Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9906 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9906 Anno 2015
Presidente: MACIOCE LUIGI
Relatore: BUFFA FRANCESCO

SENTENZA

sul ricorso 22404-2008 proposto da:
PORTELLO CLAUDIO C.F. PRTCLD44P19H501X, elettivamente
domiciliato in ROMA, PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2,
presso lo studio dell’avvocato DOMENICO CONCETTI, che
io rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2015
868

URBANEK MARIAN, CAM GESTIONI S.R.L.;

intimati

Nonché da:
URBANEK MARIAN c.f.

RBNMRN48D01Z127A, elettivamente

Data pubblicazione: 14/05/2015

domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 134, presso lo
studio dell’avvocato MICHELE CARUSO, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
t

– controricorrente e ricorrente incidentale contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 680/2008 della CORTE D’APPELLO
di ROMA, depositata il 30/06/2008 R.G.N. 7490/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/02/2015 dal Consigliere Dott. FRANCESCO
BUFFA;
udito l’Avvocato CONCETTI DOMENICO;
udito l’Avvocato CARUSO MICHELE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso principale, inammissibilità
dell’incidentale.

PORTELLO CLAUDIO, CAM GESTIONI S.R.L.;

rT
RG. 22404/08 – Portello c. Urbanek+ Carn

1. Con sentenza 30/6/08, la Corte d’appello di Roma, in parziale
riforma della sentenza
del tribunale della stessa sede del
20/6/05, ha condannato Portello al pagamento in favore di
Urbanek della somma di C 33726 a titolo di differenze retributive,
escludendo la responsabilità della CAM per difetto di prova di
successione di questa al datore.
2. Avverso tale sentenza ricorre Portello per tre motivi, cui resiste
con controricorso Urbanek, che propone ricorso incidentale per un
motivo, mentre la CAM resta intimata. LE parti hanno presentato
memorie.
3. Con il primo motivo del ricorso principale si deduce (ex art. 360 n.
5 c.p.c.) vizio di motivazione, per avere la sentenza impugnata
trascurato che Portello agiva per conto di società in nome
collettivo Baffone pizzeria e dunque di altro soggetto a favore del
quale la prestazione è stata espletata.
Con il secondo motivo del ricorso principale si deduce (ex art. 360
n. 5 c.p.c.) vizio di motivazione, per aver quantificato
equitativamente il lavoro domenicale e festivo pur in presenza di
contestazione ed in difetto di prova specifica sull’ “an”.
Con il terzo motivo del ricorso principale si deduce (ex art 360 n.
3 c.p.c.) violazione art. 432 c.p.c., 1226 e 1227 cc, per i motivi
ora indicati sub 2.
4. Con unico motivo del ricorso incidentale, si deduce (ex art. 360 n.
3 e 5 c.p.c.) vizio di motivazione e violazione di legge, per aver
confuso indennità sostitutiva ferie non godute (negata dalla corte
per difetto di prova) con la retribuzione per periodo feriale
goduto, non corrisposta).
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Il primo motivo del ricorso principale è infondato. La sentenza
impugnata, valutando le prove raccolte, con motivazione
adeguata e, VpriVa di errori logico giuridici, ha rilevato che il
lavoratore è stato assunto dal Portello, pagato dallo stesso, ed ha
svolto come “operano tuttofare” una pluralità di mansioni
ricomprendendo tra l’altro lavori di muratore, accudienza di
animali, cura delle piante, lavori di pitturazione,
lavori di
manutenzione, attività di domestico e lavori di assistenza al padre
dei Portello: molte di tali attività non sono riconducibili
all’esercizio commerciale di ristorazione, sicché risulta infondata
la deduzione del Portello di aver operato per conto della Pizzeria.
6. Sono invece fondati il secondo e terzo motivo del ricorso
principale, che possono essere esaminati congiuntamente per la
loro connessione.
La sentenza impugnata, invero, indica che il lavoro festivo e
domenicale è stato “provato per un periodo non ben definito ma
non certo brevissimo”), ma non fa riferimento alcuno a dati
temporali minimi idonei a circoscrivere l’espletamento del lavoro
festivo o domenicale e comunque -nell’arco di un rapporto che si

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

-r se,

protrae per oltre dieci anni e ricomprende quindi oltre seicento
giorni tra domeniche e festivi) a quantificare specificamente
almeno il numero complessivo di giornate festive o domenicali
lavorate, e si limita a riconoscere -senza motivare sul punto- al
lavoratore “la metà della somma rivendicata” in ricorso.
Pur con riferimento a valutazione di merito, la corte territoriale
non ha fornito sufficiente motivazione della soluzione prescelta,
non avendo indicato neppure l’iter seguito nella valutazione degli
elementi sui quali ha fondato il proprio convincimento.
In tal modo, non solo la sentenza impugnata è priva di adeguata
motivazione, ma la corte ha trascurato l’insegnamento di questa
Corte in ordine alla specificità della prova del lavoro espletato,
essendosi affermato, sia pur con riferimento allo straordinario,
che (Sez. L, Sentenza n. 11308 del 14/11/1997; Sez. L, Sentenza
n. 9231 del 01/09/1995) è onere del lavoratore, che pretenda un
compenso per lavoro ulteriore rispetto a quello ordinario, provare
rigorosamente la relativa prestazione e, almeno in termini
sufficientemente concreti e realistici, i suoi termini quantitativi.
Inoltre, la corte territoriale ha quantificato equitativamente il
lavoro domenicale e festivo in difetto di prova specifica
dell’espletamento del lavoro stesso, e dunque di prova sull’ “an”
del diritto al compenso per tale lavoro, laddove la valutazione
equitativa del credito (del “quantum”) presuppone la prova della
certa sussistenza del diritto (dell’ “an”), ai sensi dell’art. 432
c.p.c. e 1226 c.c. Si è infatti affermato (Sez. L, Sentenza n. 1389
del 29/01/2003; cfr. pure Sez. L, Sentenza n. 19299 del
12/09/2014) che il lavoratore che chieda in via giudiziale il
compenso per il lavoro straordinario ha l’onere di dimostrare di
aver lavorato oltre l’orario normale di lavoro, senza che l’assenza
di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del
giudice; la valutazione sull’assolvimento dell’onere probatorio
costituisce accertamento di fatto incensurabile in sede di
legittimità, se correttamente e logicamente motivato.
7. Può dunque affermarsi cherahere del lavoratore, che pretenda un
compenso per lavoro domenicale o festivo, provare rigorosamente
la relativa prestazione e, almeno in termini sufficientemente
concreti e realistici, i suoi termini quantitativi l
quantificando
specificamente almeno il numero complessivo di úi
ornate festive o
domenicali lavorate, senza che l’assenza di tale prova possa esser
supplita dalla valutazione equitativa del giudice.

8. Quanto alla retribuzione per il periodo feriale domandata dal
lavoratore, la sentenza impugnata ha respinto la domanda
ritenendo che “nulla spetta per indennità sostitutiva di ferie, la cui
mancata fruizione andava provata dal ricorrente (che invece non
l’ha fatto)”: in tal modo la corte territorialeN confuso l’indennità incoute,ctemuleicap
sostitutiva ferie non godute (negata dalla corte per difetto di
dai iìc.oTititte.
prova e non richiesta dal lavoratore) con la retribuzione per
Vtddetted
periodo feriale goduto (richiesta dal lavoratore e non corrisposta
dal datore, sul quale grava l’onere del pagamento della
retribuzione nel periodo feriale).

a
,

9. Può dunque affermarsi che, poiché il lavoratore ha diritto a ferie
annuali retribuite ex art. 36, comma terzo, Cost., ove il lavoratore
chieda il pagamento del periodo di ferie e non alleghi la mancata
fruizione delle stesse, ma solo il mancato compenso per il relativo
periodo, è onere del datore di lavoro dimostrare la corresponsione
della retribuzione nel periodo feriale.
Deve pertanto essere accolto il ricorso incidentale proposto sul
punto dal lavoratore.
10.La sentenza impugnata deve quindi essere cassata in
accoglimento dei motivi secondo e terzo del ricorso principale e
del motivo unico del ricorso incidentale; la causa va rinviata alla
corte d’appello di Roma in diversa composizione, anche per il
regolamento delle spese di lite.

p. q.m.
accoglie il secondo e terzo motivo del ricorso principale e rigetta il
primo; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata
e rinvia la causa alla medesima corte d’appello di Roma in diversa
composizione anche per il regolamento delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 19 febbraio
2015.
Il Presidente

%

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