Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9914 del 26/04/2010

Cassazione civile sez. III, 26/04/2010, (ud. 16/03/2010, dep. 26/04/2010), n.9914

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VARRONE Michele – Presidente –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – Consigliere –

Dott. URBAN Giancarlo – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

ISTITUTO DI VIGILANZA DELL’URBE, in persona del legale

rappresentante, elettivamente domiciliato in Roma, Via Ipponio n. 2,

presso Lo studio dell’avv. Bernardini Giovanni, che lo rappresenta e

difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA, in persona del Sindaco, elettivamente domiciliato in

Roma, Via del Tempio di Giove n. 21, presso L’Avvocatura Comunale,

rappresentato e difeso dall’avv. Frigenti Guglielmo, in virtù di

autorizzazione a stare in giudizio e giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’ Appello di Roma n. 5274/04 in data

23 novembre 2004, pubblicata il 20 dicembre 2004.

Udita la relazione del Consigliere Dott. Giancarlo Urban;

udito l’avv. Guglielmo Frigenti;

udito il P.M. in persona del Cons. Dr. VELARDI Maurizio, che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato in data 21 novembre 1994 l’Istituto di Vigilanza dell’Urbe chiamava in giudizio il Comune di Roma avanti al Tribunale di Roma per ottenere la condanna dello stesso al pagamento dell’importo di L. 624.551.865 a titolo di ingiustificato arricchimento per il servizio di vigilanza prestato a favore di alcune case di riposo tra il 1990 e il 1993.

Il Comune contestava la pretesa, in assenza di valida delibera autorizzativa.

Con sentenza del 7 novembre 2000 il Tribunale accoglieva la domanda ai sensi dell’art. 2041 c.c. e condannava il Comune al pagamento della somma indicata, oltre interessi e rivalutazione.

La Corte d’Appello di Roma, con sentenza del 20 dicembre 2004 in riforma della sentenza impugnata, rigettava la domanda proposta dall’Istituto di Vigilanza dell’Urbe e compensava le spese; riteneva che nella specie non fosse configurabile il requisito della sussidiarietà dell’azione di arricchimento, previsto dall’art. 2042 c.c., in quanto nel caso in esame la vigilanza era stata richiesta ad iniziativa dell’Assessore alla Sicurezza Sociale del Comune di Roma, Dott. A.G., nei confronti del quale si sarebbe dovuto richiedere la condanna, ai sensi della L. n. 144 del 1989, art. 23.

Propone ricorso per cassazione l’Istituto di Vigilanza dell’Urbe con tre motivi.

Resiste con controricorso il Comune di Roma.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione della L. n. 144 del 1989, art. 23, avendo la Corte d’Appello erroneamente tralasciato di considerare che si trattava di un caso di “somma urgenza” e quindi, in applicazione del terzo comma della norma suddetta, si trattava di prestazione che andava riconosciuta dal Comune anche in assenza di un apposito capitolo nel bilancio di previsione.

La censura è generica perchè non indica quali fossero le ragioni di urgenza che avrebbero imposto la richiesta della prestazione anche in assenza della delibera autorizzativa, dal momento che sul punto la sentenza impugnata dà atto della assenza di alcun elemento probatorio; in ogni caso, la stessa norma indicata dal ricorrente (la L. 29 aprile 1989, n. 144, art. 23, comma 3) impone che l’Amministrazione provveda alla regolarizzazione della spesa mediante delibera da adottare “improrogabilmente entro trenta giorni e comunque entro la fine dell’esercizio, a pena di decadenza”: il che non è avvenuto.

La censura è quindi infondata.

Con il secondo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2900 c.c. e dell’art. 102 c.p.c., in quanto la ritenuta responsabilità’ del funzionario che aveva disposto la prestazione avrebbe richiesto l’integrazione del contraddittorio nei confronti dello stesso.

Anche la presente censura è infondata: la posizione del funzionario che ha autorizzato la spesa in assenza di delibera autorizzativa dell’Amministrazione è del tutto distinta da quella del soggetto che ha beneficiato della prestazione resa dal privato, poichè si fonda su diversi presupposti. Di conseguenza non si profila in tal caso una ipotesi di litisconsorzio necessario, nè risulta applicabile la norma di cui all’art. 102 c.p.c..

Con il terzo motivo si denuncia la insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla individuazione del funzionario responsabile, posto che il pagamento richiesto riguarda i servizi prestati nel 1991 e non già1 quelli relativi al 1990, come erroneamente ritenuto dalla Corte d’ Appello; inoltre, la sentenza impugnata ha omesso di valutare la circostanza che la delibera autorizzativa fu assunta dalla Giunta Municipale e che solo successivamente essa fu annullata dal C..

La sentenza impugnata ha dato conto, con motivazione congrua ed adeguata, non sindacabile nel presente giudizio di legittimità, della individuazione dell’amministratore che aveva conferito l’incarico, nella persona dell’Assessore alla Sicurezza Sociale Dott. A., richiamando documenti prodotti dalla stessa parte attrice.

Per il resto, nessuna contestazione è stata mai sollevata nel corso del giudizio di merito, sul fatto che la vigilanza sia stata effettivamente prestata dall’Istituto ricorrente e che questo abbia maturato il credito indicato in atti e quindi sulla presenza dei requisiti richiesti per proporre l’azione nei confronti del funzionario responsabile, in applicazione di quanto prevede la L. n. 144 del 1989, art. 23.

Il ricorso è quindi infondato e merita il rigetto; sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese del giudizio di Cassazione.

P.Q.M.

La Corte Suprema di Cassazione, Terza Sezione Civile, rigetta il ricorso; dichiara compensate le spese.

Così deciso in Roma, il 16 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010

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