Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9895 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9895 Anno 2015
Presidente: LAMORGESE ANTONIO
Relatore: TRIA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso 19402-2011 proposto da:
UNICREDIT S.P.A., quale incorporante il BANCO DI
SICILIA SOCIETA’ PER AZIONI c.f. 00348170101,
persona del

in

legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZALE CLODIO 32,
presso lo studio dell’avvocato LIDIA SGOTTO
2015
150

CIABATTINI, rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO
TOSI, giusta delega in atti;
– ricorrenti contro

ei■

ANFUSO ANTONIO C.F. NFSNTN44S12C933L, ARENA SALVATORE

Data pubblicazione: 14/05/2015

C.F.

RNASVT47D25F158G,

BONASERA

SIMONE

C.F.

BSNSMN44P19F158L, BOTTARI MARCO C.F. BTTMRC44M14F158V,
BRUNO BARTOLOMEO C.F. BRNBTL48A28F158B, D’ARRIGO
SALVATORE C.F. DRRSVT48D17F158U, DE SALVO GIUSEPPE
DSLGPP45D08F158S,

DOTTORE

FRANCESCO

C. F.

DTTFNC45A23A177L,

FONTANA

NICOLA

C.F.

FNTNCL45DO3D7890,

GALLETTA

BIAGIO

C.F.

GLLBGI48R06F158T,

GRAVINA

ANTONINO

C.F.

GRVNNN45A14F158M,

ILARDO NATALE C.F.

(LO

PRESTI

MARIA

CAROLINA

C.F.

LRDNTL45P22F158P,
LPRMCR46M44F158G,

MONTEFORTE FABIO C.F. MNTFBA80H27F158E, MONTEFORTE
ROBERTA

C.F.

MNTRRT83C43F158A,

quali

eredi

di

MONTEFORTE IGNAZIO); MENDOLIA LUIGI C.F.
MNDLGU44P29F158W, PARISI ENZO C.F. PRSNZE46A06I199L,
PICCIOTTO LETTERIO C.F.PCCLTR47T20F158K, ROTONDO
AURELIO C.F. RTNRLA47H16F158Q, TORINO FRANCESCO C.F.
TRNFNC44S06H418Y, ZACCARIA FRANCO C.F.
ZCCFNC48P06B666Z, tutti elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA LUNIGIANA 6, presso lo studio dell’avvocato
GREGORIO D’AGOSTINO, rappresentati e difesi
dall’avvocato MARIO INTILISANO, giusta delega in atti;
– controricorrenti nonchè contro

ALAGNA ELIO;
– intimato –

avverso la sentenza n. 988/2010 della CORTE D’APPELLO

C. F.

di MESSINA, depositata il 21/07/2010r.g.n. 1387/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/01/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
TRIA;
udito l’Avvocato SGOTTO CIABATTINI LIDIArt 09t4

(2,

‘TO.,5′ i

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PAOLA MASTROBERARDINO, che ha concluso
per il rigetto del quarto motivo, accoglimento degli
altri.

udito l’Avvocato INTILISANO MARIO;

Udienza del 14 gennaio 2015 — Aula A
n. 20 del ruolo — RG n.19402/11
Presidente: Lamorgese – Relatore: Tria

1.— La sentenza attualmente impugnata, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di
Messina n. 3354/2003 così provvede: 1) dichiara il diritto di Antonio Anfuso, Salvatore Arena,
Marco Bottari, Giuseppe De Salvo, Franesco Dottore, Nicola Fontana, Biagio Galletta, Antonino
Gravina, Natale Ilardo, Enzo Parisi, Letterio Picciotto, Aurelio Rotondo, Francesco Torino, Franco
Zaccaria, alla riliquidazione del trattamento di fine rapporto, in ragione del lavoro straordinario
prestato con carattere di continuità e condanna il BANCO di SICILIA s.p.a. al pagamento delle
differenze tra quanto già corrisposto al suddetto titolo e quanto dovuto a ciascuno dei suddetti
pensionati (specificamente quantificato), oltre agli interessi legali e alla rivalutazione monetaria
dalla data di cessazione del rapporto fino al soddisfo; 2) dichiara che, per mancanza di prove al
riguardo, nulla è dovuto al suddetto titolo in favore di Elio Alagna, Bruno Bertolami, Simone
Bonasera, Salvatore D’Arrigo, Luigi Melodia, Ignazio Monforte; 3) dichiara il diritto di tutti gli
attuali contro ricorrenti — ad eccezione di Francesco Dottore — alla rideterminazione dell’indennità
di accompagnamento, così come calcolata in relazione agli imponibili mensili relativi agli importi
percepiti anche a titolo di straordinario continuativo al lordo delle ritenute fiscali e condanna il
BANCO di SICILIA al pagamento delle differenze tra quanto corrisposto e quanto dovuto a
ciascuno degli interessati (specificamente quantificato), oltre agli interessi legali e alla rivalutazione
monetaria dalla maturazione al saldo effettivo; 4) rigetta ogni altra domanda; 5) compensa, tra le
parti, le spese di entrambi i gradi di merito del giudizio e pone a carico dei pensionati le spese della
CTU, per la metà, mentre per la restante metà pone tali spese a carico del BANCO di SICILIA.
La Corte d’appello di Messina, per quel che qui interessa, precisa che:
a) deve ritenersi ammissibile la domanda avanzata dai pensionati dinanzi al giudice ordinario
e nei confronti del BANCO di SICILIA per i crediti derivanti dalla mancata considerazione dei
periodi di lavoro straordinario posto in essere prima della cessione tra SICILASSA e BANCO di
SICILIA e della messa in liquidazione della SICILCASSA;
b) infatti, in tal senso si è espressa la Corte di cassazione nelle sentenze 30 gennaio 2005 n.
36e e 5 luglio 2007 n. 15161;
c) quanto al merito, deve essere, in primo luogo, sottolineato che, tenendo conto anche della
definizione di retribuzione di cui all’art. 45 del CCNL richiamato dalle parti (spec. lettera f),
diversamente da quanto ritenuto dal primo giudice, nel calcolo della indennità di anzianità da
corrispondere ai lavoratori in esodo agevolato andava incluso un TFR comprendente gli emolumenti
relativi al lavoro straordinario eseguito con continuità e non in modo meramente occasionale, negli
importi rispettivamente determinati, per ciascun lavoratore, nella relazione del CTU;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

d) il BANCO di SICILIA si è impegnato a versare alle persone aderenti al programma di
esodo volontario per i dipendenti ex SICILCASSA una “indennità di accompagnamento”, pari
all’importo netto del trattamento pensionistico AGO che ciascun lavoratore avrebbe percepito, con
la maggiorazione dell’anzianità contributiva mancante per il diritto a pensione a carico dell’AGO
medesima;

f) va precisato, sul punto, che l’accordo tra le parti in oggetto non può certamente essere
inteso nel senso di riferirsi anche al prelievo fiscale e di rendere l’entità della incentivazione
concordata insensibile alle vicende del prelievo medesimo e alla normativa dettata per
l’ incentivazione dell’esodo;
g) ciò non esclude che le somme dovute a titolo di indennità di accompagnamento debbano
essere calcolate al lordo della ritenuta IRPEF e che, quindi, sulle somme al lordo si debbano
calcolare, anno per anno, le differenze dovute, ove esistenti, in rapporto all’importo dello
straordinario continuativo da porre alla base del calcolo e con riferimento alla ritenuta in favore
dello Stato e di esclusiva competenza dell’ex dipendente;
h) infatti, l’indennità di accompagnamento non è stata erogata in una unica soluzione e la
tassazione separata di cui all’art. 17, comma 4-bis, cit. non è definitiva ma rappresenta solo un
acconto dell’imposta che viene definitivamente calcolata dall’Erario ai sensi del comma 1 dello
stesso art. 17 del TUIR;
i) il CTU, in modo esaustivo e corretto, ha provveduto alla quantificazione del dovuto solo in
favore di coloro che avevano ritualmente prodotto le buste paga essendo gli altri decaduti dalla
relativa prova.
2.— Il ricorso di UNICREDIT s.p.a. — quale incorporante di BANCO di SICILIA s.p.a. —
domanda la cassazione della sentenza per otto motivi; resistono, con controricorso, Alfio
Aucelluzzo e gli altri litisconsorti indicati in epigrafe.
Entrambe le parti depositano anche memorie ex art. 378 cod. proc. civ., ma la memoria dei
controricorrenti viene depositata oltre il termine previsto — a pena di inammissibilità — da
quest’ultima norma.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I

Profili preliminari

1.— Deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso
proposta dai controricorrenti, sul rilievo che la copia notificata del ricorso non reca la sottoscrizione
“autografa” del difensore di UNICREDIT s.p.a., ma solo una fotocopia della firma del difensore
stesso.

2

e) pertanto, oltre alle suddette differenze sul TFR, il BANCO di SICILIA è tenuto a
corrispondere le ulteriori differenze — del pari calcolate dal CTU — sui benefici tributari di cui
all’art. 17, comma 4-bis, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917;

Ebbene, dall’esame del ricorso originale risulta, appunto, che esso è sottoscritto dal difensore
della società ricorrente con firma autografa.
Ne consegue che la suindicata eccezione deve essere respinta.
II

Sintesi dei motivi di ricorso

2.— Il ricorso è articolato in otto motivi.
2.1.— Con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 90 del d.lgs. n. 385 del 1993 e dell’art. 2112 cod. civ.
Si rileva che la Corte d’appello ha accolto la domanda dei pensionati riguardante il
trattamento di fine rapporto anche in riferimento al periodo maturato dagli interessati alle
dipendenze di SICILCASSA, ritenendo inapplicabile il limite di responsabilità del cessionario — dei
debiti della azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa risultanti dallo stato passivo —
previsto dal suindicato art. 90, costituente norma speciale e prevalente rispetto all’art. 2112 cod.
civ., come riconosciuto sia in ambito comunitario sia nella giurisprudenza di legittimità.
2.2.— Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 2112 e 2697 cod. civ.
Si rileva che l’anzidetta erronea applicazione dell’art. 2120 cod. civ. è stata anche effettuata in
assenza di deduzioni degli interessati sulla sussistenza di un trasferimento di azienda tra
SICILCASSA e BANCO di SICILIA e di richieste istruttorie sul punto e quindi in contrasto con la
giurisprudenza di questa Corte nella specifica materia, secondo cui in caso di liquidazione coatta
amministrativa di un istituto bancario con cessione delle relative attività e passività, spetta al
giudice di merito verificare in concreto, in base all’interpretazione della volontà negoziale
desumibile dalle clausole contrattuali e da ogni altra circostanza di fatto (secondo i criteri dettati
dall’art. 1362 ss. cod. civ.) se sia stata posta in cessione l’intera azienda oggetto dell’attività
produttiva dell’impresa di credito posta in liquidazione coatta amministrativa, oppure se sia stata
attuata una semplice liquidazione finale degli elementi patrimoniali senza alcun legame funzionale
tra i medesimi (Cass. 7 agosto 2004, n. 15317 e Cass. 1 febbraio 2005, n. 1888).
2.3.— Con il terzo motivo si denunciano: a) in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 45 CCNL ACRI, in riferimento all’art. 1362 cod. civ.; b) in
relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo
per il giudizio, con riferimento al lavoro straordinario prestato dagli attuali intimati, nel periodo
lavorativo alle dipendenze di SICILCASSA e quindi anteriore all’atto di cessione del 1997.
3

Tale eccezione è stata proposta, subordinatamente alla condizione che anche l’originale del
ricorso depositato presso la Cancelleria di questa Corte non risultasse sottoscritto con firma
autografa del suddetto difensore, mostrando i controricorrenti di conoscere il consolidato
orientamento di questa Corte secondo cui: l’inammissibilità consegue soltanto alla mancanza di
sottoscrizione del difensore sull’originale del ricorso (art. 365 cod. proc. civ.), mentre la mancata
sottoscrizione della copia notificata non dà luogo a nullità, a meno che non si determini assoluta
incertezza sull’identificazione della parte e del difensore (vedi, per tutte Cass. S.U. 29 luglio 2003,
n. 11632; Cass. 18 febbraio 2014, n. 3791).

2.4.— Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e falsa applicazione dell’art. 132 CCNL Assicredito in riferimento all’art. 1362 cod. civ.

2.5.— Con il quinto motivo si denunciano: a) in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363 e 1366 cod. civ.; b) in relazione all’art. 360,
n. 5, cod. proc. civ., contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio,
con riferimento all’Accordo del 25 febbraio 1998, con il quale le parti sociali hanno concordato un
programma di esodo volontario dei dipendenti ex SICILCASSA con riconoscimento agli aderenti di
una “indennità di accompagnamento”, da calcolare in ragione del trattamento pensionistico futuro,
ossia equiparata “all’importo netto del trattamento pensionistico AGO” che il lavoratore avrebbe
percepito se avesse posseduto i relativi requisiti.
Poiché sia con riferimento all’obbligo di erogazione del BANCO sia con riguardo al diritto
dei lavoratori di riscossione nell’Accordo si faceva espressamente riferimento allo “importo netto”
del trattamento è evidente che, implicitamente, si è inteso convenire che la somma da corrispondere
doveva essere determinata al netto delle ritenute fiscali.
Infatti, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello, l’obbligo della erogazione di
tale indennità in misura pari al trattamento pensionistico netto non poteva non comportare,
implicitamente, l’effettuazione, a carico del datore di lavoro, del calcolo a ritroso dell’importo lordo
onde provvedere, per conto del lavoratore, al versamento dell’aliquota fiscale.
Una simile previsione non incide sugli oneri fiscali, ma sulla relativa modalità di calcolo
effettuata passando dal netto al lordo anziché dal lordo al netto e finalizzata a garantire ai destinatari
un sostegno al reddito equo e proporzionato alle esigenze di ciascuno, visto che, con il secondo tipo
di calcolo, gli interessati avrebbero riscosso di meno.
D’altra parte, la Corte territoriale è caduta in contraddizione ove (v. p. 11 della sentenza
impugnata), da un lato, ha riconosciuto che il BANCO era “obbligato a corrispondere un assegno
pari all’importo netto del trattamento pensionistico AGO” e, dall’altro lato, ha affermato che tale
obbligo era “cosa ben diversa dal dovere di corrispondere somme al netto dell’intera aliquota fiscale
applicabile”.
2.6.— Con il sesto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ., violazione
e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ.
Si sostiene che la Corte d’appello avrebbe violato il principio della corrispondenza tra il
chiesto e il pronunciato per il fatto di avere escluso l’applicazione dell’art. 17, comma 4-bis, del
TUIR e di aver riconosciuto ai pensionati il diritto ad ottenere differenze lorde di trattamento in
virtù dell’applicazione di altra normativa fiscale, non meglio specificata.

4

Si sostiene che, per il periodo successivo al 1998, i giudici di appello non avrebbero
esaminato il CCNL 19 dicembre 1994, ritualmente richiamato dalla società, che contiene una
elencazione dettagliata delle voci retributive computabili nel TFR, senza contenere alcun
riferimento al lavoro straordinario.

Si precisa che gli attuali controricorrenti non hanno mai avanzato alcuna contestazione in
merito alla disciplina fiscale applicata dal BANCO di SICILIA, né hanno mai chiesto differenze di
indennità di accompagnamento derivanti dalle modalità applicative di detta disciplina.

Nel presente giudizio, infatti, i pensionati si erano limitati a chiedere la riliquidazione
dell’indennità di accompagnamento in ragione dei compensi per lavoro straordinario, senza fare
alcun riferimento al diverso titolo delle ritenute fiscali.
Quindi, la relativa pronuncia non può che considerarsi viziata da ultrapetizione.
2.7.— Con il settimo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., carente
e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione alla
quantificazione operata in sede peritale, cui la Corte d’appello ha aderito acriticamente, senza tenere
conto delle contestazioni della società basate sulla normativa fiscale, secondo cui la indennità in
esame è assoggettata a tassazione separata e alla aliquota agevolata di cui all’art. 17, comma 4-bis,
del TUIR (d.P.R. n. 917 del 1986).
Si contestano anche le modalità con le quali la Corte è pervenuta alla anzidetta decisione
estranea al petitum, escludendo — in adesione acritica alle conclusioni del CTU — l’applicazione
dell’anzidetta norma e facendo applicazione di altra normativa fiscale, non meglio specificata,
anziché escludere la riconoscibilità del suindicato credito per effetto della avvenuta esclusione
dell’applicazione della disposizione stessa, che è quella che disciplina la fattispecie ed è quindi
quella applicata dal BANCO di SICILIA.
Si sottolinea, in particolare, che, il CTU, dopo la verifica sia della avvenuta inclusione dei
compensi per il lavoro straordinario nelle basi di calcolo delle indennità di accompagnamento degli
attuali controricorrenti sia della conformità dei calcoli effettuato dal BANCO di SICILIA
all’Accordo 25 febbraio 1998, ha ritenuto corretta la quantificazione prospettata dai pensionati, non
coincidente con quella della società, senza dare alcuna spiegazione al riguardo.
La Corte d’appello non ha preso in considerazione i puntuali rilievi sul punto del BANCO di
SICILIA e così non ha neppure percepito che l’erogazione dell’indennità al netto delle ritenute
fiscali anziché al lordo ha rappresentato un vantaggio per gli interessati.
2.8.— Con l’ottavo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.,
violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 59, comma 3, della legge n. 449
del 1997 e dell’art. 17, comma 4-bis, del TUIR, in conseguenza della acritica adesione alle
conclusioni del CTU.
III

Esame delle censure

3.- Il ricorso è fondato, nei limiti e per le ragioni di seguito esposti.
5

Ciononostante, la Corte messinese ha dato incarico al CTU contabile nominato di effettuare
accertamenti anche sul punto, probabilmente sulla erronea premessa che i pensionati avessero
chiesto anche differenze di trattamento a tale titolo, come era accaduto in altra analoga controversia
esaminata dalla Corte d’appello nella medesima udienza.

4.1.- Va, infatti, osservato che la Corte territoriale, per affermare l’ammissibilità la domanda
avanzata dai pensionati dinanzi al giudice ordinario e nei confronti del BANCO di SICILIA per i
crediti derivanti dalla mancata considerazione dei periodi di lavoro straordinario posto in essere
prima della cessione tra SICILASSA e BANCO di SICILIA e della messa in liquidazione della
SICILCASSA, senza che il BANCO cessionario potesse opporre la mancata inclusione nello stato
passivo degli accantonamenti del TFR anteriori alla cessione, ha fatto riferimento ad un
orientamento minoritario di questa Corte (espresso nelle due isolate sentenze 30 gennaio 2005 n. 36
e 5 luglio 2007 n. 15161), che non solo non trovava riscontro nella prevalente coeva giurisprudenza
di questa Corte (vedi, per tutte: Cass. 30 agosto 2006, n. 18713 e Cass. 2 marzo 2005, n. 4372), ma
che, quando è stata emessa la sentenza attualmente impugnata, era già stato da tempo espressamente
superato, a partire da Cass. 13 novembre 2009, n. 24098 e Cass. 23 novembre 2009, n. 24635.
4.2.- Nella citata sentenza n. 24098 del 2009, in particolare, questa Corte, nel ribadire che, in
caso di liquidazione coatta amministrativa di un istituto di credito, il cessionario risponde (ai sensi
dell’art. 90, secondo comma, del d.lgs. n.385 del 1993), soltanto delle passività risultanti dallo stato
passivo dell’istituto di credito cedente — sottoposto a detta procedura — in presenza di una qualsiasi
delle tipologie di vicende circolatorie, di attività e passività, di azienda o di rami di azienda, di beni
e rapporti giuridici individuabili in blocco, alternativamente previste ed affidate alla scelta
discrezionale dei commissari, ha sottolineato che l’art. 90 cit. è dotato di efficacia derogatoria, nel
caso di cessione d’azienda o di ramo d’azienda, rispetto all’art. 2112 cod. civ. e che ciò si giustifica
anche nell’ordinamento comunitario, con la necessità di salvaguardare l’occupazione nel caso di
crisi dell’impresa, agevolandone l’acquisto in tutto o in parte e così tutelando l’affidamento
dell’acquirente, facendogli conoscere esattamente e con certezza lo stato patrimoniale attraverso il
risultato di una procedura pubblica.
Nella sentenza stessa, la Corte ha, inoltre, precisato di non potere, per questa ragioni,
“condividere le sentenze 30 gennaio 2005 n. 36 e 5 luglio 2007 n. 15161, che, nel caso di cessione
di azienda e quanto agli accantonamenti per il TFR, ritengono la prevalenza dell’art. 2112 cod. civ.
sul d.lgs. n. 385 del 1993, art. 90 nell’erroneo presupposto che solo con la fine del rapporto nasca
ogni diritto del lavoratore”.
4.3.- Nel corso del tempo, il suddetto indirizzo, che questo Collegio condivide, si è del tutto
consolidato (vedi, fra le altre: Cass. 16 marzo 2011, n. 6156 e Cass. 18 marzo 2010, n. 6624), sicché
può ormai considerarsi assodato che:
a) mentre, nell’ambito applicativo del d.lgs. n. 385 del 1993, l’art. 90, per le suindicate
ragioni, deroga alla disciplina di cui all’art. 2112 cod. civ., limitando la responsabilità dell’istituto
di credito cessionario ai soli debiti della azienda cedente in liquidazione coatta amministrativa
risultanti dallo stato passivo;
b) viceversa, in caso di cessione d’azienda assoggettata al regime generale di cui all’art. 2112
cod. civ., posto il carattere retributivo e sinallagmatico del trattamento di fine rapporto che
costituisce istituto di retribuzione differita, il datore di lavoro cedente rimane obbligato nei
6

4.- Il primo motivo di ricorso — riguardante i limiti di responsabilità e quindi di legittimazione
passiva di un istituto bancario cessionario di altro istituto bancario cedente in liquidazione coatta
amministrativa — è da accogliere.

confronti del lavoratore suo dipendente, il cui rapporto sia proseguito con il datore di lavoro
cessionario, per la quota di trattamento di fine rapporto maturata durante il periodo di lavoro svolto
fino al trasferimento aziendale, mentre il datore cessionario è obbligato per la stessa quota solo in
ragione del vincolo di solidarietà, e resta l’unico obbligato quanto alla quota maturata nel periodo
successivo alla cessione (Cass. 22 settembre 2011, n. 19291; Cass. 14 maggio 2013, n. 11479; Cass.
11 settembre 2013, n. 20837).

6.- Il terzo motivo — con il quale si contesta l’avvenuta affermazione della responsabilità del
BANCO di SICILIA per il lavoro straordinario prestato dagli attuali intimati, nel periodo di attività
lavorativa espletata alle dipendenze di SICILCASSA e, quindi, nel periodo lavorativo anteriore
all’atto di cessione del 1997 — è fondato, per le ragioni esposte a proposito della fondatezza del
primo motivo.
Infatti, anche la suindicata statuizione nasce dall’erroneo mancato riconoscimento del limite
della responsabilità dell’istituto di credito cessionario ai soli debiti della azienda cedente in
liquidazione coatta amministrativa risultanti dallo stato passivo.
7.- Il quarto motivo — con il quale si denuncia il riconoscimento del diritto dei lavoratori al
computo del lavoro straordinario svolto nel periodo lavorativo successivo alla cessione del 1997 — è
inammissibile per mancanza di interesse all’impugnazione (vedi, tra le molte: Cass. 16 marzo 2011,
n. 615 ; Cass. 23 maggio 2008, n. 13373; Cass.19 maggio 2006, n. 11844; Cass. 26 luglio 2005, n.
15623).
Infatti — a prescindere dal fatto che la questa Corte con sentenza 6 marzo 2009 n. 5569
(nonché con sentenza 10 marzo 2009 n. 5707) (pronunciando ai sensi dell’art. 420 bis cod. proc.
civ.) ha affermato che l’art. 45 CCNL cit., va interpretato nei senso che non contiene alcuna deroga
all’art. 2120 cod. civ., secondo comma, quanto al compenso per lavoro straordinario svolto in modo
non occasionale ed ai fini della sua inclusione nella base di calcolo del trattamento di fine rapporto
— quel che rileva, nella specie, è che i lavoratori non hanno svolto lavoro straordinario nel periodo
successivo alla cessione, come specificano gli stessi interessanti in controricorso (v. p. 21).
8.- Il sesto motivo — da esaminare, in ordine logico, prima del quinto motivo — è da accogliere.
8.1.- Infatti, dall’esame degli atti — reso necessario, dato il tipo di censura proposto — risulta
che la domanda sulle modalità di calcolo delle ritenute fiscali sui compensi da corrispondere, nella
specie, a titolo di incentivo per l’esodo anticipato dal lavoro non è stata ritualmente e
tempestivamente proposta dagli interessati.
In particolare, nel ricorso introduttivo del presente giudizio, non vi è alcuna domanda al
riguardo — diversamente da quanto risulta nel ricorso introduttivo del giudizio di cui al RG n.
19399/11, che risulta sottoscritto dal medesimo avvocato e che contiene una lettera F, finale,
dedicata appunto alla suddetta domanda.
Ne risulta che, come sostiene l’attuale ricorrente, la Corte d’appello ha violato il principio
della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, laddove ha riconosciuto ai pensionati il diritto ad
ottenere differenze lorde di trattamento in virtù dell’applicazione di altra normativa fiscale, non
7

5.- Di qui l’accoglimento del primo motivo, che comporta l’assorbimento del secondo motivo.

meglio specificata, senza che gli interessati avessero avanzato alcuna contestazione in merito alla
disciplina fiscale applicata dal BANCO di SICILIA, né chiesto differenze di indennità di
accompagnamento derivanti dalle modalità applicative di detta disciplina.

Del resto, nel controricorso, i pensionati riconoscono di non avere mai formulato domande
espresse sul punto, diversamente da quanto fatto dal gruppo di pensionati di cui di cui al RG n.
19399/11, ma di averne fatto cenno solo nell’atto di appello (peraltro, tardivamente).
8.2.- Ne consegue che il sesto motivo deve essere accolto, risultando la pronuncia sulla
anzidetta questione viziata da ultrapetizione.
9.- All’accoglimento del sesto motivo consegue l’assorbimento del quinto, del settimo e
dell’ottavo motivo.

IV

Conclusioni

10.- In sintesi, devono essere accolti il primo, il terzo e il sesto motivo di ricorso. Il quarto
motivo va dichiarato inammissibile, mentre il secondo, il quinto, il settimo e l’ottavo motivo vanno
dichiarati assorbiti.
Conseguentemente, la sentenza impugnata deve essere cassata, in relazione alle censure
accolte, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel
merito, rigettando le domande proposte dai lavoratori nel ricorso introduttivo del giudizio.
La natura delle questioni trattate, il diverso orientamento espresso dai giudici del merito
nonché l’epoca solo recente dell’intervento risolutore delle Sezioni Unite sulla questione relativa
alle modalità di calcolo delle ritenute fiscali sui compensi da corrispondere, nella specie, a titolo di
incentivo per l’esodo anticipato dal lavoro, giustificano la compensazione integrale, tra le parti,
delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, con riguardo al primo, al terzo e al sesto motivo. Dichiara
inammissibile il quarto motivo e assorbiti tutti gli altri motivi. Cassa la sentenza impugnata, in
relazione alle censure accolte, e, decidendo nel merito, respinge le domande proposte nel ricorso
introduttivo. Compensa integralmente, tra le parti, le spese dell’intero processo.
Così deciso in Ro

ella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 14 gennaio 2015.

Infatti, nel presente giudizio, infatti, i pensionati si erano limitati a chiedere la riliquidazione
dell’indennità di accompagnamento in ragione dei compensi per lavoro straordinario, senza fare
alcun riferimento al diverso titolo delle ritenute fiscali.

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