Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 9865 del 24/04/2010

Cassazione civile sez. II, 24/04/2010, (ud. 30/11/2009, dep. 24/04/2010), n.9865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. PARZIALE Ippolisto – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

GONZATO COPERTURE S.r.l., in persona del legale rappresentante,

rappresentata e difesa, in forza di procura speciale a margine del

ricorso, dagli Avv. LUPPI Alberto e Guido Romanelli, elettivamente

domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, Via Pacuvio, n.

34;

– ricorrente –

contro

CASTELLI S.r.l., in persona del legale rappresentante, rappresentata

e difesa, in forza di procura speciale a margine del controricorso,

dagli Avv. BINELLI Carlo Vito e Vincenzo Sinopoli, elettivamente

domiciliata presso lo studio di quest’ultimo in Roma, viale Angelico,

n. 38;

– controricorrente –

e contro

G.L.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Broscia depositata il 28

dicembre 2007.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

30 novembre 2009 dal Consigliere relatore Dott. Alberto Giusti;

sentito l’Avv. Guido Romanelli;

sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. SORRENTINO Federico, che ha concluso: “nulla osserva”.

 

Fatto

FATTO E DIRITTO

ritenuto che la Gonzato Coperture S.r.l. ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza depositata il 28 dicembre 2007 della Corte d’appello di Brescia, con cui è stata rigettata l’impugnazione dalla medesima proposta avverso la decisione di primo grado che l’aveva condannata al risarcimento dei danni, in favore della proprietaria Castelli S.r.l., per vizi della copertura di un capannone eseguito da essa ricorrente su incarico della ditta Ecostudio del geometra G.L., che le aveva affidato l’esecuzione dell’opera in subappalto;

che ha resistito con controricorso la società Castelli, mentre l’intimato G.L. non ha svolto attività difensiva in questa sede;

che, essendosi ritenute sussistenti le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata redatta relazione ai sensi di tale norma, che è stata notificata alle parti e comunicata al Pubblico Ministero.

Rilevato che il relatore designato, nella relazione depositata il 23 giugno 2009, ha formulato la seguente proposta di definizione:

“(…) Il ricorso può essere deciso in camera di consiglio, essendo lo stesso manifestamente infondato. Con il primo motivo la società ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 cod. civ., censura la sentenza impugnata che aveva erroneamente applicato la responsabilità extracontrattuale del subappaltatore nei confronti della proprietaria dell’opera appaltata, quando i vizi riscontrati non rientravano in quelli previsti dalla norma citata. Il motivo va disatteso, atteso che la qualificazione della domanda ai sensi dell’art. 1669 cod. civ., posta a base della decisione di primo grado, non era stata oggetto di alcuna censura con l’atto di appello secondo quanto statuito dalla decisione impugnata: la ricorrente avrebbe dovuto semmai allegare e dimostrare di avere formulato specifiche doglianze, invocando l’errore in cui sarebbe al riguardo incorsa la Corte.

Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., denuncia che l’attrice non aveva indicato circostanze di fatto che potessero inquadrarsi nella previsione di cui all’art. 1669 cod. civ..

La censura è inammissibile, perchè concerne l’interpretazione della domanda che, formando oggetto dell’accertamento riservato al giudice di merito, non è sindacabile in sede di legittimità se non invocando la violazione dei criteri ermeneutici di cui all’art. 1362 cod. civ., e segg., che nella specie non è stata dedotta: i giudici, nell’interpretare la domanda, hanno chiarito che i fatti posti a base dell’azione rientravano nell’ipotesi cui alla norma richiamata.

Anche il terzo motivo, che denuncia il vizio di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, è inammissibile.

Ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, applicabile alle sentenze pubblicate dal 2 marzo 2006, i motivi del ricorso per cassazione devono essere accompagnati, a pena di inammissibilità (art. 375 cod. proc. civ., n. 5), dalla formulazione di un esplicito quesito di diritto nei casi previsti dall’art. 360 cod. proc. civ., comma 1, nn. 1), 2), 3), 4), e, qualora – come nella specie – il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione.

Orbene, nell’ipotesi in cui il vizio sia denunciato ai sensi dell’art. 360 cod. proc. civ., n. 5, la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), separatamente indicato in una parte del ricorso a ciò specificamente deputata e distinta dall’esposizione del motivo, che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (S.U. 20603/07). In tal caso, l’illustrazione del motivo deve contenere l’indicazione del fatto controverso con la precisazione del vizio del procedimento logico-giuridico che, incidendo nella erronea ricostruzione del fatto, sia stato determinante della decisione impugnata: nella specie manca la separata e specifica indicazione del fatto controverso e delle ragioni in base alle quali la motivazione sarebbe viziata …”.

Letta, la memoria della società ricorrente, con cui si insiste sulla ammissibilità (e sulla fondatezza) del terzo motivo.

Considerato che il Collegio condivide argomenti e proposte contenuti nella relazione di cui sopra;

che, in particolare, il terzo motivo di ricorso (l’unico sul quale la difesa della società ricorrente prende specifica posizione critica, rispetto alla relazione, con la memoria illustrativa) va dichiarato inammissibile, perchè, secondo la giurisprudenza di questa Corte (tra le tante, Sez. 3^, 7 aprile 2008, n. 8897), allorchè nel ricorso per cassazione si lamenti un vizio di motivazione della sentenza impugnata in merito ad un fatto controverso, l’onere di indicare chiaramente tale fatto ovvero le ragioni per le quali la motivazione è insufficiente, imposto dall’art. 366 bis cod. proc. civ., deve essere adempiuto non già e non solo illustrando il relativo motivo di ricorso, ma anche formulando, al termine di esso, una indicazione riassuntiva e sintetica, che costituisca un quid pluris rispetto all’illustrazione del motivo, e che consenta al giudice di valutare immediatamente l’ammissibilità del ricorso;

che tale prescrizione non è stata osservata dal ricorrente;

che, d’altro canto, il principale argomento – con il quale si censura la mancata “presa di posizione” da parte della Corte d’appello in ordine al motivo di gravame concernente la pretesa corresponsabilità del danneggiato ex art. 1227 cod. civ., sotto i due distinti profili dell’omessa consultazione circa l’applicazione del poliuretano e del transito di personale sulla copertura – si appalesa manifestamente infondato, avendo il giudice a quo espressamente disatteso detta tesi difensiva a pag. 8 della sentenza, escludendo potesse ricorrere qualsiasi ipotesi di corresponsabilità in ragione della “principale se non esclusiva” responsabilità dell’attuale ricorrente accertata dal consulente tecnico d’ufficio;

che, pertanto, il ricorso deve essere rigettato;

che le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al rimborso delle spese processuali sostenute dalla controricorrente, che liquida in complessivi Euro 1.800,00 di cui Euro 1.600,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 30 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 24 aprile 2010

 

 

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