Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9891 del 27/05/2020

Cassazione civile sez. trib., 27/05/2020, (ud. 09/05/2019, dep. 27/05/2020), n.9891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 9488/2011 proposto da:

MERIDIAN DUTY FREE S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore Dott. P.M., elettivamente domiciliata in Roma, via

Agostino Depretis n. 86, presso lo studio dell’Avv. Pietro Adonnino

che la rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso

cui è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 163/06/10 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 4 ottobre 2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 9

maggio 2019 dal Cons. MUCCI ROBERTO;

udito il P.M., nella persona del Sostituto Procuratore Generale ZENO

IMMACOLATA, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito, per la controricorrente, l’Avvocato dello Stato ANNA

COLLABOLLETTA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La CTR del Lazio ha accolto il gravame interposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della CTP di Roma di accoglimento del ricorso di Meridian Duty Free s.p.a. (già Meridian Trading Company s.r.l.) contro l’avviso di accertamento n. (OMISSIS), relativo all’anno d’imposta 1998, emesso nei confronti della società a seguito di verifica fiscale e conseguente rettifica della dichiarazione annuale a fini IRPEG, IRAP e IVA, da cui erano emerse spese non deducibili e, quanto all’IVA, l’indebita detrazione d’imposta, l’omessa indicazione dell’IVA su operazioni imponibili, l’omessa annotazione sui registri IVA di fatture intracomunitarie e la presentazione di elenchi Intrastat incompleti o inesatti; tanto sul presupposto di una frode con la partecipazione della predetta società e di alcune società “cartiere” finalizzata all’evasione dell’IVA. Questa la statuizione della CTR: “Accoglie l’appello dell’Ufficio e rigetta l’appello incidentale della società”.

2. Ha ritenuto la CTR quanto segue: a) “Si rigetta l’appello incidentale, nella considerazione che l’avviso di accertamento sia pure succintamente, contiene tutti gli elementi essenziali e necessari per mettere il contribuente nella condizione di esercitare validamente la propria difesa. Il PVC della G. di F., da cui ha tratto origine l’accertamento è stato portato a conoscenza della società” (pp. 4-5 della sentenza); b) la società non può dirsi estranea alle operazioni fraudolente basate su false dichiarazioni d’intento; c) da tali operazioni la società ha infatti ritratto un indubbio vantaggio economico, sussistendo “presunzioni gravi, precise, concordanti e ripetute che portavano sempre alla realizzazione di benefici economici in danno dell’erario da parte di tutti i soggetti partecipanti” (p. 6); d) la società non ha prodotto “nessuna prova documentale a sostegno della estraneità ai fatti fraudolenti imputategli” (p. 6), essendosi limitata ad affermare di non essere onerata a provare la falsità delle dichiarazioni d’intento; e) deve tenersi conto del fatto che le false dichiarazioni d’intento “sono state più volte prodotte dagli stessi soggetti per società diverse. Un accorto imprenditore a tutela dei propri interessi si sarebbe attivato per evitare i rischi, ad effettuare riscontri sul dichiarato” (p. 6).

3. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione Meridian Duty Free affidato a quattro motivi, cui replica l’Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

4. Deve premettersi che, dalle verifiche di cancelleria effettuate per gli adempimenti ex art. 377 c.p.c., comma 2, è risultata essere intervenuta nelle more la cancellazione dall’albo dell’unico difensore della società ricorrente e la nomina di un curatore fallimentare della stessa. Il collegio ha pertanto ritenuto, a fini di garanzia del diritto di difesa e dell’integrità del contraddittorio in vista della discussione pubblica della causa, di differire la pubblica udienza per la comunicazione al curatore fallimentare onde consentire la nomina di un nuovo difensore (si v., pur con riferimento all’ipotesi della morte dell’unico difensore, Sez. 1, 20 settembre 2013, n. 21608 e Sez. U, 13 gennaio 2006, n. 477).

5. Con il primo motivo di ricorso Meridian Duty Free denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c.: la CTR avrebbe omesso di pronunciarsi sull’eccezione, formulata dalla società ricorrente, di passaggio in giudicato, per mancata impugnazione da parte dell’Agenzia delle Entrate, della sentenza della CTP nella parte in cui aveva accolto l’eccepito difetto di motivazione dell’atto impositivo, con conseguente insindacabilità di tale punto. Evidenzia anche la società che la CTR, oltre a non aver motivato, come detto, ha rigettato un inesistente appello incidentale della società avverso un inesistente rigetto da parte della CTP del difetto di motivazione dell’atto.

Con il secondo motivo si denuncia ulteriore violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso ogni motivazione sull’eccezione di inammissibilità dell’atto di appello dell’Agenzia delle Entrate.

Con il terzo motivo si denuncia vizio motivazionale per avere la CTR affermato che l’avviso di accertamento contiene tutti gli elementi essenziali per mettere il contribuente in grado di difendersi, essendo stato il processo verbale di constatazione del 13 maggio 1999 portato a conoscenza della società; al contrario, tale punto mai sarebbe stato in discussione e su di esso – come dedotto con il primo mezzo – si sarebbe formato irreversibilmente il giudicato.

Con il quarto motivo si denuncia ancora omessa e insufficiente motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, in relazione al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e al D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 54, comma 1, per essersi la CTR limitata a vagliare la sussistenza della consapevolezza della società di partecipare ad operazioni fraudolente in virtù di presunzioni gravi, precise e concordanti, senza tuttavia motivare sul punto, nè tenere conto della documentazione prodotta dalla società a suffragio della propria contraria tesi e del decreto di archiviazione del procedimento penale nei confronti del legale rappresentante della medesima società.

6. Il primo e il terzo motivo – che possono essere esaminati congiuntamente in quanto attinenti alla medesima questione – devono essere respinti in quanto infondati, nonchè affetti da profili di inammissibilità.

6.1. Invero, in disparte la svista in cui è incorsa la CTR laddove ha rigettato l'”appello incidentale” mai interposto dalla società, deve rammentarsi che il ricorso per cassazione, avendo ad oggetto censure espressamente e tassativamente previste dall’art. 360 c.p.c., comma 1, deve essere articolato in specifici motivi riconducibili in maniera immediata ed inequivocabile ad una delle cinque ragioni di impugnazione stabilite dalla citata disposizione, pur senza la necessaria adozione di formule sacramentali o l’esatta indicazione numerica di una delle predette ipotesi, sicchè nel caso in cui il ricorrente lamenti l’omessa pronuncia in ordine ad una delle domande o eccezioni proposte, non è indispensabile che faccia esplicita menzione della ravvisabilità della fattispecie di cui all’art. 360 c.p.c., n. 4, con riguardo all’art. 112 c.p.c., purchè il motivo rechi univoco riferimento alla nullità della decisione derivante dalla relativa omissione, dovendosi, invece, dichiarare inammissibile il gravame allorchè sostenga che la motivazione sia mancante o insufficiente o si limiti ad argomentare sulla violazione di legge (Sez. 6-5, 22 febbraio 2018, n. 4289; Sez. U, 24 luglio 2013, n. 17931; Sez. 1, 31 ottobre 2013, n. 24553; sull’erronea sussunzione dell’omessa pronuncia ex art. 112 c.p.c. nel n. 5, anzichè nel n. 4, dell’art. 360 c.p.c. si v. Sez. 6-5, 19 giugno 2018, n. 16170). Ebbene, è senz’altro inammissibile almeno il terzo mezzo, sia laddove in sostanza taccia di insufficienza la motivazione offerta dalla CTR circa la congruità degli elementi evidenziati nell’avviso di accertamento al fine di mettere la contribuente in condizione di esercitare validamente la propria difesa (p. 108 del ricorso), sia nella parte in cui sollecita un non consentito nuovo accertamento di fatto con riferimento alle doglianze inizialmente mosse dalla società in ordine al contenuto del p.v.c. in quanto basato su atti alla stessa sconosciuti (punto 6, pp. 108-109, del ricorso).

6.2. Ciò posto, entrambe le censure in esame sono nondimeno infondate, essendosi la CTR pronunciata – con motivazione conforme a diritto – sul merito della questione della sufficienza della motivazione dell’atto impositivo, dunque con implicito rigetto dell’eccezione qui in discorso.

7. Infondato è, per analoghe ragioni, il secondo motivo, avendo la CTR proceduto ad esaminare il merito e così implicitamente rigettando l’eccezione di inammissibilità del gravame interposto dall’amministrazione.

8. Infine, è complessivamente da respingere il restante quarto motivo, con il quale la società si duole dell’insufficiente – non specifico, nè analitico – vaglio critico operato dalla CTR con riferimento alle varie operazioni fraudolente tese all’evasione di imposta contestate alla medesima società.

8.1. Il mezzo è infatti inammissibile nella parte in cui sollecita, anche per questo profilo, un non consentito nuovo accertamento in fatto ed è altresì infondato, essendo la motivazione offerta dalla CTR, pur nella sua stringatezza, sufficiente.

8.2. La CTR ha motivato circa la consapevolezza della società in ordine al sistema fraudolento richiamando, tra l’altro, la circostanza che questa aveva partecipato attivamente “a tutte le operazioni fraudolente poste in essere dal sistema adottato” e il vantaggio economico che la società ne aveva tratto (pagamento della merce a costi più favorevoli e con l’IVA al 19 per cento) (p. 5 della sentenza).

8.3. Orbene – come del resto già osservato dalla Sezione (Sez. 5, 17 luglio 2014, n. 16322) in una consimile fattispecie relativa ad altro analogo accertamento che ha a suo tempo interessato Meridian Trading Company s.r.l. (poi Meridian Duty Free s.p.a.) per il recupero a tassazione dell’IVA su ricavi non dichiarati e costi non deducibili nel contesto di operazioni fraudolente poste in essere con società “cartiere” collegate tra loro -, tale modalità è indizio grave della consapevolezza della frode, tanto più quando si tratti di una relazione sistematica con una pluralità di società cartiere.

9. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato e la ricorrente condannata alla rifusione delle spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, secondo soccombenza.

PQM

rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 13.000,00 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione civile, il 9 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 27 maggio 2020

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