Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9891 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 05/05/2011), n.9891

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6784-2006 proposto da:

MARIEM SS, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA CASETTA MATTEI N. 239 presso lo

studio dell’avvocato TROPEA SERGIO, rappresentato e difeso dagli

avvocati RECCA ANTONINO, MIRONE GIUSEPPE, giusta delega a margine;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO LOCALE DI CATANIA;

– intimato –

nonchè contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente con atto di costituzione –

avverso la sentenza n. 209/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

CATANIA, depositata il 17/01/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato RECCA ANTONINO, che ha chiesto

l’accoglimento e deposita copia della sentenza della Corte di

Cassazione N. 3614/06;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

1. Con sentenza n. 209/34/04, depositata il 17.1.05, la Commissione Tributaria Regionale delle Sicilia accoglieva l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate di Catania avverso la sentenza di prime cure, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società Mariem s.r.l. (ora società semplice) nei confronti dell’avviso di rettifica notificatole il 28.11.94, con il quale – benchè la società avesse presentato dichiarazione integrativa, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 49 (cd. condono tombale), per gli anni dal 1986 al 1990 – veniva recuperato un debito IVA per l’anno 1989, ricompreso in detta dichiarazione.

2. La CTR riteneva, invero, – condividendo le argomentazioni dell’Ufficio finanziario – che la dichiarazione integrativa presentata dalla contribuente fosse affetta da nullità, per violazione del disposto della L. n. 413 del 1991, art. 49, comma 5 attesa la mancata inclusione nella stessa dell’anno d’imposta 1985, ancora accertabile alla data di entrata in vigore della suddetta legge, in virtù delle ordinanze ministeriali che avevano sospeso i termini per tale accertamento, in conseguenza del sisma verificatosi in Sicilia in data 13.12.90.

2.1 Nel merito, il giudice di appello riteneva di determinare la base imponibile, per il computo dell’imposta dovuta dalla contribuente, sulla base del valore normale dei beni oggetto di cessione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 14 tenuto conto altresì della base imponibile minima stabilita, in via presuntiva (rendita catastale rivalutata), dal D.L. n. 41 del 1995, art. 15.

3. Per la cassazione della sentenza n. 209/34/04 ha proposto ricorso la Mariem società semplice, articolando quattro motivi.

L’amministrazione intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

1. Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 56 per avere – a suo dire – la CTR della Sicilia eluso il giudicato interno formatosi sul merito della vertenza (determinazione della base imponibile, sulla base del valore normale dei beni oggetto di cessione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 14 e 15), non avendo l’Ufficio proposto, sul punto, censura alcuna alla decisione di prime cure.

2. Con il secondo motivo, la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 49.

2.1. Si duole, invero, la contribuente del fatto che il giudice di appello abbia erroneamente dichiarato la nullità del condono, per non avere la medesima ricompreso nell’istanza di definizione del rapporto tributario pendente, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 49, comma 5 anche l’anno 1985, ancora accertabile dall’Ufficio – ad avviso della CTR – attesa la sospensione dei termini in materia tributaria, ivi compresi quelli per gli accertamenti, disposta dalle ordinanze del Ministro per il coordinamento della protezione Civile, a seguito del sisma verificatosi in Sicilia il 13.12.90.

3. Con il terzo motivo di ricorso, la società Mariem deduce, poi, la violazione e falsa applicazione della L. n. 413 del 1991, art. 57, comma 1 avendo – a suo dire – la CTR della Sicilia illegittimamente escluso, col dichiarare la nullità del condono, l’operatività del principio di conservazione espresso dalla norma suindicata.

4. Il quarto motivo concerne, infine, la dedotta violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 13 e 14 nonchè del D.L. n. 41 del 1995, art. 15.

4.1. Il giudice di appello avrebbe, invero, erroneamente ritenuto, ad avviso della ricorrente, di determinare la base imponibile, per il computo dell’imposta dovuta dalla contribuente, sulla base del valore normale dei beni oggetto di cessione, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 14 tenuto conto altresì della base imponibile minima stabilita, in via presuntiva (rendita catastale rivalutata), dal D.L. n. 41 del 1995, anzichè – come avrebbe dovuto – sulla base dell’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente.

5. Premesso quanto precede, ritiene questa Corte che rivesta senza dubbio carattere di priorità logico-giuridica, rispetto agli altri motivi (il primo ed il quarto dei quali attengono, invero, al merito dell’accertamento conseguente alla dichiarata nullità del condono, laddove il terzo verte sul principio di conservazione degli effetti del condono, se ritenuto affetto da nullità), la seconda delle censure proposte dalla società Mariem, avente ad oggetto la dichiarazione di nullità del condono, per non avere la contribuente ricompreso nell’istanza di definizione del rapporto tributario pendente, ai sensi della L. n. 413 del 1991, art. 49, commi 1 e 5 anche l’anno di imposta 1985.

5.1. Ciò posto, va rilevato al riguardo che, in tema di condono fiscale di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 49 la dichiarazione integrativa che il contribuente soggetto all’IVA è tenuto a presentare deve contenere, a pena di nullità, ai sensi dei commi 1 e 5 della norma suindicata, la richiesta di definizione di tutti i periodi di imposta relativamente ai quali il termine per la presentazione della dichiarazione era scaduto entro il 5 marzo 1991, e per i quali, alla data di entrata in vigore della L. n. 413 del 1991, non erano stati notificati avvisi di rettifica o di accertamento (cfr. Cass. 13178/99, 5882/02, 14039/06). E’ del tutto ovvio, peraltro, – benchè la norma di cui alla L. n. 413 del 1991, art. 49 non ne faccia espresso riferimento, a differenza dell’art. 38 della medesima legge, relativo alle imposte sui redditi – che la mancata notifica di avvisi di accertamento o di rettifica rileva, ai fini dell’inserimento della relativa annualità di imposta nella dichiarazione integrativa ex art. 49, nella misura in cui alla data del 31.12.91 (di entrata in vigore della L. n. 413 del 1991) il termine per l’accertamento non era ancora scaduto per l’Ufficio. E’ fin troppo evidente, infatti, che – in caso contrario – l’annualità in considerazione si deve considerare ormai definita, essendosi irrimediabilmente consumato il potere impositivo e di rettifica dell’amministrazione finanziaria; sicchè la pendenza di una controversia tributaria, alla cui definizione il condono è funzionale, non è neppure ipotizzabile. Ebbene, va rilevato che in materia di IVA, a norma del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57 gli avvisi di rettifica o di accertamento, previsti dai precedenti artt. 54 e 55, “devono essere notificati, a pena di decadenza, entro il 31 dicembre del quarto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione”. Nel caso concreto, è incontroverso tra le parti che la dichiarazione IVA annuale per l’anno 1985 è stata presentata dal contribuente, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 28 l’anno successivo (1986); per cui tale dichiarazione avrebbe potuto costituire oggetto di accertamento fino al 31.12.90. Per il che, alla data di entrata in vigore della L. n. 413 del 1991 (31.12.91), il potere impositivo e di rettifica dell’amministrazione si sarebbe dovuto considerare ormai definitivamente perento, non essendo applicabile alla fattispecie concreta neppure la proroga biennale del termine per l’accertamento di imposta, prevista dalla L. n. 413 del 1991, art. 57, comma 2 atteso che tale proroga – in materia di IVA – ha interessato i soli termini di accertamento che non fossero già scaduti alla mezzanotte del 31.12.91 (Cass. 508/02).

E tuttavia, come si desume dalla sentenza in esame, l’anno di imposta 1985 è stato considerato, dall’amministrazione finanziaria, ancora accertabile in forza delle Ordinanze emesse dal Ministro per il coordinamento della protezione civile, “avendo l’azienda sede in territorio colpito dagli eventi sismici del dicembre 1990, per il quale era stata disposta la sospensione dei termini di prescrizione e decadenza anche in ordine all’accertamento dei tributi”. Tale convincimento dell’Ufficio è stato, poi, integralmente condiviso dalla CTR della Sicilia, nell’impugnata sentenza, nella quale ha affermato che i termini per l’accertamento dell’imposta relativa al 1985, da parte dell’Ufficio, sarebbero stati prorogati per effetto dei provvedimenti summenzionati, “a prescindere dal fatto se l’azienda, avente sede nel territorio colpito dal sisma, avesse, o meno, beneficiato dei relativi provvedimenti ministeriali di favore”.

5.2. Tale assunto della CTR della Sicilia appare del tutto erroneo ed integra, a giudizio della Corte, una palese violazione delle disposizioni dell’O.M. n. 2057/90 – ampiamente riportata e discussa, a sostegno della propria tesi, dalla società Mariem nel motivo di ricorso in esame – nonchè della L. n. 413 del 1991, art. 49, comma 5. Prima di procedere alla considerazione del merito della censura, va tuttavia premesso che le Ordinanze emesse dal Ministro per il coordinamento della protezione civile, a seguito del sisma verificatosi il 13.12.90 in Sicilia, trovano fondamento normativo nella L. n. 225 del 1992, e devono ascriversi nel novero delle “ordinanze libere”, le quali, ancorchè prive del valore di legge, sono, tuttavia, suscettibili di introdurre una disciplina divergente dall’ordine normativo, quale risultava in precedenza sulla base di disposizioni legislative. E pertanto, siffatte ordinanze sono soggette solo alla Costituzione ed ai principi generali dell’ordinamento, e non sono vincolate da altre norme preesistenti, che non siano espressamente indicate dalla fonte da cui traggono origine e fondamento. Ne discende che i provvedimenti in parola, pur non contenendo disposizioni generali e astratte, devono comunque formare oggetto della scienza diretta del giudice, il quale non sarebbe, altrimenti, in grado di accertare quali limitazioni siano state apportate nel caso concreto alla disciplina normativa generale;

e – pertanto – la violazione di tali ordinanze è, in ogni caso, denunciabile come vizio riconducibile alla fattispecie di violazione o falsa applicazione di legge di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 (cfr. Cass. 16450/07, Cass. S.U. 4813/06).

5.3. Premesso quanto precede in via di principio, rileva la Corte che, nel caso concreto, il giudice di appello ha ritenuto che l’anno di imposta 1985 fosse ancora accertabile dall’Ufficio, alla data di entrata in vigore del condono ex L. n. 413 del 1991 (31.12.91), sulla base del convincimento che l’O.M. n. 2057/90 avesse sospeso il termine per l’accertamento delle dichiarazioni dei contribuenti, per il solo fatto che l’azienda da essi gestita avesse sede nel territorio colpito dal sisma. E ciò a prescindere dal fatto che i contribuenti medesimi si fossero, o meno, avvalsi delle agevolazioni previste da tale provvedimento, con riferimento agli adempimenti ed ai versamenti di natura tributaria.

La tesi è infondata e non può essere condivisa. Ed invero, rileva la Corte che l’art. 1 dell’Ordinanza n. 2057/90 dispone – a favore dei cittadini colpiti dal sisma del 13.12.90 nella Sicilia Orientale – che “sono sospesi (…) i termini, anche processuali, relativi agli adempimenti ed ai versamenti di natura tributaria (…) nei confronti di pubbliche amministrazioni e di enti pubblici, anche agli effetti dell’accertamento e della riscossione delle imposte e delle tasse erariali e locali”. L’art. 3 del medesimo provvedimento stabilisce, peraltro, che “possono beneficiare delle sospensioni e delle agevolazioni di cui ai precedenti articoli i soggetti residenti da data anteriore al 13 dicembre 1990”, nei Comuni terremotati (comma 1), nonchè – ed è l’ipotesi che viene in considerazione nel caso concreto – che “possono altresì beneficiare delle disposizioni previste dai precedenti articoli i soggetti che svolgono, nell’area dei Comuni (terremotati) (…) la loro attività industriale, commerciale, artigiana ed agricola, ancorchè residenti altrove, limitatamente alle obbligazioni nascenti dalle attività stesse” (comma 2).

Ebbene, come si evince dall’uso del termine “possono”, operato dalla norma suindicata, i benefici previsti dall’Ordinanza in esame non sono automaticamente applicati — come ha erroneamente ritenuto il giudice di appello – ai cittadini delle zone colpite dal sisma, per il solo fatto di risiedere ivi, o di svolgere in quel territorio un’attività di impresa. Ed infatti, l’art. 5 del medesimo provvedimento ha cura di indicare i documenti che i contribuenti devono presentare al soggetto creditore di imposta, al fine di ottenere le sospensioni e le agevolazioni di cui all’art. 1, e consistenti, per quel che concerne in particolare le imprese, in una “dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà dalla quale risulti lo svolgimento dell’attività (…) e che le obbligazioni il cui adempimento si intende differire afferiscono esclusivamente all’attività medesima” (comma 2).

Ma decisivo, al fine di attribuire carattere del tutto facoltativo e volontario alla fruizione dei benefici in parola, si palesa, ad avviso della Corte, dell’O.M. n. 2057/90, art. 5, comma 5 laddove dispone che “in ogni caso le certificazioni e dichiarazioni, di cui al presente articolo, devono essere accompagnate da domanda di sospensione”.

Dal suesposto quadro normativo di riferimento discende, dunque, che le agevolazioni, in termini di adempimenti e versamenti tributari previste dalla menzionata O.M. n. 2057/90, e dalle successive, lungi dall’applicarsi automaticamente ai contribuenti, per il loro legame con il territorio colpito dal sisma, postulavano, invece, un’attività assertiva fondata su idonea documentazione, ed una specifica e formale richiesta da parte dei soggetti interessati. Per di più, mentre per gli adempimenti fiscali inerenti alla qualità di semplici cittadini era sufficiente documentare la qualità di residenti nel territorio, per i contribuenti tenuti ad adempiere gli obblighi di natura fiscale connessi all’attività esercitata (come la dichiarazione IVA), era necessario dimostrare l’esercizio di tale attività, l’inerenza ad essa delle obbligazioni il cui adempimento si intendeva differire, nonchè il momento di inizio della stessa attività, che doveva precedere la data in cui il sisma si è verificato (Cass. 24453/08).

Se ne deve necessariamente inferire che, essendo del tutto incontestato – e, del resto, ne da atto la stessa impugnata sentenza -, che la società Mariem non ha, nella specie, fruito della sospensione del termine per la presentazione della dichiarazione IVA, relativa all’anno 1985, non si vede perchè si sarebbe dovuto automaticamente prorogare il solo termine per l’accertamento da parte dell’Ufficio. Ed infatti, è di tutta evidenza che siffatta proroga sarebbe stata giustificata esclusivamente dall’avvenuta fruizione, da parte del contribuente, della sospensione del termine per l’adempimento di sua competenza, dovendo applicandosi, in mancanza, al potere di accertamento dell’Ufficio, il termine ordinario del D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 57.

Una diversa interpretazione, invero, finirebbe col legittimare la proroga del termine di decadenza per l’accertamento di imposta, legislativamente previsto, con un provvedimento, l’ordinanza ministeriale, non avente neppure natura e valore di legge, e senza che a tanto l’amministrazione fosse legittimata dalla sospensione, A per ragioni di ordine pubblico, del termine stabilito per il correlato adempimento da parte del contribuente. Il che – com’è del tutto evidente – integrerebbe una palese, e non consentita, violazione del principio di affidamento, del cittadino nella sicurezza giuridica, che – in quanto espressione di principi anche di rango costituzionale, immanenti nel diritto e nell’ordinamento tributario (art. 3 Cost.) – vincola l’interprete, in forza del canone ermeneutico dell’interpretazione adeguatrice a Costituzione (Cass. 17576/02, 21513/06), a prescindere dalla loro canonizzazione in norme di legge (L. n. 212 del 2000, art. 3, comma 3 e art. 10), non applicabili alla fattispecie concreta ratione temporis.

Per tutte le ragioni esposte, pertanto, ritiene la Corte che la censura in esame debba ritenersi pienamente fondata.

6. L’accoglimento del secondo motivo di ricorso comporta la cassazione della sentenza impugnata, con assorbimento delle altre censure. Il giudice di rinvio, che si individua in un’altra sezione della CTR della Sicilia, dovrà attenersi al seguente principio di diritto: “costituisce violazione del disposto della L. n. 413 del 1995, art. 49, comma 5 determinando l’inefficacia del condono, il solo mancato inserimento, nella relativa dichiarazione, delle annualità di imposta per le quali l’accertamento sia ancora possibile da parte dell’amministrazione finanziaria. La proroga dei termini per gli accertamenti tributari, nei territori colpiti dal sisma verificatosi in Sicilia il 13.12.90, postula l’effettiva fruizione, da parte del contribuente, della correlata sospensione del termine per il compimento degli adempimenti a lui facenti carico, tra i quali la presentazione della dichiarazione IVA, ai sensi degli artt. 1, 3 e 5 dell’Ordinanza del Ministro per il coordinamento della protezione civile n. 2057 del 21.12.90”.

7. Il giudice di rinvio provvederà anche alla liquidazione delle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte di Cassazione;

accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri; cassa l’impugnata sentenza, in relazione al motivo accolto, con rinvio ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, che provvederà alla liquidazione anche delle spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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