Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9901 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 31/03/2011, dep. 05/05/2011), n.9901

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. BOTTA Raffaele – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.R. e C.B., elettivamente domiciliati in

Roma, via Valmarana 40, presso l’avv. Caroppo Nicola, che li

rappresenta e difende, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro

tempore, e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliati in Roma, via dei Portoghesi 12,

presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e

difende per legge;

– intimati costituiti –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della

Puglia (Bari), Sez. 07, n. 31/07/05 del 4 marzo 2005, depositata il

15 aprile 2005, non notificata;

Udita la relazione svolta nella Pubblica Udienza del 31 marzo 2011

dal Cons. Raffaele Botta;

Udito l’avv. Roberto De Felice per l’Avvocatura Generale dello Stato;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La controversia concerne l’impugnazione, con separati ricorsi, di una cartella relative all’iscrizione a ruolo di somme per IRPEF e ILOR 1990 (nella cartella era dichiarato che si trattava di recupero di somme erroneamente rimborsate D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 42) a carico di M.R. e di una cartella relativa all’iscrizione a ruolo di somme per IRPEF 1983/86 (nella cartella era dichiarato che si trattava di liquidazione a seguito di dichiarazione integrativa ai sensi della L. n. 413 del 1991) a carico della moglie C. B.. I coniugi M. – C. avevano presentato dichiarazione integrativa L. n. 413 del 1991, ex art. 62 – bis per le liquidazioni periodiche IRPEF-ILOR relativamente agli anni 1983/1990, i cui importi non erano state versati.

I due ricorsi erano accolti dalla Commissione Tributaria Provinciale adita in punto di eccezione di “prescrizione”, rilevando che tra la domanda di condono e la notifica delle cartelle era decorso il termine quinquennale che scadeva il 31 dicembre 1997.

Nel giudizio d’appello i contribuenti dichiaravano che la signora C. aveva definito la questione ai sensi della L. n. 289 del 2002, art. 12, mediante il pagamento del 25% delle somme iscritte a ruolo e sollevavano, non in sede di costituzione, ma in successiva memoria, l’eccezione di inammissibilità dell’appello.

La Commissione Tributaria Regionale, con la sentenza in epigrafe, accoglieva l’appello dell’Ufficio, dichiarata infondata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione, ritenendo applicabile nella specie il disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 43, e insussistenti i requisiti per il legittimo ricorso alla procedura premiale di cui alla L. n. 289 del 2002, art. 12. Avverso tale sentenza i contribuenti propongono ricorso per cassazione con quattro motivi. L’amministrazione non ha notificato controricorso ma depositato un atto di costituzione ai soli fini della partecipazione all’udienza di discussione.

Diritto

MOTIVAZIONE

Con il primo motivo, i ricorrenti censurano, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, la mancata dichiarazione dell’inammissibilità dell’appello in ragione della denunciata difformità tra la copia notificata ai contribuenti e la copia depositata presso la Commissione Tributaria Regionale: la difformità consisterebbe nella mancanza, nella copia notificata, alla fine dell’atto della annotazione manoscritta “si allega copia c.d.s. (centro di servizio) (OMISSIS)” e della effettiva allegazione (sempre alla copia notificata) della comunicazione del centro di servizio di (OMISSIS).

Il motivo non è fondato.

Non sono censurate le rationes deciderteli della sentenza impugnata sul punto.

In primo luogo l’affermazione del giudice di merito circa la mancata prova della pretesa difformità: l’eccezione di inammissibilità “non è confortata da alcuna documentazione, i contribuenti, infatti, hanno omesso di depositare la copia notificata che sarebbe priva della suddetta annotazione”. I ricorrenti non deducono in questa sede di aver prodotto (e quando) la copia notificata che il giudice nega sia stata depositata.

In secondo luogo, l’affermazione del giudice di merito secondo cui, in ogni caso, l’omissione denunciata “non sarebbe neppure rilevante ai fini della nullità dell’appello, in quanto si limiterebbe all’annotazione fuori del testo dell’appello di un allegato, consistente in una comunicazione, non obbligatoria, effettuata con lettera semplice in data (OMISSIS) dal Centro di Servizio di (OMISSIS) al Sig. M.G.”. Anche sul punto nulla è adeguatamente dedotto nel ricorso.

Con il secondo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, in punto di non rilevata inammissibilità della produzione documentale effettuata tardivamente in appello da parte dell’Ufficio.

Il motivo non è fondato sulla base del principio affermato da questa Corte secondo cui: “Nel processo tributario regolato dal D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, atteggiantesi come tipico procedimento documentale, alla luce del fondamentale principio di specialità fatto salvo dall’art. 1 – in forza del quale nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria prevale quest’ultima, non può trasferirsi toni court l’esegesi, in tema di produzione di documenti in appello, dell’art. 345 c.p.c., comma 3 nel senso che tale disposizione fissa sul piano generale il principio dell’inammissibilità dei “nuovi mezzi di prova” e, quindi, anche delle produzioni documentali. L’art. 58 del nuovo processo tributario, infatti, oltre a consentire al giudice d’appello di valutare la possibilità di disporre “nuove prove” (comma 1), fa espressamente “salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti” (comma 2)” (Cass. n. 3611 del 2006). Con il terzo motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, in ordine al mancato accoglimento dell’eccezione di prescrizione formulata ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 39 e D.P.R. n. 602 del 1973, art. 17. Il motivo è infondato. E’ pacifico che le cartelle siano state notificate il 1-16 ottobre 1998. Sicchè deve escludersi che si sia verificata la eccepita “prescrizione” quand’anche ci si volesse mettere nell’ottica dei contribuenti e non dar il giusti rilievo al fatto che l’Ufficio procedeva dichiaratamente ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 42, senza che alcuna prova in contrario sia emersa ad iniziativa dei contribuenti nel giudizio. Infatti, secondo quanto ha affermato questa Corte: “In tema di condono fiscale, la L. 30 dicembre 1991, n. 413, art. 39, comma 3, dispone che gli uffici provvedano al controllo delle dichiarazioni integrative ed alla liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni stesse entro il termine di decadenza di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 17, comma 1 (nel testo vigente prima della sostituzione attuata dal D.Lgs. n. 46 del 1999, art. 6, comma 1, a decorrere dal 1 luglio 1999), ossia entro il termine di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 1 (il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione), calcolato con decorrenza dall’anno 1992. Poichè ai sensi della medesima L. n. 413 del 1991, art. 32, comma 2, e della successiva proroga introdotta dal D.L. 23 gennaio 1993, n. 16, art. 3, comma 1, convertito, con modificazioni, in L. 24 marzo 1993, n. 75, il termine inizialmente concesso al contribuente per la presentazione della dichiarazione integrativa è stato conclusivamente differito al 20 giugno 1993, deve ritenersi che il termine per la liquidazione delle imposte decorra non dal momento in cui il contribuente abbia provveduto agli adempimenti a suo carico ma dalla nuova scadenza e sia, quindi, a sua volta scaduto il 31 dicembre 1998” (Cass. n. 20780 del 2005; v. anche Cass. nn. 11838 del 2006, 11711 del 2007, 4408 e 14894 del 2008).

Con il quarto motivo, i ricorrenti censurano la sentenza impugnata, sotto il profilo della violazione di legge e del vizio di motivazione, per aver negato validità al condono L. n. 289 del 2002, ex art. 12 utilizzato dalla C.B. per definire la propria posizione, ritenendo, da un lato, necessaria l’attestazione di legittimità della procedura da parte dell’Ufficio, nel caso mancante, e, dall’altro, insussistenti i presupposti per l’applicazione della normativa premiale, non essendo condonabili gli atti che “assolvono ad una funzione meramente liquidatoria”.

Il motivo è fondato. Quanto alla necessità dell’attestazione di regolarità del condono, questa Corte ha affermato che “In tema di condono fiscale e con riferimento alla speciale procedura prevista dalla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 12 per la definizione dei carichi inclusi in ruoli emessi da uffici statali e affidati ai concessionari del servizio nazionale della riscossione fino al 31 dicembre 2000 mediante il pagamento del 25% dell’importo iscritto a ruolo, oltre alle eventuali spese sostenute dal concessionario, non è prescritta a carico dell’Agenzia delle entrate alcuna attestazione della regolarità del condono e del pagamento integrale di quanto dovuto, sicchè occorre accertare la corrispondenza tra quanto versato ed il ruolo oggetto della controversia, gravando sul contribuente l’onere di provare che il versamento effettuato concerna la controversia in corso e che le somme pagate corrispondano al 25 per cento dell’importo iscritto a ruolo (capitale, interessi e sanzioni), oltre le eventuali spese” (Cass. nn. 2410 e 14666 del 2006). Quanto all’ostacolo alla condonabilità della lite concernente atti con funzione meramente liquidatoria, si tratta di un ostacolo che trova applicabilità esclusivamente nell’ambito della procedura premiale prevista dalla L. n. 289 del 2002, art. 16 mentre l’art. 12 della stessa Legge prescinde da qualsiasi valutazione di questo tipo, essendo finalizzata alla definizione dei ruoli mediante un pagamento di una percentuale forfetizzata degli importi iscritti.

Pertanto debbono essere rigettati i primi tre motivi di ricorso ed accolto il quarto, nel senso precisato: la sentenza impugnata deve essere cassata con riferimento al motivo accolto con rinvio della causa ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia, che provvederà anche in ordine alle spese della presente fase del giudizio.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Accoglie il quarto motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione Tributaria Regionale della Puglia.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 31 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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