Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9886 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9886 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: PICCIALLI LUIGI

SENTENZA

sul ricorso 28188-2009 proposto da:
DIPACE CARMINE DPCCMN44C31A669T, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA DOMENICO A. AZUNI 9, presso
lo studio dell’avvocato RAFFAELLA DE CAMELIS,
rappresentato e difeso dall’avvocato SALVATORE MONTI;
– ricorrente 2015
1122

contro

VITOBELLO LEOPOLDO VTBLLD60C14A669P, LOTORO LUCIA
LTRLCU62A41A669B, elettivamente domiciliati in ROMA,
VIA CASPERIA 30, presso lo studio dell’avvocato GUIDO
RINALDI, rappresentati e difesi dall’avvocato NICOLA

Data pubblicazione: 14/05/2015

~1M110.1111111111~~~.1. • IO

MASTROPASQUA;
– controricarrenti

avverso la sentenza n. 1185/2008 della CORTE D’APPELLO
di BARI, depositata il 30/12/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 14/04/2015 dal Presidente Dott. LUIGI
PICCIALLI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FRANCESCA CERONI che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

I

~~1.11..•

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 19/12/1996 Dipace Carmine conveniva
in giudizio i coniugi Vitobello Leopoldo e Lotoro Lucia
e ne chiedeva la condanna al pagamento della somma di
lire 65.470.000 oltre IVA, rivalutazione e interessi,

ristrutturazione di due appartamenti dei convenuti.
I convenuti, premesso che i lavori, inizialmente
pattuiti per un importo di lire 15.000.000, erano
aumentati fino a lire 42.150.000, sostenevano di avere
estinto il debito con il pagamento in contanti per lire
19.000.000, con due assegni per complessive lire
5.000.000 e con sedici effetti cambiari per complessive
lire 18.150.000; contestavano che l’attore avesse
eseguito alcuni lavori i quali erano stati invece
eseguiti dalla ditta Gorgoglione.
Dopo l’espletamento di CTU, l’interrogatorio formale
delle parti e l’esame di tre testi, il Tribunale di
Trani con sentenza del 26/11/2003, accertato che
l’attore aveva eseguito lavori per complessive lire
43.234.000

e che era stata pagata la somma di lire

34.650.000

(avendo escluso l’effetto solutorio di

alcune cambiali di giro con le quali erano stati
effettuati alcuni pagamenti, condannava i convenuti al

asseritamente dovuta per lavori di falegnameria e

pagamento della residua somma di lire 8.548.000, oltre
al pagamento delle spese processuali.
I convenuti proponevano appello per sentire accertare
l’eseguito integrale pagamento e, in subordine, per la
compensazione delle spese.

il primo motivo, l’inammissibilità della prova
testimoniale, con il secondo motivo l’inattendibilità
dei testi e con il terzo motivo la mancata prova del
pagamento delle cambiali di giro in quanto sulle stesse
mancava la sua firma di girata e contestando di avere
ricevuto il relativo pagamento.
La Corte di Appello di Bari cOn sentenza del 30/12/2008
rigettava l’appello incidentale e accoglieva:
– il primo motivo del ricorso principale con il quale
gli appellanti incidentali lamentavano che il giudice
li aveva condannati al pagamento della somma di lire
6.500.000 per il restauro di una controsoffittatura in
mancanza di prova;
– il terzo motivo di appello incidentale con il quale
gli appellanti incidentali lamentavano la condanna alle
spese, malgrado la prevalente soccombenza dell’attore

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L’attore proponeva appello incidentale deducendo, con

Conseguentemente la Corte di Appello condannava i
convenuti al pagamento della residua somma di euro
1076,33 e compensava la spese del doppio grado.
Dipace Carmine ha proposto ricorso affidato a cinque
motivi senza la formulazione dei quesiti di diritto e

Viobello Leopoldo e Lotoro Lucia hanno resistito con
controricorso,ah

CA-L-t’~- Q

memou,L

Motivi della decisione
1. Al ricorso in esame, con il quale è stata impugnat
una sentenza depositata in data 30/12/2008, è
applicabile l’art. 366 bis c.p.c. che prevede la
formulazione dei quesiti e, quanto al vizio di
motivazione, il cosiddetto momento di sintesi.
Infatti, alla stregua del principio generale di cui
all’art. 11, comma 1, disp. prel. c.c., secondo cui, in
mancanza di un’espressa disposizione normativa
contraria, la legge non dispone che per l’avvenire e
non ha effetto retroattivo, nonché del correlato
specifico disposto del coma quinto dell’art. 58 della
legge 18 giugno 2009, n. 69, in base al quale le norme
previste da detta legge si applicano ai ricorsi per
cassazione proposti avverso i provvedimenti pubblicati
a decorrere dalla data di entrata in vigore della

del momento di sintesi.

medesima legge (4 luglio 2009), l’abrogazione dell’art.
366-bis cod. proc. civ. (intervenuta ai sensi dell’art.
47 della citata legge n. 69 del 2009) è diventata
efficace per i ricorsi avanzati con riferimento ai
provvedimenti pubblicati successivamente alla suddetta

antecedentemente (dopo l’entrata in vigore del d. lgs.
n.

40 del 2006) tale norma è da ritenersi ancora

applicabile (Cass. 24/03/2010 n. 7119).
Sul punto è stato escluso ogni dubbio di legittimità
costituzionale del coma quinto dell’art. 58 cit. per
contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto rientra nella
discrezionalità del legislatore disciplinare nel tempo
l’applicabilità delle disposizioni processuali e non
appare irragionevole il mantenimento della pregressa
disciplina per i ricorsi per cassazione promossi
avverso provvedimenti pubblicati prima dell’entrata in
vigore della novella (Cass. 16/12/2009 n. 26364).
2. Quanto al vizio di motivazione nei motivi di ricorso
(secondo e quarto motivo) manca il momento di sintesi,
prescritto dall’art. 366 bis c.p.c. che implica la
necessità di una separata individuazione

del fatto

controverso e delle ragioni di inadeguatezza della
motivazione,

connessa

all’esigenza

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di

chiarezza

data, con la conseguenza che per quelli proposti

emergente dallo stesso art. 366 bis c.p.c.; infatti,
secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, la
regola processuale dell’art. 366 bis c.p.c. impone
nella formulazione della censura un distinto momento di
sintesi (omologo del quesito di diritto) che

motivazione in fatto con l’indicazione di quali siano
le ragioni per cui la motivazione è conseguentemente
inidonea a sorreggere la decisione in modo da non
ingenerare incertezze in sede di valutazione della sua
ammissibilità (cfr. 18/11/2011 n. 24255; Cass. S.U.
18/6/2008 n. 16528); questa Corte ha altresì precisato
che è inammissibile, ai sensi dell’art. 366 bis

cod.

proc. civ., il motivo di ricorso per omessa,
insufficiente o contraddittoria motivazione qualora non
sia stato formulato il cd. quesito di fatto, se manca
la conclusione a mezzo di apposito momento di sintesi,
anche quando l’indicazione del fatto decisivo
controverso sia rilevabile dal complesso della
formulata censura, attesa la “ratio” che sottende la
disposizione indicata, associata alle esigenze
deflattive del filtro di accesso alla S.C., la quale
deve essere posta in condizione di comprendere, dalla

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circoscriva puntualmente i limiti della critica alla

lettura del solo quesito, quale sia l’errore commesso
dal giudice di merito (Cass. 18/11/2011 n. 24255).
Nulla di tutto ciò è leggibile nei motivi di ricorso.
Ne discende l’inammissibilità dei motivi quanto al
dedotto vizio di motivazione.

di diritto (primo, terzo e quinto motivo) la richiamata
norma, come detto applicabile al presente ricorso,
prevedeva che, nei casi previsti dall’art. 360 n. 3 e
n. 4,

“l’illustrazione di ciascun

concludere,

a pena

motivo si deve

d’inammissibilità, con la

formulazione di un quesito di diritto”.
Nel ricorso in esame non solo manca del tutto la
prescritta formulazione conclusiva, ma manca persino
graficamente qualsivoglia riferimento ad un quesito di
diritto vero e proprio.
Questa Corte ha ripetutamente affermato che è
inammissibile, per violazione dell’art. 366-bis c.p.c.,
il ricorso per cassazione nel quale l’illustrazione dei
singoli motivi non sia accompagnata dalla formulazione
di un esplicito quesito di diritto, tale da
circoscrivere la pronuncia del giudice nei limiti di un
accoglimento o un rigetto del quesito formulato dalla
parte (Cass. S.U. 26/03/2007 n. 7258).

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3. Egualmente, quanto alla violazione di norme di norme

Né il quesito di diritto può essere desunto dal
contenuto del motivo, poiché, in un sistema processuale
che già prevedeva la redazione del motivo con
l’indicazione della violazione denunciata, la
peculiarità del disposto di cui all’art. 366-bis cod.

patrocinante che redige il motivo, di una sintesi
originale ed autosufficiente della violazione stessa,
funzionalizzata alla formazione immediata e diretta del
principio di diritto e, quindi, al miglior esercizio
della funzione nomofilattica della Corte di legittimità
(Cass. 24/07/2008 n. 20409).
Ne discende l’inammissibilità dei motivi quanto al
A

vizio di violazione di legge.
4. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile; le spese di questo giudizio di
legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza del ricorrente
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna
il ricorrente a pagare ai controricorrenti le spese del
presente giudizio,in misura di complessivi 2.700,00,
di cui 200 per esborsi, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, addì 14/4/2015.

proc. civ., consiste proprio nell’imposizione, al

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