Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9900 del 27/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2020, (ud. 13/01/2020, dep. 27/05/2020), n.9900

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. CATALDI Michele – rel. Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 23204/2015 R.G. proposto da:

COSTRUZIONI GENERALI s.r.l., in liquidazione, in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, per procura

speciale in atti, anche disgiuntamente, dall’Avv. Angelo Vola e

dall’Avv. Giuseppe Merlino, con domicilio eletto presso lo studio di

quest’ultimo in Roma, via Oslavia, n. 40;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con

domicilio presso quest’ultima in Roma, via dei Portoghesi 12;

– controricorrente –

e contro

EQUITALIA CENTRO s.p.a., in persona del legale rappresentante pro

tempore, rappresentata e difesa, per procura speciale in atti,

dall’Avv. Prof. Pieremilio Sammarco, con domicilio eletto presso

quest’ultimo in Roma, via Muzio Clementi, n. 48;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna, n. 596/07/15, depositata il 16 marzo 2015.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 13 gennaio 2020

dal Consigliere Dott. Michele Cataldi;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

generale Dott.ssa Paola Mastroberardino, che ha concluso chiedendo

il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. L’Agenzia delle Entrate ha emesso, nei confronti della Costruzioni Generali s.r.l., all’esito del controllo automatizzato di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36 bis, e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis, una cartella di pagamento relativa all’omesso o ritardato versamento dell’Iva di cui all’anno d’imposta 2005, dichiarata con il Modello Unico 2006, previa iscrizione a ruolo dell’imposta dovuta e non versata, con gli interessi, le sanzioni ed i compensi di riscossione.

2.Avverso la predetta cartella la contribuente ha proposto ricorso dinnanzi la Commissione tributaria provinciale di Piacenza, che lo ha respinto.

3. La contribuente, in liquidazione, allora ha impugnato la sentenza di primo grado e l’adita Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna, con la sentenza n. 596/07/15, depositata il 16 marzo 2015, ha rigettato l’appello.

4. La contribuente ha quindi proposto ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della predetta sentenza d’appello.

5. L’Agenzia delle Entrate ed Equitalia Centro s.p.a. si sono costituite, ciascuna con proprio controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e n. 5, la violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 36, e dell’art. 132 c.p.c., per la natura solo apparente e del tutto insufficiente della motivazione della sentenza d’appello, in ordine al motivo d’appello concernente il difetto di motivazione della cartella di pagamento controversa, dedotto dinnanzi il giudice a quo ai sensi della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, e della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3.

2. Con il secondo motivo, la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, e della L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, per il difetto di motivazione della cartella di pagamento controversa.

3. Con il terzo motivo, la contribuente denuncia, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5; del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54 bis; e del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462, art. 2, per non avere il giudice a quo ritenuto l’eccepita nullità della cartella di pagamento impugnata, emessa a seguito di controllo formale automatizzato delle dichiarazioni della stessa contribuente, senza previo invito al contribuente e fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un congruo termine, non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della relativa richiesta, omessa nel caso di specie.

4. Preliminarmente, va respinta l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dalla controricorrente Equitalia Centro s.p.a. Quest’ultima, infatti, sotto il profilo processuale, è stata parte già del giudizio di merito ed è quindi parte necessaria anche di questo giudizio d’impugnazione. Inoltre, sul piano sostanziale, quale agente della riscossione, la stessa è anche legittimata passiva in conseguenza della denunciata invalidità della cartella di pagamento per vizi propri di quest’ultima.

5. Tanto premesso, il primo motivo di ricorso non incorre – come eccepito invece dalla controricorrente Equitalia Centro s.p.a. – nella violazione del limite della c.d. “doppia conforme” di cui all’art. 348-ter c.p.c., comma 5, introdotto dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. a), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, ed inapplicabile ratione temporis nel presente giudizio, in quanto (come da epigrafe della sentenza della CTR) l’appello avverso la sentenza di primo grado è stato proposto prima dell’11 settembre 2012, trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della predetta legge di conversione e, a norma del cit. decreto, art. 54, comma 2, dies a quo per l’applicazione intertemporale del limite all’impugnabilità. Peraltro, neppure sussisterebbe, comunque, la violazione dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5, avendo la ricorrente denunciato, oltre alla pretesa insufficienza della motivazione, anche l’assunta apparenza della stessa, quale vizio processuale, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Infatti, in caso di “doppia conforme” è, comunque, consentito il sindacato sull’esistenza, e non mera apparenza, della motivazione ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, (cfr. Cass. 28/11/2018, n. 30776, in motivazione).

5.1. Il primo motivo è invece comunque inammissibile in quanto denuncia contemporaneamente, in maniera logicamente inconciliabile, insufficienza ed apparenza (ovvero inesistenza sostanziale) della motivazione della sentenza impugnabile, ovvero vizi tra loro contraddittori, atteso che non si può valutare la sufficienza o meno di una motivazione che si assume non esistere realmente.

Inammissibile, poi, è già ex se la stessa denuncia di insufficienza della motivazione, non più annoverata nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, applicabile ratione temporis, in ragione della data di pubblicazione della sentenza d’appello.

Infondata, poi, è comunque la censura di apparenza della motivazione della sentenza, nella quale la CTR, in ordine all’assunta carenza di motivazione della cartella di pagamento, si è pronunciata, in maniera esauriente, per quanto sintetica, sia in fatto che in diritto, rilevando che “trattandosi di emissione ex art. 36 bis, la cartella è legittima, indica seppur genericamente, come è prassi, gli elementi fondamentali e di riferimento cui si riferisce e pone parte contribuente a piena conoscenza del motivo e dei titoli di richiesta avanzati nei suoi confronti.”.

Giova, infine, aggiungere, a rimarcare anche l’infondatezza in diritto delle tesi della ricorrente, che, secondo la giurisprudenza di legittimità, ” La cartella con cui l’Amministrazione chieda il pagamento delle imposte, dichiarate dal contribuente e non versate, non necessita di specifica motivazione, non risultando a tale fine applicabile nè la L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 3, (il quale prevede siano messi a disposizione del contribuente gli atti di cui egli già non disponga), nè il D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 25, (che prescrive il contenuto minimo della cartella), in quanto la pretesa tributaria scaturisce dalla pura e semplice obbligazione di pagamento delle imposte, determinate nella dichiarazione del contribuente. Spetta, eventualmente, a quest’ultimo, in relazione ai principi generali in tema di onere della prova, allegare e provare di avere effettuato in tutto o in parte i versamenti richiesti, in adempimento dell’obbligo in questione.” (Cass., 16/12/2011, n. 27140); e che “In tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento del D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 36-bis, è congruamente motivata, quanto al calcolo degli interessi, mediante il richiamo alla dichiarazione dalla quale deriva il debito di imposta ed al conseguente periodo di competenza, essendo il criterio di liquidazione degli stessi predeterminato “ex lege”, e risolvendosi, pertanto, la relativa applicazione in un’operazione matematica.” (Cass. 27/03/2019, n. 8508).

6. Anche il secondo ed il terzo motivo sono inammissibili, ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c., come eccepito dalla controricorrente agente della riscossione.

Infatti “In tema di ricorso per cassazione, lo scrutinio ex art. 360-bis c.p.c., n. 1, da svolgersi relativamente ad ogni singolo motivo e con riferimento al momento della decisione, impone, come si desume in modo univoco dalla lettera della legge, una declaratoria d’inammissibilità, che può rilevare ai fini dell’art. 334 c.p.c., comma 2, sebbene sia fondata, alla stregua dell’art. 348-bis c.p.c., e dell’art. 606 c.p.p., su ragioni di merito, atteso che la funzione di filtro della disposizione consiste nell’esonerare la Suprema Corte dall’esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”.” (Cass., Sez. U., 21/03/2017, n. 7155).

6.1. Nel caso di specie, nel quale l’atto tributario ha per oggetto le imposte dovute in base alla stessa dichiarazione della contribuente, ma non versate, la decisione della CTR in ordine al preteso difetto di motivazione della cartella di pagamento controversa appare infatti conforme alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “In tema di riscossione delle imposte, sebbene in via generale la cartella esattoriale, che non segua uno specifico atto impositivo già notificato al contribuente, ma costituisca il primo ed unico atto con il quale l’ente impositore esercita la pretesa tributaria, debba essere motivata alla stregua di un atto propriamente impositivo, tale obbligo di motivazione deve essere differenziato a seconda del contenuto prescritto per ciascuno tipo di atto, sicchè, nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata emessa in seguito a liquidazione effettuata in base alle dichiarazioni rese dal contribuente ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 36 bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’obbligo di motivazione può essere assolto mediante il mero richiamo a tali dichiarazioni perchè, essendo il contribuente già a conoscenza delle medesime, non è necessario che siano indicati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche della pretesa.” (Cass. 20/09/2017, n. 21804; conformi, ex plurimis, Cass. n. 11612 del 2017, n. 15564 del 2016, n. 14236 del 2017, n. 25329 del 2014, n. 13335 del 2009, n. 26671 del 2009). Nè comunque, nel secondo motivo di ricorso, la ricorrente ha offerto elementi idonei a rivedere tale orientamento.

7. Egualmente inammissibile ex art. 360-bis c.p.c., è il terzo motivo, attinente la pretesa nullità della cartella di pagamento impugnata, emessa a seguito di controllo formale automatizzato della dichiarazioni della stessa contribuente, senza previo invito al contribuente e fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un congruo termine.

Anche rispetto a tale questione, infatti, il giudice d’appello si è conformato alla consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale: “In materia di riscossione, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis, e del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, l’invio al contribuente della comunicazione di irregolarità, al fine di evitare la reiterazione di errori e di consentire la regolarizzazione degli aspetti formali, è dovuto solo ove dai controlli automatici emerga un risultato diverso rispetto a quello indicato nella dichiarazione ovvero un’imposta o una maggiore imposta e, comunque, la sua omissione determina una mera irregolarità e non preclude, una volta ricevuta la notifica della cartella, di corrispondere quanto dovuto con riduzione della sanzione, mentre tale adempimento non è prescritto in caso di omessi o tardivi versamenti, ipotesi in cui, peraltro, non spetta la riduzione delle sanzionì amministrative ai sensi del D.Lgs. n. 462 del 1997, art. 2, comma 2.” (Cass. 06/07/2016, n. 13759; conforme, da ultimo, Cass. 28/06/2019, n. 17479; nello stesso senso, altresì, Cass. 10/06/2015, n. 12023, con riferimento alle sanzioni);

“In tema di riscossione delle imposte, la L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, comma 5, non impone l’obbligo del contraddittorio preventivo in tutti i casi in cui si debba procedere ad iscrizione a ruolo, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 36-bis, ma soltanto “qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione”, situazione, quest’ultima, che non ricorre nel caso in cui nella dichiarazione vi sia un mero errore materiale, che è l’ipotesi tipica disciplinata dal cit. art. 36-bis, poichè in tal caso non v’è necessità di chiarire nulla e, se il legislatore avesse voluto imporre il contraddittorio preventivo in tutti i casi di iscrizione a ruolo derivante dalla liquidazione dei tributi, non avrebbe indicato quale presupposto di esso l’incertezza riguardante “aspetti rilevanti della dichiarazione”.” (Cass. 31/03/2011, n. 7536; conformi, ex plurimis, Cass. 28/07/2016, n. 15740; Cass. 21/11/2017, n. 27716).

Nè peraltro il terzo motivo di ricorso offre elementi utili a rimeditare tale orientamento, limitandosi la ricorrente a dissentire genericamente da quest’ultimo.

8.Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alle controricorrenti le spese di lite, che liquida a favore dell’Agenzia delle Entrate in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; ed a favore di Equitalia Centro s.p.a. in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del cit. art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 13 gennaio 2020.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2020

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