Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9875 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 15/04/2021), n.9875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al numero 7650 del ruolo generale dell’anno

2019, proposto da:

M.C., (C.F.: MRN CST 54E44 G914I), B.M. (C.F.: BSU

MRA 53B12 G9143) rappresentati e difesi dagli avvocati Luciano

Faraon (C.F.: (OMISSIS)) e Andrea Faraon (C.F.: (OMISSIS));

– ricorrenti –

nei confronti di:

BANCA CARIGE S.p.A., – CASSA DI RISPARMIO DI GENOVA ED IMPERIA (C.F.:

(OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimata –

per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Trieste n.

792/2018, pubblicata in data 27 dicembre 2018 (e notificata in data

28 dicembre 2018);

udita la relazione sulla causa svolta nella camera di consiglio in

data 26 gennaio 2021 dal consigliere Augusto Tatangelo.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.C. e B.M. hanno proposto una opposizione, da essi qualificata in termini di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., avverso il preavviso di rilascio di un immobile sito in Portogruaro, loro notificato ai sensi dell’art. 608 c.p.c., sulla base di titolo esecutivo costituito da decreto di trasferimento del suddetto immobile emesso dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Venezia all’esito di procedura esecutiva promossa nei loro confronti dalla Banca Carige S.p.A..

L’opposizione (nel contraddittorio con l’aggiudicatario ed il delegato alla vendita dell’immobile, per quanto è indicato nel ricorso) è stata rigettata dal Tribunale di Pordenone, con condanna degli opponenti per lite temeraria ai sensi dell’art. 96 c.p.c..

La Corte di Appello di Trieste (in contraddittorio con la sola Banca Carige S.p.A.) ha confermato la decisione di primo grado, condannando gli opponenti al pagamento di una ulteriore somma ai sensi dell’art. 96 c.p.c., comma 3.

Ricorrono la M. ed il B., sulla base di quattro motivi.

Non ha svolto attività difensiva in questa sede la banca intimata.

E’ stata disposta la trattazione in camera di consiglio, in applicazione degli artt. 375,376 e 380 bis c.p.c., in quanto il relatore ha ritenuto che il ricorso fosse destinato ad essere dichiarato inammissibile.

E’ stata quindi fissata con decreto l’adunanza della Corte, e il decreto è stato notificato alle parti con l’indicazione della proposta.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso è inammissibile.

Esso non rispetta il requisito della esposizione sommaria dei fatti prescritto a pena di inammissibilità del ricorso per cassazione dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3.

Tale requisito è considerato dalla norma come uno specifico requisito di contenuto-forma del ricorso e deve consistere in una esposizione sufficiente a garantire alla Corte di cassazione di avere una chiara e completa cognizione del fatto sostanziale che ha originato la controversia e del fatto processuale, senza dover ricorrere ad altre fonti o atti in suo possesso, compresa la stessa sentenza impugnata (Cass., Sez. U, Sentenza n. 11653 del 18/05/2006, Rv. 588770 – 01; conf.: Sez. 3, Ordinanza n. 22385 del 19/10/2006, Rv. 592918 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 15478 del 08/07/2014, Rv. 631745 – 01; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 16103 del 02/08/2016, Rv. 641493 – 01). La prescrizione del requisito in questione non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, ma a quella di consentire una conoscenza chiara e completa dei fatti di causa, sostanziali e o processuali, che permetta di bene intendere il significato e la portata delle censure rivolte al provvedimento impugnato (Cass., Sez. U, Sentenza n. 2602 del 20/02/2003, Rv. 560622 – 01; Sez. L, Sentenza n. 12761 del 09/07/2004, Rv. 575401 – 01). Stante tale funzione, per soddisfare il suddetto requisito è necessario che il ricorso per cassazione contenga, sia pure in modo non analitico o particolareggiato, l’indicazione sommaria delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello, ed infine del tenore della sentenza impugnata.

Il ricorso in esame, nell’esposizione del fatto, non presenta tale contenuto minimo.

I ricorrenti affermano di avere proposto, davanti al Tribunale di Pordenone, una opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il preavviso di rilascio di un immobile che era stato loro espropriato in un precedente processo esecutivo svoltosi davanti al Tribunale di Venezia, avviso di rilascio loro notificato ai sensi dell’art. 608 c.p.c., a seguito di previa regolare intimazione di precetto di rilascio sulla base del titolo esecutivo costituito dal decreto di trasferimento dell’immobile in favore dell’aggiudicatario.

Affermano peraltro di avere chiesto, oltre alla “sospensione della procedura esecutiva ex art. 624 c.p.c. e del titolo esecutivo per cui si procedeva ad esecuzione immobiliare”, la dichiarazione di “nullità delle clausole contenute nel mutuo ipotecario del 08.06.2001”, cioè del contratto di mutuo sulla base del quale era stata promossa la procedura di espropriazione dell’immobile oggetto dell’esecuzione per rilascio, nonchè la revoca del decreto di trasferimento emesso dal giudice dell’esecuzione immobiliare del Tribunale di Venezia e la condanna della banca procedente alla “restituzione delle somme indebitamente percepite e al risarcimento del danno ex art. 2043 c.c.”.

Non viene chiarito chi abbia intimato il rilascio dell’immobile e notificato il preavviso di rilascio oggetto della presente opposizione e non sono neanche indicate le generalità dell’aggiudicatario, del custode dell’immobile e del delegato alla vendita dello stesso, pur dandosi atto che l’aggiudicatario e il delegato alla vendita erano stati evocati nel giudizio di primo grado (ma non in sede di gravame). Neanche è precisato se e quando sia stato definito il processo esecutivo per espropriazione immobiliare nell’ambito del quale era stato pronunciato il decreto di trasferimento posto a base dell’avviso di rilascio opposto.

Non viene in effetti richiamato nel ricorso il contenuto specifico dell’atto di opposizione, che consenta di valutare e comprendere l’effettivo oggetto della stessa e, in particolare:

a) se era stata effettivamente proposta una opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il preavviso di rilascio, come affermano gli stessi ricorrenti (il che, in mancanza di diversa espressa qualificazione dell’opposizione da parte del giudice di primo grado, determinerebbe l’inammissibilità dell’appello e comporterebbe la necessità di cassare senza rinvio la decisione impugnata, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, o comunque, stante l’avvenuto rigetto dell’opposizione, di correggerne semplicemente la motivazione; in ogni caso, il presente ricorso sarebbe inammissibile, non essendo precisato chi fosse il creditore procedente per il rilascio e non essendo peraltro detto creditore probabilmente neanche stato evocato in giudizio, almeno in grado di appello e nella presente fase);

b) se era stata invece proposta una opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c. (come in teoria dovrebbe lasciar presupporre la circostanza che il processo si sia svolto in doppio grado di merito); e se, in quest’ultima eventualità, l’opposizione fosse volta a: b1) contestare il diritto di procedere all’esecuzione forzata per rilascio del soggetto che aveva notificato il preavviso di cui all’art. 608 c.p.c. (nel qual caso, peraltro, il ricorso sarebbe comunque inammissibile, non essendo precisato chi fosse il procedente per il rilascio e non essendo peraltro detto soggetto probabilmente neanche stato evocato in giudizio, almeno in grado di appello e nella presente fase), ovvero: b2) contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata per espropriazione immobiliare della banca mutuante che aveva pignorato l’immobile ipotecato (è appena il caso di osservare che una siffatta opposizione all’esecuzione potrebbe ritenersi ammissibile solo se proposta anteriormente alla definizione del processo di espropriazione, la cui data non è indicata dai ricorrenti; il relativo giudizio di merito sarebbe peraltro comunque improcedibile, in quanto con riguardo a tale opposizione di certo non risulterebbe mai proposta la necessaria fase preliminare sommaria davanti al giudice dell’esecuzione immobiliare, nella specie il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Venezia);

c) se era stata addirittura proposta una opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. avverso il decreto di trasferimento dell’immobile pronunziato dal giudice dell’esecuzione del Tribunale di Venezia, come potrebbe lasciare intendere il riferimento, nel ricorso, all’art. 617 c.p.c., in correlazione con la richiesta di revoca di detto decreto di trasferimento (una siffatta opposizione, d’altronde, sarebbe da ritenere inammissibile in quanto proposta tardivamente, oltre venti giorni dopo la conoscenza del decreto di trasferimento, notificato ai ricorrenti unitamente al precetto in data 18 aprile 2014, cioè più di un mese prima del preavviso di rilascio che ha dato luogo al presente giudizio, nonchè improcedibile nella sua fase di merito, per mancanza della fase sommaria davanti al giudice dell’espropriazione immobiliare, per quanto emerge dallo stesso ricorso; in ogni caso, anche in questa ipotesi, in mancanza di diversa espressa qualificazione dell’opposizione da parte del giudice di primo grado, l’appello sarebbe da ritenere inammissibile e la decisione impugnata sarebbe da cassare senza rinvio, ai sensi dell’art. 382 c.p.c., comma 3, ovvero da correggere semplicemente nella sua motivazione).

In una situazione del genere, risulta evidente l’impossibilità per questa Corte di esaminare e valutare l’oggetto esatto dell’opposizione e, di conseguenza, il merito del ricorso, che va dichiarato senz’altro inammissibile, ciò che esime anche dal dare conto dei singoli motivi di esso ed assorbe ogni altra questione (anche in relazione all’integrità del contraddittorio, non valutabile in mancanza di certezza sull’oggetto effettivo della controversia).

2. Il ricorso è dichiarato inammissibile.

Nulla è a dirsi con riguardo alle spese del giudizio non avendo la parte intimata svolto attività difensiva nella presente sede.

Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte:

– dichiara inammissibile il ricorso;

– nulla per le spese.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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