Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9902 del 26/04/2010

Cassazione civile sez. II, 26/04/2010, (ud. 09/03/2010, dep. 26/04/2010), n.9902

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. MAZZIOTTI DI CELSO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato GIACOBBE

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO STABILE VIA (OMISSIS) P.I. (OMISSIS),

A.A. (OMISSIS), S.V.,

S.T.M.E., B.L.

(OMISSIS), S.S. (OMISSIS), R.

F.M. (OMISSIS), C.C., L.

P. (OMISSIS), CA.CL.;

– intimati –

sul ricorso 9164-2005 proposto da:

B.L. (OMISSIS), S.S.

(OMISSIS), R.F.M. (OMISSIS),

L.P. (OMISSIS), con procura speciale

Consolato d’Italia 12/4/05 rep. 398/05 nrg. 4805: COND STABILE VIA

(OMISSIS) P.I. (OMISSIS), A.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GAVINANA

4, presso lo studio dell’avvocato ANGELINI DOMENICO, che li

rappresenta e di fende;

– controricorrenti ric. incidentali condizionati-

contro

G.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, LUNGOTEVERE MELLINI 24, presso lo studio dell’avvocato GIACOBBE

GIOVANNI, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3956/2004 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 17/09/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

09/03/2010 dal Consigliere Dott. LUCIO MAZZIOTTI DI GELSO;

udito l’Avvocato GIACOBBE Giovanni difensore del ricorrente che ha

chiesto di riportarsi agli atti ed insiste;

udito l’Avvocato ANGELINI Domenico, difensore dei resistenti che ha

chiesto di riportarsi ed insiste anch’egli e deposita nota spese;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio, che ha concluso per rigetto del

ricorso principale assorbito l’incidentale condizionato.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il condominio di via (OMISSIS) in (OMISSIS) ed i condomini L.P., A.A., S.V., B.L., S.S. e Ca.Cl.

convenivano in giudizio G.A. esponendo: che il convenuto, proprietario di una soffitta con annessa terrazza a livello sita all’ultimo piano dello stabile condominiale, aveva intrapreso opere di copertura del terrazzo e conseguente sopraelevazione per trasformare la soffitta in appartamento; che la costruzione eseguita dal G. era illegittima perchè iniziata in assenza di concessione edilizia, perchè contraria al regolamento condominiale e perchè creava pericolo per la stabilità e la sicurezza dell’edificio condominiale e determinava apprezzabile danno di carattere estetico allo stabile. Gli attori quindi chiedevano, in via principale, la condanna del G. alla demolizione del manufatto costruito sulla terrazza e nella soffitta di sua proprietà e, in via subordinata, ordinarsi al convenuto di effettuare tutte quelle opere necessarie per ovviare agli inconvenienti lamentati oltre la condanna dello stesso al risarcimento dei danni ed all’indennità di sopraelevazione di cui all’art. 1127 c.c..

Il convenuto si costituiva e chiedeva il rigetto della domanda sostenendone l’infondatezza in fatto e in diritto.

Intervenivano volontariamente in giudizio i condomini C. C. e R.F.M. i quali formulavano istanze analoghe a quelle degli attori.

Con sentenza 11497/2001 l’adito tribunale di Roma condannava il G. sia al pagamento, in favore di tutti i condomini, di L. 75.500.000 a titolo di risarcimento del danno estetico dell’edificio condominiale e di L. 11.400.000 a titolo di indennità di sopraelevazione, sia ad installare un pozzetto sifonato sulla sua proprietà onde ovviare all’emissione di cattivi odori per l’attività dei servizi sottostanti.

Avverso la detta sentenza il G. proponeva appello al quale resistevano il condominio ed i condomini L.P., A.A., S.V. (deceduta nel corso del giudizio di gravame con successiva costituzione di S.M. E. quale unica erede di S.V.), B. L., S.S., C.C. (poi deceduto) e R. F.M. (in proprio e, poi, quale unica erede del defunto marito C.C.). I citati appellati proponevano appello incidentale lamentando, tra l’altro, il mancato accoglimento della loro domanda di demolizione del manufatto realizzato dal G..

L’appellata Ca.Cl. non si costituiva nel giudizio di secondo grado.

Con sentenza 17/9/2004 la corte di appello di Roma: rigettava i primi cinque motivi dell’appello principale e dichiarava assorbiti gli altri; accoglieva il primo motivo dell’appello incidentale e dichiarava assorbiti gli altri: in accoglimento del primo motivo dell’appello incidentale dichiarava che il manufatto costruito dal G. sulla terrazza e soffitta di sua proprietà pregiudicava l’aspetto architettonico dell’edificio condominiale ai sensi dell’art. 1127 c.c., comma 3; ordinava al G. la demolizione di detto manufatto e la riduzione in pristino dello stato di luoghi.

La cassazione della sentenza della corte di appello di Roma è stata chiesta da G.A. con ricorso affidato a quattro motivi.

Hanno resistito con controricorso il condominio, A. A., B.L., S.S., R.F. M. e L.P. i quali hanno proposto ricorso incidentale condizionato sorretto da un solo motivo. Gli intimati S.V., S.T.M.E., C. C. e Ca.Cl. non hanno svolto attività difensiva in sede di legittimità. Il G. ha resistito con controricorso al ricorso incidentale. Le parti costituite hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Innanzitutto va rilevata l’inammissibilità del ricorso proposto nei confronti di S.V. e di C.C. entrambi – come precisato a pagina 11 della sentenza impugnata – deceduti in corso di causa con costituzione in giudizio degli eredi S. T.M.E. e, rispettivamente. R.F.M..

Con il secondo motivo del ricorso principale – da esaminare prima degli altri motivi per il suo carattere eventualmente assorbente – G.A. denuncia vizi di motivazione, nonchè violazione degli art. 2909 c.c., artt. 102, 324 e 331 c.p.c., nullità della sentenza e del procedimento per violazione delle regole sul contraddittorio e per irregolare costituzione del rapporto processuale. Deduce il ricorrente che la sentenza impugnata è stata pronunciata in carenza di integrità del contraddittorio dal lato passivo posto che il manufatto del quale è stato ordinato l’abbattimento è di proprietà anche di P.L., moglie di esso G. come risulta da numerosi atti (contratto di compravendita 11/7/1988, concessione 100573 dell’Ufficio Speciale Condono Edilizio del Comune di Roma, certificato di abitabilità) acquisiti nel corso del giudizio di merito. Il G. al riguardo rileva che, come è principio pacifico, nel giudizio promosso al fine di ottenere la rimozione di una costruzione tutti i comproprietari del bene sono litisconsorti necessari in quanto la eventuale sentenza di condanna resa nei confronti di uno o di alcuni soltanto dei comproprietari sarebbe “inutiliter data” perchè non eseguibile nei confronti degli altri. La detta questione, pur se non prospettata dalle parti, andava rilevata di ufficio in quanto emergente dalla documentazione prodotta non esaminata dai giudici del merito.

La censura è manifestamente fondata.

Dalla lettura e dagli esami degli atti processuali – attività consentita in questa sede di legittimità attesa la natura in procedendo del vizio denunciato – risulta che effettivamente nel corso del giudizio di merito erano stati acquisiti documenti dai quali emergeva il diritto di comproprietà in capo a P.L. (unitamente al marito) dell’immobile ubicato nell’edificio condominiale in questione e descritto nel contratto di compravendita 11/7/1988 come ‘locale soffitta sito al piano servizi, con annesso terrazzo”. E’ pacifico che il manufatto in questione è stato realizzato sul detto bene immobile di comproprietà della P. che ne ha quindi automaticamente acquisito la comproprietà – secondo quanto disposto in tema di accessione dall’art. 934 c.c. – come dimostrato dalla concessione edilizia in sanatoria e dal certificato di abitabilità intestati entrambi sia al G. che alla moglie P.L..

E’ quindi del tutto irrilevante che con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado gli attori si siano lamentati del comportamento del solo G., quale unico artefice dell’opera abusiva, chiedendo esclusivamente nei confronti del G. la condanna alla demolizione del manufatto realizzato e la riduzione in pristino dello stato dei luoghi: si tratta infatti di condanni che non possono essere eseguite nei confronti della P., ossia dell’altra comproprietaria del bene immobile da demolire.

Al riguardo è appena il caso di evidenziare è che pacifico nella giurisprudenza di questa Corte il principio secondo cui la domanda di demolizione di corpi di fabbrica abusivamente costruiti su un immobile acquistato da coniugi in regime di comunione legale, deve esser proposta nei confronti di entrambi, litisconsorti necessari, ancorchè non risultino dalla nota trascritta nei registri immobiliari nè detto regime, nè l’esistenza del coniuge, non trattandosi di questione concernente la circolazione dei beni e l’anteriorità dei titoli, bensì di azione reale, che prescinde perciò dall’individuazione dell’autore materiale dei lamentati abusi edilizi. La eventuale violazione del contraddittorio è deducibile anche per la prima volta in sede di legittimità, se risultante dagli atti e non preclusa dal giudicato sulla questione (tra le tante, sentenza 20/3/1999 n. 2610). Inoltre la domanda di demolizione del muro di confine illegittimamente costruito dal confinante, ove proposta nei confronti del proprietario del fondo contiguo a quello attoreo, ha natura reale; qualora il confinante sia coniugato in regime di comunione legale sussiste il litisconsorzio necessario con il coniuge, in quanto l’eventuale accoglimento della domanda inciderebbe sul contenuto del diritto di proprietà dell’immobile e sulle facoltà di godimento e di disposizione di esso, di cui sono titolari entrambi i comproprietari del bene, a prescindere dall’autore dell’opera illegittimamente realizzata (sentenza 1/4/2008 n. 8441).

In definitiva deve accogliersi il secondo motivo del ricorso principale – che assorbe logicamente gli altri del ricorso principale e quelli del ricorso incidentale con i quali si prospettano questioni da affrontare e risolvere con contraddittorio integro – con conseguente cassazione della sentenza impugnata in relazione alla censura accolta.

La causa, ai sensi del combinato disposto dell’art. 383 c.p.c., u.c. e art. 354 c.p.c., data la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di P.L., va rimessa, sul punto ancora controverso, al giudice di 1^ grado, ossia al tribunale di Roma, che provvedere anche sulle spese dell’intero giudizio comprese quelle di questa fase di legittimità.

P.Q.M.

La Corte, riunisce i ricorsi, accoglie il secondo motivo del ricorso principale, assorbiti gli altri motivi di detto ricorso e quelli del ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta e rinvia, anche per le spese dell’intero giudizio, al Tribunale di Roma.

Così deciso in Roma, il 9 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 26 aprile 2010

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