Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9866 del 05/05/2011
Cassazione civile sez. trib., 05/05/2011, (ud. 17/02/2011, dep. 05/05/2011), n.9866
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D’ALONZO Michele – Presidente –
Dott. MERONE Antonio – rel. Consigliere –
Dott. BERNARDI Sergio – Consigliere –
Dott. SAMBITO Maria Giovanna Concetta – Consigliere –
Dott. COSENTINO Giuseppe Maria – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope
legis;
– ricorrente –
contro
M.M., V.A.;
– intimati –
avverso la sentenza n. 17/2005 della COMM. TRIB. REG. di VENEZIA,
depositata il 19/05/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/02/2011 dal Consigliere Dott. ANTONIO MERONE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
I coniugi V.A. e M.M. hanno impugnato un avviso di accertamento con il quale il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate ha rettificato la loro dichiarazione congiunta dei redditi recuperando a tassazione una plusvalenza derivante dalla cessione di un terreno e ricavi non contabilizzati.
La Commissione tributaria provinciale ha accolto in parte i ricorsi riuniti, annullando soltanto il recupero relativo alla plusvalenza.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di primo grado, nella parte in cui ha annullato l’atto impositivo con riferimento alla plusvalenza. Ha inoltre annullato totalmente l’accertamento nei confronti della sig.ra M., perchè questa ha sempre disconosciuto la sua sottoscrizione della dichiarazione congiunta, senza che l’ufficio facesse istanza di verificazione.
l’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione di quest’ultima decisione, meglio indicata in epigrafe, sulla base di tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Diritto
Il ricorso non può trovare accoglimento.
Con i primi due motivi di ricorso, l’Agenzia delle Entrate, denunciando vizi di motivazione della sentenza impugnata e violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81, censura il capo della sentenza che ha confermato la decisione di primo grado nella parte in cui ha annullato il recupero a tassazione della una plusvalenza.
La ricorrente denuncia vizi di motivazione della sentenza impugnata, in quanto la CTR ha motivato la propria decisione limitandosi ad evidenziare la congruità della motivazione della sentenza di primo grado, che ha recepito in ogni sua parte.
Prima ancora di valutare la fondatezza della censura, il Collegio deve valutare, come è ovvio, la ammissibilità del motivo di ricorso. Quindi, a prescindere dalle eventuali censure che possono muoversi alla motivazione della sentenza impugnata, va rilevata la inammissibilità del motivo che non specifica quali sarebbero le argomentazioni ed i motivi dedotti in appello in relazione ai quali la sentenza impugnata non avrebbe fornito risposta. In altri termini, la censura dell’Agenzia, prospettata come vizio di motivazione, appare del tutto generica e carente di autosufficienza. Di fronte alla motivazione della sentenza impugnata, che si è limitata a “ratificare” l’operato dei primo giudici, più correttamente, il motivo avrebbe dovuto essere proposto come omessa pronuncia su specifiche censure articolate in appello e ripetute in maniera autosufficiente in questa sede di legittimità.
Analoghe considerazioni valgono per il secondo motivo. Questo, inoltre, è inammissibile anche perchè denunciando la violazione del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 81, fa leva su argomenti di merito, tratti dall’atto impositivo impugnato, dall’atto di compravendita del suolo. Anche gli argomenti tratti dal contenuto del ricorso introduttivo dei contribuenti sono inammissibili, perchè la difesa della parte ricorrente non chiarisce se, come e quando tali argomenti siano poi stati riproposti in appello.
I primi due motivi di ricorso sono, dunque inammissibili. Ciò comporta il passaggio in giudicato del capo della sentenza che ha sancito la nullità del recupero della plusvalenza per entrambi i contribuenti. Conseguentemente, resta assorbito l’esame del terzo motivo di ricorso, con il quale l’Agenzia delle Entrate, denunciando violazioni di legge e vizi di motivazione, intende dimostrare che il recupero della plusvalenza, oramai definitivamente annullato, riguardi anche la codichiarante, sig.ra M..
Nulla da liquidare per le spese, in assenza di attività difensiva della parte vittoriosa.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo.
Così deciso in Roma, 17 febbraio 2011.
Depositato in Cancelleria il 5 maggio 2011