Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 989 del 17/01/2017
Cassazione civile, sez. lav., 17/01/2017, (ud. 18/10/2016, dep.17/01/2017), n. 989
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –
Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –
Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –
Dott. LEO Giuseppe – Consigliere –
Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 9434-2014 proposto da:
POSTE ITALIANE S.P.A. C.F. (OMISSIS), in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
BARBERINI 47, presso lo studio dell’avvocato ANGELO PANDOLFO, che la
rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente –
contro
D.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA,
PIAZZA MARTIRI DI BELFIORE 2, presso lo studio dell’avvocato
DOMENICO CONCETTI, che lo rappresenta e difende unitamente
all’avvocato ANDREA MANERBA, giusta delega in atti;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 562/2013 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,
depositata il 10/12/2013 R.G.N. 540/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
18/10/2016 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO;
udito l’Avvocato LUCANTONI SILVIA per delega orale Avvocato PANDOLFO
ANGELO;
udito l’Avvocato CATTEL ALESSANDRA per delega Avvocato CONCETTI
DOMENICO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FRESA MARIO che ha concluso per l’inammissibilità in subordine
rigetto del ricorso.
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. – La Corte di Appello di Brescia, con sentenza del 10 dicembre 2013, ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva accolto l’impugnativa del licenziamento disciplinare intimato il 21 luglio 2011 da Poste Italiane Spa nei confronti di D.S., con le pronunce conseguenziali.
La Corte territoriale, concordemente con il primo giudice, ha ritenuto la tardività della contestazione disciplinare per il decorso di tre mesi tra il compiuto accertamento dei fatti, compresa l’audizione del dipendente su ogni singola irregolarità riscontrata e le due richieste di rimborso per le somme percepite indebitamente e prontamente restituite, e la contestazione degli addebiti, con conseguente affidamento incolpevole del dipendente sulla decisione del datore di lavoro di accogliere le giustificazioni e limitarsi a pretendere il risarcimento integrale delle somme corrisposte in più.
2. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Poste Italiane Spa con un motivo. Ha resistito con controricorso D.S., comunicando memoria ex art. 378 c.p.c..
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
3. – Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione in forma semplificata.
4. – Con l’unico motivo si denuncia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7, commi 3 e 4, per avere la Corte territoriale ritenuto tardiva la contestazione disciplinare, senza tenere conto della situazione concreta e di motivi oggettivi che avevano giustificato il prolungamento delle indagini da parte del datore di lavoro nonchè la complessità della struttura territoriale gerarchica.
La censura è inammissibile in quanto, sotto la forma apparente della violazione di legge, censura un accertamento di fatto attinente l’apprezzamento della tardività della contestazione disciplinare.
Invero, in ordine alla violazione del principio dell’immediatezza occorre rammentare che “la valutazione della tempestività della contestazione costituisce giudizio di merito, non sindacabile in cassazione ove adeguatamente motivato”, (Cass. n. 1247 del 2015; Cass. n. 5546 del 2010; Cass. n. 29480 del 2008; Cass. n. 14113 del 2006).
Tuttavia il vizio attinente a tale giudizio di merito, riguardando la ricostruzione dei fatti e la loro valutazione, essendo nella specie tipicamente sussumibile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per i giudizi di appello instaurati successivamente al trentesimo giorno successivo alla entrata in vigore della legge 7 agosto 2012 n. 134 (pubblicata sulla G.U. n. 187 dell’11.8.2012), di conversione del D.L. 22 giugno 2012, n. 83, non può essere denunciato, rispetto ad una impugnazione proposta il 6 settembre 2013, dopo la data sopra indicata (richiamato D.L. n. 83 del 2012, art. 54, comma 2), con ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello che conferma la decisione di primo grado, qualora il fatto sia stato ricostruito nei medesimi termini dai giudici di primo e di secondo grado (art. 348 ter c.p.c., u.c.). Ossia il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non è deducibile in caso di impugnativa di pronuncia c.d. doppia conforme (v. Cass. n. 23021 del 2014).
5. – Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.
Poichè il ricorso per cassazione risulta nella specie proposto in data 4 aprile 2014 occorre dare atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.100,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 ottobre 2016.
Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017