Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9895 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 30/03/2011, dep. 05/05/2011), n.9895

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonino – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14172-2006 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

M.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 97/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

BRESCIA, depositata il 18/04/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/03/2011 dal Consigliere Dott. ETTORE CIRILLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 69 del 5 aprile 2005 (dec. 15 novembre M. A. impugnava, dinanzi alla CTP di Bergamo, con due ricorsi, poi riuniti, gli avvisi di rettifica notificatigli per evasione dell’IVA e violazione di connessi obblighi contabili relativamente agli anni 1989 e 1990.

I rilievi dell’ufficio erano fondati sul fatto che: a) il contribuente, avvalendosi della denominazione S.p.A. BELISARIO, avesse emesso fatture per cessioni di macchinari a società di leasing a fronte di operazioni sostanzialmente inesistenti; b) nell’anno 1990, il contribuente avesse omesso di fatturare operazioni per poco meno di L. 2,9 miliardi, nonostante egli avesse venduto in proprio un immobile alla società IMMOBILCENTRO, emettendo però la fattura come società INCOAP. Il contribuente, invece, negava di aver effettuato per sè operazioni soggette a obblighi ai fini IVA; in particolare, per quanto qui interessa, negava di aver esercitato attività commerciale in campo immobiliare, avendo invece agito su procura della società INCOAP. L’ufficio resisteva all’opposizione e, con particolare riguardo alla mancata fatturazione di operazioni imponibili relative alla vendita immobiliare, evidenziava che il M. avesse versato sul proprio conto corrente gli assegni di pagamento e che la società INCOAP non avesse mai presentato dichiarazione dei redditi e non possedesse registri contabili; sicchè si doveva ritenere che il contribuente avesse agito in proprio e sotto la copertura della qualifica di procuratore di tale società.

I giudici di prime cure hanno accolto integralmente il ricorso. Ha appellato l’ufficio e, con sentenza del 18 aprile 2005, la CTR della Lombardia (sez. Brescia), in parziale accoglimento dell’appello, ha confermato l’accertamento limitatamente alle sole fatture emesse al nome della società BELISARIO, ribadendo nel resto la pronunzia di primo grado.

I giudici d’appello hanno motivato la loro decisione, per la parte che interessa, ritenendo che non si potesse decidere in base a documenti non prodotti, come la “non impugnazione” degli accertamenti ai fini IRPEF, oppure inutilizzabili , quali gli atti del processo penale definito con patteggiamento.

Indi, sull’attività immobiliare della società INCOAP, hanno affermato che l’accertamento non potesse essere confermato, perchè erano stati prodotti gli atti, le delibere sociali e le procure a vendere; sicchè l’attività negoziale doveva essere imputata sotto ogni profilo alla suddetta società e non al contribuente. Con atto consegnato all’ufficiale giudiziario il 22 aprile 2006 e notificato ex art. 140 c.p.c. il 6 maggio 2006, l’agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a unico motivo con tre censure; il contribuente non si è costituito.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

01. La ricorrente denuncia: a) violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36; b) violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 2, 4, 51 e 54 degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c., degli artt. 444 e 445 c.p.p., nonchè dei principi generali in materia di prova; c) vizio di motivazione omessa, insufficiente, contraddittoria su punto decisivo della controversia.

02. In estrema sintesi, la ricorrente sostiene che la commissione tributaria regionale non abbia spiegato: i) perchè la società INCOAP, dovesse servirsi del M. come procuratore nell’acquisto dalla sig.ra. C. e nella successiva vendita dello stesso immobile alla soc. IMMOBILCENTRO; ii) perchè il M. si fosse prestato al servizio; iii) perchè il M., una volta incassato il prezzo, l’avesse trattenuto per se invece di consegnarlo alla società mandante.

03. Assume che, non avendo la società mandante mai presentato dichiarazioni fiscali e non disponendo di contabilità, essa presentava l’immagine tipica della società “cartiera”; sicchè la commissione tributaria regionale avrebbe dovuto concludere che il M. aveva acquisito e venduto l’immobile nell’esercizio di propria attività individuale interponendo ad essa una “cartiera”, mediante apposito schermo cartaceo costituito da delibere e procure.

In proposito richiama le dichiarazioni dell’avvocato Mauro, il quale aveva confermato che la società mandante era una vera e propria “cartiera”, disposta a fare da prestanome ad altri.

04. L’agenzia delle entrate, premesso che aveva regolarmente prodotto in appello copia della sentenza di patteggiamento emessa nei confronti del M. per i reati di mancata fatturazione e registrazione, si duole inoltre del fatto che i giudici d’appello non abbiano aderito all’orientamento giurisprudenziale che attribuisce a tal genere di pronunzia il rilievo di prova presuntiva dei fatti e delle responsabilità oggetto d’imputazione.

05. Si duole, infine, del rilievo mosso dal giudice d’appello circa l’omessa documentazione della non impugnazione dell’avviso d’accertamento notificato ai fini IRPEF da parte del contribuente;

afferma, in proposito, che l’ufficio aveva regolarmente prodotto l’avviso deducendo che non era stato impugnato, sicchè, in assenza di avversa contestazione, la circostanza doveva essere ritenuta pacifica.

06. Preliminarmente devono essere accolte le censure relative al mancato riferimento, fatto dal giudice d’appello, alla sentenza che ha applicato sanzioni penali, su richiesta dell’imputati, per i reati tributari, ascritti al M..

07. Sul punto va ribadito il costante orientamento della Suprema Corte secondo cui la sentenza di applicazione della pena, emessa ai sensi dell’art. 444 c.p.p. (patteggiamento), malgrado non sia una vera e propria sentenza di condanna e non costituisca una statuizione provvista della efficacia vincolante propria del giudicato, postula, tuttavia, una richiesta da parte dell’imputato che implica pur sempre il riconoscimento del fatto reato, onde non impedisce che, nel corrispondente giudizio in sede civile, ai fini della relativa decisione, si proceda all’accertamento, autonomo, in via incidentale, dei fatti illeciti oggetto del giudizio penale, ivi costituendo, tuttavia, indiscutibile elemento di prova che bene può essere utilizzato, anche in via esclusiva, per la formazione del proprio convincimento, dal giudice di merito, dovendosi altrimenti spiegare le ragioni per le quali l’imputato abbia ammesso una sua insussistente responsabilità e il giudice penale abbia prestato fede a tale ammissione (Sez. 1, Sentenza n. 3626 del 24/02/2004, e Sez. U, Sentenza n. 17289 del 31/07/2006; nel processo tributario, Sez. 5, Sentenza n. 24587 del 03/12/2010).

08. Sul parallelo accertamento fiscale ai fini IRPEF, non impugnato, va ricordato che quanto accertato dall’amministrazione a fini applicativi di un’imposta vincola la stessa amministrazione anche nell’ambito applicativo di altri tributi (es. IVA e IRPEF), ove i fatti economici siano i medesimi e le singole leggi d’imposta non stabiliscano differenti criteri di valutazione (Sez. 5, Sentenza n. 19321 del 08/09/2006). Ciò – anche in difetto di un’espressa previsione legislativa – nell’applicazione diretta dei principi costituzionali di uguaglianza, di legalità, d’imparzialità amministrativa e di capacità contributiva, stabiliti dagli articoli 3,97,53 della Costituzione (Sez. 5, Sentenza n. 792 del 20/01/2003).

09. Ne deriva che, una volta provata nel giudizio di merito la notifica dell’avviso di accertamento relativo all’IRPEF per gli stessi fatti e affermata dall’ufficio l’omessa impugnazione da parte del contribuente, spetta al contribuente stesso, che impugna l’omologo accertamento ai fini IVA, l’onere di allegare e provare d’aver impugnato anche l’altro avviso.

10. Quanto al resto, la motivazione d’appello è assolutamente apparente. Manca, finanche graficamente, l’esame congiunto e critico di elementi decisivi quali: la percezione del prezzo da parte del contribuente, l’assenza di una vera e propria attività della società mandante, il ruolo avuto nella circolazione immobiliare (anche alla luce delle dichiarazioni dell’avv. Mauro). Manca, inoltre, la valutazione della condotta esterna del contribuente, volontariamente assoggettatosi a sanzione penale (per effetto del “patteggiamento”) e a imposizione fiscale IRPEF (in mancanza d’impugnazione).

11. La sentenza d’appello, discostatasi dai principi di diritto e da quelli regolativi in tema di prova sopra enunciati, va cassata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della CTR competente, che provvederà anche sulle spese.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata in ordine alle censure accolte e rinvia, anche per le spese, ad altra sezione della CTR della Lombardia (sez. staccata di Brescia).

Così deciso in Roma, il 30 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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