Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9884 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9884 Anno 2015
Presidente: PICCIALLI LUIGI
Relatore: MIGLIUCCI EMILIO

SENTENZA

sul ricorso 24988-2009 proposto da:
BASSO IOLANDA BSSLND36L47H703D, DE MARTINO MARIA
DMRMRA60L70H703B, DE MARTINO MATTIA DMRMTT65L06H703M,
DE MARTINO STEFANIA DMRSFN70E65H703R, elettivamente
domiciliati in ROMA, LUNGO TEVERE DEI MELLINI 17,
presso lo studio dell’avvocato GIANCARLO VIGLIONE,
2015

rappresentati e difesi dall’avvocato ANIELLO LAMBERTI;
– ricorrenti –

1061
contro

FRATELLI GAETA E NAPOLI S.r.l. in persona del legale
rappresentante pro tempore;

Data pubblicazione: 14/05/2015

- intimata

avverso la sentenza n. 816/2008 della CORTE D’APPELLO
di SALERNO, depositata il 24/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

MIGLIUCCI;
udito l’Avvocato ANIELLO LAMBERTI, difensore dei
ricorrenti, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso
e delle difese esposte;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ALBERTO CELESTE che ha concluso per ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;

PA/

udienza del 26/03/2015 dal Consigliere Dott. EMILIO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1.- Secondo quanto riportato dalla sentenza impugnata,con contratto
c.d. di permuta del 12.10.1988 veniva stabilito, tra la S.r.l. Gaeta &
Napoli e

Domenico De Martino, quanto segue: il De Martino,

cedeva il suolo alla società “a fronte di una permuta” di più
appartamenti, “il tutto conforme alla licenza che verrà approvata”
oltre la somma di lire 125 milioni, di cui, 50 milioni versati a titolo
di caparra al momento della scrittura; la restante somma di 75 milioni
sarebbe stata versata a nove mesi dall’atto o al dì dell’atto notarile
che sarebbe stato stipulato dopo l’approvazione del progetto; il De
Martino si impegnava “a firmare ogni richiesta o documento volto
all’ottenimento della concessione edilizia”. A carico dell’acquirente
restavano “tutte le spese necessarie all’ottenimento della concessione”;
“nella eventualità che detto progetto venisse respinto, il De Martino a
tacitazione dei 125 milioni anticipati cederebbe la metà del suolo”.
Premesso che era stata annullata la già concessa licenza

edilizia,

che di conseguenza la società non era più in grado di adempiere

alla

permuta e che era stata diffidata inutilmente e ripetutamente al
trasferimento della metà del suolo, il De Martino la conveniva in
giudizio innanzi

al

tribunale di Salerno per sentire : dichiarare

l’inadempimento della società e, per effetto, esso De Martino, unico
proprietario del fondo, legittimato a trattenere la caparra versata di 50
milioni; tenuta inoltre la convenuta al pagamento di tutte le spese
necessarie per l’ottenimento della concessione edilizia in uno al
1

proprietario di un suolo edificatorio in Salerno, alla calata S. Vito,

rimborso delle spese processuali.
La società, costituendosi, contestava la domanda; eccepiva che pendeva
ricorso al Consiglio di Stato, proposto dallo stesso De Martino, avverso

il

provvedimento di annullamento della licenza edilizia. La società

altri 50 milioni con assegni bancari; aveva anche pagato 48.235.945,
quale prima tranche per la cd. legge Bucalossi. Chiedeva dichiararsi
improcedibile o inammissibile la domanda e comunque rigettarla, non
essendosi verificata la condizione prevista in contratto e alcuna
inadempienza essendo a essa addebitabile. Spiegava domanda
riconvenzionale per sentirsi riconoscere la proprietà della metà del
suolo, con la condanna del De Martino alla restituzione delle somme
pagate in più, compreso l’importo pagato per la Bucalossi.
Il tribunale, con sentenza del 20.1.2004, accoglieva la domanda
principale e rigettava la riconvenzionale riconoscendo al De Martino il
diritto a trattenere la caparra di 50 milioni.
Con sentenza dep. il 24 settembre 2008 la Corte di appello di
Salerno, in riforma del decisione impugnata dalla convenuta, rigettava la
domanda attorea
I Giudici ritenevano che:
era tuttora pendente la condizione alla quale era stata dalle
parti subordinata l’efficacia della permuta ovvero il rilascio della
concessione edilizia per la costruzione degli appartamenti, posto che non
era stata risolta la vicenda processuale relativa al giudizio
amministrativo di impugnazione del provvedimento di annullamento del
2

aveva pagato, oltre i 50 milioni versati alla stipula del contratto,

provvedimento concessorio;
– legittimamente la società convenuta aveva rifiutato di adempiere
all’accordo;

pertanto, erroneamente il tribunale aveva dichiarato la

2.- Avverso tale decisione propongono ricorso per cassazione Iolanda
Basso, Maria De Martino, Mattia De Martino e Stefania De Martino, eredi
di Domenico De Martino sulla base di tre motivi
Non ha svolto attività l’intimata.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1. – Il primo motivo censura la sentenza impugnata la quale aveva
ritenuto ancora efficace il contratto di permuta, quando entrambi

risoluzione del contratto.

0\
contraenti, preso atte> della impossibilità di fare luogo alla permuta per
il lungo tempo trascorso senza che fosse stata risolta la vicenda
relativa

alla concessione edilizia, avevano tenuto comportamenti

incompatibili con la volontà di attendere ancora per verificare la
realizzabilità della permuta. Pertanto, il contratto di permuta doveva
ritenersi

nullo o risolto ex art. 1972 cod. civ. non essendo stato
l’approvazione del progetto e della

stabilito un termine per
edificazione.

Formula il seguente quesito di diritto
un contratto di pezmuta

:”dica la Corte di Cassazione se

tra un bene esistente (suolo edificatorio) e un
negozi da costruire), senza previsione di

bene futuro

(Appartamenti e

un termine

entro cui la cosa

futura

deve venire

ad esistenza, possa
3

essere dichiarato nullo o risolto o comunque inefficace ai sensi degli
artt. 1472 e 1183 o. o., ove entrambi i contraenti,
sette

anni,

compiano atti

incompatibili con

la volontà

e tengano
di

a distanza

di circa

comportamenti contrari ed

mantenere in

vita

la permuta, non

Il motivo è inammissibile.
AI sensi dell’ art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dall’art.
6 del d.lgs. n. 40 del 2006, ratione temporis applicabile, i motivi del
ricorso

per

cassazione devono essere accompagnati, a pena di

inammissibilità (art. 375 n.5 cod. proc. oiv.,) dalla formulazione di un
esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art.360 primo comma
n.1),2),3),4) cod. proc. civ.,e qualora il vizio sia denunciato anche
ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l’illustrazione di ciascun
motivo deve contenere , a pena di inammissibilità, la chiara indicazione
del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume
omessa o contraddittbria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta
insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la
decisione.
Al riguardo va ricordato che, nel caso di violazioni denunciate ai sensi
dell’art. 360 n.1),2),3),4) cod. proc. civ., secondo il citato art. 366
bis, il motivo deve concludersi con la separata e specifica formulazione
di un esplicito quesito di diritto, che si risolva in una
logico-giuridica

chiara sintesi

della questione sottoposta al vaglio del giudice di

legittimità, formulata in termini tali per cui dalla risposta – negativa
od affermativa che ad esso si dia, discenda in modo univoco
4

corrispondendo questa più ai loro rispettivi interessi”.

l’accoglimento od il rigetto del gravame

(SU 23732/07): non può,

infatti, ritenersi sufficiente il fatto che il quesito di diritto possa
implicitamente desumeksi dall’esposizione del motivo di ricorso né che
esso possa consistere o ricavarsi dalla formulazione del principio di

perchè una siffatta interpretazione si risolverebbe nell’abrogazione
tacita della norma di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ.,secondo cui
è,invece, necessario che una parte specifica del ricorso sia destinata ad
individuare in modo specifico e senza incertezze interpretative la
questione di diritto che la Corte è chiamata a risolvere
nell’esplicazione della funzione nomofilattica che la modifica di cui al
decreto legislativo n. 40 del 2006,oltre all’effetto deflattivo del
carico pendente, aveva inteso valorizzare,secondo quanto formulato in
maniera esplicita nella Legge Delega 14 maggio 2005, n. SO, art. 1, comma
2, ed altrettanto esplicitamente ripreso nel titolo stesso del decreto
delegato soprarichiamato. In tal modo il legislatore si era proposto
l’obiettivo di garantire meglio l’aderenza dei motivi di ricorso (par
violazione di legge a per vizi del procedimento) allo schema legale cui
essi debbono corrispondere, giacchè la formulazione del quesito di
diritto risponde all’esigenza di verificare la corrispondenza delle
ragioni del ricorso ai canoni indefettibili del giudizio di legittimità,
inteso come giudizio d’impugnazione a motivi limitati.
In effettí,la ratio ispiratrice dell’art. 366 bis cod. proc. civ. era
quella di assicurare pienamente la funzione, del tutto peculiare, del
ricorso per cassazione,che non è solo quella di soddisfare l’interesse
5

diritto che il ricorrente ritiene corretto applicarsi alla specie,

del ricorrente ad una corretta decisione di quella controversia ma anche
di enucleare il corretto principio di diritto applicabile in casi simili.
Pertanto, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis cod. proc. civ.
deve comprendere l’indicazione sia della “regula iuris” adottata nel

assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del
primo. Ne consegue che il quesito deve costituire la chiave di lettura
delle ragioni esposte e porre la medesima Corte

in condizione di

rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula iuris che sia, in
quanto tale, suscettibile -come si è detto di ricevere applicazione in
casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha
pronunciato la sentenza Impugnata (S.U.3519/2008).
Analogamente a quanto è previsto per la formulazione del quesito di
diritto nei casi previsti dall’art.360 primo comma n.1),2),3),4) cod.
proc. civ., nell’ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi
dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ., la relativa censura deve contenere,
un momento di sintesi
indicato

(omologo del quesito di diritto),separatamente

in una parte del ricorso

distinta dall’esposizione del

a ciò

specificamente deputata e

motivo, che ne circoscriva puntualmente i

limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione
del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità ( S.U.20603/07),In
tal caso,l’illustrazione del motivo deve contenere la indicazione del
fatto controverso con la precisazione del

vizio del procedimento logico-

giuridico che,incidendo nella erronea ricostruzione del fatto,sia stato
determinante della decisione impugnata. Pertanto,non è sufficiente che il
6

provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente

fatto controverso sia indicato nel motivo o possa desumersi dalla sua
esposizione. La norma aveva evidentemente la finalità di consentire la
verifica che la denuncia sia ricondotta nell’ambito delle attribuzioni
conferite dall’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.al giudice di legittimità,

giudice esclusivamente attraverso l’analisi del provvedimento
impugnato,non essendo compito del

giudice

di legittimità quello di

controllare l’esattezza o la corrispondenza della decisione attraverso
l’esame e la valutazione delle risultanze processuali che non sono
consentiti alla Corte, ad eccezione dei casi in cui essa è anche giudice
del fatto. Si era, così, inteso precludere l’esame di ricorsi che,
stravolgendo il ruolo e la funzione della Corte di Cassazione,
sollecitano al giudice di

legittimità

un inammissibile riesame del

merito della causa.
Nella specie, il motivo non è conforme alle prescrizioni di cui all’art.
366-bis cod. proc. civ.
a)

Propone

congiuntamente censure aventi ad oggetto violazione di legge

e vizi della motivazione, e ciò costituisce negazione della regola di
chiarezza posta dalla norma citata (nel senso che ciascun motivo deve
contenere la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al
quale la motivazione si assume omessa ovvero delle ragioni per le quali
la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a
giustificare la decisione) giacché si affida alla Corte di cassazione il
compito di enucleare dalla mescolanza dei motivi la parte concernente il
vizio di motivazione, che invece deve avere una autonoma collocazione
7

che deve accertare la correttezza dell’iter logico-giuridico seguito dal

(cfr.Cass 9470/2008);
b)posto che il motivo censura in sostanza l’interpretazione della
volontà negoziale, laddove le parti avrebbero manifestato di
rinunciare alla permuta, ritenendo efficace la vendita, il quesito di

menzionare la regola interpretativa di cui agli artt. 1362 cod. civ. e
ss., che sarebbe stata disapplicata o erroneamente applicata con
specifico riferimento alle clausole del contratto de quo o ancora
specificare quale s’arebbe stata la condotta posta in essere dai
contraenti, dovendo qui considerarsi che il comportamento tenuto dalle
parti dopo la sua conclusione, cui attribuisce rilievo ermeneutico il
secondo comma dell’art. 1362 cod. civ., è solo quello di cui siano stati
partecipi entrambi i contraenti, non potendo la comune intenzione delle
parti emergere dall’iniziativa unilaterale di una di esse, corrispondente
ai suoi personali disegni; 2) in effetti, il quesito dà per accertato
quello che avrebbe dovuto dimostrarsi ovvero che le parti avessero
rinunciato alla permuta.
2.1.- Il secondo motivo denuncia la ultrapetizione o extrapetizione in
cui sarebbe incorsa la decisione impugnata posto che, in base alle
conclusioni rassegnate, entrambe le parti avevano chiesto l’esecuzione
del patto di trasferimento del 50% del suolo che era stato
pattiziamente convenuto nel caso di impossibilità di procedere alla
permuta per il mancato rilascio della concessione.
Formula il seguente cluesito di diritto

“dica la Corte di Cassazione se

sussiste 11 vizio di mitra petizione o extrapetlzione, allorchà la Corte
8

diritto formulato ex art. 366 bis è inidoneo : l) avrebbe dovuto

di

appello decide su questioni assolutamente

incompatibili) alle domande spiegate dalle parti
grado e, soprattutto, alle espresse

estranee (e

comunque

nel giudizio di primo

condizioni contenute nell’atto di

appello ,così come chiaramente limitate dall’appellante’

la genericità del quesito

sarebbe stato necessario riportare

integralmente il contenutó delle domande ed eccezioni rassegnate dalle
parti nel giudizio di merito in modo da dimostrare, attraverso

il

raffronto con il decisum della Corte, la denunciata violazione dell’art.
112 cod. proc. civ., e ciò tanto più che dalla narrativa riportata
nello svolgimento del fatto della decisione impugnata, pag. 4), risulta
che soltanto in via

subordinata la

convenuta aveva chiesto il

trasferimento del 50% del terreno oggetto della vendita, mentre la
deduzione che la permura si sarebbe trasformata in vendita aveva formato
oggetto del quarto motivo di apppello( pag.5 sub motivi della decisione),
dichiarato assorbito in considerazione dell’ accoglimento del primo
3.1. – Il terzo motivo censura la sentenza la quale non aveva tenuto
conto del duplice inadempimento della convenuta la quale : a) benchè
ripetutamente invitata a stipulare l’atto di trasferimento della metà del
suolo, non si era presenta davanti al notaio; b) non aveva corrisposto
il prezzo dovuto.
Il motivo così si conclude :
“deve essere
nella

cassata la

sentenza della

corte di Appello di Salerno,

parte in cui rigetta la fondata domanda di

risoluzione

spiegata dal sig. De Martino in primo grado, sull’erroneo presupposto
9

2.2. Il motivo è inammissibile ai sensi del citato art. 366 bis attesa

che sarebbe ancora efficace il contratto di permuta intercorso tra le
parti, ciò essendo incompatibile ed in evidente contrasto sia con
comune volontà ed
manifestati

il comune

/a

interesse sostanziale chiaramente

dai contraenti fin dall’insorgere della presente

entrambi i gradi di giudizio (fatto controverso e decisivo).
Alla luce di quanto sopra si formula, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c.,
il

seguente quesito

di diritto:

dica la Corte di Cessazione se un

contratto preliminare di compravendita immobiliare, a seguito di
invito del venditore a presentarsi davanti ad un notaio in circostanze
di luogo e di tempo determinate mediante diffida ad adempiere al sensi
dell’art. 1454 o. c. ed ingiustificata mancata presentazione del
compratore, il quale non ha neanche pagato e offerto di pagare l’intero
prezzo pattuito, debba essere dichiarato risolto, con conseguente diritto
del diffidante a trattenere la caparra confirmatoria al sensi dell’art.
1385 c.c.”.
2.2. – Il motivo è inammissibile
Il motivo si conclude con la indicazione “del
decisivo”

fatto controverso e

(che evidentemente dovrebbe integrare il momento di sintesi

di cui si è detto)) e con la formulazione del “quesito di diritto”, che
non sono conformi alle prescrizioni dettate dall’art. 366 bis citato:
a) non diversamente da quanto si è detto sopra, si dà per acclarata una
ricostruzione della fattispecie concreta difforme da quella accertata
in sentenza, quando invece si sarebbe dovuto dimostrare l’errore
dell’iter logico giuridico seguito dalla sentenza nell’accertamento dei

Io

controversia, sia con le domande giudiziali spiegate dalle parti in

4

fatti ; b) con particolare riferimento al

quesito,

l’interrogativo è

astratto non contenendo alcun riferimento ai termini della
controversia e alla soluzione adottata dalla Corte di appello – e
circolare, contenendo già la (ovvia) risposta.

Non va adottata alcuna statuizione in ordine alla regolamentazione delle
spese relative alla presente fase, non avendo l’intimato svolto attività
difensiva.

P.Q.M.
dichiara il ricorso inammissibile.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 26
Il Cons. estensore

2015

Il ricorso va dichiarato inammissibile.

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