difese.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1182. 1183, 1218, 1219, 1224 c.c., L.R. Campania 11 novembre 1980, n. 63, artt. 37, 38 e 39, nonchè la insufficienza della motivazione avendo la Corte d’Appello erroneamente interpretato la normativa sopra indicata, nel senso che non sarebbe configurabile, nel caso di specie, la cosiddetta “mora ex re” e quindi la maturazione di interessi e maggior danno da svalutazione sarebbe subordinata ad un atto di costituzione in mora ai sensi dell’art. 1219 c.c..

La questione è stata più volte affrontata dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione nel senso che la L. 23 dicembre 1978, n. 833, art. 50, n. 1, istitutiva del servizio sanitario nazionale, obbliga le regioni a disciplinare l’utilizzazione del patrimonio e la contabilità delle UUSSLL conformando la disciplina amministrativo – contabile delle gestioni delle medesime ai principi della contabilità pubblica previsti dalla legislazione vigente, e la L. 30 dicembre 1979, n. 663, art. 8 (Finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale nonchè proroga dei contratti stipulati dalle pubbliche amministrazioni in base alla L. 1 giugno 1977, n. 285, sulla occupazione giovanile), come modificato dalla Legge Di Conversione 29 febbraio 1980, n. 33 (nel testo novellato dalla L. 20 marzo 1981, n. 119, art. 35), stabilisce che il servizio di tesoreria sia affidato dalle UUSSLL ad una delle aziende di credito di cui al R.D.L. 12 marzo 1936, n. 375, art. 5 – e successive modificazioni – mediante convenzioni conformi ai criteri generali approvati con decreto del Ministero del Tesoro. Le norme che disciplinano la contabilità pubblica sono contenute, per lo Stato, negli R.D. 18 novembre 1923, n. 2440, artt. 54 – 68 bis e del R.D. 23 maggio 1924, n. 827, artt. 270, 417 e segg., e, per gli enti locali, nel R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 96 e 325. Conseguentemente, per costante interpretazione giurisprudenziale della predetta normativa e per effetto del rinvio ad essa delle disposizioni che regolano la contabilità delle UUSSLL, il luogo di adempimento dell’obbligo delle stesse di pagare una somma di danaro è quello ove si trova l’ufficio di tesoreria delegato all’esecuzione del mandato, con inequivocabile deroga alla norma contenuta nell’art. 1182 c.c., comma 3, secondo la quale invece l’obbligazione avente a oggetto una somma di danaro deve esser adempiuta al domicilio del creditore al tempo della scadenza.

Nè a diversa conclusione può indurre l’esegesi della legge della Regione Campania dell’11 novembre 1980 n. 63, emanata in attuazione della precitata L. n. 833 del 1978, art. 50, n. 1. Infatti la previsione contenuta nell’art. 38, comma 1, di detta legge, che disciplina il contenuto del mandato di pagamento delle spese (artt. 37, comma 1, e art. 39, comma 2), dell’indicazione, nei casi consentiti dalla legge, degli estremi dei conti correnti postali o bancari dei creditori (lettera E), e del luogo dove devono eseguirsi i pagamenti (lettera 1), è stata dettata, come altre norme analoghe di contabilità pubblica – articolo unico del D.P.R. n. 71 del 1962, contenente nuove agevolazioni per la riscossione dei titoli di spesa dello Stato; R.D. 7 ottobre 1926, n. 1759; D.P.R. 19 giugno 1979, n. 421; D.P.R. 10 febbraio 1984, n. 21, per facilitare il creditore, ma senza perciò modificare il luogo di adempimento dell’obbligo della pubblica amministrazione stabilito dal R.D. n. 827 del 1924, art. 420 comma 1, ove si trova l’ufficio di tesoreria all’uopo delegato, presso il quale il creditore ha l’obbligo di presentarsi, perchè la norma, di rilevanza pubblicistica, è dettata per ragioni di ordinato e razionale svolgimento della gestione amministrativa e contabile degli enti cui è affidata la realizzazione di interessi collettivi e che sono dotati del servizio di tesoreria. Quindi, anche nel caso in cui il tesoriere, richiesto dal creditore, disponga l’accredito della somma spettantegli sul conto corrente del medesimo, è nell’ufficio di tesoreria che si estingue il mandato. Pertanto anche in base alla normativa della Regione Campania deve riaffermarsi che il debito della USL è esigibile, al tempo della scadenza, nella sede della Tesoreria delegata, ed ha quindi natura di obbligazione “querable”, ai sensi dell’art. 1182 c.c., comma 1, (in tal senso: Cass. 14 luglio 2004 n. 13100).

Ne consegue, ai sensi dell’art. 1219 c.c., n. 1, che non è sufficiente, per la costituzione in mora della USL, che sia scaduto il termine per l’adempimento dell’obbligo, ma è necessario che il creditore formuli apposita richiesta scritta. Nè a tal fine può costituire equipollente idoneo l’invio delle distinte riepilogative delle ricette che il farmacista ha l’onere di inoltrare, ai sensi dell’accordo nazionale di categoria del 13 luglio 1987 tra farmacie e UUSSLL, approvato con D.P.R. n. 94 del 1989, a norma della L. n. 833 del 1978, art. 48, entro il 14 giorno di ogni mese, sia perchè dalle stesse disposizioni regolamentari si desume che il fine di tale invio è di consentire all’ente erogatore, entro il 25 giorno del mese successivo, di provvedere all’effettivo pagamento a saldo di esse e all’acconto di quelle del mese in corso e quindi l’onere è predisposto soltanto a fini contabili (Cass. 1576/1997), sia perchè il presupposto dell’atto di costituzione in mora è che il debito sia scaduto, mentre invece al momento dell’invio predetto esso, che secondo le disposizioni in materia di contabilità pubblica è esigibile soltanto con l’emissione del mandato, non è ancora esigibile neppure in base alle predette disposizioni (Cass. 1804/1996), che peraltro, in quanto regolamentari, non possono derogare alla normativa di legge (art. 4, primo comma, disp. prel. al cod. civ.).

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1219, 1324 e 1362 c.c., nonchè omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e la violazione e falsa applicazione dell’accordo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacia di cui al D.P.R. 21 febbraio 1989: la Corte d’ Appello ha omesso di considerare che nel caso in esame sono state prodotte 7 lettere raccomandate di messa in mora.

Il motivo è inammissibile, in quanto le lettere indicate non sono state riprodotte nel ricorso nel loro testo integrale, con la mancata osservanza, in tal modo, dell’onere di autosufficienza al quale la parte ricorrente è tenuta. In base a tale principio, il ricorso deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a individuare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti estranee allo stesso ricorso e quindi ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito (Cass. 13 luglio 2004 n. 12912, Cass. 11 giugno 2004 n. 11133, Cass. 15 aprile 2004 n. 7178, tra le altre; da ultimo, vedi Cass. 24 maggio 2006 n. 12362, Cass. 4 aprile 2006 n. 7825; Cass. 17 luglio 2007 n. 15952). Dal ricorso non risulta, in particolare, quale fosse il tenore delle lettere, precludendo ogni possibilità di verificare la loro efficacia ai fini della costituzione in mora della pubblica amministrazione.

Con il terzo motivo si denuncia la violazione falsa applicazione dell’accordo nazionale per la disciplina dei rapporti con le farmacie approvato con D.P.R. 21 febbraio 1989 e dell’art. 1219 c.c., in relazione alla messa in mora del debitore: la Corte d’Appello aveva erroneamente ritenuto che il termine di scadenza del pagamento fosse quello del venticinquesimo giorno del mese successivo dalla spedizione delle ricette e non quello di consegna della distinta riepilogativa e quindi le lettere di messa in mora sono successive e non precedenti alla scadenza del debito.

Il motivo risulta assorbito da quanto osservato sopra.

Con il quarto motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione della L.R. Campania 11 novembre 1980, n. 63, artt. 37, 38 e 39 e dei principi in materia all’adempimento delle obbligazioni pecuniarie della P.A. in riferimento agli artt. 1224 e segg. c.c., art. 1282 c.c. nonchè l’insufficiente motivazione poichè in ogni caso si sarebbe dovuto accogliere la domanda di interessi legali dalla scadenza del debito ai sensi dell’art. 1282 c.c., indipendentemente dalla costituzione in mora; ciò in quanto il R.D. 23 maggio 1924, n. 827, che all’art. 270, stabilisce che gli interessi corrispettivi decorrono dal momento della emissione del mandato, è norma regolamentare e in quanto tale non può modificare una norma di rango superiore (art. 1282 c.c.: in tal senso Corte Cost. 26 maggio 1981 n. 71 e Cass. 22 ottobre 1999 n. 11871).

Premesso che il tema proposto dal presente motivo è stato in gran parte esaminato con la trattazione del primo motivo, si deve rilevare che nell’atto introduttivo del giudizio non si è mai avanzata alcuna richiesta di riconoscimento degli interessi corrispettivi, essendosi la parte attrice limitata a chiedere gli interessi e il maggior danno, senza alcuna precisazione; dal tenore dell’atto di citazione avanti al Tribunale, si rileva che la parte attrice si è soffermata a trattare il tema della mora e del colpevole ritardo della Azienda USL nel pagamento del debito, con ciò lasciando presumere che non vi fossero ulteriori richieste di interessi. La sentenza impugnata ha quindi esattamente rilevato che la mancata formulazione della domanda nell’atto introduttivo del giudizio di primo grado, ha dato luogo alla preclusione prevista dall’art. 345 c.p.c., nel giudizio di appello.

Il motivo deve essere quindi rigettato.

Con il quinto motivo si denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia sulla domanda di maggior danno, nonchè dei principi generali in tema di adempimento delle obbligazioni pecuniarie della P.A. in relazione all’art. 1224 c.c..

Si precisa che l’attività di farmacista svolta dalla ricorrente ha natura imprenditoriale e quindi essa ha dovuto ricorrere al mercato finanziario per ottenere le anticipazioni necessarie allo svolgimento della propria attività.

In relazione a tale aspetto, è principio ripetutamente affermato dalla giurisprudenza di legittimità’ che in tema di debito di valuta, la liquidazione del maggior danno previsto dall’art. 1224 c.c., comma 2, non può avvenire in modo automatico, ma sarà onere della parte interessata di provare l’esistenza e l’ammontare del maggior pregiudizio, anche per via presuntiva; in particolare, ove il creditore abbia la qualità di imprenditore, avrà l’onere di dimostrare o di avere fatto ricorso al credito bancario sostenendone i relativi interessi passivi; ovvero – attraverso la produzione dei bilanci – quale fosse la produttività della propria impresa, per le somme in essa investite (da ultimo, in tal senso: Cass. SS. UU. 16 luglio 2008 n. 19499).

Anche su tale questione la difesa non ha fornito alcun elemento, nè risulta che sia stata oggetto di indagine nel corso del giudizio di merito. Il motivo merita quindi il rigetto.

Con il sesto motivo si denuncia la violazione ed errata applicazione dell’art. 345 c.p.c., in quanto la Corte d’Appello ha ritenuto inammissibili le domande proposte in via subordinata relative alla messa in mora attraverso le lettere sopra citate, malgrado che si trattasse di processo trattato secondo il vecchio rito.

Il motivo risulta assorbito da quanto sopra precisato, in relazione alla mancata riproduzione in ricorso delle lettere di messa in mora.

Il ricorso è quindi infondato e merita il rigetto. Nulla per le spese, poichè le parti intimate non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, rigetta il ricorso; nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010

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