Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 988 del 17/01/2017

Cassazione civile, sez. lav., 17/01/2017, (ud. 18/10/2016, dep.17/01/2017),  n. 988

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – Consigliere –

Dott. ESPOSITO Lucia – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppe – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18440-2011 proposto da:

CO.T.IR. S.R.L. C.F. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ALBALONGA 7,

presso lo studio dell’avvocato FABRIZIO TUCCI, rappresentata e i

difesa dall’avvocato FIORENZO CIERI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.P.E.N. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GIUSEPPE MAZZINI, 6, presso lo studio dell’avvocato

STEFANO LUPIS, rappresentato e difeso dagli avvocati DOMENICO CONTI,

CARMINE DI RISIO, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1479/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,

depositata il 15/12/2010 R.G.N. 335/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2016 dal Consigliere Dott. AMENDOLA FABRIZIO;

udito l’Avvocato CONTI DOMENICO anche in sostituzione dell’Avvocato

DI RISIO CARMINE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA MARIO che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1. – La Corte di Appello di L’Aquila, con sentenza del 15 dicembre 2010, in riforma della pronuncia di primo grado, ha condannato COTIR Srl a risarcire il danno per perdita di chance nei confronti di D.P.E.N. in misura pari alle differenze retributive tra la qualifica da questi posseduta e la qualifica di quadro per cinque annualità, con decorrenza 1 gennaio 2005, oltre accessori e spese.

La Corte territoriale, nell’ambito di una procedura adottata dalla società per conferire l’incarico di coordinatore dell’area tecnico-scientifica esitata con l’attribuzione anche della qualifica di quadro ad altro concorrente Dott. G., ha ritenuto che fosse stato violato l’art. 40 del CCNL per i dipendenti dai consorzi di bonifica e di miglioramento fondiario che prevedeva una articolata valutazione comparativa tra gli aspiranti; che il D.P. sin dall’atto introduttivo aveva proposto una domanda di risarcimento del danno da perdita di chance; che tale domanda andava accolta sussistendo un nesso causale tra l’inadempimento della società e la ragionevole probabilità del pretermesso di ottenere la promozione; che il danno andava commisurato alle differenze retributive tra la qualifica ricoperta dal D.P. e quella superiore di quadro, a cui avrebbe avuto la consistente probabilità di accedere, per cinque annualità.

2. – Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso COTIR Srl con cinque motivi. Ha resistito con controricorso l’intimato, comunicando memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

3. – Con il primo motivo di ricorso si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 101 e ss. c.p.c., in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., nonchè nullità del procedimento a mente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per omessa integrazione del contraddittorio nei confronti del controinteressato Dott. G..

Il motivo è privo di fondamento perchè qualificata la domanda dalla Corte territoriale come volta al risarcimento del danno, senza contenuto demolitorio tale da produrre effetti nei confronti di altri soggetti, non sussisteva l’obbligo di integrare il contraddittorio. Invero, sia con riguardo al lavoro subordinato privato, sia non riguardo al lavoro contrattuale alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, risulta consolidato l’orientamento della giurisprudenza della Corte, secondo cui, in presenza di selezioni concorsuali e di contestazioni sulla legittimità del procedimento, solo nel caso in cui il soggetto pretermesso domandi l’accertamento giudiziale del suo diritto ad essere inserito nel novero dei prescelti per il conseguimento di una determinata utilità (promozioni, livelli retributivi, trasferimenti, assegnazioni di sede, ecc.) il giudizio deve svolgersi in contraddittorio degli altri partecipanti al concorso coinvolti dai necessari raffronti, e, pertanto, il giudice, ove riscontri la non integrità del contraddittorio, deve ordinarne l’integrazione nei confronti di tutti i controinteressati; tale integrazione invece non è necessaria quando l’attore non chieda la dichiarazione di inefficacia della selezione e la riformulazione della graduatoria, ma si limiti a domandare il risarcimento del danno, o comunque faccia valere pretese compatibili con i risultati della selezione, dei quali non deve attuarsi la rimozione (cfr. Cass. n. 11943 del 1992; Cass. n. 12128 del 1998; Cass. S.U. n. 17324 del 2005; Cass. n. 14914 del 2008). Nella specie la sentenza impugnata, conformemente all’interpretazione della domanda offerta dalla medesima Corte di Appello, si limita a condannare la società al risarcimento del danno e non pronuncia alcune provvedimento che avrebbe potuto pregiudicare il preferito.

Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 112, 354 e 102 c.p.c., nonchè dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, per “erronea qualificazione della domanda e/o omessa pronuncia”, lamentando che la Corte territoriale si sarebbe pronunciata su di una domanda di risarcimento del danno da perdita di chance non proposta ed avrebbe invece trascurato la domanda del D.P. di riconoscimento del diritto alla promozione ed al conseguimento dei benefici ed avanzamenti connessi.

Le doglianze vanno respinte in quanto la pretesa violazione del canone processuale che impone la “corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato”, così come rubrica l’art. 112 c.p.c., nella specie non sussiste in quanto la Corte territoriale, interpretando l’atto introduttivo del giudizio nel suo complesso, ha ritenuto che in esso fosse contenuta la domanda poi accolta. Si tratta di interpretazione della domanda e dei suoi confini che è competenza del giudice del merito (cfr., tra le altre, Cass. n. 18 del 2015, Cass. n. 21421 del 2014; Cass. n. 12944 del 2012; Cass. n. 21208 del 2005). Nessuna violazione dell’art. 112 c.p.c., può dunque dirsi consumata, perchè nel caso all’attenzione del Collegio nella sostanza non si discute effettivamente di una pronuncia omessa o ultrapetita, quanto piuttosto dell’interpretazione della domanda e del suo contenuto (v. Cass. n. 7932 del 2012); in tal caso non è sufficiente che l’interpretazione offerta di giudici di merito alle domande di cui al ricorso non corrisponda alle attese della società per determinare la cassazione della sentenza impugnata, ove la diversa qualificazione sia sorretta – come nella specie – da adeguata motivazione (Cass. n. 14650 del 2012; Cass. 22893 del 2008; Cass. n. 14751 del 2007). Evidentemente dal tenore complessivo degli atti processuali in considerazione era evincibile la richiesta di risarcimento del danno per perdita di chance, cui la declaratoria di accertamento dell’illegittimità della deliberazione di conferimento dell’incarico al G. era funzionalizzata in via incidentale. Peraltro la COTIR Srl non può vedere riconosciuto un interesse giuridicamente qualificato a dolersi della pretesa omessa pronuncia su di una domanda che sarebbe stata avanzata da parte avversa, con conseguente inevitabile mancanza di un vizio che possa determinare la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4; in realtà la censura viene articolata per ribadire la violazione della integrazione del contraddittorio che, per quanto innanzi detto, è infondata.

Con il terzo motivo si denuncia omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo rappresentato dalla mancata valutazione della Corte di Appello della pregressa attribuzione di responsabilità, in capo al G., del coordinamento di progetti e della rendicontazione di tale attività all’ARSA.

Con il quarto mezzo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1218, 1223, 1226 e 2697 c.p.c., art. 202 e 420 c.p.c., nonchè difetto e contraddittorietà di motivazione per non avere dimostrato la sentenza impugnata il nesso eziologico fra il presunto inadempimento della COTIR ed i danni subiti dal D.P., oltre ad averli incongruamente liquidati nella misura del 100% delle indennità stabilite per la qualifica di quadro.

Tali motivi possono essere trattati congiuntamente in quanto entrambi tendono ad una inammissibile rivalutazione della quaestio facti, vuoi sotto il profilo della valutazione dei titoli per conseguire l’incarico in contesa, vuoi in ordine al rapporto causale tra inadempimento e danni e loro quantificazione, indagini invece affidate al sovrano apprezzamento del giudice del merito.

Come noto, per consolidato orientamento di questa Corte la motivazione omessa, contraddittoria o insufficiente è configurabile soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (in termini, tra le tante, Cass. SS.UU. n. 24148 del 2013).

Invero il motivo di ricorso ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, anche nella sua formulazione vigente nel caso che ci occupa, non conferisce alla Corte di cassazione il potere di riesaminare il merito dell’intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, ma solo quello di controllare, sul piano della coerenza logico – formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito, al quale soltanto spetta di individuare le fonti del proprio convincimento, controllarne l’attendibilità e la concludenza nonchè scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti in discussione, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (tra numerose altre: Cass. SS.UU. n. 5802 del 1998 nonchè Cass. n. 1892 del 2002, n. 15355 del 2004, n. 1014 del 2006, n. 18119 del 2008).

Invece parte ricorrente, lungi dal denunciare una totale obliterazione di un “fatto controverso e decisivo” che, ove valutato, avrebbe condotto, con criterio di certezza e non di mera probabilità, ad una diversa decisione, si è limitata, con i motivi in esame, a far valere la non rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito al diverso convincimento soggettivo patrocinato dalla parte, proponendo un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti.

Tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’iter formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Sicchè dette censure si traducono nell’invocata revisione delle valutazioni e dei convincimenti espressi dal giudice di merito, tesa a conseguire una nuova pronuncia sul fatto, non concessa perchè estranea alla natura ed alla finalità del giudizio di legittimità.

Il quinto motivo denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 40 CCNL Consorzi di bonifica nonchè dei criteri di buona fede e correttezza in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in quanto detta disciplina contrattuale non si applicherebbe all’ipotesi della temporaneità dell’incarico e, comunque, il provvedimento di assegnazione sarebbe stato adeguatamente motivato.

Il motivo non può essere accolto atteso che, oltre a riproporre questioni di merito circa la valutazione dei candidati, muove da un presupposto di fatto diverso da quello considerato dalla Corte di Appello che ha ritenuto invece non temporaneo il conseguimento del superiore inquadramento, fatto il cui accertamento è precluso in questa sede di legittimità e comunque non adeguatamente censurato dal motivo in esame formulato per error in iudicando.

5. – Conclusivamente il ricorso deve essere respinto e le spese seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese liquidate in Euro 4.600,00, di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre accessori secondo legge e spese generali al 15%.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 18 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2017

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