Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9909 del 27/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2020, (ud. 15/01/2020, dep. 27/05/2020), n.9909

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. LEUZZI Salvatore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 5725/2013 R.G. proposto da:

S.A., rappresentata e difesa dal Prof. Avv. Eugenio

Romanelli Grimaldi, elettivamente domiciliata in Roma, via Germanico

n. 107, presso lo studio dell’Avv. Nicola Bultrini;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, in persona del Direttore p.t., con domicilio

eletto presso gli uffici della predetta Avvocatura, in Roma, via dei

Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

avverso le sentenze della Commissione Tributaria Regionale della

Campania nn. 6-7-8-9-10-11/32/12, tutte depositate il 5 gennaio

2012.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 15 gennaio

2020 dal Consigliere Dott. Leuzzi Salvatore.

Fatto

RILEVATO

CHE:

– L’odierna ricorrente ha impugnato per cassazione le sentenze nn. 6-7-8-9-10-11/32/12, tutte depositate il 5 gennaio 2012, con le quali venivano rigettati gli appelli da lei interposti nei confronti delle pronunce di primo grado, con le quali la CTP di Napoli aveva respinto i ricorsi della contribuente aventi ad oggetto gli avvisi di accertamento afferenti all’IRAP e all’IVA non corrisposte, per gli anni dal 2000 al 2005, dalla società di fatto individuata tra la S. medesima e il di lei coniuge L.A. e alla conseguente maggiore IRPEF dovuta dai soci anzidetti a titolo individuale in relazione agli anni di riferimento su esposti.

– La contribuente ha affidato il proprio ricorso per cassazione a quattro motivi.

L’Agenzia delle entrate ha resistito con rituale controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con il primo motivo di ricorso, la parte contribuente denuncia, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, artt. 5, 6, 7 e 10, del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 39, 41 e 41-bis, illogicità ed irrazionalità, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto nonchè motivazione carente, illogica e contraddittoria.

– Con il secondo motivo di ricorso, la parte contribuente lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 55 TUIR e dell’art. 2195 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè illogicità ed irrazionalità, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto nonchè motivazione carente, illogica e contraddittoria.

– Con il terzo motivo di ricorso, la parte contribuente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

– Con il quarto ed ultimo motivo di ricorso, la parte contribuente lamenta la nullità delle sentenze per mancata integrazione del contraddittorio D.Lgs. n. 546 del 1992, ex artt. 14 e 29 e art. 102 c.p.c., per avere la CTR omesso di integrare il contraddittorio tra la società ed i soci destinatari dell’azione accertatrice erariale in riferimento alle stesse annualità d’imposta;

– Va anteposta la trattazione del quarto motivo, con assorbimento degli altri.

– I giudizi dinanzi alla CTR della Campania, risultano essere incardinati tra la S. e l’Agenzia delle Entrate, senza che, dunque, allo stesso abbia preso parte L.A., coniuge della predetta, che, secondo la ricostruzione dei fatti operata dall’Ufficio con gli atti impositivi impugnati, avrebbe rivestito la qualità di socio della società di fatto tra la S. e il L. per l’appunto.

– E’ principio consolidato quello per cui l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 5 e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il giudizio tributario promosso da uno dei presunti soci debba riguardare inscindibilmente sin dal primo grado tutti coloro i quali sono indicati nell’accertamento erariale alla stregua di soci, salvo il caso – non ricorrente nella fattispecie odierna – in cui questi prospettino questioni personali. Ne deriva che anche il L., in quanto destinatario della verifica fiscale dovesse essere parte dei procedimenti intrapresi dalla S. avverso gli atti impositivi, posto che la controversia sulla sussistenza della società irregolare e i connessi riflessi in punto di rapporti tributari non può essere decisa limitatamente ad uno soltanto dei soci (v. per tutte Cass., sez. un., n. 14815 del 2008).

– Va fatta applicazione dell’indirizzo della Corte, secondo il quale ogni controversia che riguardi la composizione stessa del gruppo sociale comporta il litisconsorzio necessario di tutti i soggetti coinvolti (Cass. n. 5119 del 2004; Cass. n. 4226 del 1991); e ciò in quanto, ha ulteriormente precisato la Corte, il litisconsorzio necessario sussiste, oltre che nei casi espressamente previsti dalla legge, in tutti l’casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (Cass. n. 121 del 2005).

– La controversia che occupa oggi questa Corte non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo (nella specie, negli atti) oggetto di impugnazione, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.

– Ne consegue che i ricorsi proposti anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del contraddittorio, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorti necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, finanche di ufficio (v. Cass. n. 4580 del 2018; Cass. n. 1472 del 2018).

– Il litisconsorzio necessario dei soci sussiste anche nel giudizio di accertamento dell’IVA e dell’IRAP dovuta dalla società e sussiste anche quando, come nel caso in esame, la controversia verte (anche) sulla configurabilità o meno di una società di fatto, venendo in rilievo non solo nelle ipotesi espressamente previste dalla legge, ma anche in tutti i casi in cui, per la particolare natura o configurazione del rapporto giuridico dedotto in giudizio e per la situazione strutturalmente comune ad una pluralità di soggetti, la decisione non possa conseguire il proprio scopo se non sia resa nei confronti di tutti questi soggetti (v. Cass. n. 14387 del 2014).

– Conclusivamente, va dichiarata nella specie la nullità dei giudizi di merito definiti dalla CTP di Napoli, definiti con le sentenze sopra numerate. Va disposta la rimessione delle parti avanti alla medesima CTP, che dovrà disporre l’integrazione del contraddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14, di poi procedendo a nuovo esame delle impugnazioni originarie avverso gli avvisi di accertamento oggetto dei ricorsi della S..

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa le sentenze impugnate. Rinvia per un nuovo esame e per la regolazione delle spese processuali, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria della Suprema Corte di Cassazione, il 15 gennaio 2020.

Depositato in cancelleria il 27 maggio 2020

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