Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9877 del 24/04/2010

Cassazione civile sez. II, 24/04/2010, (ud. 28/01/2010, dep. 24/04/2010), n.9877

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore,

rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura Generale dello

Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è

domiciliato;

– ricorrente –

contro

P.D.;

– intimato –

avverso la sentenza del Giudice di pace di San Donà di Piave n.

691/05, depositata in data 11 novembre 2005.

Udita, la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

28 gennaio 2010 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti;

lette le conclusioni del P.M., in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. LECCISI Giampaolo, il quale ha chiesto l’accoglimento

del ricorso per manifesta fondatezza dei motivi;

sentito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale in

persona del Dott. Giampaolo Leccisi, che si è riportato alle

conclusioni scritte.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza depositata in data 11 novembre 2005, il Giudice di pace di San Dona di Piave accoglieva l’opposizione proposta da P. D. avverso il verbale di accertamento, a mezzo telelaser, dell’infrazione di cui all’art. 142 C.d.S., comma 9, elevato dalla Polizia stradale di Venezia il 19 ottobre 2004.

Il Giudice riteneva che la sussistenza e la commissione dell’illecito non risultassero sufficientemente provate dalle rilevazioni del telelaser, in quanto detto apparecchio non rispettava la prescrizione dell’art. 345 reg. esec. C.d.S., a norma del quale le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere lo scopo fissando la velocità in un dato momento, in modo chiaro e accertabile.

Per la cassazione di questa sentenza ricorre il Ministero dell’Interno sulla base di due motivi; l’intimato non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente Ministero denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 495 del 1992, art. 345 (regolamento di esecuzione del codice della strada) nonchè vizio di omessa e insufficiente motivazione.

Il ricorrente contesta la motivazione della sentenza impugnata là dove ha affermato che l’apparecchiatura telelaser utilizzata nel caso di specie non consentirebbe di ritenere provato il superamento dei limiti di velocità in modo chiaro e accertabile, come prescritto dal citato art. 345 C.d.S., e ha sostanzialmente ritenuto la inidoneità di detta apparecchiatura rispetto alle prescrizioni del regolamento di esecuzione del codice della strada; ciò tanto più che nella sentenza impugnata non viene neanche ipotizzato che l’accertamento sia stato in concreto frutto di un errore umano.

Con il secondo motivo, il Ministero ricorrente denuncia il vizio di motivazione insufficiente in ordine alla esclusione della efficacia probatoria che assiste l’attestazione rilasciata dal pubblico ufficiale.

Il ricorso, i cui due motivi possono essere esaminati congiuntamente per evidenti ragioni di connessione, è manifestamente fondato.

Il vizio dell’impugnata sentenza fondatamente denunziato da parte ricorrente consiste, infatti, nell’erronea interpretazione ed applicazione della normativa in materia da parte del giudice di pace più che in un’inadeguata valutazione delle caratteristiche tecniche dell’apparecchiatura in discussione, che, tra l’altro, come si dirà, neppure può essere effettuata dal giudice con o senza consulenza tecnica.

Come questa Corte ha anche di recente rilevato (v., da ultimo, Cass., n. 3420 del 2009), l’art. 201 C.d.S., comma 1 bis, dispone che “Fermo restando quanto indicato dal comma 1, nei seguenti casi la contestazione immediata non è necessaria e agli interessati sono notificati gli estremi della violazione nei termini di cui al comma 1 … e) accertamento della violazione per mezzo di appositi apparecchi di rilevamento direttamente gestiti dagli organi di Polizia stradale e nella loro disponibilità”, mentre l’art. 142 C.d.S., comma 6 dispone che “per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità sono considerate fonti di prova le risultanze di apparecchiature debitamente omologate, nonchè le registrazioni del cronotachigrafo e i documenti relativi ai percorsi autostradali, come precisato dal regolamento”.

L’art. 345 reg. esec. C.d.S., sotto la rubrica “Apparecchiature e mezzi di accertamento della osservanza dei limiti di velocità”, a sua volta, dispone, al comma 1, che “Le apparecchiature destinate a controllare l’osservanza dei limiti di velocità devono essere costruite in modo da raggiungere detto scopo fissando la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile, tutelando la riservatezza dell’utente”; al comma 2, che “le singole apparecchiature devono essere approvate dal Ministero dei lavori pubblici”; al comma 4, che “per l’accertamento delle violazioni dei limiti di velocità, le apparecchiature di cui al comma 1 devono essere gestite direttamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S., e devono essere nella disponibilità degli stessi”.

Le apparecchiature elettroniche di controllo della velocità devono, dunque, essere omologate, devono consentire di fissare la velocità del veicolo in un dato momento in modo chiaro ed accertabile e possono essere utilizzate esclusivamente dagli organi di polizia stradale di cui all’art. 12 C.d.S..

Non è, invece, richiesto da alcuna delle norme esaminate che dette apparecchiature siano anche munite di dispositivi in grado d’assicurare una documentazione, con modalità automatiche quali la ripresa dell’immagine visualizzata sul display (fotografia) o la riproduzione meccanica dei dati visualizzati (scontrino), dell’accertamento dell’infrazione, in quanto la fonte primaria prevede solo che le apparecchiature elettroniche possano costituire fonte di prova, se debitamente omologate.

La norma regolamentare, alla quale rinvia l’art. 142 C.d.S., comma 6, stabilisce i requisiti ai quali è subordinata l’omologazione delle apparecchiature elettroniche, tra i quali l’idoneità a consentire la rilevazione della velocità del veicolo in modo chiaro ed accertabile, requisito che presuppone unicamente la determinazione inequivoca della velocità del veicolo, ben potendo poi l’individuazione di questo e la trascrizione della velocità rilevata essere demandate all’agente di polizia addetto al rilevamento, come prescritto dal surrichiamato art. 345 reg. C.d.S., senza tuttavia alcun esplicito riferimento ad una documentazione fotografica od altrimenti meccanica dell’accertamento operato dal detto agente mediante l’apparecchiatura stessa.

Nè potrebbe arguirsi l’indispensabilità di detta documentazione, per rendere la rilevazione della velocità chiara ed accertabile, dal fatto che la disposizione regolamentare prescrive che l’accertamento debba avvenire tutelando la riservatezza dell’utente, in quanto dalla previsione esplicita, tra l’altro a diverso fine, d’una modalità d’accertamento, riferibile all’eventuale documentazione fotografica dell’infrazione commessa, non può trarsi la conseguenza che essa costituisca l’unica modalità d’individuazione del veicolo normativamente consentita od obbligatoria.

In considerazione della materia oggetto di regolamentazione e della rapida evoluzione tecnologica, deve, anzi, ritenersi che opportunamente la fonte regolamentare si sia limitata a prevedere che le apparecchiature debbano consentire di fissare la velocità del veicolo in un determinato momento in modo chiaro e accertabile, e non abbia, viceversa, delineato anche le caratteristiche necessarie per l’omologazione, attestandosi sulla tipologia delle apparecchiature all’epoca esistenti.

Le riportate considerazioni costituiscono insegnamento ormai consolidato di questa Corte: si vendano, e pluribus, Cass., n. 3240 del 2009, cit.; Cass., n. 1889 del 2008; Cass., n. 17754 del 2007;

Cass., n. 7126 del 2006; Cass., n. 1234 del 2005; Cass., n. 5873 del 2004.

A fronte delle considerazioni sin qui svolte, appaiono inconferenti le argomentazioni svolte in alcune pronunzie di merito per sostenere, sul piano tecnico, l’inidoneità allo scopo dell’apparecchiatura denominata “telelaser” e delle altre congeneri utilizzate dai vari organi accertatori, dacchè, come già evidenziato da questa Corte, esorbita, comunque, dall’ambito delle competenze della giurisdizione, tanto ordinaria quanto amministrativa, qualsiasi apprezzamento sull’omologabilità o meno delle apparecchiature elettroniche de quibus, trattandosi di questione attinente alla discrezionalità tecnica della Pubblica Amministrazione, onde l’errore che si volesse imputare al Ministero dei Lavori Pubblici, nell’esercizio del potere di classificazione e valutazione degli apparecchi di rilevazione della velocità, potrebbe essere fatto valere dall’interessato solo per il tramite della denunzia d’un vizio di legittimità dell’atto (incompetenza, violazione di legge, eccesso di potere), ma non direttamente , domandando al giudice che, eventualmente anche a mezzo di consulente tecnico, operi un sindacato di merito di tipo sostitutivo del giudizio espresso dalla P.A. (Cass. n. 3240 del 2009, cit.).

Nè rileva, nel caso di specie, la sopravvenuta normativa del 2002.

Alle esaminate disposizioni di carattere generale, invero, si è successivamente aggiunta – ma non sostituita, in ragione della specificità delle ipotesi previste e regolate – la norma speciale posta dal D.L. 20 giugno 2002, n. 121, art. 4, convertito, con modificazioni, dalla L. 1 agosto 2002, n. 168.

Con essa, il legislatore, dopo aver disposto, al comma 1, che sulle particolari strade ivi considerate possano essere utilizzati od installati dispositivi o mezzi tecnici di controllo del traffico finalizzati al rilevamento a distanza delle infrazioni alle norme di comportamento di cui agli artt. 142 e 148 C.d.S., prescrive, al terzo comma, che, in tal caso, la violazione debba essere documentata con sistemi fotografici, di ripresa video o con analoghi dispositivi che consentano di accertare, anche in tempi successivi, le modalità di svolgimento dei fatti costituenti illecito amministrativo, nonchè i dati d’immatricolazione del veicolo ovvero il responsabile della circolazione, specificando, altresì, che gli apparecchi di rilevamento automatico della violazione debbono essere approvati od omologati ai sensi dell’art. 45 C.d.S., ove utilizzati senza la presenza od il diretto intervento degli agenti preposti.

Come questa Corte ha già avuto modo di chiarire (Cass., n. 1889 del 2008, cit.; Cass., n. 3240 del 2009, cit.), un’interpretazione letterale e razionale della norma in esame, con particolare riferimento ai due periodi dei quali si compone il comma 3, evidenzia come la previsione di apparecchiature capaci di documentare mediante fotografia o simili le modalità della violazione e l’identificazione del veicolo attenga alle ipotesi nelle quali l’accertamento abbia luogo in un momento successivo, id est in base alla lettura della documentazione stessa (previa stampa di quanto registrato su pellicola o memory stick o altro supporto), essendo mancata la presenza degli agenti al momento della violazione. Nelle ipotesi in cui, invece, la violazione si verifiche su strade diverse da quelle considerate, e sia accertata con apparecchiature non predisposte per la memorizzazione fotografica dell’infrazione e, comunque, alla presenza degli agenti, rimane valida l’applicazione della normativa generale, per la quale, come si è visto, questi ultimi possono rilevare mediante lo strumento il dato tecnico della violazione e contestualmente procedere di persona all’identificazione del veicolo (Cass., n. 378 del 2008).

In proposito, si è poi rilevato come, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (e pluribus, nel tempo, Cass., S.U., n. 12545 del 1990; Cass., n. 12846 del 1995;

Cass., n. 1006 del 1999; Cass., n. 3350 del 2001; Cass. , n. 17106 del 2002; Cass., n. 20441 del 2006; Cass., n. 3240 del 2009; Cass., S.U., n. 17355 del 2009), nel giudizio d’opposizione avverso l’ingiunzione di pagamento di una sanzione amministrativa, il verbale d’accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale come avvenuti in sua presenza, descritti senza margini d’apprezzamento, nonchè della sua provenienza dal pubblico ufficiale medesimo, stante l’efficacia probatoria privilegiata attribuita all’atto pubblico dall’art. 2700 cod. civ..

Ne consegue che l’accertamento delle violazioni alle norme sulla velocità deve ritenersi provato sulla base della verbalizzazione dei rilievi tratti dalle apparecchiature previste dal detto art. 142 C.d.S., e delle contestuali constatazioni personali degli agenti – constatazioni che, attenendo a dati obiettivi quali la lettura del display dello strumento e la rilevazione del numero della targa, non costituiscono “percezioni sensoriali” implicanti margini d’apprezzamento individuali – facendo infatti prova il verbale fino a querela di falso dell’effettuazione di tali rilievi e constatazioni, mentre le risultanze di essi valgono invece fino a prova contraria, che può essere data dall’opponente in base alla dimostrazione del difetto di funzionamento dei dispositivi, anche occasionale in relazione alle condizioni della strada e del traffico al momento della rilevazione, da fornirsi in base a concrete circostanze di fatto (di recente, Cass., n. 3240 del 2009; Cass., n. 1889 del 2008;

Cass., n. 17754 del 2007; Cass., n. 15324 del 2006).

Orbene, con riferimento all’apparecchiatura denominata “telelaser”, debitamente omologata, è ingiustificata la tesi volta ad escludere che l’accertamento della velocità, con riferimento ad un singolo determinato veicolo, possa essere idoneamente documentato dal verbale degli agenti addetti alla rilevazione, essendo il relativo verbale assistito da efficacia probatoria fino a querela di falso quanto ai dati in esso attestati dal pubblico ufficiale; ed altrettanto ingiustificata è la tesi per cui la dizione dell’art. 345 reg. esec. C.d.S., “in modo chiaro e accertabile” implichi la necessità che l’apparecchiatura elettronica fornisca anche prova documentale, visiva (fotografia) od altrimenti meccanica automatica (scontrino), dell’individuazione del veicolo e non solo la visualizzazione sul display della velocità dello stesso. D’altra parte, dall’esame della sentenza impugnata non risulta che l’opponente avesse dedotto e provato, o chiesto invano di provare, specifici elementi dai quali desumere un cattivo funzionamento dell’apparecchio utilizzato nella circostanza, donde doveva essere tratta la conclusione che le risultanze dell’accertamento compiuto con l’apparecchiatura elettronica non erano state vinte da prova contraria (Cass., n. 3240 del 2009 cit.; Cass., n. 16458 del 2006; Cass., n. 10212 del 2005).

In difetto della qual allegazione e dimostrazione, si deve concludere che l’accertamento dell’infrazione è valido e legittimo, in quanto, da un lato, l’apparecchiatura utilizzata, “telelaser”, consente la visualizzazione sul display della velocità rilevata, dall’altro, la riferibilità di detta velocità ad un veicolo determinato discende dall’operazione di puntamento e, quindi, d’identificazione del veicolo stesso effettuata dall’agente di polizia stradale che ha in uso l’apparecchiatura in questione.

A tali principi e considerazioni il giudice a quo non si è conformato, onde il ricorso va accolto e l’impugnata sentenza va cassata, con rinvio ad altro Giudice di pace di San Donà di Piave perchè esamini l’altro motivo di opposizione che dalla sentenza impugnata risulta essere stato proposto dall’opponente.

Al Giudice del rinvio è rimessa altresì la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, ad altro Giudice di pace di San Donà di Piave.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 28 gennaio 2010.

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2010

 

 

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