Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9890 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 03/03/2011, dep. 05/05/2011), n.9890

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PIVETTI Marco – Presidente –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. POLICHETTI Renato – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 6538-2006 proposto da:

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, AGENZIA DELLE ENTRATE, elettivamente domiciliati in ROMA VIA

DEI PORTOGHESI 12 presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li

rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro

COCCO ENZO & C. SNC;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1009/2004 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

LATINA, depositata il 30/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO VALITUTTI;

udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI BRUNO, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAETA Pietro che ha concluso per l’accoglimento.

Fatto

1. Con sentenza n. 1009/40/04, depositata il 30.12.04, la Commissione Tributaria Regionale del Lazio rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate di Latina avverso la sentenza di prime cure, con la quale era stato accolto il ricorso proposto dalla società Cocco Enzo & C. s.n.c., nei confronti dell’ordinanza di chiusura provvisoria dell’esercizio commerciale gestito da detta società, per reiterate violazioni della normativa in materia di rilascio dello scontrino fiscale.

2. La CTR – condividendo il percorso argomentativo del giudice di primo grado – riteneva che la definizione agevolata delle violazioni contestate, operata dalla contribuente, impedisse l’irrogazione della sanzione accessoria suindicata, in applicazione del disposto del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16.

3. Per la cassazione della sentenza n. 1009/40/04 hanno proposto ricorso – nei confronti della società Cocco Enzo & C. s.n.c. – il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate, articolando un unico motivo. L’intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

1. Osserva, in via pregiudiziale, la Corte che il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva dell’amministrazione ricorrente. Ed invero, va osservato che, qualora – come nel caso di specie – al giudizio di appello abbia partecipato solo l’Agenzia delle Entrate – succeduta a titolo particolare nel diritto controverso al Ministero delle Finanze nel giudizio di primo grado, ossia in epoca successiva all’1.1.01, data nella quale le Agenzie sono divenute operative in forza del D.Lgs. n. 300 del 1999 – e il contribuente abbia accettato il contraddittorio nei confronti del solo nuovo soggetto processuale, deve ritenersi veri-ficata, ancorchè per implicito, l’estromissione del Ministero delle Finanze dal giudizio. Ne consegue che l’unico soggetto legittimato a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è l’Agenzia delle Entrate; per cui il ricorso proposto dal Ministero deve essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione attiva (cfr., tra le tante, Cass. 24245/04, 6591/08).

2. Passando, quindi, all’esame delle censure proposte dall’Agenzia delle Entrate, va rilevato che, con l’unico motivo di ricorso, l’Ufficio deduce la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12.

2.1. A parere dell’amministrazione ricorrente, infatti, la CTR del Lazio avrebbe erroneamente applicato alla fattispecie la disposizione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3 a tenore del quale la definizione agevolata delle contestazioni – prevista dalla norma – “impedisce l’irrogazione delle sanzioni accessorie”.

Il giudice di appello non avrebbe tenuto conto, invero, ad avviso dell’Ufficio, del disposto del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2 che consente – in ogni caso di recidiva nella violazione degli obblighi di rilascio della ricevuta o dello scontrino fiscale – l’applicazione delle sanzioni accessorie, ivi compresa la chiusura temporanea dell’esercizio, irrogata, nel caso concreto, alla società contribuente.

2.2. Il motivo di ricorso è fondato e va accolto.

2.2.1. Ed invero, osserva la Corte che in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, il D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 12, comma 2 prevede – in via generale e senza eccezioni di sorta – la sospensione della licenza (o autorizzazione) all’esercizio, ovvero dell’esercizio stesso dell’attività commerciale, nel caso in cui siano state accertate, nel corso di un quinquennio, tre distinte violazioni dell’obbligo di emettere la ricevuta o lo scontrino fiscale.

Ebbene, non può revocarsi in dubbio che tale norma – dando rilievo, ai fini dell’irrogazione della sanzione accessoria, alla recidività nelle violazioni fiscali in parola, a prescindere dall’essere state, o meno, le stesse definite dal contribuente – abbia carattere speciale rispetto alla disposizione generale contenuta nel D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3 a norma della quale l’applicazione delle sanzioni accessorie è impedita dalla definizione agevolata delle violazioni, prevista dalla stessa disposizione da ultimo menzionata.

Se ne deve necessariamente inferire che l’irrogazione delle suddette sanzioni non è impedita – in caso di recidiva del contribuente nell’arco temporale suindicato – dalla definizione agevolata prevista, in via generale, dalla disposizione del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 16, comma 3 (conf. (Cass. 2439/07, 25671/08, 13577/10).

Nel caso di specie, non giova, pertanto, alla società Cocco Enzo &

C. s.n.c. – contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello – il fatto di avere provveduto alla definizione agevolata delle violazioni contestatele dall’amministrazione, non potendo tale ravvedimento della contribuente inibire – per le ragioni suesposte l’applicazione della sanzione accessoria della chiusura temporanea dell’esercizio commerciale, dalla medesima gestito.

3. L’accoglimento del ricorso comporta la cassazione dell’impugnata sentenza. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la Corte, nell’esercizio del potere di decisione nel merito di cui all’art. 384 c.p.c., comma 1, rigetta l’opposizione proposta dalla contribuente.

4. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico dell’intimata soccombente, nella misura di cui in dispositivo.

Concorrono giusti motivi per dichiarare interamente compensate fra le parti le spese dei giudizi di merito.

P.Q.M.

La Corte di Cassazione;

dichiara inammissibile il ricorso proposto dal Ministero dell’Economia e delle Finanze; accoglie il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, rigetta il ricorso introduttivo della contribuente;

condanna l’intimata al rimborso delle spese del presente giudizio, a favore dell’Agenzia delle Entrate, che liquida in Euro 2.500,00, oltre le spese prenotate a debito; dichiara compensate tra le parti le spese dei giudizi di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, il 3 marzo 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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