Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9899 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 02/03/2021, dep. 15/04/2021), n.9899

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 12728 del ruolo generale dell’anno

2019, proposto da:

V.C. (C.F.: (OMISSIS)) rappresentata e difesa

dall’avvocato Silvia Sapienza (C.F.: (OMISSIS));

– ricorrente –

nei confronti di:

RISCOSSIONE SICILIA S.p.A. (C.F.: (OMISSIS)), in persona del

Presidente del Consiglio di Amministrazione, legale rappresentante

pro tempore, B.V. rappresentato e difeso dall’avvocato

Vincenza Bonaviri (C.F.: (OMISSIS));

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza del Tribunale di Ragusa n.

1116/2018, pubblicata in data 2 ottobre 2018;

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 2 marzo 2021 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

V.C. ha proposto opposizione avverso una cartella di pagamento notificatale dal locale agente della riscossione (Serit Sicilia S.p.A., poi divenuta Riscossione Sicilia S.p.A.).

L’opposizione è stata accolta dal Giudice di Pace di Ragusa.

Il Tribunale di Ragusa, in riforma della decisione di primo grado, la ha invece rigettata.

Ricorre la V., sulla base di due motivi.

Resiste con controricorso Riscossione Sicilia S.p.A..

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile l’appello proposto avverso la sentenza di primo grado, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La Corte rileva preliminarmente che l’opposizione proposta dalla V. risulta espressamente (anche se erroneamente) qualificata dal giudice di pace in termini di opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c..

In base al principio cd. dell’apparenza nell’individuazione dei mezzi di impugnazione, dunque, deve ritenersi che la sentenza di primo grado era impugnabile esclusivamente con l’appello.

Ne consegue che non può darsi seguito alla proposta del giudice relatore, di cassazione senza rinvio della decisione impugnata, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, per l’inammissibilità dell’appello proposto dall’agente della riscossione: il ricorso della V. va esaminato nel merito

2. Con il primo motivo del ricorso si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3”.

Con il secondo motivo si denunzia “Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e/o 5, nella parte in cui, la sentenza impugnata, ha totalmente omesso di motivare circa la nullità della notifica della cartella per violazione dell’art. 148 c.p.c.”.

La ricorrente deduce (primo motivo) che la notificazione della cartella di pagamento era viziata (a suo dire si trattava di addirittura notificazione giuridicamente inesistente) perchè l’avviso di deposito dell’atto presso la casa comunale di cui all’art. 140 c.p.c., non era stato affisso alla sua porta di abitazione ma presso la stessa casa comunale (il che è possibile, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, solo se il destinatario non ha residenza o domicilio conosciuti nel comune).

Deduce altresì (secondo motivo) che era del tutto omessa la decisione, o quanto meno la motivazione del provvedimento impugnato, sull’ulteriore questione, che aveva sollevato in primo grado e riproposto in appello, relativa al vizio della relazione di notificazione della cartella perchè non redatta in calce all’atto da notificare, in violazione dell’art. 148 c.p.c..

2.1 I due motivi del ricorso sono logicamente connessi e possono essere esaminati congiuntamente.

Essi sono manifestamente infondati.

Risultano assorbenti in proposito le seguenti considerazioni.

I vizi della notificazione della cartella dedotti dalla ricorrente, anche a prescindere dalla fondatezza delle sue argomentazioni in fatto e in diritto, possono al più comportare una nullità della notificazione della cartella stessa, non certo (come invece la stessa ricorrente assume, del tutto erroneamente) l’inesistenza giuridica di tale notificazione. Si tratta cioè di vizi della notificazione che certamente possono essere sanati con il raggiungimento del suo scopo, come nella specie deve ritenersi avvenuto in seguito alla stessa proposizione dell’opposizione agli atti esecutivi da parte dell’intimata, in conformità al costante indirizzo di questa Corte (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 5906 del 17/03/2006, Rv. 592234 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 19498 del 23/08/2013, Rv. 627585 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 13038 del 24/05/2013, Rv. 626357 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14495 del 07/06/2013, Rv. 626774 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 25900 del 15/12/2016, Rv. 642319 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 24291 del 16/10/2017, Rv. 645837 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 33466 del 17/12/2019, Rv. 656349 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 19120 del 15/09/2020, Rv. 659150 – 01).

Nella specie, infatti, non risulta dedotta la nullità di un eventuale pignoramento successivo all’intimazione (nel qual caso avrebbe potuto eventualmente escludersi la sanatoria, se la conoscenza dell’intimazione non fosse stata anteriore di almeno dieci giorni al pignoramento), ma solo della cartella, e solo per vizi della sua notifica, onde è evidente che la stessa proposizione dell’opposizione, dimostrando in modo oggettivo la avvenuta conoscenza di detta intimazione da parte dell’opponente, comporta la sanatoria di ogni vizio della notificazione in discussione, rendendo irrilevante qualunque ulteriore discussione sulla regolarità formale dei relativi adempimenti.

La sentenza impugnata va dunque confermata, con correzione della relativa motivazione nei sensi appena indicati.

2.2 Esclusivamente a fini di completezza espositiva, si osserva comunque altresì quanto segue, in relazione alle specifiche censure espresse nei motivi del ricorso.

2.2.1 Con riguardo al primo motivo, è vero che l’avviso di deposito dell’atto presso la casa comunale, ai sensi dell’art. 140 c.p.c., va affisso presso la porta di abitazione (o immesso nella cassetta postale) e non presso la casa comunale, diversamente da quanto affermato dal giudice del merito.

La relativa irregolarità, consistente nell’affissione presso la casa comunale, è però sanata per raggiungimento dello scopo laddove il destinatario abbia ricevuto la raccomandata contenente il medesimo avviso (Cass., Sez. L, Ordinanza n. 265 del 09/01/2019, Rv. 652539 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 19522 del 30/09/2016, Rv. 641241 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 11713 del 27/05/2011, Rv. 618289 – 01; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 31724 del 04/12/2019, Rv. 656033 – 01).

Tale ultima circostanza costituisce oggetto di un accertamento di fatto operato dal giudice di merito, sostenuto da adeguata motivazione, non apparente nè insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.

2.2.2 Con riguardo al secondo motivo, nella sentenza impugnata si dà espressamente atto che la relata di notifica prodotta dall’agente della riscossione si riferiva alla cartella di pagamento in contestazione, come attestato dal relativo numero indicativo stampato sul frontespizio e ciò deve ritenersi sufficiente a soddisfare l’esigenza di correlazione tra la stessa cartella notificata (che, in quanto estratto del ruolo, ha un contenuto tipico predeterminato e completo) e la copia della corrispondente relazione di notificazione, cioè la medesima esigenza alla base della previsione di redazione della relazione di notificazione in calce all’atto di cui all’art. 148 c.p.c..

Secondo gli orientamenti consolidati di questa stessa Corte, cui va certamente dato seguito, infatti:

– l’estratto di ruolo è la fedele riproduzione della parte del ruolo relativa alla o alle pretese creditorie azionate verso il debitore con la cartella esattoriale, contenente tutti gli elementi essenziali per identificare la persona del debitore, la causa e l’ammontare della pretesa creditoria (così Cass., Sez. 3, Sentenze n. 11141 e n. 11142 del 29/05/2015, non massimate; Sez. 3, Sentenza n. 11794 del 09/06/2016, Rv. 640105 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 15315 del 20/06/2017, Rv. 644736 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 11028 del

09/05/2018, Rv. 648806 – 01);

– precisamente, il ruolo è il titolo esecutivo in forza del quale l’agente della riscossione esercita il diritto di procedere in via esecutiva (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, arg. ex art. 49) ed il ruolo, in quanto posto a base della riscossione coattiva, fornisce il riscontro dei dati indicati nella cartella esattoriale; questa, infatti, in conformità al relativo modello ministeriale, contiene l’indicazione del credito così come risultante dal ruolo, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 25, comma 2 (così Cass., Sez. 3, Sentenza n. 24235 del 27 novembre 2015, in motivazione);

– l’estratto del ruolo non è una sintesi del ruolo operata a sua discrezione dallo stesso soggetto che l’ha formato, ma è la riproduzione di quella parte del ruolo che si riferisce alla o alle pretese impositive che si fanno valere nei confronti di quel singolo contribuente con la cartella notificatagli (così Cass. n. 11141 n. 11142 del 2015 e le ulteriori decisioni conformi sopra già citate);

– ne consegue che l’estratto di ruolo “costituisce idonea prova della entità e della natura del credito portato dalla cartella esattoriale ivi indicata, anche al fine della verifica della natura tributaria o meno del credito azionato, e quindi della verifica della giurisdizione del giudice adito” (Cass. n. 11141 e n. 11142 del 2015 e le ulteriori decisioni conformi sopra già citate);

– in tema di esecuzione esattoriale, qualora la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti di averne ricevuto la notificazione e l’agente per la riscossione dia prova della regolare esecuzione della stessa (secondo le forme ordinarie o con messo notificatore, ovvero mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento), resta preclusa la deduzione di vizi concernenti la cartella non tempestivamente opposti, nè sussiste un onere, in capo all’agente, di produrre in giudizio la copia integrale della cartella stessa (Cass., Sez. 3, Sentenza n. 10326 del 13/05/2014, Rv. 630907 – 01); la cartella esattoriale non è altro che la stampa del ruolo in unico originale notificata alla parte, ed il titolo esecutivo è costituito dal ruolo (così Cass. n. 12888 del 2015, nonchè Cass. n. 24235 del 2015, già citata);

– in tema di notifica della cartella esattoriale D.P.R. n. 602 del 1973, ex art. 26, comma 1, seconda parte, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione e della relativa data è assolta mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, non essendo necessario che l’agente della riscossione produca la copia della cartella di pagamento, la quale, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, deve ritenersi ritualmente consegnata a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (così Cass., Sez. 3, Sentenza n. 9246 del 07/05/2015, Rv. 635235; Sez. 3, Sentenza n. 24235 del 27/11/2015; Sez. 3, Sentenza n. 21803 del 28/10/2016, in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 15795 del 29/07/2016, Rv. 641156 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 33563 del 28/12/2018, Rv. 652126 – 01).

Sulla base dei principi di diritto appena esposti, deve ritenersi che la riferibilità della relata di notifica esibita in giudizio alla specifica cartella di pagamento per cui è causa, così come la completezza della stessa, sono assicurati sulla base della numerazione identificativa dei relativi estratti dal ruolo.

3. Il ricorso è rigettato.

Per le spese del presente giudizio di legittimità si provvede, sulla base del principio della soccombenza, come in dispositivo.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– rigetta il ricorso;

– condanna la ricorrente a pagare le spese del presente giudizio di legittimità, in favore della controricorrente, liquidandole in complessivi Euro 2.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali ed accessori di legge.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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