Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9896 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 05/05/2011), n.9896

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14192-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

G. PASCOLI BENEVOLENT SOCIETY-ASSISTENZA ANZIANI;

– intimato –

avverso la sentenza n. 20/2005 della COMM. TRIB. REG. di FIRENZE,

depositata il 10/03/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

“G. Pascoli Benevolent Society – Assistenza per Anziani” impugnava la cartella esattoriale con la quale l’8 novembre 2000 era stato intimato il pagamento di L. 21.962.000 per IVA 1995 (omesso versamento d’imposta L. 14.837.000, oltre a interessi, sanzioni e spese).

La parte contribuente denunciava: a) difetto di motivazione (perchè la dichiarazione IVA per l’anno 1995 portava un credito d’imposta di L. 12.656.000, mentre la cartella nulla specificava sul punto); b) errore materiale (perchè le dichiarazioni periodiche esponevano crediti IVA); c) nullità (perchè non era inammissibile l’iscrizione a ruolo di IVA senza preventivo accertamento).

L’Ufficio, nel costituirsi in prime cure, spiegava che il preteso credito d’imposta (L. 14.837.000) per l’anno 1994 non era stato riconosciuto perchè la parte contribuente aveva omesso la dichiarazione annuale per il 1994, sicchè l’intero importo era stato recuperato nel 1995 come IVA non versata mediante immediata iscrizione a ruolo in forza del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 60, comma 6.

Indi, la parte contribuente produceva in prime cure documentazione contabile su versamenti e credito IVA ed eccepiva che, come sancito dal citato art. 60 (mod. L. n. 323 del 1996) e dalla circ. 199/E del 13 agosto 1996, l’amministrazione era tenuta a notificare apposito invito al pagamento prima di procedere all’iscrizione a ruolo.

La CTP di Siena, giusta sentenza n. 34/03/2002, annullava la cartella impugnata. La CTR della Toscana, adita in appello dall’Ufficio, ha rigettato il gravame con sentenza del 10 marzo 2005. Ha motivato la decisione ritenendo che l’amministrazione, trasformando un’omessa dichiarazione annuale in omesso versamento IVA, non avesse consentito alla parte contribuente di comprendere dalla cartella il motivo vero della imposizione, atteso che, inoltre, nei libri obbligatori erano regalmente registrati i versamenti periodici. Pertanto, secondo il giudice d’appello, sarebbe stato necessario procedere a una normale e preventiva accertamento, per la divergenza del caso rispetto alla fattispecie legale della diretta iscrizione a ruolo ex art. 60 e per l’assenza di qualsiasi motivazione accertativa nella cartella stessa.

In data 24 aprile – 3 maggio 2006, l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo motivo; la parte contribuente non si è costituita.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

01. Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia che la CTR è incorsa in violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 60, 30 e 55 atteso che: a) la parte contribuente, non avendo presentato la dichiarazione per l’anno 1994, non poteva portare il relativo credito in detrazione nella dichiarazione IVA 1995; b) dall’esposizione nella dichiarazione 1995 di una detrazione indebita deriva un omesso versamento d’imposta; c) la mancata preventiva notificazione di un invito a pagare è da considerarsi ininfluente sulla legittimità della impugnata cartella.

Il ricorso è inammissibile.

02. Nella sentenza d’appello coesistono due autonome rationes decidendi.

03. Con la prima la CTR afferma “che, prima di procedere alla iscrizione a ruolo e quindi alla esazione, l’ufficio doveva invece procedere con normale accertamento”.

04. Con la seconda sostiene: “Anche a voler ritenere che la cartella esattoriale contenga in sè l’accertamento, in tal caso è nulla per difetto di motivazione, non identificabile neppure per relationem, non sussistendo nessuna fattispecie con la quale relazionarsi (così la cartella)”.

05. Sulla prima ratio decidendi della sentenza d’appello si appuntano le tre censure mosse dall’agenzia delle entrate nell’unico motivo di ricorso.

06. Sulla seconda ratio, inerente al difetto di motivazione della cartella, manca in toto, finanche graficamente, qualsiasi rilievo nel ricorso per cassazione.

07. Com’è noto, ove la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte e autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto d’interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (cfr.

da ultimo Cass. 3386 del 2011).

08. Il ricorso è dunque inammissibile; nulla è dovuto per spese in assenza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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