Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9911 del 14/05/2015


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 9911 Anno 2015
Presidente: FINOCCHIARO MARIO
Relatore: DE STEFANO FRANCO

ORDINANZA
sul ricorso 5662-2013 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del
Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legir,
– ricorrente contro
ROMANO ANTONINO GAETANO, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIALE DELLE MILIZIE 138, presso lo studio dell’avvocato
MARIA MARTIGNETTI, che lo rappresenta e difende giusta procura
speciale in calce al controricorso;
– controricorrente avverso la sentenza n. 6191/2012 della CORTE D’APPELLO di
ROMA del 16/11/2012, depositata il 10/12/2012;

Data pubblicazione: 14/05/2015

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del dì
11/03/2015 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCO DE STEFANO;
udito l’Avvocato Maria Martignetti, difensore del controricorrente, che
si riporta agli scritti.

Svolgimento del processo

380-bis cod. proc. civ. e datata 10.10.13, regolarmente notificata ai
difensori delle parti, relativa al ricorso avverso la sentenza della Corte
di appello di Roma n. 6191 del 10.12.12, del seguente letterale tenore:
«1. — La Presidenza del Consiglio dei Ministri ricorre,
affidandosi a quattro motivi, per la cassazione della sentenza in
epigrafe indicata, con la quale, in riforma della sentenza del tribunale
della Capitale, è stato accolto l’appello — con condanna, nei suoi
confronti, al pagamento della somma di € 8.000 per ciascuno degli anni
di frequenza, oltre interessi dalla pubblicazione della sentenza al saldo
— proposto da Antonino Gaetano Romano avverso la reiezione della
sua domanda di condanna dell’odierna ricorrente, quale rappresentante
della Repubblica Italiana, al pagamento della giusta remunerazione —
od al risarcimento del danno consistente nella mancata percezione di
quella — per il tempo di frequenza di scuole universitarie di
specializzazione di medicina prima dell’entrata in vigore del d.lgs.
257/91, per inadempimento agli obblighi derivanti allo Stato dalle
direttive n. 75/362/CEE e 82/76/CEE. L’intimato resiste con
controricorso.
2. — Il ricorso va trattato in camera di consiglio — ai sensi degli artt.
375, 376 e 380-bis cod. proc. civ. — parendo potervi essere accolto, sia
pure solo per quanto di ragione.
3. — La ricorrente si duole: col primo motivo, di violazione di
numerose norme di diritto interne ed europee, censurando la
Ric. 2013 n. 05662 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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I. — È stata depositata in cancelleria relazione, ai sensi dell’art.

qualificazione della responsabilità dello Stato quale contrattuale e
soggetta al termine prescrizionale decennale, anche alla stregua della
giurisprudenza della Corte di Giustizia della U.E.; col secondo motivo,
di violazione dell’art. 2935 e di falsa applicazione dell’art. 11 1. n.
370/99, contestando l’individuazione del dies a quo del termine

motivo, di violazione dell’art. 2697 cod. civ., ritenendo mancata la
prova – incombente sulle controparti – sui requisiti per la percezione
della remunerazione adeguata; col quarto motivo, di violazione di
norme di diritto, in ordine all’individuazione del danno risarcibile ed
alla parametrazione della liquidazione agli importi previsti dalla
normativa del 1999. Dal canto suo, il controricorrente confuta gli
avversi mezzi di doglianza, richiamando la giurisprudenza di questa
Corte ed in particolare riportando la motivazione di Cass. 12 febbraio
2013, n. 3279, nonché, quanto alla prova dei presupposti, anche di
Cass. 11 febbraio 2013, n. 3220.
4. – Va premesso che la questione è stata affrontata con dovizia di
argomentazioni da questa Corte a partire dalle sentenze nn. 10813,
10814, 10815 e 10816 del 17 maggio 2011 (tutte confermate dalla
copiosa successiva giurisprudenza; riguardo alla quale basti qui
menzionare, tra le altre, le pronunce: dell’anno 2011: 16394, 17868,
21497, 21498, 21499, 21500, 21501, 21973, 23270, 23272, 23275,
23276, 23296, 23297, 23298, 23558, 23560, 23564, 23565, 23566,
23567, 23568, 23569, 23576, 23577, 23578, 23579, 23580, 23581,
23582, 23729, 23730, 23731, 23732, 23733, 23734, 23735, 23738,
23764, 23999, 24019, 24020, 24086, 24087, 24088, 24091, 24092,
24093, 24094, 24813, 24815, 24816, 24817, 24818, 24819, 24820,
24821, 24822, 25992, 25993, 25994, 26701, 26702; dell’anno 2012:
1182, 1850, 1917, 3972, 3973, 4240, 4241, 4537, 4538, 4539, 5064,
Ric. 2013 n. 05662 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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suddetto nella data di entrata in vigore di tale ultima legge; col terzo

5065, 5533, 5640, 5642, 6911, 7257, 7282, 8403, 10298, 21003, 21006,
21072, 21073, 21074, 21075, 21076, 21077, 21719, 21720, 21721,
21722, 22034, 22035, 22036, 22037, 22038, 22040, 22041, 22042,
22709, 22875, 22876, 23929; dell’anno 2013: 238, 586, 587, 1156, 1157,
1330, 1331, 1588, 1589, 1591, 1864, 3217, 3218, 3219, 3220, 3279,

15199, 15205, 15663, 16104, 17066 a 17074, 17454 a 17457, 19479,
19686, 19687, 19910, 19884, 20033, 21136, 21367, 21368).
5. – Ciò posto, va osservato che, dei motivi di ricorso:
5.1. sono infondati il primo ed il secondo, congiuntamente considerati
per la loro stretta connessione: va confermato il consolidato appena
richiamato orientamento, in ordine alla natura contrattuale della
responsabilità dello Stato per omesso adeguamento alla normativa
comunitaria, alla conseguente durata decennale del relativo termine
prescrizionale ed all’individuazione del dies a quo nella data di entrata in
vigore della legge 19 ottobre 1999, n. 370, riguardo al superamento del
quale non sono offerti argomenti significativi; e risultando irrilevanti le
disposizioni e interpretazioni successive, tra cui la sopravvenuta norma
di cui all’art. 4, comma 43, della legge 12 novembre 2011, n. 183 secondo cui la prescrizione del diritto al risarcimento del danno da
mancato recepimento di direttive comunitarie soggiace alla disciplina
dell’art. 2947 cod. civ. e decorre dalla data in cui il fatto, dal quale
sarebbero derivati i diritti se la direttiva fosse stata tempestivamente
recepita, si è effettivamente verificato – in quanto norma che, in
difetto di espressa previsione, non può che spiegare la sua efficacia
rispetto a fatti verificatisi successivamente alla sua entrata in vigore e
cioè al 10 gennaio 2012 (Cass. 9 febbraio 2012, n. 1917; Cass. 8
febbraio 2012, n. 1850);

Ric. 2013 n. 05662 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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8578, 8579, 8580, 11941, 12654, 12655, 14062, 14494, 15197, 15198,

5.3. sono infondati il terzo ed il primo profilo del quarto: incombe
all’inadempiente la prova della mancanza dei requisiti, che possono
presumersi in base alla non contestata — o, comunque, come nella
specie, alla non adeguatamente contestata — iscrizione e frequenza dei
corsi di specializzazione irregolari (tra le altre: Cass. 27 gennaio 2012,

5.4. il secondo profilo del quarto motivo è però fondato: esclusa la
novità di una questione relativa ad un’applicazione dei criteri di
liquidazione operata soltanto con la qui e oggi gravata sentenza, può
qui bastare, con richiamo alle ampie argomentazioni già sviluppate in
Cass. 11 novembre 2011, n. 23558 o in Cass. 13 marzo 2012, n. 3972,
o in Cass. 12 febbraio 2013, n. 3279, riaffermare il principio, ivi
raggiunto ed al quale ritiene il Collegio necessario assicurare continuità,
per il quale si tratta di un peculiare diritto (para-)risarcitorio, con
successiva quantificazione equitativa, la quale — da un lato — ha quale
parametro le indicazioni contenute nella L. 19 ottobre 1999, n. 370
(con la quale lo Stato italiano ha ritenuto di procedere ad un
sostanziale atto di adempimento parziale soggettivo nei confronti di
tutte le categorie astratte in relazione alle quali, dopo il 31 dicembre
1982, si erano potute verificare le condizioni fattuali idonee a dare
luogo all’acquisizione dei diritti previsti dalle direttive comunitarie, e
che non risultavano considerate dal D.Lgs. del 1991) e — dall’altro —
comporta esclusivamente gli interessi — e quindi non anche la
rivalutazione, salva la prova del maggior danno ai sensi del capoverso
dell’art. 1224 cod. civ. e della giurisprudenza sul punto maturata — e
dalla data della messa in mora, in considerazione del fatto che, con la
monetizzazione avutasi con la legge n. 370 del 1999, l’obbligazione
risarcitoria acquistò il carattere di un’obbligazione di valuta.

Ric. 2013 n. 05662 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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n. 1182; Cass. 18 settembre 2013, n. 21368);

6. Della gravata sentenza, nella parte in cui liquida il risarcimento in
favore dell’originario attore in misura e con accessori (e decorrenze)
diverse da quanto ricostruito sub 5.4, va quindi proposta al Collegio la
cassazione in relazione a questa sola censura accolta, con rinvio alla
stessa corte di appello di Roma, in diversa composizione, affinché

principi di cui al punto 5.4 ed alla giurisprudenza ivi richiamata, pure
provvedendo, in considerazione dell’esito complessivo della lite, sulle
spese del giudizio di legittimità».

Motivi della decisione
II. – Non sono state presentate conclusioni scritte, ma il
difensore del ricorrente ha depositato memoria ed è comparso in
camera di consiglio per essere ascoltato.
III. – A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera
di consiglio, ritiene il Collegio di condividere i motivi in fatto e in
diritto esposti nella su trascritta relazione e di doverne fare proprie le
conclusioni, non comportandone il superamento le argomentazioni
sviluppate nella memoria del controricorrente. E, tra l’altro, si noti:
– che la giurisprudenza richiamata in relazione è stata
confermata da numerose pronunzie successive (basti qui ricordare: del
2014: 307, 1064, 1143, 2686, 2687, 2688, 2689, 2693, 2785, 2786, 2787,
2788, 3438, 3439, 3440, 3441, 3442, 3867, 3868, 3869, 3872, 4994,
4996, 5275, 5276, 5277, 5278, 5445, 6246, 7475, 8508, 8863, 13760,
14379, 14380, 15751, 15891, 16798, 18020, 18021, 18104, 18220,
19330, 19441, 19442, 19704, 19837, 19861, 21067, 21967, 22094,
22095, 22097, 22480, 22521, 22591, 23520, 23521, 23634, 23635,
23636, 23637, 23638, 23639, 26631; del 2015: 827, 828, 829, 830, 831,
832, 2708; con statuizione di principi ai sensi dell’art. 360-bis, co. 1, n.
1, cod. proc. civ., Cass., ord. 20 marzo 2014, n. 6066);
Ric. 2013 n. 05662 sez. M3 – ud. 11-03-2015
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ridetermini per il controricorrente il quantum debeatur alla stregua dei

- che la contestazione della qualificazione della obbligazione
dello Stato come di valore è implicitamente desumibile
dall’impostazione della censura, complessivamente considerata;
– che è inammissibile la richiesta di cassazione con rinvio
formulata dal controricorrente, senza formale impugnazione della

IV. — Pertanto, ai sensi degli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ., il
ricorso va accolto, con cassazione della gravata sentenza e rinvio alla
stessa corte territoriale, ma in diversa composizione, anche per le spese
del giudizio di legittimità.
Non può, infine, trovare applicazione, essendo il ricorso stato
accolto, l’art. 13 comma 1-quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115,
inserito dall’art. 1, comma 17, della 1. 24 dicembre 2012, n. 228, in tema
di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione
nell’ipotesi di rigetto o declaratoria di inammissibilità o improcedibilità
dell’impugnazione.

P. Q. M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la gravata sentenza in
relazione alla censura accolta e rinvia alla corte di appello di Roma, in
diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1-quater, d.P.R. 115/02, come modif.
dalla 1. 228/12, dà atto della non sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso

1~1, a

norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta
sezione civile della Corte suprema di Cassazione, addì 11 marzo 2015.

sentenza.

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