Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9866 del 15/04/2021

Cassazione civile sez. VI, 15/04/2021, (ud. 26/01/2021, dep. 15/04/2021), n.9866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. SCRIMA Antonietta – Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

Dott. TATANGELO Augusto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2259-2019 proposto da:

L.T. INGROSSO CANCELLERIA FORNITURE PER UFFICI, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA VAL D’ALA, n. 36, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO

BELLO, rappresentata e difesa dall’avvocato ANTONIO ROMANO;

– ricorrente –

contro

SIDIGAS S.P.A., in persona del suo Amministratore e legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

FLAMINIA, N. 133, presso lo studio dell’avvocato EDOARDO LOMBARDI,

rappresentata e difesa dall’avvocato GERARDO MAURIELLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 3191/2018 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 27/06/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 26/01/2021 dal Consigliere Relatore Dott. FRANCESCO

MARIA CIRILLO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Avellino ingiunse alla SI.DI.GAS. s.p.a. il pagamento, in favore dell’impresa individuale L.T. ingrosso cancelleria, della somma di Euro 20.702,97 a titolo di corrispettivo per forniture di materiale di cancelleria.

La società ingiunta propose opposizione, chiedendo la revoca del decreto ingiuntivo ed il rigetto della domanda di pagamento, sul rilievo che una parte della somma non era dovuta, un’altra parte era stata pagata, altre fatture corrispondevano ad ordinativi non effettuati dall’amministratore delegato della SI.DI.GAS. s.p.a., unico soggetto abilitato agli ordini di acquisto, e che la merce non era stata consegnata.

Si costituì nel giudizio di opposizione la parte creditrice, chiedendo il rigetto dell’opposizione ed aggiungendo che la somma dovuta era pari ad Euro 20.134,86, solo per errore indicata nel ricorso per decreto ingiuntivo in quella maggiore di cui sopra.

Il Tribunale, svolta prova per testimoni, accolse l’opposizione, revocò il decreto ingiuntivo e condannò l’impresa L. al pagamento delle spese di lite.

2. La pronuncia è stata appellata dalla parte soccombente e la Corte d’appello di Napoli, con sentenza del 27 giugno 2018, ha rigettato il gravame, ha confermato la sentenza di primo grado ed ha condannato l’appellante alla rifusione delle ulteriori spese del grado.

Ha osservato la Corte territoriale che la domanda avanzata dalla parte appellante ai sensi degli artt. 2041 e 2049 c.c. era da ritenere inammissibile siccome proposta per la prima volta in grado di appello, e perciò nuova. Quanto alle fatture in base alle quali era stato emesso il decreto ingiuntivo, la Corte di merito ha rilevato come esse risultassero firmate da tale S.G., impiegato della SI.DI.GAS. s.p.a. ma privo dei poteri di impegnare la società negli atti di acquisto, tanto che la sua testimonianza era stata ritenuta inammissibile ai sensi dell’art. 246 del codice di rito. E poichè nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo le fatture non costituiscono prova relativamente alla liquidità ed esigibilità del credito, se contestate, l’appellante non aveva fornito idonea prova che fosse stato concluso un contratto di fornitura di merce e che questa fosse stata davvero consegnata. Era risultato, inoltre, che le proposte di acquisto della SI.DI.GAS. s.p.a. erano abitualmente sottoscritte solo dall’amministratore della società, per cui il credito non poteva dirsi dimostrato.

3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Napoli ricorre la L.T. ingrosso cancelleria con atto affidato a due motivi.

Resiste la SI.DI.GAS. s.p.a. con controricorso.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375,376 e 380-bis cod. proc. civ., e le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione degli artt. 1470,1218,1228 e 2697 c.c..

La parte ricorrente osserva che la sentenza avrebbe dovuto in principalità verificare se l’obbligazione di pagare la fornitura di materiale di cancelleria, ordinata da un dipendente della SI.DI.GAS. s.p.a., potesse o meno imputarsi direttamente a quest’ultima, in particolare ai sensi dell’art. 1228 citato. Dalla motivazione della sentenza emerge che erano da considerare pacifiche alcune circostanze, e cioè che le fatture non erano state contestate, che il dipendente S. aveva effettuato gli ordini di acquisto verbalmente e che il materiale di cancelleria era stato materialmente consegnato nello stabilimento della società debitrice. Poichè la domanda era solo di adempimento, la Corte di merito avrebbe dovuto rilevare che la SI.DI.GAS. s.p.a. non aveva adempiuto all’onere della prova e che la sola contestazione della debitrice riguardava la provenienza dell’ordine, disposto da un dipendente senza titolo. Facendo applicazione delle regole sulla responsabilità per fatto degli ausiliari, si sarebbe dovuta accertare la sussistenza della responsabilità della parte debitrice, mentre la sentenza avrebbe violato anche le regole sull’efficacia probatoria delle fatture commerciali.

2. Con il secondo motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), omesso esame di un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti, sul rilievo che la sentenza avrebbe completamente trascurato una serie di fatti decisivi, e cioè che il S. aveva ordinato il materiale di cancelleria in quanto dipendente della SI.DI.GAS., che la merce era stata consegnata in una delle sedi di quest’ultima e che due delle fatture utilizzate nel procedimento per ingiunzione erano state riconosciute dalla società suindicata.

3. I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in considerazione dell’evidente connessione tra loro esistente, sono entrambi fondati.

3.1. Ripercorrendo la motivazione della sentenza impugnata, già in precedenza sunteggiata, si ha che la Corte di merito ha dato per assodate le seguenti circostanze di fatto: 1) le fatture che sono a fondamento del decreto ingiuntivo opposto si riferivano a “ordinativi verbali provenienti da S.G., impiegato della SI.DI.GAS.”; 2) le proposte di acquisto di quest’ultima società erano solitamente firmate dall’amministratore della stessa, ma nell’occasione specifica ciò non avvenne, perchè il S. procedette ad un ordine verbale; 3) doveva ritenersi dimostrato, in base all’istruttoria testimoniale svolta, che il materiale di cancelleria oggetto delle citate fatture era stato consegnato presso uno stabilimento della società Pur partendo da tale ricostruzione, la Corte napoletana, dopo aver ritenuto inammissibile, per novità, la domanda asseritamente proposta ai sensi dell’art. 2049 c.c., ha confermato la pronuncia di rigetto compiuta dal Tribunale, sul rilievo decisivo per cui non era stato provato che tra le parti fosse stato concluso un contratto di fornitura e che la merce fosse stata realmente ricevuta dalla società debitrice.

3.2. Osserva la Corte che simile ragionamento non resiste alle critiche mosse nel ricorso.

Ed invero va innanzitutto posta in luce l’evidente improprietà del richiamo all’art. 2049 c.c., perchè la vicenda in esame ha ad oggetto un’ipotesi di responsabilità contrattuale.

Ciò premesso, deve essere ribadito il principio, costante nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui il soggetto che, nell’espletamento della propria attività, si avvale dell’opera di terzi, ancorchè non alle proprie dipendenze, assume il rischio connaturato alla loro utilizzazione nell’attuazione della propria obbligazione e, pertanto, risponde direttamente di tutte le ingerenze dannose, dolose o colpose, che a costoro, sulla base di un nesso di occasionalità necessaria, siano state rese possibili in virtù della posizione conferita nell’adempimento dell’obbligazione medesima rispetto al danneggiato e che integrano il “rischio specifico” assunto dal debitore, dovendosi fondare tale responsabilità sul principio cuius commoda eius et incommoda (così, tra le altre, la sentenza 6 giugno 2014, n. 12833, l’ordinanza 12 ottobre 2018, n. 25373, e la sentenza 14 febbraio 2019, n. 4298).

Questo principio, affermato in relazione ad un caso in cui ci si era avvalsi dell’opera di un terzo non alle proprie dipendenze, deve a maggior ragione trovare applicazione nel caso odierno, nel quale il giudice di merito ha accertato che la merce era stata consegnata e che l’ordinativo proveniva da un dipendente della società SI.DI.GAS., il quale aveva impropriamente omesso di osservare l’abituale prassi di acquistare le merci con ordini scritti. Tale ricostruzione, oltre a rendere evidente la violazione dell’art. 1228 c.c., norma dettata proprio in tema di responsabilità contrattuale, mostra come nel caso in esame venga in luce anche il principio dell’apparenza colposa, posto che l’ordinativo proveniva da soggetto che era, in apparenza, titolare di una posizione di dipendenza all’interno della società SI.DI.GAS, il che ha una sicura valenza ai fini del comportamento secondo correttezza e buona fede.

Ne consegue che, essendo stato accertato pure, come si è detto, che la consegna avvenne presso uno stabilimento della parte debitrice, è evidente l’errore di diritto nel quale è incorso il giudice di merito, il quale non ha correttamente applicato le regole in materia di responsabilità per fatto degli ausiliari. Ed è analogamente evidente l’errore consistente nell’affermazione secondo cui non vi era prova che la merce fosse stata consegnata alla società, posto che la stessa sentenza ha affermato il contrario; per cui deve considerarsi fondato anche il vizio di omesso esame prospettato nel secondo motivo di ricorso.

Rimane sullo sfondo – e tuttavia giova ad illuminare i connotati effettivi della vicenda – il problema della lettera proveniente dal legale della stessa società debitrice, della quale la Corte d’appello ha ritenuto di non poter tenere conto.

4. Il ricorso, pertanto, è accolto e la sentenza impugnata è cassata. Il giudizio è rinviato alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione personale, la quale deciderà l’appello attenendosi al principio di diritto suindicato.

Al giudice di rinvio è demandato anche il compito di liquidare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione personale, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione Civile – 3, il 26 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 15 aprile 2021

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