Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9915 del 14/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9915 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 13622-2013 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente contro
LO BIANCO CONCETTA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
BUCCARI 3, presso lo studio dell’avvocato EMILIO RINALDI, che
la rappresenta e difende giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente avverso la sentenza n. 371/2013 della CORTE D’APPELLO di
ROMA, depositata il 18/01/2013;

9864

51;

Data pubblicazione: 14/05/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del dì
11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO.
Svolgimento del processo
I. — È stata depositata in cancelleria relazione, resa ai sensi dell’art.
380-bis cod. proc. dv., datata 18.12.13 e regolarmente notificata ai difensori

Roma n. 371 del 18.1.13, del seguente letterale tenore:
«1. — La Presidenza del Consiglio dei Ministri ricorre,
affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza in epigrafe
indicata, con la quale, in riforma della sentenza del tribunale della
Capitale, è stato accolto l’appello — con condanna, nei suoi soli
confronti (e non anche degli altri originari convenuti Ministeri
dell’Economia e Finanze e della Salute), al pagamento della somma di
€ 8.000 per ciascuno degli anni di frequenza, oltre interessi dalla
pubblicazione della sentenza al saldo — proposto da Concetta Lo
Bianco — e da Ignazio Grosso, però risultato soccombente — avverso la
reiezione della domanda di condanna dell’odierna ricorrente, quale
rappresentante della Repubblica Italiana, al pagamento della giusta
remunerazione — od al risarcimento del danno consistente nella
mancata percezione di quella — per il tempo di frequenza di scuole
universitarie di specializzazione di medicina prima dell’entrata in vigore
del d.lgs. 257/91, per inadempimento agli obblighi derivanti allo Stato
dalle direttive n. 75/362/CEE e 82/76/CEE. L’intimata Lo Bianco
resiste con controricorso.
2. — Il ricorso va trattato in camera di consiglio — ai sensi degli
artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ. — parendo potervi essere
accolto, sia pure solo per quanto di ragione.
3. — La ricorrente si duole: col primo motivo, di “violazione e
falsa applicazione degli artt. 2935 c.c. e 2947 c.c. e dei principi in
Ric. 2013 n. 13622 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della corte di appello di

materia di prescrizione del diritto al risarcimento dei danni dello Stato
per mancato o tardivo adempimento di una direttiva comunitaria, in
relazione all’art. 360 cpc n. 3. Eccezione di prescrizione”; col secondo
motivo, di “violazione e falsa applicazione dei principi in materia di
responsabilità dello Stato per inadempimento ex lege di obblighi

cpc n. 3”.
4. – Dal canto suo, la controricorrente deduce: del primo
motivo, dapprima l’inammissibilità quanto alle modalità di
formulazione e, poi, l’infondatezza sia in ordine all’entità che alla
decorrenza del termine prescrizionale, pure rimarcando – in armonia
con Cass. 25993 del 2011 – l’insussistenza di un contrasto tale da
suggerire la rimessione della questione alle Sezioni Unite; del secondo
motivo, invece, la fondatezza, potendo riconoscersi spettanti gli
accessori solo a far tempo dall’instaurazione della lite.
5. – Va premesso che la questione è stata affrontata con dovizia
di argomentazioni da questa Corte a partire dalle sentenze nn. 10813,
10814, 10815 e 10816 del 17 maggio 2011 (tutte confermate dalla
copiosa successiva giurisprudenza; riguardo alla quale basti qui
menzionare, tra le altre, le pronunce: dell’anno 2011: 16394, 17868,
21497, 21498, 21499, 21500, 21501, 21973, 23270, 23272, 23275,
23276, 23296, 23297, 23298, 23558, 23560, 23564, 23565, 23566,
23567, 23568, 23569, 23576, 23577, 23578, 23579, 23580, 23581,
23582, 23729, 23730, 23731, 23732, 23733, 23734, 23735, 23738,
23764, 23999, 24019, 24020, 24086, 24087, 24088, 24091, 24092,
24093, 24094, 24813, 24815, 24816, 24817, 24818, 24819, 24820,
24821, 24822, 25992, 25993, 25994, 26701, 26702; dell’anno 2012:
1182, 1850, 1917, 3972, 3973, 4240, 4241, 4537, 4538, 4539, 5064,
5065, 5533, 5640, 5642, 6911, 7257, 7282, 8403, 10298, 21003, 21006,
Ric. 2013 n. 13622 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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previsti in sede comunitaria e dell’art. 1224 c.c. in relazione all’art. 360

21072, 21073, 21074, 21075, 21076, 21077, 21719, 21720, 21721,
21722, 22034, 22035, 22036, 22037, 22038, 22040, 22041, 22042,
22709, 22875, 22876, 23929; dell’anno 2013: 238, 586, 587, 1156, 1157,
1330, 1331, 1588, 1589, 1591, 1864, 3217, 3218, 3219, 3220, 3279,
8578, 8579, 8580, 11941, 12654, 12655, 14062, 14494, 15197, 15198,

19686, 19687, 19910, 19884, 20033, 21136, 21367, 21368).
6. – Ciò posto, va osservato che, dei motivi di ricorso è
infondato, nei suoi molteplici profili, il primo: va confermato il
consolidato appena richiamato orientamento, in ordine alla natura
contrattuale della responsabilità dello Stato per omesso adeguamento
alla normativa comunitaria, alla conseguente durata decennale del
relativo termine prescrizionale ed all’individuazione del dies a quo nella
data di entrata in vigore della legge 19 ottobre 1999, n. 370, riguardo al
superamento del quale non sono offerti argomenti significativi; e
risultando irrilevanti le disposizioni e interpretazioni successive, tra cui
la sopravvenuta norma di cui all’art. 4, comma 43, della legge 12
novembre 2011, n. 183 – secondo cui la prescrizione del diritto al
risarcimento del danno da mancato recepimento di direttive
comunitarie soggiace alla disciplina dell’art. 2947 cod. civ. e decorre
dalla data in cui il fatto, dal quale sarebbero derivati i diritti se la
direttiva fosse stata tempestivamente recepita, si è effettivamente
verificato – in quanto norma che, in difetto di espressa previsione, non
può che spiegare la sua efficacia rispetto a fatti verificatisi
successivamente alla sua entrata in vigore e cioè al 1° gennaio 2012 (in
particolare, su quest’ultimo punto: Cass. 9 febbraio 2012, n. 1917;
Cass. 8 febbraio 2012, n. 1850).
Né sussistono, dinanzi al consolidato orientamento sopra
ricordato, i presupposti per una rimessione della questione alle Sezioni
Ric. 2013 n. 13622 sez. M3 – ud. 11-03-2015

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15199, 15205, 15663, 16104, 17066 a 17074, 17454 a 17457, 19479,

Unite.
7. — Il secondo motivo è però fondato: esclusa la novità di una
questione relativa ad un’applicazione dei criteri di liquidazione operata
soltanto con la qui e oggi gravata sentenza, può qui bastare, con
richiamo alle ampie argomentazioni già sviluppate in Cass. 11

12 febbraio 2013, n. 3279, riaffermare il principio, ivi raggiunto ed al
quale ritiene il Collegio necessario assicurare continuità, per il quale si
tratta di un peculiare diritto (para-)risarcitorio, con successiva
quantificazione equitativa, la quale — da un lato — ha quale parametro le
indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370 (con la quale lo
Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un sostanziale atto di
adempimento parziale soggettivo nei confronti di tutte le categorie
astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre 1982, si erano
potute verificare le condizioni fattuali idonee a dare luogo
all’acquisizione dei diritti previsti dalle direttive comunitarie, e che non
risultavano considerate dal D.Lgs. del 1991) e — dall’altro — comporta
esclusivamente gli interessi — e quindi non anche la rivalutazione, salva
la prova del maggior danno ai sensi del capoverso dell’art. 1224 cod.
civ. e della giurisprudenza sul punto maturata — e dalla data della messa
in mora, in considerazione del fatto che, con la monetizzazione avutasi
con la legge n. 370 del 1999, l’obbligazione risarcitoria acquistò il
carattere di un’obbligazione di valuta.
8. — Della gravata sentenza, nella parte in cui liquida il
risarcimento in favore dell’odierna controricorrente in misura e con
accessori (e decorrenze) diverse da quanto ricostruito sub 7, va quindi
proposta al Collegio la cassazione in relazione a questa sola censura
accolta, con rinvio alla stessa corte di appello di Roma, in diversa
composizione, affinché ridetermini il quantum debeatur alla stregua dei
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novembre 2011, n. 23558 o in Cass. 13 marzo 2012, n. 3972, o in Cass.

principi di cui al punto 6 ed alla giurisprudenza ivi richiamata, pure
provvedendo, in considerazione dell’esito complessivo della lite, sulle
spese del giudizio di legittimità».

Motivi della decisione
II. – Non sono state presentate conclusioni scritte, né alcuno è

della controricorrente ha depositato memoria.
III. – A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera
di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in
diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
conclusioni, non comportandone il superamento le argomentazioni
sviluppate nella memoria della controricorrente, in quanto rivolta alla
sola richiesta di decisione della causa nel merito.
Va pure aggiunto che la giurisprudenza richiamata in relazione è
stata confermata anche da numerose pronunzie successive (basti qui
ricordare: dell’anno 2014: 307, 1064, 1143, 2686, 2687, 2688, 2689,
2693, 2785, 2786, 2787, 2788, 3438, 3439, 3440, 3441, 3442, 3867,
3868, 3869, 3872, 4994, 4996, 5275, 5276, 5277, 5278, 5445, 6246,
7475, 8508, 8863, 13760, 14379, 14380, 15751, 15891, 16798, 18020,
18021, 18104, 18220, 19330, 19441, 19442, 19704, 19837, 19861,
21067, 21967, 22094, 22095, 22097, 22480, 22521, 22591, 23520,
23521, 23634, 23635, 23636, 23637, 23638, 23639, 26631; dell’anno
2015: 827, 828, 829, 830, 831, 832, 2708; con statuizione di principi ai
sensi dell’art. 360-bis, co. 1, n. 1, cod. proc. civ., Cass., ord. 20 marzo
2014, n. 6066).
IV. – Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il
ricorso va accolto, con cassazione della gravata sentenza e rinvio alla
stessa corte territoriale, ma in diversa composizione, anche per le spese
del giudizio di legittimità: non palesandosi di immediato riscontro tutti
Ric. 2013 n. 13622 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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comparso in camera di consiglio per essere ascoltato, ma il difensore

gli elementi indispensabili al riguardo, tanto da non potersi in questa
sede escludere la necessità di ulteriori accertamenti di fatto.
Non può, infine, trovare applicazione, essendo il ricorso stato
accolto ed esente la ricorrente dal versamento del contributo, l’art. 13
comma 1-quater del d.P.R 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1,

unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione nell’ipotesi di rigetto o
declaratoria di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza in
relazione alla censura accolta e rinvia alla corte di appello di Roma, in
diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. 115/02, come modif.

dalla 1. 228/12, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso~, a ,L.-.
normadel comma 1 bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta
sezione civile della Corte suprema di Cassazione, addì 11 marzo 2015.

comma 17, della 1. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema di contributo

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