Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9884 del 07/05/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 9884 Anno 2014
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: BANDINI GIANFRANCO

SENTENZA
sul ricorso 19223-2011 proposto da:
MONTANARI ORLANDO S.R.L. C.F. 00653080432, in persona
del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA FIAMMETTA 11, presso lo
studio dell’avvocato ITALIA SALVATORE, che lo
rappresenta e difende unitamente all’avvocato SCATA’
2014

PIERFRANCESCO, giusta delega in atti;
– ricorrente –

1096
contro

BOMBONATO FRANCO C.F. BMBFNC44M23G888B, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA FLAMINIA 195, presso lo

Data pubblicazione: 07/05/2014

studio

dell’avvocato

SERGIO,

VACIRCA

che

lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato BERTI
FRANCO, giusta delega in atti;
– controricorrente

avverso la sentenza n.

39/2011

della CORTE D’APPELLO

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del

27/03/2014

dal Consigliere Dott.

GIANFRANCO BANDINI;
uditi

gli

Avvocati

ITALIA

SALVATORE,

SCATA’

PIERFRANCESCO;
udito l’Avvocato VACIRCA SERGIO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIUSEPPE CORASANITI ) che ha concluso
per l’inammissibilità del ricorso.

di TRIESTE, depositata il 15/03/2011 R.G.N. 449/2007;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Montanari Orolando srl impugnò per revocazione, ai sensi dell’art.

Pordenone con cui era stata accolta l’impugnazione di licenziamento
svolta dall’ex dipendente Bombonato Franco.
La domanda, in via rescindente, era fondata sul rilievo che la
sentenza pretorile (emanata in un giudizio in cui la Società non si era
costituita, siccome asseritamene all’oscuro della pendenza del
processo) era stata frutto del dolo del Bombonato, il quale aveva
fatto credere a tale Livi Aurora che avrebbe abbandonato il giudizio,
stante il grave lutto che aveva colpito la famiglia Montanari,
inducendola a ritirare l’atto giudiziario presso l’Ufficio Postale di
Sarnano e a rispedirglielo, affinché la parte notificanda non ne
venisse a conoscenza.
Il ricorso per revocazione venne respinto dal Giudice adito.
La Corte d’Appello di Trieste, con sentenza del 24.2-15.3.2011,
rigettò il gravame svolto dalla Società, osservando, a sostegno del
decisum, quanto segue:

la dichiarazione scritta resa dalla Livi (in conformità alla quale

erano stati articolati nel ricorso introduttivo i capitoli di prova
testimoniale) conteneva una contraddizione intrinseca, rappresentata
dal fatto che non era dato comprendere come avrebbe potuto la
stessa acconsentire a quanto richiestole dal Bombonato, dato che

395, n. 1, cpc, la sentenza emessa nei suoi confronti dal Pretore di

all’epoca, come da lei stessa affermato, non era più dipendente della
Società;
dei sette capitoli di prova formulati nel ricorso introduttivo solo il

3° e il 4° erano decisivi ai fini della prova del dolo;

in tali capitoli la Livi avrebbe dovuto confermare che il

Bombonato le aveva chiesto di recarsi in giornata presso l’Ufficio
Postale di Sarnano per ritirare l’atto giudiziario, provvedendo poi alla
sua spedizione allo stesso Bombonato, e che, a seguito di tali
istruzioni, ella effettivamente si era recata presso tale Ufficio, aveva
ritirato l’atto e lo aveva rispedito come richiestole;

tale circostanza, di carattere decisivo, era palesemente

contraddetta dalla cartolina di ricevimento prodotta in atti, da cui
risultava incontrovertibilmente che l’atto giudiziario era stato
consegnato dal portalettere alla Livi presso la sede legale della
Montanari Orolando srl in data 10.7.1998;
– correttamente, quindi, il primo Giudice non aveva ammesso la
prova, tenuto conto che, in tema di notificazioni effettuate a mezzo
posta, l’awiso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata
di notifica, riveste natura di atto pubblico, gode della fede privilegiata
attribuita dall’art. 2700 cc in ordine alle dichiarazioni delle parti e agli
altri fatti che l’agente postale, mediante la sottoscrizione apposta
sull’avviso di ricevimento, attesta avvenuti in sua presenza, e che,
pertanto, il destinatario che avesse inteso contestare l’avvenuta
esecuzione della notificazione, affermando di non aver mai ricevuto

l’atto, avrebbe avuto l’onere di impugnarlo a mezzo della querela di
falso;

circostanze indicate nella dichiarazione della Livi indeboliva tutto
l’impianto accusatorio, non si era avveduta l’appellante che il fatto
che la predetta Livi fosse stata incaricata di ritirare l’atto presso
l’Ufficio Postale era decisivo al fine di dimostrare il raggiro
asseritamente perpetrato ai suoi danni dal Bombonato, posto che,
diversamente, quest’ultimo non avrebbe avuto alcuna certezza che
l’atto sarebbe stato effettivamente ritirato dalla Livi (all’epoca non più
dipendente della Società notificanda) e, quindi, a lui rispedito;

del tutto inammissibile si appalesava il capitolo di prova n. 8,

diretto a dimostrare che l’avviso di ricevimento sarebbe stato
consegnato alla Livi il giorno 10.7.1998 presso l’Ufficio Postale, sia
perché tardivo, sia perché tutto ciò che atteneva al contenuto di tale
avviso avrebbe dovuto essere contestato tramite querela di falso.
Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Montanari
Orolando srl, ha proposto ricorso per cassazione fondato su due
motivi.
L’intimato Bombonato Franco ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.

Con il primo motivo la ricorrente, denunciando vizio di

motivazione e violazione dell’art. 115 cpc (art. 360, comma 1, nn. 3 e
5, cpc), si duole che la Corte territoriale non abbia ammesso le prove

– a prescindere dal fatto che la palese falsità di una delle precise

con le quali, indipendentemente dalla circostanza inerente al ritiro
dell’atto presso l’Ufficio Postale di Sarnano, si intendeva dimostrare

Bombonato e volto a trarre in inganno essa ricorrente, approfittando
della buona fede della ex dipendente Livi.
Con il secondo motivo, denunciando vizio di motivazione, la
ricorrente denuncia la contraddittorietà in cui sarebbe incorsa la
Corte territoriale con il ritenere, da un lato, che la Livi non era già più
dipendente della Società, come da lei stessa affermato, e, dall’altro,
che l’atto giudiziario risultava essere stato consegnato alla stessa
Livi presso la sede legale della medesima Società.

2.

I due motivi, fra loro connessi, possono essere esaminati

congiuntamente.

2.1 Deve

anzitutto

rilevarsi

l’insussistenza

della

pretesa

contraddizione, posto che la Corte territoriale si è limitata, nei termini
ed ai fini già esposti, a rilevare due circostanze fattuali emerse nel
corso del giudizio, ossia, da un lato, che la Livi aveva ella stessa
dichiarato di non essere più stata, già all’epoca, dipendente della
Società e che, come risultava dalla relata di notifica, era stata
consegnataria dell’atto presso la sede legale societaria.

2.2 La Corte territoriale, come diffusamente già ricordato nello
storico di lite, ha, con motivazione lineare e coerente, evidenziato
che l’incarico asseritamene dato alla Livi di ritirare l’atto presso
l’Ufficio Postale costituiva un passaggio decisivo al fine di dimostrare

l’esistenza di un preciso disegno posto dolosamente in essere dal

il raggiro asseritamente posto in essere dal Bombonato, posto che,
altrimenti, il medesimo non avrebbe potuto avere certezza alcuna

conoscenza della Società destinataria; cosicché, risultando tale
circostanza contraddetta per tabulas dalla relata di notifica, veniva
necessariamente a cadere tutto l’impianto accusatorio mosso nei
suoi confronti.
La decisione di non ammettere le altre prove, stante la loro non
decisività, risulta pertanto correttamente motivata sotto il profilo
logico formale e, come tale, insindacabile in questa sede di
legittimità (cfr, ex plurimis, fra le più recenti, Cass., nn. 5377/2011;
4369/2009; 11457/2007; 3075/2006).
2.3 I motivi svolti non possono pertanto trovare accoglimento
3. In definitiva il ricorso va rigettato.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle
spese, che liquida in euro 5.100,00 (cinquemilacento), di cui euro
5.000,00 (cinquemila) per compenso, oltre accessori come per
legge.
Così deciso in Roma il 27 marzo 2014.

che l’atto gli sarebbe stato restituito senza essere portato a

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