Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9875 del 05/05/2011

Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 22/02/2011, dep. 05/05/2011), n.9875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. FERRARA Ettore – Consigliere –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

44 ASL/(OMISSIS), elettivamente domiciliato in ROMA VIA BRUNO

BUOZZI 99, presso lo studio dell’avvocato CRISCUOLO FABRIZIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CASILLI VALERIO, giusta

delega a margine;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 173/2005 della COMM. TRIB. REG. SEZ. DIST. di

SALERNO, depositata il 19/10/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/02/2011 dal Consigliere Dott. MARIAIDA PERSICO;

udito per il ricorrente l’Avvocato TIDORE, che ha chiesto

l’accoglimento;

udito per il resistente l’Avvocato PALMARINI, per delega Avvocato

CRISCUOLO, che si riporta;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L’Azienda Sanitaria Locale Salerno 2 impugnava l’avviso di rettifica con il quale venivano accertati, in relazione all’anno d’imposta 1997 ed ai fini dell’Ilor e dell’Irpeg sul maggior imponibile accertato, – per quanto qui interessa – l’omessa dichiarazione di redditi da fabbricati. L’ufficio resisteva. La Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso.

La relativa sentenza veniva appellata, in via principale, dall’Agenzia delle Entrate che deduceva che i primi giudici avevano errato nel ritenere sussistente un’esenzione di tipo soggettivo laddove la decommercializzazione operata dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88, riguarda i redditi derivanti dalle sole attività istituzionali e non anche le altre categorie di redditi. L’Asl (OMISSIS) resisteva e proponeva a sua volta appello incidentale sulle spese.

La Commissione Tributaria Regionale rigettava sia l’appello principale che quello incidentale ritenendo, quanto al primo, che se il legislatore, con il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, ha escluso dalla tassazione il reddito conseguito per l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali, sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le unità sanitarie locali, risulterebbe immotivatamente punitiva l’eventuale scelta di ritenere soggetti a tassazione i redditi fondiari degli immobili destinati a finalità ritenute degne di esclusione dall’imposizione diretta.

Contro tale sentenza, di cui in epigrafe, l’agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione fondato su di un duplice motivo. L’Asl (OMISSIS) resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo del ricorso l’Agenzia delle Entrate ha denunciato, ex art. 360 c.p.c., n. 3 “violazione e falsa applicazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, artt. 40, 87, 88, 108 e 109;

D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 26, per avere il giudice a quo erroneamente postulato l’intassabilità dei redditi fondiari degli immobili destinati a finalità ritenuta degna di esclusione da imposizione diretta.

2. Con il secondo motivo il ricorrente censura, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, artt. 40 e 77 e D.Lgs. n. 460 del 1997, art. 26, essendo inconferente, oltre che fuorviante, il richiamo a tali norme, per essere le stesse inapplicabili al caso di specie, stante il regime di esenzione riservato al reddito prodotto dalla Asl.

3. I due motivi possono essere oggetto di trattazione congiunta, essendo strutturalmente e funzionalmente connessi.

Le censure sono fondate alla luce del principio già enucleato da questa Corte, dal quale questo Collegio non ritiene di discostarsi non essendo stati forniti idonei motivi in tal senso. La Corte ha affermato (Cass. n. 19138 del 2010; conforme Cass. n. 28176 del 2008;

Cass. 17089 del 2009): “In tema di Irpeg, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88, comma 2, lett. c), dispone che l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine non costituisce esercizio di attività commerciale; pertanto, il reddito fondiario degli immobili strumentali utilizzati in relazione a tali attività non subisce la “trasformazione” in. reddito d’impresa D.P.R. n. 917 del 1986, ex art. 40, comma 1,con la conseguenza che il reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone l’art. 108 del D.P.R. citato.” In effetti, a norma del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 87, comma 2, lett. c), gli enti pubblici residenti che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciale sono soggetti ad IRPEG. Tuttavia, “l’esercizio di attività previdenziali, assistenziali e sanitarie da parte di enti pubblici istituiti esclusivamente a tal fine, comprese le Unità sanitarie locali”, non costituiscono esercizio di attività commerciali (D.P.R. n. 917 del 1986, art. 88, comma 2, lett. c) e, quindi, sono sottratte al relativo prelievo IRPEG. Pertanto, in relazione a tali attività, non si pone il problema della qualifica del reddito “degli immobili relativi ad imprese commerciali”, reddito che secondo il disposto del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 40, comma 1, non va considerato come fondiario ma segue il regime del reddito di impresa. Però, se, come nella specie, non c’è reddito di impresa, perchè non c’è una attività commerciale riconosciuta come tale ai fini fiscali (art. 88 cit), sulla cui produzione in genere viene effettuato il prelievo fiscale, manca il presupposto per la “trasformazione” del reddito fondiario in reddito di impresa. Non si verifica, cioè, quella specie di “fusione per incorporazione” del reddito fondiario nel reddito di impresa e, quindi, il primo mantiene la sua autonomia impositiva. Pertanto, come dispone specificamente il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 108, il reddito degli enti pubblici non commerciali va ricostruito in maniera “atomistica”, proprio per evitare contaminazioni tra i diversi tipi di reddito che non possono poi confluire nell’unica categoria del reddito di impresa, dovendosi rispettare le esclusioni sancite dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 88. Infatti, ai sensi del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 108, “Il reddito complessivo degli enti non commerciali di cui all’art. 87, comma 1, lett. e), è formato dai redditi fondiari, di capitale, di impresa e diversi”. In definitiva, nella specie manca il presupposto per l’applicazione dell’art. 40, proprio perchè l’attività svolta dall’ULSS non costituisce esercizio di attività commerciale. Trattasi, invece di attività svolta da un ente non commerciale di cui del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 87, comma 1, lett. c), il cui reddito complessivo va determinato sommando i vari redditi, compresi quelli fondiari, come espressamente dispone il citato art. 108. D’altra parte, il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 40, in quanto deroga alla disciplina generale in materia di reddito fondiario, è norma speciale che non può trovare applicazione analogica in relazione agli immobili delle ULSS. In definitiva gli immobili utilizzati dalle Asl sono fiscalmente assoggettabili in quanto per gli stessi non è prevista una specifica esclusione dall’imposta relativa, nè è possibile applicare l’esclusione prevista dal D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 40 – che riguarda solo gli immobili strumentali all’esercizio di un’attività d’impresa, di un’arte o di una professione (cfr. Cass. 5484/08).

4. Da quanto esposto consegue che la impugnata sentenza ha fatto applicazione di una non corretta regola iuris; il ricorso deve pertanto essere accolto e la sentenza di appello va cassata. Non essendo necessari ulteriori accertamento in fatto il ricorso va deciso nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c. con il rigetto del ricorso introduttivo della contribuente.

5. Tenuto conto dell’epoca di formazione del principio di diritto applicato in relazione all’epoca cui risale il ricorso introduttivo della lite, vanno compensate le spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e decidendo nel merito, rigetta i ricorso introduttivo della contribuente.

Compensa integralmente tra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella Pubblica udienza, il 22 febbraio 2011.

Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011

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