Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9903 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9903 Anno 2015
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: VENUTI PIETRO

SENTENZA

sul ricorso 19360-2012 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. 97103880585,in persona del
legale rappresentante pro
— tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI 27, presso lo
studio dell’avvocato STUDIO TRIFIRO’ & PARTNERS,
rappresentata e difesa dall’avvocato TRIFIRO’
2015

SALVATORE, giusta delega in atti;
– ricorrente –

672
contro

TORRENTE GIUSEPPE ANTONIO C.E. TRRGPP62AA17E974K,
elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE GIULIO CESARE

Data pubblicazione: 14/05/2015

14, presso lo studio dell’avvocato ALDO SIPALA, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RITA
MONDOLO, giusta delega in atti;

controricorrente

avverso la sentenza n. 750/2011 della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/02/2015 dal Consigliere Dott. PIETRO
VENUTI;
udito l’Avvocato GROSSI LUCA per deelega TRIFIRO’
SALVATORE;
udito l’Avvocato SIPALA ALDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA, che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

di VENEZIA, depositata il 14/02/2012 r.g.n. 835/10;

R.G. n. 19360/12
Ud. 11.2.015

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
epigrafe, ha confermato la decisione di primo grado che aveva
respinto la domanda proposta da Poste Italiane S.p.A. nei
confronti del dipendente Giuseppe Antonio Torrente, volta ad
ottenere la declaratoria di legittimità del licenziamento
disciplinare intimatogli in data 8 novembre 2007.
La Corte anzidettaRremesso che i motivi di gravame della
società riguardavano esclusivamente la contestazione relativa al
versamento, da parte di un cliente, della somma di € 56,92 per
una operazione postale, somma che risultava accreditata al
Comune di Belluno – Ufficio Acquedotti, per il pagamento di
una bolletta di acqua riferita alla utenza intestata al Torrente ,
ha osservato che era infondata la censura concernente la non
tempestività del licenziamento. Ed infatti, pur tenendo conto
delle notevoli dimensioni della struttura organizzativa di Poste e
della complessità degli accertamenti ispettivi, non poteva
ritenersi congruo il lungo periodo di tempo occorso per la
contestazione degli addebiti e l’adozione del licenziamento,
tenuto conto che i fatti, risalenti al 2004, erano stati scoperti ai
primi di novembre 2006, che l’ispezione era terminata nel
giugno 2007, che la contestazione era avvenuta nell’ottobre
2007 ed il licenziamento disposto nel novembre 2007.
In particolare non appariva in alcun modo giustificato il
ritardo di oltre tre mesi per inoltrare la richiesta di informazioni
al Comune di Belluno al fine di accertare la titolarità dell’utenza
sulla quale era stato accreditato il versamento della somma
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suddetta.

La Corte d’appello di Venezia, con la sentenza indicata in

Pur essendo assorbente tale questione, ha aggiunto la
Corte territoriale, il licenziamento era peraltro illegittimo, atteso
che la prospettazione dei fatti da parte di Poste Italiane,
seppure suggestiva, oltre ad essere lacunosa e contraddittoria,
non aveva trovato riscontro nelle risultane istruttorie, ma era
frutto solo di deduzioni e ricostruzioni degli organi ispettivi
verificate, nel periodo del versamento della somma in questione,
delle anomalie nel sistema informatico, ciò che non consentiva
di ritenere che il dipendente si fosse voluto impossessare
volontariamente di detta somma.
Per la cassazione di questa sentenza propone ricorso Poste
Italiane sulla base di tre motivi, illustrati da memoria. Resiste
con controricorso il Torrente.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo la ricorrente, denunciando omessa,
insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, primo comma, n.
5, cod. proc. civ., nel testo anteriore a quello attuale), deduce che
la Corte di merito, pur avendo dato atto della complessità degli
accertamenti ispettivi, ha contraddittoriamente ritenuto la non
tempestività della contestazione disciplinare e del licenziamento,
non tenendo conto che la richiesta di informazioni al Comune di
Belluno è stata inoltrata il 30 agosto 2007, dopo un mese di
consegna di detti accertamenti, lasso di tempo questo non
eccessivamente lungo e comunque inidoneo ad integrare la non
tempestività. della contestazione e del recesso, avvenuti
rispettivamente nell’ottobre e nel novembre 2007, dovendo
peraltro il principio della immediatezza essere inteso in senso
relativo, tenendo conto cioè della difficoltà degli accertamenti da
svolgere e della complessità della struttura organizzativa
dell’impresa.
2. Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione dell’art. 7 St. lav., la ricorrente ribadisce che il

della società, considerato che, come era pacifico, si erano

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,

principio della immediatezza della contestazione deve essere
inteso in senso relativo, aggiungendo che esso va valutato con
riferimento alla data in cui il datore di lavoro è venuto a
conoscenza non solo dei fatti potenzialmente idonei a giustificare
la sanzione disciplinare, ma della effettiva sussistenza della
violazione commessa. Di conseguenza, tenuto conto dei tempi
della responsabilità del dipendente, la Corte avrebbe dovuto
ritenere tempestiva la contestazione disciplinare.
3. Con il terzo motivo, denunciando violazione e falsa
applicazione dell’art. 2119 cod. civ. nonché omessa, insufficiente
e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
giudizio per il giudizio, la ricorrente deduce che, risultando
provato che il versamento della somma di € 56,92 da parte di un
cliente era stata accreditato al Comune di Belluno per il
pagamento di una bolletta di acqua riferita all’utenza intestata
al Torrente, non vi era spazio per ritenere, come affermato
dalla Corte di merito, che la condotta del dipendente non fosse
stata intenzionale e che tale operazione potesse essere stata
determinata da una anomalia del sistema informatico.
Era dunque giustificato il provvedimento di recesso,
essendo lo stesso proporzionato alla mancanza accertata, a
prescindere dalla tenuità del danno patrimoniale a carico del
datore di lavoro.
4. I primi due motivi del ricorso che, in ragione della loro
connessione vanno trattati congiuntamente, non sono fondati.
In tema di licenziamento disciplinare, l’immediatezza del
provvedimento espulsivo si configura quale elemento costitutivo
del diritto di recesso del datore di lavoro, in quanto la non
tempestività della contestazione o del recesso induce
ragionevolmente a ritenere che il datore di lavoro abbia
soprasseduto al licenziamento ritenendo non grave o comunque

I

non meritevole della massima sanzione la condotta del lavoratore

occorrenti per la complessa verifica ispettiva e per l’accertamento

(Cass. 1 luglio 2010 n. 15649; Cass. 10 settembre 2013 n.
20719).
Pur dovendo tale principio essere inteso in senso relativo nel senso cioè che la tempestività della contestazione deve essere
valutata anche in relazione alla specifica natura dell’illecito
disciplinare e alla complessità dell’organizzazione aziendale -, il
emersi a suo carico non appena essi gli appaiono
ragionevolmente sussistenti, non potendo egli procrastinare le
contestazioni fino al momento in cui ritiene di averne assoluta
certezza (Cass. 12 maggio 2005 n. 9955; Cass. 20 giugno 2006
n. 14115).
E’, poi, principio consolidato di questa Corte che la
valutazione relativa alla tempestività del licenziamento
costituisce giudizio di merito, non censurabile in cassazione ove
adeguatamente motivato (cfr., fra le altre, Cass. 6 settembre
2006 n. 19159; Cass. 17 dicembre 2008 n. 29480; Cass. 8
marzo 2010 n. 5546).
Nella specie la Corte di merito ha accertato che il fatto che
aveva dato luogo alla contestazione, risalente al 2004, era stato
scoperto ai primi di novembre 2006; che la contestazione è
avvenuta nell’ottobre 2007 e che il licenziamento è stato
disposto nel novembre 2007.
Ha aggiunto che, pur tenendo conto delle notevoli
dimensioni della struttura organizzativa di Poste e della
difficoltà degli accertamenti ispettivi, non poteva ritenersi
congruo il lungo periodo di tempo impiegato dalla società per la
contestazione degli addebiti e l’adozione del licenziamento e che
in particolare non appariva in alcun modo giustificato il ritardo
di oltre tre mesi per inoltrare la richiesta di informazioni al
Comune di Belluno al fine di accertare la titolarità dell’utenza
sulla quale era stato accreditato il versamento della somma
suddetta, ritardo che, in aggiunta al tempo impiegato per gli
altri accertamenti, aveva di fatto comportato che la

datore di lavoro deve portare a conoscenza del lavoratore i fatti

contestazione disciplinare e il licenziamento eran
‘ o avvenuti a
distanza di circa un anno dalla notizia delle irregolarità.
Ha quindi ritenuto ingiustificato detto ritardo.
Trattasi di motivazione che, oltre ad essere in linea con la
giurisprudenza di questa Corte sopra ricordata, è congrua,
coerente e non contraddittoria e non può essere inficiata dalle
sostanzialmente mirano a prospettare una valutazione dei fatti
diversa da quella adottata dalla sentenza impugnata,
prospettazione che non può trovare ingresso in sede di
legittimità.
Resta assorbito il terzo motivo.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi due motivi, assorbito il terzo, e condanna
la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che
liquida, a favore del resistente, in € 100,00 per esborsi ed
3.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma in data 11 febbraio 2015.

argomentazioni svolte dalla società ricorrente, le quali

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