Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9916 del 14/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9916 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 13546-2014 proposto da:
BONFIGLIO SANTO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
UGO DE CAROLIS 99, presso lo studio dell’avvocato
PIETRANGET,0 JARICCI, rappresentato e difeso dall’avvocato
GIUSEPPE TOMASELLO giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
– intimato avverso il decreto n. 588/2013 R.G. della CORTE D’APPELLO di
MESSINA del 28/03/2014, depositato il 07/04/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del dì
11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.

Svolgimento del processo

AgQ5

Data pubblicazione: 14/05/2015

I. — È stata depositata in cancelleria relazione, resa ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. dv., datata 18.12.13 e regolarmente notificata ai difensori
delle parti, relativa al ricorso avverso il decreto della corte di appello di
Messina n. 789 cron. del 7.4.14, in causa n. 588/13 r.g., in materia di
azione ex art. 5 legge 117/88, del seguente letterale tenore:

cassazione del provvedimento in epigrafe indicato, con cui è stato
rigettato il suo reclamo avverso il decreto dichiarativo della
inammissibilità della sua domanda ex L. 117/88, dispiegata in relazione
ad ingiusta attività giudiziaria espletata dai giudici del tribunale di
Siracusa, della corte d’appello di Catania e di questa Corte di
Cassazione, da cui era derivata l’ingiusta definitiva reiezione della sua
domanda di risoluzione di preliminare di compravendita di immobile
stipulato con tale Maria Borgia e di condanna di quest’ultima al rilascio
ed al pagamento di migliorie od al risarcimento del danno.
Non resiste con controricorso l’intimata Presidenza.
2. — Di tale ricorso deve proporsi — ai sensi degli artt. 375, 376 e 380bis cod. proc. civ., essendo soggetto alla disciplina dell’art. 360-bis cod.
proc. civ. — la trattazione in camera di consiglio, parendo potervi essere
rigettato.
3. — Il ricorrente si duole di “violazione e falsa applicazione dell’art. 4
L. n. 117/1988 e degli artt. 391 bis e 324 cpc”, sostanzialmente
sostenendo che il termine decadenziale non era ancora elasso al
momento della notifica dell’atto di citazione ex art. 5 legge 13 aprile
1988, n. 117, dovendo esso decorrere dall’ordinanza con cui questa
Corte di Cassazione aveva definito l’istanza di revocazione della
precedente sua pronunzia di reiezione definitiva del ricorso del
medesimo Bonfiglio. In tal modo — mancando, in violazione dei nn. 3
e 6 dell’art. 366 cod. proc. civ., nel ricorso le trascrizioni ed i
Ric. 2014 n. 13546 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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«1. — Santo Bonfiglio ricorre, affidandosi ad un motivo, per la

riferimenti ai contenuti delle pronunzie dei gradi successivi al primo —
deve ritenersi che il danno che egli lamenta prescinde dal tenore delle
pronunzie successive alla reiezione della sua domanda nei gradi di
merito, visto che egli non deduce il tenore di quelle di legittimità (da
cui inferire autonome condotte, proprie di tali ultime, idonee a

rimediabile in alcuna altra sede se non ai sensi dell’invocata L. n.
117/88.
4. — La tesi del passaggio in giudicato della pronuncia di merito solo a
seguito della reiezione della revocazione avverso il ricorso per
cassazione su quella di secondo grado è infondata.
Per il tenore testuale dell’art. 391-bis, co. 5, cod. proc. civ., “la
pendenza del termine per la revocazione della sentenza della corte di
cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione respinto”: e trattasi di
disposizione che si sottrae a qualunque dubbio di non conformità a
principi di rango costituzionale o sovranazionale cogente, atteso il
carattere primario dell’esigenza di conseguimento della definitività della
pronunzia all’esito di un sistema ordinario ed ordinato di
impugnazioni.
5. — Tale conclusione elide in radice ogni rilevanza del momento in cui
sia esperita un’eventuale revocazione avverso la sentenza di cassazione
che ha definito il giudizio, facendo quest’ultima appunto passare in
giudicato la pronunzia oggetto dell’originario ricorso: il richiamo del
capoverso del citato art. 4 (a mente del quale “l’azione di risarcimento
del danno contro lo stato può essere esercitata soltanto quando siano
stati esperiti i mezzi ordinari di impugnazione o gli altri rimedi previsti
avverso i provvedimenti cautelari e sommari, e comunque quando non
siano più possibili la modifica o la revoca del provvedimento ovvero,
Ric. 2014 n. 13546 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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determinare il danno) e dà per scontato che esso non sia più

se tali rimedi non sono previsti, quando sia esaurito il grado del
procedimento nell’ambito del quale si è verificato il fatto che ha
cagionato il danno”) attribuisce sì autonoma rilevanza al tempo in cui il
provvedimento non sia più revocabile, ma pur sempre, come appare
chiaro dal tenore letterale della disposizione, se anteriore

esaurimento si ha, per altrettanto espressa disposizione di rito, con il
rigetto del primo ricorso per cassazione, non influendo sul passaggio in
giudicato la successiva revocazione avverso la sentenza di cassazione.
Tale successiva revocazione, insomma, pur essendo questa di norma
un mezzo ordinario di impugnazione, non lo è più — riferita al merito
della controversia — se rivolta avverso la sentenza di cassazione.
6. — Ogni altra considerazione tendente a porre in discussione
consolidati orientamenti ermeneutici in punto di conseguimento della
definitività della pronunzia civile e di consolidamento del giudicato
formale e sostanziale è priva di fondamento: e deve allora rilevarsi che
in modo ineccepibile è stato rilevato dai giudici del merito come il
termine decadenziale previsto dall’art. 4 cit. decorresse dal passaggio in
giudicato della sentenza che definisce il merito della controversia e
fosse quindi inutilmente decorso al momento dell’avvio dell’azione ex
L. 117/88.
7. — Deve pertanto proporsi il rigetto del ricorso».

Motivi della decisione
II. — Non sono state presentate conclusioni scritte, né alcuno è
comparso in camera di consiglio per essere ascoltato, ma il difensore
del ricorrente ha depositato memoria.
III. — A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera
di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in
diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
Ric. 2014 n. 13546 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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all’esaurimento dei mezzi ordinari di impugnazione; mentre tale

conclusioni, non comportandone il superamento le argomentazioni
sviluppate nella memoria del ricorrente, che neppure prendono in
considerazione l’argomento testuale — eppure specificamente indicato
nella suddetta relazione — di cui al co. 5 dell’art. 391-bis cod. proc. civ.,

Al riguardo, basti ricordare che già prima della riforma legislativa
che ha introdotto l’art. 391-bis cod. proc. civ. si era sostenuta la natura
di impugnazione straordinaria, non sospensiva del giudicato, della
revocazione per errore di fatto dei provvedimenti della Cassazione; e
tale impostazione è ora confermata dal tenore testuale dell’appena
richiamato art. 391-bis, co. 5, cod. proc. civ., a mente del quale “la
pendenza del termine per la revocazione della sentenza della corte di
cassazione non impedisce il passaggio in giudicato della sentenza
impugnata con ricorso per cassazione respinto”.
E milita in tal senso anche la successiva disposizione del co. 6
della stessa norma, secondo la quale “in caso di impugnazione per
revocazione della sentenza della corte di cassazione non è ammessa la
sospensione dell’esecuzione della sentenza passata in giudicato, né è
sospeso il giudizio di rinvio o il termine per riassumerlo”.
Fonda tale conclusione l’esigenza di una non remota ed
impervia formazione del giudicato, esigenza da non postergarsi a quella
di ampliare e rendere completo il novero dei rimedi posti a
disposizione del soccombente nella fase finale del processo (come
testualmente si esprime anche accreditata dottrina, che si fa carico di
addurre, a sostegno di questa tesi, ulteriori aspetti di perplessità indotti
dalla contraria soluzione).
IV. — È superfluo annotare che non può trovare applicazione
alla fattispecie la legge 27 febbraio 2015, n. 18, che ha modificato in
più parti la legge 13 aprile 1988, n. 117, mediante — tra l’altro — la
Ric. 2014 n. 13546 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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sul tempo di formazione del giudicato.

soppressione della fase preliminare di vaglio di ammissibilità e la
rimodulazione dei termini di proposizione: in quanto essa, priva di
disciplina transitoria, non può che regolare le fattispecie successive all2
sua entrata in vigore (19.3.15), quale certamente non è quella odierna.

di diritto: il termine di decadenza previsto dall’art. 4, comma

secondo, della legge 13 aprile 1988, n. 117, per la proposizione
dell’azione di risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio
delle funzioni giudiziarie, non è influenzato dal dispiegamento
di revocazione avverso la sentenza della Corte di cassazione ai
sensi dell’art. 391-bis cod. proc. civ., sicché è tardiva l’azione
proposta una volta decorsi i due anni (secondo la norma
applicabile ratione temporis

e non potendo applicarsi le

modifiche arrecate alla legge n. 117 del 1988 dalla legge 27
febbraio 2015, n. 18, che, siccome priva di disciplina transitoria,
regola solo le fattispecie successive alla sua entrata in vigore,
avutasi il 19.3.15) dalla data della sentenza della Corte di
cassazione e non da quella del successivo provvedimento che
definisce la revocazione proposta contro la prima.
V. — Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il
ricorso va rigettato; ma non vi è luogo a provvedere sulle spese del
giudizio di legittimità, non avendo in questa sede espletato l’intimata
alcuna attività difensiva.
Infine, non trova applicazione l’art. 13 comma 1-quater del
d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della 1. 24
dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo unificato per i gradi o i
giudizi di impugnazione nell’ipotesi di rigetto o declaratoria di
inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione, visto che la
procedura è esente da detto contributo (in termini, v. Cass., ord. 26
Ric. 2014 n. 13546 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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È stata fatta quindi corretta applicazione del seguente principio

febbraio 2015, n. 3916, ove ulteriori riferimenti).

P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R
115/02, come modif. dalla 1. 228/12, dà atto dell’insussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore

a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta
sezione civile della Corte suprema di Cassazione, addì 11 marzo 2015.

importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso,

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