Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9890 del 19/04/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/04/2017, (ud. 19/01/2017, dep.19/04/2017),  n. 9890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1788-2016 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente-

contro

CMS DI D.G. & C SAS;

– intimata –

avverso la sentenza n. 2259/9/2014, emessa il 17/11/2014, della

COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BOLOGNA, depositata il

15/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 19/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. NAPOLITANO

LUCIO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal D.L. n. 168 del 2016, art. 1 – bis, comma 1, lett. e), convertito, con modificazioni, dalla L. n. 197 del 2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

Con sentenza n. 2259/9/2014, depositata il 15 dicembre 2014, non notificata, la CTR dell’Emilia – Romagna accolse l’appello principale proposto dalla CMS S.a.s. di D.G. e C. nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, Direzione provinciale di Ravenna, per la riforma della sentenza di primo grado della CTP di Ravenna, che aveva solo parzialmente accolto il ricorso proposto dalla contribuente, avverso l’avviso di accertamento – con il quale l’Ufficio, sulla base di processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza di Lugo, aveva contestato l’omessa dichiarazione di ricavi per l’anno 2000, derivanti da fatture emesse e non contabilizzate per Lire 656.647.000 e da movimentazioni bancarie (prelevamenti e versamenti non giustificati su conti della società e dei soci) per Lire 155.919.000 rigettando nel contempo l’appello principale dell’Ufficio volto ad ottenere la piena conferma della legittimità dell’atto impositivo impugnato.

La CTR ha affermato che nella fattispecie in esame l’avviso di accertamento era stato notificato oltre il termine di decadenza di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, nella sua formulazione applicabile ratione temporis, non potendo essere riconosciuto il raddoppio dei termini, in ragione del fatto che la Commissione non era stata posta in grado di verificare la sussistenza dei presupposti per la denuncia penale.

Avverso la pronuncia della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato ad un solo motivo.

L’intimata non ha svolto difese.

Con l’unico motivo l’Amministrazione ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, come modificato dal D.L. n. 223 del 2006, art. 37, comma 25, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la sentenza impugnata avrebbe di fatto richiesto, ai fini dell’applicabilità della disciplina sul raddoppio dei termini, un requisito ultroneo diretto alla valutazione della fondatezza della notizia di reato.

Il motivo è manifestamente fondato.

Questa Corte ha avuto modo di precisare (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 30 maggio 2016, n. 11171) che “in tema di accertamento tributario, il raddoppio dei termini previsto dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43, comma 3, e il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 57, comma 3, nei testi applicabili ratione temporis presuppone unicamente l’obbligo di denuncia penale, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., per uno dei reati previsti dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 57, comma 3, e non anche la sua effettiva presentazione, come chiarito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 247 del 2011”.

E’ dunque erronea l’affermazione del giudice tributario di appello di non poter valutare la sussistenza di siffatto presupposto in ragione del fatto che non fosse stato prodotto in atti il processo verbale integrale redatto dalla Guardia di Finanza, nè depositata copia della denuncia, atteso che dallo stralcio del relativo processo verbale il giudice tributario aveva invece tutti gli elementi per verificare la sussistenza dell’obbligo di denuncia, in presenza d’imposta evasa superiore a Lire 150.000.000 ed elementi attivi sottratti all’imposizione superiori al 5% dell’ammontare complessivo dei componenti positivi indicati in dichiarazione.

Ciò posto, avrebbe dovuto quindi la CIR valutare, ai fini della pronuncia sulla decadenza dell’Amministrazione dal potere impositivo, l’applicabilità nella fattispecie in esame della disciplina sul raddoppio dei termini, senza che, con riferimento all’avviso di accertamento in oggetto, relativo a periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data del 31 dicembre 2016, possano incidere le modifiche introdotte dalla L. n. 208 del 2015. In particolare, la citata Legge art. 1, comma 132, ha introdotto un regime transitorio che si occupa delle sole fattispecie non ricomprese nell’ambito applicativo del precedente regime transitorio, non oggetto di abrogazione, di cui al D.Lgs. n. 128 del 2015, art. 2, comma 3, in virtù del quale la nuova disciplina non si applica nè agli avvisi notificati entro il 2 settembre 2015, nè agli inviti a comparire o ai processi verbali di constatazione conosciuti dal contribuente entro il 2 settembre 2015 e seguiti dalla notifica dell’atto recante la pretesa impositiva o sanzionatoria entro il 31 dicembre 2015 (cfr. Cass. sez. 5, 16 dicembre 2016, n. 26037; Cass. sez. 5, 9 agosto 2016, n. 16728).

Il ricorso va dunque accolto, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio per nuovo esame alla CTR dell’Emilia – Romagna in diversa composizione, che, uniformandosi ai succitati principi di diritto, provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.

PQM

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia – Romagna in diversacomposizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Motivazione Semplificata.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 19 aprile 2017

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