Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9893 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. L Num. 9893 Anno 2015
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA
sul ricorso 21911-2012 proposto da:
FIONDA TEODORO C.F. FNDTDR42M23D612I, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo
studio dell’avvocato CARLO DE VITA, che lo
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2014
3557

INA VITA S.P.A. ora INA ASSITALIA S.P.A. P.I.
00885351007, in persona del legale rappresentante pro
tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO
VITTORIO

EMANUELE

II

326,

presso

lo

studio

Data pubblicazione: 14/05/2015

.J •

dell’avvocato RENATO SCOGNAMIGLIO, che la rappresenta
e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente nonchè contro

MINISTERO

DELL’ECONOMIA E

DELLE

FINANZE

C.F.

rappresentato e difeso dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO presso i cui uffici domicilia ope legis, in
ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI n. 12 (Atto di
Costituzione dell 02/11/2012);
– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 6306/2011 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 11/10/2011 R.G.N.
6438/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 19/11/2014 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato CAPODICASA LAURA per delega DE VITA
CARLO;
udito l’Avvocato PORCELLI VINCENZO per delega
SCOGNAMIGLIO RENATO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

80207790587, in persona del Ministro pro tempore,

Svolgimento del processo
Con sentenza del 20/9 — 11/10/2011 la Corte d’appello di Roma ha accolto
l’impugnazione della società INA VITA s.p.a. avverso la sentenza del giudice del
lavoro del Tribunale di Roma, che l’aveva condannata a corrispondere a Fionda

del regolamento ha-Casa del 7/12/1960 e di trattamento aggiuntivo di cui all’art.
41 dello stesso Regolamento, e per l’effetto ha rigettato l’originaria domanda del
pensionato. Nel contempo, la Corte ha respinto l’appello incidentale del Fionda
volto alla dichiarazione del diritto alle pretese invocate o, quantomeno, a quella di
cui all’art. 41 del predetto regolamento anche dopo il mutamento dell’Ina in società
per azioni e sino al suo collocamento in quiescenza, avvenuto nel corso del 1999,
ed ha compensato le spese.
La Corte capitolina è pervenuta a tale decisione sulla base delle seguenti
considerazioni: – Il rapporto di lavoro intercorso con la società INA Vita s.p.a,
cessionaria di ma s.p.a. e S.p.a. Assicurazioni Generali, aveva natura
indubbiamente privatistica, come riconosciuto anche dal medesimo ex dipendente,
e ciò rendeva inoperante la riserva di legge, di cui all’art. 4, comma 6, della legge
297/82, rispetto ai pubblici dipendenti, mentre consentiva di ritenere applicabili le
disposizioni della disciplina generale sul trattamento di fine rapporto; in forza di
quest’ultima disciplina normativa qualsiasi indennità aggiuntiva, comunque
denominata, purchè corrisposta a causa ed in occasione della cessazione del
rapporto di lavoro, rientrava nella previsione della legge n. 297 del 1982, per cui
non poteva non esservi ricompresa anche l’indennità in esame; i Regolamenti del
1973 e del 1975 riguardanti le indennità in questione erano stati annullati dal
Consiglio di Stato con sentenza n. 265/89 ed il Fionda era cessato dal servizio in
epoca successiva alla data di entrata in vigore della legge n. 297/82, per cui erano
a lui applicabili le norme che avevano disciplinato nuovamente l’indennità di
anzianità o il trattamento di fine rapporto; l’accoglimento integrale delle ragioni

Teodoro la somma di € 77.533,00 a titolo di indennità di anzianità di cui all’art. 40

dell’appellante principale comportava l’assorbimento dei motivi dell’appello
incidentale, poiché il diritto preteso era stato escluso dalla sua origine.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il Fionda con quattro motivi.
Resiste con controricorso l’INA Assitalia s.p.a., avente causa di Irta Vita s.p.a e di

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze deposita atto di costituzione in giudizio.
L’Ina Assitalia s.p.a ed il Fionda depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 19 del d.p.r.
10.12.1972 n. 1036, norma, questa, per effetto della quale al personale trasferito
deve essere mantenuto un trattamento globale e di quiescenza non inferiore a
quello dovuto all’atto del trasferimento e che, secondo la tesi difensiva in esame,
non consente di fare alcuna discriminazione tra il personale trasferito in base alla
sua destinazione, avendo tutti gli ex dipendenti diritto alla continuazione del
rapporto di lavoro ed al mantenimento del trattamento pregresso, ivi compreso
quello di cui al regolamento Ina — Casa. Ciò, secondo il ricorrente, trova riscontro
nel fatto che con la sentenza n. 265/1989 il Consiglio di Stato aveva annullato le
modifiche al Regolamento lna — Casa del 1960 e tale annullamento aveva
efficacia erga omnes.
2. Col secondo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 11 delle preleggi
al codice civile e del principio della irretroattività con riferimento alla legge n. 292
del 1982 dolendosi del fatto che la Corte d’appello non avrebbe potuto applicare
con effetto retroattivo quest’ultima norma sulla nuova regolamentazione del
trattamento di fine rapporto alla sua situazione che concerneva pretese maturate
anche anteriormente all’entrata in vigore della nuova disciplina.
3. Col terzo motivo il ricorrente lamenta l’omessa ed insufficiente motivazione su
un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nonché la violazione degli artt. 41
del regolamento lna-Casa, 19 del d.P.R. 30.12.1972 n. 1036, 4 della legge n.

2

Assitalia s.p.a. a seguito di fusione per incorporazione di tali società.

297/1982 e 2115 cod. civ., contestando la parte della decisione in cui, nel tenersi
conto della riforma dell’indennità di anzianità introdotta dalla nuova disciplina
dell’art. 4 della legge n. 297/82, per effetto della quale era stata prevista
l’eliminazione di ogni altra indennità comunque denominata, si è affermato che

Casa sul trattamento di fine rapporto, sia quella di cui all’art. 41 dello stesso
regolamento sul trattamento integrativo di previdenza.
A sostegno della contestazione il ricorrente evidenzia che quanto gli spettava a
quest’ultimo titolo era frutto di un accantonamento di retribuzione mensile per il 5%
e che le somme accantonate affluivano ad una polizza di assicurazione presso
l’INA che consentiva, alla cessazione del rapporto, anche l’erogazione della
rendita in luogo del capitale e, quindi, di una somma mensile che si aggiungeva al
trattamento pensionistico obbligatorio.
4. Oggetto del quarto motivo di doglianza è l’omesso esame di un punto decisivo
della controversia unitamente alla violazione dell’art. 112 c.p.c. in quanto si fa
notare che la domanda era stata proposta per il periodo anteriore al trasferimento
all’INA avvenuto nel 1975, per cui, anche a prescindere dalla irretroattività della
legge n. 297/82, era evidente che quest’ultima normativa riguardava rapporti a
struttura privatistica e nulla aveva a che vedere col trattamento spettante al
ricorrente sino al momento del suo passaggio all’INA e cioè per un rapporto di
lavoro a struttura pubblicistica. Ne conseguiva che mai esso ricorrente avrebbe
dovuto vedersi riformata la sentenza di primo grado per le pretese economiche
inerenti al periodo di servizio Gescal precedente al passaggio all’INA, mentre nella
sentenza impugnata non vi era alcuna traccia dell’esame della domanda riflettente
tale specifica questione.
Osserva la Corte che per ragioni di connessione, dovuti all’unicità della materia
trattata, i quattro motivi sopra riassunti possono essere esaminati congiuntamente.

erano da considerare superate sia la norma di cui all’art. 40 del regolamento lna-

Orbene, i predetti motivi sono infondati alla luce della disamina del dato normativo
di cui all’art. 4, comma 4, della legge n. 297/82, correttamente interpretato dalla
Corte d’appello; dato normativo, questo, che ha disciplinato nuovamente la
materia del trattamento di fine rapporto con la previsione dell’abrogazione delle

che è applicabile nella fattispecie, caratterizzata dalla incontestata sussistenza di
un rapporto di diritto privato, così come adeguatamente appurato dalla Corte di
merito, per cui la conclusione cui quest’ultima è pervenuta è senz’altro
condivisibile essendo esente da rilievi di carattere logico-giuridico.
Infatti, l’art. 4, comma 4, della legge n. 297 del 29 maggio 1982 stabilisce
espressamente quanto segue: ” Le norme di cui all’art. 2120 del codice civile e ai
commi secondo, terzo, quarto, quinto e sesto dell’art. 5 della presente legge si
applicano a tutti i rapporti di lavoro subordinato per i quali siano previste forme di
indennità di anzianità di fine lavoro, di buonuscita, comunque denominate e da
qualsiasi fonte disciplinate.”

Ne consegue che correttamente la Corte territoriale ha affermato, alla luce di
quest’ultima disposizione, che nell’ampia previsione della legge n. 297/82
rientrano anche le provvidenze di cui al summenzionato art. 41 del regolamento
I na — Casa.
Né l’espressione “trattamento integrativo della previdenza obbligatoria” adottata
dall’art. 41 del citato regolamento può valere a dimostrare che la prestazione
prevista alla cessazione del rapporto di lavoro dalla predetta polizza assicurativa
avesse natura previdenziale e non piuttosto di prestazione ontologicamente
assimilabile al trattamento di fine rapporto e, quindi, incompatibile con la legge n.
207 del 1982.
D’altronde, il decimo comma dell’art. 4 della legge n. 297/82 è chiaro nello stabilire
che sono abrogate tutte le altre norme di legge o aventi forza di legge che

4
,Q92

altre forme di indennità comunque denominate e da qualsiasi fonte disciplinate e

disciplinano le forme di indennità di anzianità, di fine rapporto e di buonuscita,
comunque denominate.
Inoltre, la stessa norma di cui al citato art. 4 è, altresì, categorica nel prevedere,
nei successivi commi 5 e 6, la salvezza delle indennità corrisposte alla cessazione

comma 4, oltre che della disciplina legislativa del trattamento di fine servizio dei
dipendenti pubblici.
Ebbene, queste due riserve non ricorrono nella fattispecie, così come
adeguatamente posto in risalto nell’impugnata sentenza, per cui perdono di rilievo
anche le censure attraverso le quali il ricorrente tenta di far leva sulla pregressa
natura pubblicistica del rapporto, tanto più che la stessa Corte di merito ha
esattamente evidenziato che la nuova normativa sul trattamento di fine rapporto
era senz’altro applicabile all’appellato, il quale era cessato dal servizio
successivamente all’entrata in vigore della predetta legge del 1982.
D’altra parte, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare in un caso
analogo (Cass. Sez. Lav. n. 13395 del 29/5/2013), dalla cui soluzione non vi è
ragione di discostarsi, “la previdenza aziendale, avente – secondo un
accertamento, riservato al giudice di merito, che involge l’interpretazione della
disciplina contrattuale ed è incensurabile in sede di legittimità, se correttamente
motivato – natura e funzioni non diverse da quelle dell’indennità di anzianità, di fine
lavoro o di buonuscita, comunque denominata e da qualsiasi fonte disciplinata,
ricade – nel regime introdotto dalla legge 29 maggio 1982, n. 297 – nella generale
invalidazione sancita dall’art. 4 della legge citata, con la conseguenza che
risultano caducate non solo le clausole contrattuali che regolano il rapporto tra
lavoratori e datore di lavoro o fondo di previdenza (avente ad oggetto l’erogazione
del trattamento), ma anche ogni altra clausola, comprese quelle che istituiscano o
regolino un fondo “ad hoc” del quale, pertanto, deve escludersi la sopravvivenza.
(Nella specie, la S.C. ha confermato l’impugnata sentenza che aveva ritenuto che

del rapporto aventi natura e funzione diverse da quelle delle indennità di cui al

il

trattamento

aggiuntivo

di

previdenza

previsto

dall’art.

41

del

Regolamento INA Casa del 1960 in favore dei dipendenti, consistendo in un
capitale liquidato in concomitanza con la cessazione del rapporto di lavoro,
dovesse essere ricompreso nella disciplina abrogativa della legge n. 297 del

Pertanto, il ricorso va rigettato.
La particolarità della questione trattata induce questa Corte a ritenere interamente
compensate tra le parti le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Dichiara compensate tra le parti le spese del presente
giudizio.
Così deciso in Roma il 19 novembre 2014
Il Consigliere estensore

1982).”

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