Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9879 del 14/05/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 9879 Anno 2015
Presidente: MAZZACANE VINCENZO
Relatore: BIANCHINI BRUNO

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SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. r.g. 19170/2009 proposto da:

S.r.l. MONDIALPLAST (p. IVA: 01369870124)
In persona del suo legale rappresentante

pro tempore ,

sig.a Fiorangela Boschiroli,

rappresentata ‘e difesa dall’avv. Pietro Cesare Iametti e dall’avv. Franco Caroleo, presso
il quale è elettivamente domiciliata in Roma, piazza Della Libertà n.20, giusta procura a
margine del ricorso.
– Ricorrente –

Contro

Maurizio TREVISAN (

TRV MRZ 64M22 F205X)

Titolare dell’impresa individuale MAV di Maurizio Trevisan
rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Longo e dall’avv. Andrea R. Vetturi, giusta procura
estesa a margine del controricorso; con domicilio eletto nello studio del primo in Roma,
via Crescenzio n.25
– Controricorrente A vb4.44-44-0.-

Data pubblicazione: 14/05/2015

contro la sentenza n. 3249/2008 della Corte di Appello di Milano, pubblicata il 28
novembre 2008; non notificata.

Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 20 marzo 2015 dal
Consigliere Dott. Bruno Bianchini;

del ricorso;

Udito l’avv. Paolo Longo, per il controricorrente che ha concluso per il rigetto del
ricorso;

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dr
Sergio Del Core, che ha concluso per il rigetto del ricorso o, in subordine, per la
rimessione degli atti alle Sezioni Unite.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 — La snc Mondialplast — in seguito trasformatasi in srl — citò innanzi al Tribunale di’
Busto Arsizio, sezione distaccata di Saronno, l’impresa individuale Mav di Trevisan
Maurizio, chiedendo che fosse condannata al pagamento delle somme necessarie ad
eliminare i difetti di uno stampo per scatole — prodotto dalla convenuta- nonché al
risarcimento dei danni subiti .per il difettoso funzionamento del detto macchinario;
l’impresa convenuta eccepì la decadenza e prescrizione dall’azione di garanzia, di cui in
ogni caso contestò la fondatezza; acquisita la relazione di accertamento tecnico
preventivo, escussi i testi ed effettuata una consulenza tecnica, l’adito Tribunale
condannò il Trevisan al pagamento di euro 38.033,61 di cui euro 18.000 quale importo
necessario per l’eliminazione dei vizi ed euro 19.073 per il ristoro del pregiudizio
sofferto per perdite e scarti di produzione. La Corte di Appello di Milano ,
pronunciando sentenza n. 3249/2008, in parziale accoglimento del gravame del
‘Frevisan, ridusse la condanna di costui all’importo di euro 1.960,00 , da un lato,
limitando il risarcimento del danno per maggiori costi di produzione determinati dal
cattivo funzionamento dello stampo (prendendo a base del computo il documentato

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Udito l’avv. Franco Caroleo per la ricorrente che ha concluso per raccoglimento

numero di scatole restituite da un cliente della Mondialplast); dall’altro, rigettando la

domanda diretta al pagamento delle spese necessarie all’eliminazione dei vizi : ciò in
quanto giudicò che la Mondialplast non avrebbe proposto la domanda di risarcimento
in forma specifica contemplata dall’art. 1668, I comma, ultima parte, cod. civ. ( dal cui

forme di cui all’art. 2931 cod. civ.,) ma solo una domanda volta ad ottenere la condanna
del predetto al pagamento delle spese occorrenti per l’eliminazione dei vizi, e quindi
una domanda risarcitoria per equivalente, la quale però non poteva trovare
accoglimento perché altrimenti avrebbe fatto conseguire gli stessi effetti dell’azione
risarcitoria in forma specifica, non proposta.
2 – Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la Mondialplast sulla base di

due motivi di annullamento illustrati da successiva memoria; il Trevisan ha risposto con
controricorso.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo viene dedotta la violazione degli artt. 1668 e 1453 cod. civ. per
aver ritenuto, il giudice dell’impugnazione, che la domanda di condanna al risarcimento
del danno per l’eliminazione degli effetti dannosi derivanti dall’inadempimento
dell’appaltatore , essendo diretta a rimediare agli ulteriori danni non coperti dalle azioni
di reintegra in forma specifica, non potesse trovare accoglimento in mancanza di tali
domande; in contrario vengono richiamate decisioni di questa Corte ( Cass. Sez. 11 n.
9033/2006; Cass. Sez. Il n. 5250/2004; Cass. Sez. II n. 11602/2002) in cui la
liquidazione di somme per l’eliminazione dei vizi non trova ostacolo nell’assenza
dell’azione di condanna per esecuzione specifica.

I.a — La censura è fondata.
I.a.1 — Va innanzi tutto messo in evidenza che la Corte territoriale ha basato la propria
decisione su considerazioni di carattere generale sui limiti applicativi dell’art. 1668 cod.
civ. ritenendo, all’esito di tale disamina, che fosse assorbito l’esame del concreto

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accoglimento sarebbe derivata la condanna del Trevisan all’eliminazione dei vizi nelle

svolgimento dei motivi — di cui sub 5 e 7/d dell’originario appello- diretti appunto a
negare la legittimità dell’accoglimento della domanda della Mondialplast intesa al
pagamento delle spese necessarie per l’eliminazione dei vizi: già solo per questo la
decisione della Corte territoriale ha minato le basi logiche della propria argomentazione,

all’appello proposto sul punto.

I.a.2 — L’ argomentazione posta a base della decisione impugnata non può essere poi
condivisa perché la domanda proposta sin dall’origine era una domanda risarcitoria per
equivalente —avente ad oggetto il rifacimento, a proprie spese, degli stampi ed il ristoro
del lucro cessante — e quindi il problema del cumulo/sostituzione con quella per forma
specifica prevista dall’art. 1668, I comma, ultima parte, cod. civ. non si poteva porre,
rimanendo dunque una affermazione non supportata da congruo riferimento ad una
specifica disciplina negoziale o normativa quella che assume che, se il
committente/appaltante voglia provvedere in proprio alla emenda dei vizi del
macchinario fornitogli e non sia ricorso all’analoga tutela risarcitoria -in forma specifica,
non avrebbe diritto alla prima forma di risarcimento perché conducente agli effetti della
seconda, né potrebbe richiedere la seconda in quanto non proposta.

I.a.3 — Non sussiste altresì un contrasto tra orientamenti giurisprudenziali di questa
Corte — come invece prospettato dal P.G. in udienza — tra le decisioni richiamate in
sentenza e quelle indicate nel ricorso, da un lato perché il contrasto che rende
auspicabile la remissione alle Sezioni Unite deve porre a confronto due indirizzi ben
enucleati, di decisioni difformi su medesime fattispecie e con carattere di relativo
sincronismo mentre la fattispecie , a regolazione della quale questa Corte deve
occuparsi, non ha visto in tempi recenti contrasti interpretativi radicali: invero i
“gruppi” di decisioni che si assumono contrapposte , partono entrambe dal
presupposto della diversità della tutela risarcitoria ( per equivalente ed in forma

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non esaminando se tale disamina teorica fosse conseguente o coerente rispetto

specifica) e del divieto del cumulo : la differente prospettazione di diritto si riduce alla
ritenuta sussistenza di un ordine logico di proposizione delle domande risarcitorie.
I.a.4 — Più in particolare, con la sentenza n. 9295/2006 si è affrontata la questione dei
limiti della tutela risarcitoria — di qualunque tipo — allorchè il committente/appaltante

la decisione n. 10751/2001 si è esaminato il caso di cumulo di domande .di riduzione
del prezzo di vendita e di risarcimento dei danni ( statuendosi che non si sarebbe potuto
computare in diminuzione, dal corrispettivo, non solo il minor valore assunto dalla res a
cagione dei vizi, ma anche il costo delle opere emendative); con la sentenza a
15167/2001 è stata negata la possibilità di agire per ottenere un risarcimento
dipendente da vizi che avrebbero comportato la risoluzione ( art. 1668,11 comma cod.),
allorchè tale domanda fosse stata disattesa

I.a.5 – Sul versante — che si ritiene opposto- le decisioni nn.19103/2012 e 6181/2011
richiamate in requisitoria dal P.M., non contengono affermazioni contrastanti rispetto a
quelle più sopra richiamate, limitandosi , la prima, a delimitare la portata degli interventi
emendativi al fine di non far conseguire all’appaltante un bene (o, in generale, una
prestazione), con caratteristiche migliori di quello che avrebbe ottenuto in caso di esatto
adempimento ; la seconda, a far affermare che, accolta in primo grado la domanda di
risarcimento in forma specifica e non avendo parte creditrice fatto seguito alla
esecuzione a carico dell’appaltatore, pur tuttavia l’appaltante/committente avrebbe
potuto insistere in appello per la richiesta di risarcimento per equivalente ( nella parte
in cui si chiedeva la condanna al pagamento delle spese necessarie all’emenda) e non
solo per il ristoro dei pregiudizi non eliminabili attraverso il diretto intervento
dell’appaltatore, atteso che quest’ultima richiesta doveva ritenersi ricompresa in quella
per ristoro in forma specifica; quanto infine alla più risalente sentenza 2346/1995, la
stessa si assesta sulla implicita ricomprensione della domanda di risarcimento per

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avesse agito per il mantenimento del contratto piuttosto che per la sua risoluzione; con

equivalente in quella per eliminazione delle difformità e dei vizi, pur evidenziando la
differenza ontologica delle due forme di risarcimento.

I.b – Se ne deve concludere per l’erroneità della statuizione di principio contenuta nella
sentenza di appello: altrimenti argomentando, si perverrebbe irragionevolmente alla

dall’inizio, laddove esso possa sortire (anche)) gli effetti di una non proposta domanda
risarcitoria in forma specifica.

H — Con il secondo motivo si censura siccome viziata da insufficienza e
contraddittorietà l’argomentazione della Corte territoriale allorchè , a seguito di
un’erronea valutazione delle emergenze istruttorie, ritenne in buona parte non
dimostrato il numero di pezzi realizzati con lo stampo per il quale è causa : in
particolare si assume che la dichiarazione del teste Conte, essendo stata precisa
nell’identificare il tipo di pezzi lavorati dallo stampo, sulla base dell’analisi dei
documenti sottoposti al teste, avrebbe dovuto esser valutata altrettanto fide digna in
merito al numero di pezzi prodotti: il motivo non corrisponde allo schema delineato
dall’art. 366 n. 3 cpc, dal momento che non riporta né il contenuto della deposizione né
i capitoli sottoposti al teste, così da impedire alla Corte la disamina critica del
ragionamento del giudice dell’appello, risolvendosi in un’inammissibile sollecitazione ad
un novellato esame del merito.

IH — La sentenza va dunque cassata in relazione al motivo accolto ; il giudice del rinvio,
che si individua nella Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, riesaminerà
la fattispecie alla luce del principio di diritto per il quale: “allorchè è stata proposta una
domanda di risarcimento per equivalente in caso di inadempimento dell’appaltatore/prestatore d’opera,
a’ sensi dell’art. 1668, I comma, ultima parte, cod. civ., il giudice del merito deve esaminarla nel
merito anche se .con la stessa possano prodursi i medesimi effetti di una non proposta domanda di
risarcimento in forma .specifica, a norma dell’art. 1668, 1 comma cod civ., una volta accertati i

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negazione del riconoscimento di un risarcimento per equivalente , pur se richiesto sin

presloposti soggettivi ed oggettivi, tipici della stessa “; il detto giudice provvederà altresì alla
regolazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.
La Corte

relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa
composizione, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20 marzo 2015 , nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

Accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo; cassa l’impugnata decisione in

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