Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9902 del 14/05/2015
Civile Sent. Sez. L Num. 9902 Anno 2015
Presidente: STILE PAOLO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO
SENTENZA
sul ricorso 28735-2013 proposto da:
FLAMMINIO
CARMINE
C.F.
FLMCMN46S03I394M,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA VALADIER 36
presso lo studio dell’Avvocato GHIONNI SIMONA,
rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE
GABRIELE, giusta delega in atti;
– ricorrente –
2015
contro
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MINISTERO DELL’ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA
RICERCA C.F. 80185250588, in persona del Ministro pro
tempore,
rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA
Data pubblicazione: 14/05/2015
GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia in
ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 23415/2012 della CORTE SUPREMA
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DI CASSAZIONE di ROMA, depositata il 22/12/201.2,
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/02/2015 dal Consigliere
Dott.
GIANFRANCO BANDINI;
udito l’Avvocato SALVATORE GABRIELE;
udito il P.M. in persona del
Generale
Dott.
Sostituto
Procuratore
CARMELO CELENTANO che ha concluso in
via principale improcedibilità, in subordine
inammissibilità.
e
R.G.N.D55-1777077 7- 4/0 +4
.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Flamminio Carmine ha proposto ricorso per revocazione della
sentenza di questa Corte n. 23415/2012, pronunciata
sull’impugnazione svolta dal Ministero dell’Istruzione, Università e
Ricerca avverso la sentenza della Corte d’Appello dell’Aquila n.
512/2006, depositata il 4.8.2006.
11 Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ha resistito con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.
A mente dell’art. 391 bis cpc la revocazione delle sentenze di
cessazione può essere richiesta con ricorso ai sensi degli artt. 365 e
seguenti cpc; in base all’art. 369, comma 2, n. 2, cpc, insieme con il
ricorso per cessazione deve essere depositata, a pena
d’improcedibilità, la copia autentica della sentenza impugnata, con la
relazione di notificazione, se questa è avvenuta.
Secondo la giurisprudenza di questa Corte è possibile evitare la
declaratoria di improcedibilità, ove il deposito non sia stato
contestuale al ricorso, soltanto attraverso la produzione separata di
una copia della sentenza nel rispetto del secondo comma dell’art.
372 cpc, applicabile estensivamente, purché entro il termine di cui al
primo comma dell’art. 369 cpc, e dovendosi, invece, escludere che la
suddetta sanzione possa essere evitata mediante equipollenti, quali
il deposito da parte del controricorrente di copia della sentenza
stessa o l’esistenza della medesima nel fascicolo d’ufficio (cfr, ex
plurimis, Cass., SU, nn. 11932/1998; 9005/2009).
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,
Nel caso che ne occupa il ricorrente ha impugnato per revocazione
la sentenza di questa Corte n. 23415/2012, ma non ha prodotto, con
il ricorso, la copia autentica di tale sentenza, bensì quella di altra
controversia tra il Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca ed
altra parte privata; nel fascicolo è reperibile soltanto una fotocopia,
non autentica, della sentenza impugnata, peraltro prodotta ben oltre
la scadenza del termine di cui all’art. 369, comma 1, cpc, mentre la
copia autentica della sentenza impugnata è stata prodotta soltanto
all’udienza di discussione.
Ne discende pertanto l’improcedibilità del ricorso (cfr, ex plurimis,
Cass., nn. 1356612001; 4753/2011).
2.
Per completezza di motivazione va comunque rilevato che il
ricorso, quand’anche fosse stato procedibile, non avrebbe potuto
trovare accoglimento per le ragioni che seguono.
2.1 A sostegno del ricorso, svolto ai sensi dell’alt. 395, comma 1, n.
4, cpc, il ricorrente deduce che:
– il suo difensore non aveva ricevuto alcuna comunicazione in
merito alla fissazione della data di discussione, nonostante avesse
dichiarato, ai sensi dell’art. 170, comma 4, cpc, di voler ricevere le
comunicazioni all’indicato numero di telefax;
– la sentenza di questa Corte n. 23415/2012 è affetta da errore di
fatto (esistenza di divergenti rappresentazioni dello stesso oggetto,
emergenti una dalla sentenza e l’altra dagli atti e documenti di
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pronuncia della Cassazione, !a n. 28279/2011, resa in una
causa), non avendo esaminato i primi due motivi di inammissibilità
dell’avverso ricorso proposti con il controricorso e ricorso incidentale.
2.2 Con la prima censura il ricorrente lamenta, in sostanza, che non
discussione all’esito della quale è stata pronunciata la sentenza
impugnata per revocazione.
Secondo l’orientamento di questa Corte, la mancata notifica
dell’avviso di fissazione dell’udienza di discussione ai sensi dell’art.
377 cpc costituisce error in procedendo che non rientra nelle ipotesi
di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, di cui agli
artt. 395, n. 4, e 391 bis cpc, non potendosi considerare come errore
su un fatto processuale su cui è fondata la decisione, stante la
mancanza del requisito della decisività dell’errore, non esistendo un
nesso causale diretto fra l’omessa notificazione dell’avviso
dell’udienza di discussione ed il contenuto della sentenza adottata
dalla Suprema Corte (cfr, ex plurimis e fra le più recenti, Cass., nn.
16361/2006; 17077/2009; 161615/2010; 7625/2012).
2.3 Inoltre la sentenza impugnata per revocazione è stata
pronunciata il 16.10.2012, all’esito dell’udienza pubblica di
discussione tenutasi in quella stessa data.
L’art. 170, comma 4, cpc, invocato dall’odierno ricorrente, si riferiva
alle comparse e alle memorie consentite dal giudice e prevedeva
che il giudice stesso potesse autorizzare per singoli atti, in
qualunque stato e grado del giudizio, che lo scambio o la
sia stato comunicato al proprio difensore l’avviso dell’udienza di
comunicazione “di cui al presente comma” potessero avvenire anche
a mezzo telefax o posta elettronica.
Tale norma non si applicava dunque alle comunicazioni di
autorizzata la comunicazione a mezzo telefax.
Peraltro la suddetta normativa, nella parte in cui, nei termini e alle
condizioni testé indicate, consentiva le comunicazioni a mezzo
telefax è stata soppressa dall’art. 25 legge n. 183/11, con entrata in
vigore a partire dai trenta giorni successivi al 1′ gennaio 2012 (art.
36 legge 183/11), onde non faceva più parte dell’ordinamento alla
data della notificazione dell’avviso di udienza che ne occupa.
Analoga soppressione, con la stessa tempistica, è stata disposta
dalla medesima legge n. 183/11 in relazione al disposto dell’art. 176,
comma 2, cpc, che comunque si riferisce ai provvedimenti del
giudice istruttore.
La comunicazione d’udienza è invece disciplinata dall’art. 377,
comma 2, cpc (“Dell’udienza è data comunicazione dal cancelliere
agli avvocati delle parti almeno venti giorni prima”) e dall’art. 366,
comma 4, cpc, come sostituito dal ridetto art. 25 legge n. 183/11,
secondo cui “Le comunicazioni della cancelleria (…) sono effettuate
ai sensi dell’articolo 136, secondo e terzo comma”.
Il richiamato art. 136 cpc, nel testo vigente all’epoca del fatti
processuali per cui è causa, prevedeva che:
“Il biglietto è consegnato dal cancelliere al destinatario, che ne
rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo posta elettronica
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cancelleria, né, comunque, consta che nel caso di specie fosse stata
certificata, nel rispetto della normativa, anche regolamentare,
concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei
documenti informatici’ (comma 2);
procedere ai sensi del comma che precede, il biglietto viene
trasmesso a mezzo telefax, o è rimesso all’ufficiale giudiziario per la
notifica” (comma 3).
Non essendo ancora stato emanato il di 18.10.2012, n. 179,
convertito con modificazioni in legge n. 221112, e non dolendosi il
ricorrente (né potendo farlo) della mancata trasmissione a mezzo
posta elettronica certificata, non risultando indicato nel controricorso
con ricorso incidentale, quale trascritto nell’odierno ricorso per
revocazione, il relativo indirizzo di PEC I deve convenirsi che la
trasmissione dell’avviso di udienza a mezzo telefax non era cogente,
ma alternativa alla notifica dello stesso a mezzo di ufficiale
giudiziario.
Proprio quest’ultima procedura è stata seguita nella fattispecie
all’esame, tant’è che l’avviso di udienza risulta essere stato notificato
al difensore del Flamminio presso la Cancelleria di questa Corte in
data 22.6.2012, essendo risultato trasferito il domiciliatario indicato e
non risultando ritualmente comunicata una diversa elezione di
domicilio in Roma (cfr, èx plurimis e fra le più recenti, Cass., nn.
19735/2014; 24163/2013).
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“Salvo che la legge disponga diversamente, se non è possibile
Deve quindi escludersi la sussistenza del denunciato en-or in
procedendo, posto che la comunicazione al difensore dell’avviso di
udienza fu del tutto rituale.
2.4 Quanto alla seconda ragione di censura, deve osservarsi che,
secondo l’orientamento di questa Corte, la domanda di revocazione
della sentenza della Corte di Cassazione per errore di fatto, da
proporre, in base al disposto dell’art. 391 bis cpc, con ricorso ai sensi
degli articoli 365 e seguenti, deve contenere, a pena di
inammissibilità, l’indicazione del motivo della revocazione, prescritta
dall’art. 398, comma 2, cpc e la esposizione dei fatti di causa
rilevanti, richiesta dall’art. 366, n. 3, cpc (cfr, ex plurimis, Cass., SU,
nn. 17631/2003; 24170/2004; Cass., n. 22385/2006).
Sempre secondo la giurisprudenza di questa Corte, il requisito della
esposizione sommaria dei fatti, prescritto a pena di inammissibilità
dei ricorso per cassazione dall’art. 366, primo comma, n. 3, cpc, è
volto a garantire la regolare e completa instaurazione del
contraddittorio e può ritenersi soddisfatto, senza necessità che esso
dia luogo ad una premessa autonoma e distinta rispetto ai motivi,
laddove il contenuto del ricorso consenta al giudice di legittimità, in
relazione ai motivi proposti, di avere una chiara e completa
cognizione dei fatti che hanno originato la controversia e dell’oggetto
dell’impugnazione, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo
possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (cfr, ex plurimis,
Cass., SU, n. 11653/2006; Cass., nn. 22385/2006; 15478/2014;
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•
nonché, anche con specifico riferimento alla mancata indicazione del
!
contenuto del provvedimento impugnato, Cass., SU, n. 11308/2014).
In altri termini, ai fini della sussistenza del requisito della
inammissibilità, per il ricorso per cassazione dall’art. 366, primo
comma, n. 3, cpc, è necessario, in ossequio al principio di
autosufficienza del ricorso, che in esso vengano indicati, in maniera
specifica e puntuale, tutti gli elementi utili perché il giudice di
legittimità possa avere la completa cognizione dell’oggetto della
controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso
assunte dalle parti, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti del
processo, ivi compresa la sentenza impugnata, così da acquisire un
quadro degli elementi fondamentali in cui si colloca la decisione
censurata e i motivi delle doglianze prospettate (cfr, Cass, nn.
15808/2008; 5660/2010)
Il ricorso all’esame non soddisfa tali requisiti, poiché vi sono stati
trascritti il ricorso del Ministero e il controricorso con ricorso
incidentale dello stesso Flamminio, ma non è stato riportato il
decisum della sentenza impugnata per revocazione e, tanto meno, il
contenuto della sentenza stessa, onde la censura, per come svolta,
si appalesa inammissibile.
3.
In definitiva il ricorso va dichiarato improcedibile.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
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“esposizione sommaria dei fatti di causa”, prescritto, a pena di
Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del
ricorso, sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater,
dpr n. 115102.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e condanna il ricorrente alla
rifusione delle spese, che liquida in euro 4.000,00 (quattromila) per
compenso, oltre le spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà
atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del
*ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma;1 1 10febbraio 2015.
P. Q. M.