Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9887 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 11/02/2021, dep. 15/04/2021), n.9887

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GORGONI Marilena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25342-2019 proposto da:

I.V., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato GAETANA LIVIGNI;

– ricorrente –

contro

D.M.M.A., D.M.C., D.M.G.,

D.M.A.F., domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso la

CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentati e difesi

dall’avvocato ALESSANDRO REALE;

– controricorrenti –

contro

B.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 868/2019 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 16/04/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARILENA

GORGONI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

I.V. ricorre avverso la sentenza n. 868/2019 emessa dalla Corte d’Appello di Palermo, depositata il 16 aprile 2019, notificata l’11 giugno 2019, formulando due motivi.

Resistono con controricorso D.M.M.A., G., A.F..

Il Tribunale di Palermo, cui B.A. e D.M.R. si rivolgevano per ottenere, ex art. 2932 c.c., il trasferimento del diritto di proprietà dell’immobile sito in (OMISSIS), asserendo di averlo acquistato tramite contratto preliminare da I.V., il quale, pur avendo ricevuto l’intero corrispettivo pattuito, si rifiutava di stipulare il contratto definitivo, con sentenza n. 5559/2015, rigettava la domanda degli attori e li condannava al pagamento delle spese di lite, ritenendo indimostrati la regolarità urbanistica dell’immobile, l’avvenuto pagamento del corrispettivo, il rifiuto da parte del promittente venditore di stipulare il contratto definitivo.

I soccombenti impugnavano la decisione di prime cure dinanzi alla Corte d’Appello di Palermo, per lamentare che il Tribunale non solo avesse omesso di emettere la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., ma avesse disatteso la domanda di risoluzione per inadempimento del contratto preliminare e la condanna del promittente alienante a restituire la somma di Euro 120.000,00 o quella quantificata ex art. 1226 c.c..

L’appellato chiedeva il rigetto delle domande degli appellanti e domandava di confermare la sentenza impugnata, di accertare l’inadempimento dei promissari acquirenti e di dichiarare la risoluzione per inadempimento del contratto, con condanna al risarcimento dei danni ed alla rifusione delle spese di lite.

La Corte d’Appello, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, accoglieva parzialmente l’appello proposto da B.A. e dagli eredi di D.M.R., deceduta nelle more del giudizio, dichiarava risolto il contratto preliminare e condannava l’appellato a restituire la somma di Euro 80.000,00 versata a titolo di acconto sul prezzo, regolava le spese di lite. Avendo ritenuto sussistenti le condizioni per la trattazione ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., il relatore designato ha redatto proposta, che è stata ritualmente notificata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza della Corte. Considerato che:

1.Con il primo motivo il ricorrente deduce la “Violazione e/o falsa applicazione della L. 28 febbraio 1985, n. 47, per avere la Corte ritenuto che l’art. 40 prevedesse l’inadempimento dedotto dall’appellante come causa di risoluzione, ex art. 360 c.p.c., n. 3”. In particolare, la Corte d’Appello avrebbe erroneamente ritenuto che la prova della regolarità urbanistica dell’immobile e dell’esistenza della prescritta documentazione alternativa fosse necessaria ai fini della validità del contratto preliminare, potendo, invece, essa essere prodotta al momento della stipulazione del contratto definitivo, ed avrebbe erroneamente collegato l’effetto solutorio del contratto preliminare alla mancanza della regolarità urbanistica piuttosto che al rigetto della domanda di concessione edilizia.

2.Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la nullità della sentenza o del procedimento in relazione all’art. 112 c.p.c. e violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1453 c.c., per avere la Corte d’Appello dedotto illegittimamente l’inadempimento sulla base di un fatto erroneamente posto a fondamento della domanda attorea di risoluzione per inadempimento in via priva dei presupposti, (ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4): per avere il giudice a quo, violando l’art. 112 c.p.c., anzichè limitarsi a tener conto del tenore letterale della domanda, ritenuto che si dovesse dimostrare la regolarità urbanistica dell’immobile promesso in vendita, nonostante la domanda di trasferimento dello stesso, ex art. 2932 c.c., formulata in primo grado, non fosse stata riproposta in appello e per avere erroneamente ritenuto il contratto preliminare inadempiuto da parte sua ed averlo, di conseguenza, risolto, nonostante all’art. 4 del contratto si leggesse che, in data 30 settembre 1988, era stata presentata al sindaco del Comune di Palermo domanda di sanatoria edilizia, avvalendosi della L. 28 febbraio 1985, n. 47.

3.Va innanzitutto esaminata l’eccezione formulata dai controricorrenti a p. 3, ove viene rilevato che il ricorso non risulta proposto e/o notificato ad B.A., in proprio, per cui nei confronti del predetto, che tra l’altro non è erede di D.M.R., la sentenza appellata sarebbe passata in giudicato.

Il ricorso risulta proposto nei confronti anche di B.A. e notificato allo stesso presso lo studio dell’avv. Andrea Mario Di Marzio che lo aveva rappresentato e difeso nel giudizio di appello, insieme con gli odierni controricorrenti.

Anzichè in proprio, ad B.A. è stato notificato il ricorso in quanto erede di D.M.R.. E’ vero che B.A. non ha svolto attività difensiva in questa sede, non avendo proposto controricorso, ma questo non implica che la sentenza di appello sia passata in giudicato nei suoi confronti: tra B.A. e gli eredi D.M. ricorre pacificamente un litisconsorzio necessario. La circostanza poi che ad B.A. sia stato notificato il ricorso per cassazione presso l’avvocato che lo aveva difeso e rappresentato nel giudizio d’Appello con l’unico errore consistente nell’avere indicato come erede di D.M.R. non aveva impedito comunque alla notificazione di raggiungere il suo scopo.

4.Disattesa l’eccezione, si può passare all’esame dei motivi che possono essere esaminati congiuntamente.

5. Il primo motivo non ha pienamente colto la ratio decidendi della sentenza impugnata.

Contrariamente a quanto ritenuto dai ricorrenti, la sentenza impugnata non ha errato nell’applicazione della L. n. 47 del 1985, art. 40; al contrario, ne ha fatto corretta applicazione, ritenendo il contratto preliminare valido, in sintonia con la giurisprudenza di questa Corte, secondo l’insegnamento della quale “la sanzione della nullità prevista dalla L. n. 47 del 1985, art. 40, per i negozi relativi a immobili edificati senza la necessaria concessione edificatoria, trova, infatti, applicazione, in caso di mancata indicazione negli atti ivi previsti degli estremi del titolo abilitativo, ai soli contratti con effetti traslativi e non anche a quelli con efficacia obbligatoria, come il preliminare di vendita (cfr. Cass., Sez. Un., 29/03/2019, n. 8230 in motivazione; Cass. 12/02/2020, n. 3461).

Pur ritenendo valido il contratto preliminare, ha escluso – in linea, anche in questo caso, con la giurisprudenza di questa Corte: Cass. 19/09/2019, n. 23388; Cass. 30/11/2007, n. 25050 – di poter adottare una decisione ex art. 2932 c.c., in assenza della dichiarazione contenuta nel preliminare o successivamente prodotta in giudizio sugli estremi della concessione edilizia, ma ha negato l’irrilevanza della mancanza di prova circa la regolarità urbanistica dell’immobile e dell’esistenza della prescritta documentazione alternativa.

Al contrario, ha giudicato che il comportamento del promittente alienante integrasse gli estremi di un inadempimento solutoriamente rilevante ai sensi dell’art. 1455 c.c..

Trovandosi di fronte alla denunciata ricorrenza di inadempimenti reciproci – quella rivolta agli appellanti per non aver corrisposto l’intero corrispettivo, quella dell’appellato per avere promesso in vendita un immobile abusivo e non commerciabile – la Corte d’Appello ha giudicato non solo prevalente, ma ricorrente esclusivamente l’inadempimento del promittente alienante, giacchè la mancata dimostrazione della regolarità urbanistica del bene impediva ed impedisce la stipula del contratto definitivo.

La sentenza non merita le censure rivoltele. Infatti, ha correttamente applicato la giurisprudenza di questa Corte, la quale esclude la risoluzione per inadempimento del contratto preliminare se il bene oggetto dello stesso risulti non conforme alle norme urbanistiche, solo nell’ipotesi in cui le difformità non siano tanto gravi da impedire di ottenere la sentenza ex art. 2932 c.c.; ciò in quanto in tema di esecuzione specifica dell’obbligo di concludere un contratto di compravendita, ai sensi della L. n. 47 del 1985, art. 40, può essere pronunciata sentenza di trasferimento coattivo ex art. 2932 c.c., a condizione che il vizio di regolarità urbanistica non oltrepassi la soglia della parziale difformità rispetto alla concessione, dovendosi distinguere tra ipotesi di abuso primario, relativo a beni immobili edificati o resi abitabili in assenza di concessione, e abuso secondario, caratterizzato dalla circostanza che solo una parte di unità immobiliare già esistente abbia subito modifica o mutamento di destinazione d’uso (cfr. Cass. 8081/2012; Cass. 11659/2018; Cass. 26558/20).

6. Ne consegue il rigetto del ricorso.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

8. Si dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per porre a carico de ricorrente il pagamento del doppio del contributo unificato, se dovuto.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese in favore dei controricorrenti, liquidandole in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello da corrispondere per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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